Petrolio record tra falchi e colombe

Lo scontro tra Emirati e Arabia Saudita segna la fine dell’OPEC? Un braccio di ferro che ha già fatto schizzare il prezzo della benzina a livelli record dal 2018. L’organizzazione dei principali produttori mondiali di greggio, con l’aggiunta di alcuni Paesi esterni al cartello guidati dalla Russia, OPEC+, non ha raggiunto a Vienna un accordo sui tagli alla produzione necessari per mantenere stabile il prezzo del petrolio, in un quadro mondiale che vede una graduale ripresa dalla pandemia e un’accresciuta domanda energetica.

Nel corso del 2020, infatti, i ripetuti lockdown hanno determinato una ridotta domanda mondiale di idrocarburi, tanto che per evitare il collasso del prezzo del greggio sono stati decisi tagli drastici da parte dei Paesi produttori, scendendo a 9 milioni di barili al giorno rispetto ai 10 milioni registrati prima della pandemia. Nel meeting di Vienna l’intenzione era di stabilire un aumento della produzione di 2 milioni di barili al giorno, da raggiungere gradualmente, incrementando 400mila barili al giorno su base mensile a partire da agosto fino alla fine dell’anno. Al tempo stesso c’era la volontà di prorogare i tagli a tutto il 2022, andando molto oltre il termine precedentemente fissato dell’aprile 2022.

Un accordo che per gli Emirati Arabi Uniti non era affatto conveniente, come ha dichiarato ai media internazionali Suhail al-Mazrouei, il Ministro dell’Energia emiratino, sottolineando come da due anni un terzo della produzione di greggio degli Emirati sia rimasta ferma. Misure straordinarie dettate dall’emergenza causata dal Covid-19, ma una politica insostenibile sul lungo termine. All’origine del dissidio tra Emirati e regno saudita il numero di quote assegnate ad ogni Paese OPEC. Scopriamo di più sugli interessi sempre più divergenti di sauditi ed emiratini e sui rischi dell’eventuale uscita degli Emirati Arabi Uniti dall’OPEC e la possibile conseguente dissoluzione stessa dell’organizzazione. 

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Dubai, il mercato dell’arte vola

Il coronavirus non ferma Art Dubai, da poco conclusa. Sold-out dei biglietti prima dell’apertura e vendite corpose, su livelli pre-pandemia. 18mila visitatori nell’arco di 6 giorni, con accessi su prenotazione per fasce orarie. Un innovativo metodo di pagamento, con una percentuale sulle vendite corrisposta agli organizzatori, ha sostituito la tradizionale tassa sullo stand rendendo più facile partecipare a questa 14esima edizione alle 50 gallerie provenienti da 31 Paesi. Incassi per 3 milioni di dollari sono stati realizzati solo nei primi 3 giorni, dedicati a visite vip su invito.

“Questa edizione è stata un’impresa ciclopica. Ancora non ci capacitiamo di come siamo riusciti a farcela -mi racconta Chloe Vaitsou, Direttrice Internazionale di Art Dubai– Abbiamo dovuto cancellare l’edizione dell’anno scorso all’ultimo momento a causa della pandemia, mentre quest’anno siamo stati i primi a ripartire con una manifestazione d’arte internazionale in presenza, sebbene in edizione ridotta”. Un format riadattato rispetto agli anni precedenti dove prendevano parte 90 gallerie. Cambiata per via del Covid anche la sede, non più Madinat Jumeirah ma il Dubai International Financial Centre (DIFC), con tre tensostrutture create per l’occasione, senza alcuna divisione in sezioni, in cui è stato possibile controllare gli accessi e filtrare l’aria in maniera più sicura. “Tutti sono stati felicissimi di tornare in un ambiente in cui fosse possibile interagire, essere a contatto con le opere d’arte, essere connessi, avere interscambi culturali” sottolinea Chloe Vaitsou.

Un’edizione più raccolta, con un numero di gallerie quasi dimezzato, che però è riuscita a mantenere il suo flair cosmopolita. “Sono cinque anni che partecipiamo ad Art Dubai -mi dice Guglielmo Hardouin, della Galleria Giorgio Persano di Torino– Nel Medio Oriente è la realtà con il maggior respiro internazionale sia come partecipazione di gallerie, sia come pubblico, pieno di investitori e collezionisti attenti”. Vediamo insieme i giovani artisti da tener d’occhio, le opere di maggior impatto visivo e le gallerie, tra cui spiccano anche quelle italiane.  Continua a leggere



