Austria, primo caso Omicron

Individuato in Tirolo il primo caso di variante Omicron. La persona, senza sintomi e in quarantena, era da poco rientrata dal Sud Africa. Aveva ricevuto la seconda dose di vaccino ad mRNA messaggero 9 mesi fa. Il test molecolare a cui è stato sottoposto il primo caso di variante B.1.1.529 austriaco ha presentato anomalie che hanno allarmato l’Istituto di virologia di Innsbruck. Si tratta del primo caso di variante Omicron in Austria, la conferma è arrivata dall’AGES (Agenzia per la Sicurezza della Salute e del Cibo) di Vienna. Vi sarebbero anche altri due casi positivi entrati in contatto con il paziente zero.

“Occorre capire quanto diffusa sia la variante Omicron, come riesca a neutralizzare le difese immunitarie indotte dal vaccino e  se possa provocare un’infezione grave nelle persone vaccinate” ha spiegato ai media locali il virologo austriaco Florian Krammer, invitando tutti alla calma perché sarà necessario raccogliere e analizzare molti dati prima di avere un quadro chiaro della pericolosità di Omicron che comunque si ritiene possa essere molto contagiosa. Fondamentale sarà capire se la nuova variante del Covid-19 sia in grado di aprirsi un varco nella difesa immunitaria indotta dai vaccini oggi a disposizione o se occorrerà lavorare ad un richiamo che sia rimodulato per intercettare e bloccare anche la variante Omicron. Gli esperti ritengono che la terza dose consenta un buon livello di protezione e continua ad essere raccomandata. Il Cancelliere Alexander Schallenberg ha dichiarato che “la comparsa della variante Omicron in Austria era solo una questione di tempo” e ha invitato i cittadini a vaccinarsi prima possibile. A Vienna si sta anche lavorando per far sì che i PCR test vengano adeguati ad intercettare con le opportune sostanze reagenti anche la nuova variante del coronavirus. Sono almeno 300 gli austriaci rientrati dal Sud Africa che hanno contattato la hotline dell’AGES per avere informazioni e richiedere un test molecolare. Scopriamo o di più sull’andamento dei contagi in Austria e sulle manifestazioni di protesta che ci sono state nel weekend. 

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Austria, lockdown per tutti

Dopo le accese proteste contro il coronavirus e l’isolamento e l’esclusione dalla vita sociale imposti ai no vax, in Austria scatta il lockdown generalizzato. L’incubo della quarta ondata incombe minaccioso sul Paese dell’Europa occidentale che ad oggi registra il più basso tasso di vaccinazione anti-Covid. A determinare l’approvazione di drastiche misure restrittive nazionali da parte del governo federale austriaco guidato dal Cancelliere Alexander Schallenberg, il numero di contagi giornalieri che venerdì scorso ha toccato un picco di oltre 15mila nuovi casi e che nelle ultime 24 ore continua a far segnare cifre record con 528 persone ricoverate in terapia intensiva (su 659 posti letto disponibili nel Paese), circa 3mila ospedalizzati e oltre 14mila nuovi casi su una popolazione di circa 9 milioni di abitanti.

Molto diffuse le resistenze alla vaccinazione contro il coronavirus che, unite ad una scarsa pianificazione nell’approvvigionamento delle dosi, hanno determinato una campagna vaccinale lenta e poco efficace. Finora in Austria sono state somministrate 12 milioni 900mila dosi di vaccino anti-Covid, solo a 5,8 milioni di persone sono state inoculate due dosi, ossia ad appena il 65,3% della popolazione. Le misure restrittive varate da Vienna dovrebbero essere valide fino al 12 dicembre, anche se al momento si prevede un primo periodo di 10 giorni con valutazione della situazione e possibile proroga per ulteriori 10. In Alta Austria, però, il governatore Thomas Stelzer (ÖVP) ha già deciso di prolungare le restrizioni fino al 17 dicembre. I piani del Cancelliere Schallenberg prevedono anche che dal primo febbraio 2022 la vaccinazione contro il coronavirus diventi obbligatoria. Sarebbe il primo Paese dell’Unione europea ad adottare un simile provvedimento. Vediamo insieme le misure appena diventate operative nel quarto lockdown dall’inizio della pandemia in Austria e scopriamo di più sulle manifestazioni di protesta avvenute lo scorso weekend.  Continua a leggere

Petrolio record tra falchi e colombe

Lo scontro tra Emirati e Arabia Saudita segna la fine dell’OPEC? Un braccio di ferro che ha già fatto schizzare il prezzo della benzina a livelli record dal 2018. L’organizzazione dei principali produttori mondiali di greggio, con l’aggiunta di alcuni Paesi esterni al cartello guidati dalla Russia, OPEC+, non ha raggiunto a Vienna un accordo sui tagli alla produzione necessari per mantenere stabile il prezzo del petrolio, in un quadro mondiale che vede una graduale ripresa dalla pandemia e un’accresciuta domanda energetica.