Il mondo a portata di assaggio

A Dubai si è appena conclusa Gulfood, la più importante fiera agroalimentare del Medio Oriente. Cibo e specialità da 85 Paesi, 2.500 aziende presenti, di cui 120 italiane. Il secondo grande evento internazionale in presenza dall’inizio della pandemia. Rigidi i protocolli di sicurezza in un Paese che ha già quasi raggiunto l’obiettivo di vaccinare il 50% della popolazione. Una 26esima edizione di Gulfood all’insegna della sicurezza con obbligo di indossare le mascherine, distanziamento sociale di almeno 2 metri, contingentamento dei visitatori negli stand e nei padiglioni, disinfezione degli ambienti. “Organizzare una fiera così importante in presenza ma nel rispetto di tutte le regole e le procedure previste dalle autorità emiratine, che tra l’altro vengono rispettate, -mi spiega Nicola Lener, Ambasciatore d’Italia ad Abu Dhabi- è un’indicazione che si può tornare alla normalità gradualmente, visto che le condizioni del Paese e il numero di contagi lo consentono”. Purtroppo a causa del lockdown e del blocco dei voli imposto dalle autorità israeliane è stata annullata la partecipazione di Israele.

Incontri, workshop, forum, talk, hanno favorito relazioni e scambi d’idee tra delegazioni governative, esperti, capitani d’industria e chef sulle nuove tendenze del food & beverage e sull’impatto decisivo dell’innovazione nel settore agroalimentare. Dubai si conferma hub del food e del commercio internazionale, con una posizione sempre più dominante non solo nel Golfo ma in tutta l’area del Medio Oriente, Nord Africa e Sud dell’Asia. Gulfood la piattaforma ideale per stringere relazioni e affacciarsi ai mercati di questa porzione di mondo.

Tanti i padiglioni nazionali, dal Giappone al Brasile, dall’Egitto alla Russia. Un trionfo di prodotti, sapori, profumi, specialità. L’Italia, il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione d’origine e ad indicazione geografica riconosciuti dall’Unione europea, con la sua capacità di coniugare qualità, tradizione e innovazione, ha avuto un ruolo da protagonista a Gulfood. “È un bel segnale di ripartenza e dimostra che in sicurezza si può anche fare una fiera in presenza” dice Amedeo Scarpa, Direttore dell’Ufficio ICE di Dubai. Scopriamo di più sull’Italia, sui rapporti commerciali con gli Emirati, su Expo 2020 e sul Padiglione dell’Italian Trade Agency (ICE) con l’Italian Food Lab in cui si sono svolte degustazioni di prodotti Made in Italy e master class con chef italiani stellati.   Continua a leggere



A Dubai auto volanti, umanoidi blu, cani robot

Gitex, la terza più importante fiera sull’innovazione del mondo e la prima a svolgersi in presenza dall’inizio della pandemia, ha riunito a Dubai migliaia di visitatori. 1.200 espositori e 300 start-up provenienti da 60 Paesi diversi, hanno proposto gadget avveniristici, servizi innovativi e prodotti di elettronica di consumo di ultima generazione che trasformeranno il nostro vivere in un breve arco di tempo. Presenti oltre 200 tra i più attivi investitori e venture capital del mondo, oltre 350 oratori, provenienti da 30 Paesi, invitati a partecipare a dibattiti, presentazioni, seminari, workshop.

Un segnale di rilancio di una delle attività principali dell’emirato, l’organizzazione di eventi pubblici e manifestazioni, un modo per favorire la ripresa dell’economia senza trascurare l’emergenza sanitaria che il mondo sta attraversando. La manifestazione si è svolta in un clima di sicurezza e ordine, nel pieno rispetto delle misure restrittive imposte dalla seconda ondata del coronavirus. Un esperimento ben riuscito di evento internazionale organizzato impeccabilmente in epoca Covid.

Obbligo di mascherina per tutti, distributori di gel antisettico per disinfettare in ogni momento le mani disponibili in modo capillare nell’intera struttura fieristica del World Trade Centre, distanziamento sociale di almeno due metri, limite di capienza massima per ogni stand e padiglione, badge distribuiti digitalmente per limitare interazioni ed evitare code, controlli scrupolosi con metal detector e raggi X per garantire la sicurezza in un contesto reso più complesso dalla presenza di un’estesa delegazione di personalità provenienti da Israele. Scopriamo di più sulle strabilianti curiosità di questa 40esima edizione di Gitex, sui padiglioni più futuribili, sulla presenza italiana con interessanti e competitive start-up.  Continua a leggere



Moda etica nella grigia Vienna

L’invisibile prende forma. Si veste di colori vivaci e diventa borsa. Etica ma di lusso, la mini bag Wafaa arriva a Vienna, illuminandola. La si può ammirare e acquistare all’interno dell’hotel Andaz Am Belvedere, concept dell’ospitalità firmato Hyatt. Sulla pelle morbida e pregiata con cui è realizzata sbocciano fiori che sono piccoli guizzi di creatività. Wafaa non è solo una borsa di grande artigianato italiano, è il simbolo bello e gioioso di un’opportunità. Un Made in Italy dal design raffinato che dell’empowerment di categorie fragili fa il proprio elemento fondante. Wafaa è uno scrigno di emozioni, in cui bellezza e giustizia sociale arrivano a compenetrarsi. Behuman, l’azienda italiana che produce la mini bag, ha infatti deciso di intraprendere la strada dell’imprenditoria sostenibile e solidale, offrendo chance di inclusione sociale a chi non le aveva, donando la speranza di un futuro lavorativo a chi era negato, rendendo possibile l’impossibile. Wafaa supera il concetto di borsa per diventare un “contenitore di ottimismo” come amano definirla i suoi creatori.

Espressione di un lusso consapevole, coniuga design accattivante, materie prime di alta qualità, tradizione artigianale, linee minimaliste, e può essere personalizzata a seconda del look, regalando a chi la indossa il soffio vitale dell’energia positiva che promana dalla sua storia. Il progetto coinvolge infatti una designer 30enne di origine marocchina, Wafaa Moukabil, che alla mini bag ha dato il suo nome, e Tommy Nicoletti, un giovane artista che attraverso la pittura ha trovato la propria dimensione esistenziale ed espressiva. Senza Behuman entrambi sarebbero rimasti invisibili. Scopriamo di più sulla mini bag, su Wafaa, Tommy e Behuman, l’azienda italiana che la realizza.   Continua a leggere



Nel giardino dei samurai

Tokyo doveva essere la destinazione dell’estate 2020, grazie alle Olimpiadi. Anche senza giochi, slittati causa COVID-19, c’è più di un motivo per visitarla. Una breve vacanza a Tokyo è possibile, purché si abbia a disposizione qualche giorno. Si vola per esempio con Emirates anche dall’Europa, facendo eventualmente scalo a Dubai. Oppure con volo diretto di altre compagnie. Bisognerà però aspettare fino al 31 agosto, perché in Giappone sono ancora in vigore misure restrittive che vietano l’ingresso ai cittadini di 146 Paesi compresa l’Italia, con possibilità di ulteriori proroghe. Anche grazie all’isolamento con l’esterno, la pandemia in Giappone si è mantenuta su livelli contenuti, consentendo uno stato di emergenza meno duro rispetto a quello italiano. Basti confrontare i casi totali di coronavirus nella capitale, ad oggi 7.000, e quelli registrati in tutto il Paese, poco più di 20.000, confrontandoli con quelli dell’Italia che ne ha avuti 245.338, di cui 95.633 in Lombardia. Questo contenimento dei contagi rende il Giappone e la sua capitale luoghi sicuri, anche se per il momento restano interdetti agli stranieri a qualsiasi titolo (business, studio, turismo).

Tra i gioielli che Tokyo custodisce c’è anche la suggestiva sede dell’Ambasciata d’Italia, forse la rappresentanza diplomatica più bella tra tutte quelle ospitate, che racchiude al suo interno anche un giardino storico di raro pregio. I rapporti ufficiali tra l’Italia e il Paese del Sol Levante iniziano nel maggio 1866, con l’arrivo della corvetta “Magenta” nel porto di Yokohama. Appena tre mesi dopo i due Paesi firmano un Trattato di Amicizia e Commercio. Vediamo insieme il giardino e il palazzo dell’Ambasciata, scoprendo inedite curiosità anche sui rapporti tra Italia e Giappone.  Continua a leggere



COVID19, l’Austria riapre all’Italia

Vienna dal 16 giugno riaprirà le frontiere con l’Italia, anche se resta un parziale allarme per la Lombardia. Il provvedimento di libera circolazione non riguarderà solo i confini italiani. L’Austria riapre a 31 Paesi dell’Ue e dell’EFTA. Grandi esclusi: Svezia, Gran Bretagna, Portogallo e Spagna, dove l’emergenza COVID-19 non è ancora finita. Gli austriaci riacquistano così la libertà di viaggiare in questa atipica estate 2020.

La ripristinata libera circolazione sarà sufficiente a salvare la stagione turistica del nostro Paese, duramente colpito dalla crisi innescata dalla pandemia di coronavirus? Troppo presto per dirlo. Il segnale dato nel corso della conferenza stampa congiunta dei Ministri degli Esteri Alexander Schallenberg, della Salute Rudolf Anschober, dell’Interno Karl Nehammer e degli Affari Europei Karoline Edtstadler, fa tirare un sospiro di sollievo ad albergatori e ristoratori italiani, soprattutto di Friuli Venezia Giulia e Veneto, mete tra le più amate dai turisti austriaci. La riapertura dei confini, però, non vuol dire che automaticamente gli austriaci riprenderanno a pieno ritmo i loro spostamenti e viaggi all’estero. Il governo Kurz, infatti, incoraggia a trascorrere le vacanze estive entro i confini domestici. Rimane l’alto rischio per la sicurezza, a causa del COVID-19. Ecco perché per il Ministro degli Esteri Schallenberg se un viaggio all’estero non è strettamente necessario sarebbe meglio evitarlo. Vediamo insieme cosa potrebbe accadere agli austriaci che decidano di trascorrere comunque una vacanza in Lombardia e quale sia la situazione sanitaria ed economica in Austria.  Continua a leggere



COVID19, vacanze in Italia?

Riuscirà l’Italia a salvare la stagione turistica estiva 2020 assicurandosi presenze straniere, soprattutto da Germania e Austria? Il Ministro per gli Affari Europei Vincenzo Amendola ha avuto fitti colloqui telefonici con il suo omologo austriaco, Karoline Edtstadler. L’obiettivo è scongiurare la chiusura delle frontiere con il nostro Paese per timori sanitari ingiustificati. L’Italia ha tutti i requisiti per ricevere in sicurezza turisti da tutta Europa, ha fatto sapere il Ministro Amendola, rifiutando la politica dei “corridoi bilaterali” turistici e chiedendo invece misure coordinate tra tutti i Paesi membri dell’Unione.

Altrettanto impegnato nel contrastare i corridoi bilaterali e per far sì che non persistano divieti di spostamento in Italia anche il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, atteso a Vienna dopo il 3 giugno, per un incontro con il collega austriaco Alexander Schallenberg. Un’attività intensa, per il Ministro Di Maio, che prevede analoghe visite in Germania e Slovenia, e un appuntamento già fissato con il Ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian il 4 giugno a Roma. Solo qualche giorno fa l’appello del Governatore del Veneto Luca Zaia in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa austriaca APA. “Nelle spiagge venete di Caorle, Bibione, Jesolo e Sottomarina gli austriaci sono di casa” ha dichiarato Zaia, e quelle località di mare sono pronte ad accogliere i turisti austriaci in piena sicurezza. “Se il settore turistico del Veneto è cresciuto molto lo dobbiamo soprattutto ai turisti austriaci e tedeschi che nella nostra regione si sentono a casa” ha affermato il Governatore Zaia. La crisi economica innescata dalla pandemia di COVID-19 potrebbe costare al Veneto 50.000 posti di lavoro, di cui 35.000 proprio nel settore dell’ospitalità. L’intervento di Zaia punta a scardinare ogni divieto e forma di chiusura nei confronti dell’Italia. Vediamo insieme la situazione in Veneto e come si stiano organizzando gli altri Paesi dell’Unione europea per quest’estate 2020.  Continua a leggere



COVID19, Vienna senza mare italiano

Tra le possibili mete scelte dagli austriaci quest’estate non sembrano esservi le spiagge italiane, causa COVID-19. Forse sarà più facile andare in Francia per cercare sole e mare tra luglio e agosto, anche se il Cancelliere Sebastian Kurz nutre la speranza che si preferiscano le località turistiche austriache a quelle straniere. “La situazione viene costantemente monitorata -ha dichiarato Kurz- ma al momento non vi sono le condizioni per riaprire le frontiere con l’Italia”.

Mentre la diffusione del coronavirus sembra essersi stabilizzata in Germania, che ha appena riaperto i propri confini con l’Austria, l’emergenza sanitaria nel nostro Paese non rassicura Vienna che, al contrario, ha già iniziato a sondare la riapertura delle frontiere il 15 giugno con Svizzera e Liechtenstein. Tutto dipenderà dal numero dei contagi che dovrà mantenersi basso. Il Cancelliere Kurz da un lato si aspetta che gli austriaci sostengano l’economia nazionale decidendo di trascorrere le vacanze estive nel proprio Paese, dall’altro confida molto nell’arrivo dei turisti tedeschi per risollevare le sorti del settore dell’ospitalità, duramente colpito dalla crisi innescata dal COVID-19. E con ragione, visto che nell’estate 2019 i tedeschi che hanno scelto l’Austria per le proprie vacanze sono stati poco meno di 8 milioni, con 29,5 milioni di pernottamenti, contro 23,3 milioni presenze domestiche. A fine maggio gli hotel austriaci riapriranno, pronti per affrontare il trimestre giugno-agosto, che di fatto è la stagione più propizia per il turismo. Ma i confini aperti non vogliono dire automaticamente afflusso di turisti. Vediamo come stia procedendo la riapertura in Austria e quanto l’economia stia risentendo della crisi provocata dalla pandemia.  Continua a leggere