Nel corso del 2020, infatti, i ripetuti lockdown hanno determinato una ridotta domanda mondiale di idrocarburi, tanto che per evitare il collasso del prezzo del greggio sono stati decisi tagli drastici da parte dei Paesi produttori, scendendo a 9 milioni di barili al giorno rispetto ai 10 milioni registrati prima della pandemia. Nel meeting di Vienna l’intenzione era di stabilire un aumento della produzione di 2 milioni di barili al giorno, da raggiungere gradualmente, incrementando 400mila barili al giorno su base mensile a partire da agosto fino alla fine dell’anno. Al tempo stesso c’era la volontà di prorogare i tagli a tutto il 2022, andando molto oltre il termine precedentemente fissato dell’aprile 2022.

Un accordo che per gli Emirati Arabi Uniti non era affatto conveniente, come ha dichiarato ai media internazionali Suhail al-Mazrouei, il Ministro dell’Energia emiratino, sottolineando come da due anni un terzo della produzione di greggio degli Emirati sia rimasta ferma. Misure straordinarie dettate dall’emergenza causata dal Covid-19, ma una politica insostenibile sul lungo termine. All’origine del dissidio tra Emirati e regno saudita il numero di quote assegnate ad ogni Paese OPEC. Scopriamo di più sugli interessi sempre più divergenti di sauditi ed emiratini e sui rischi dell’eventuale uscita degli Emirati Arabi Uniti dall’OPEC e la possibile conseguente dissoluzione stessa dell’organizzazione. 

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COVID19, restrizioni per i non vaccinati

Gli Emirati pensano di adottare provvedimenti restrittivi per i residenti non ancora vaccinati contro il coronavirus, paventando l’esclusione da alcuni servizi e limitazioni alla libertà di movimento. Per tutelare la salute della comunità e prevenire la diffusione del Covid-19, chi abbia i requisiti e non si sia ancora sottoposto alla vaccinazione potrebbe vedersi interdire l’accesso ad alcuni luoghi e l’erogazione di servizi finora non specificati dalla autorità emiratine. Saif Al Dhaheri, portavoce della Autorità Nazionale per le Emergenze, le crisi e i disastri (National Emergency Crisis and Disaster Management Authority), ha fatto sapere che i provvedimenti sono ancora in fase di studio.

Coloro che rifiutano di vaccinarsi mettono a repentaglio la sicurezza dei propri familiari e dell’intera società, ha dichiarato su Twitter Saif Al Dhaheri, rischiando di rendere inefficace il contenimento della pandemia. Il dibattito è molto acceso, soprattutto sui social media, e in molti si chiedono se vaccinarsi debba rimanere su base volontaria in un Paese in cui l’ottenimento del visto è subordinato all’obbligatorietà di test medici per infezioni quali tubercolosi e HIV.  La campagna vaccinale procede in modo spedito ed efficace negli Emirati. Oltre 9,8 milioni le dosi somministrate in un Paese con una popolazione di circa 10 milioni di abitanti, composti per lo più da espatriati. Solo un mese fa è stato stabilito l’ampliamento dei criteri di eleggibilità al vaccino contro il Covid-19 a tutti i cittadini emiratini e residenti al di sopra dei 16 anni di età.

Negli Emirati la curva dei contagi è scesa notevolmente rispetto ai picchi di gennaio, mantenendosi al di sotto dei 2.000 casi giornalieri. Il numero dei morti è sceso drasticamente e con 1.560 decessi gli Emirati sono il Paese con uno dei tassi di mortalità più bassi del mondo. Vediamo insieme le critiche mosse alla decisione delle autorità emiratine e l’approvazione del vaccino Pfizer-BioNTech ad Abu Dhabi.  Continua a leggere

Dubai, il mercato dell’arte vola

Il coronavirus non ferma Art Dubai, da poco conclusa. Sold-out dei biglietti prima dell’apertura e vendite corpose, su livelli pre-pandemia. 18mila visitatori nell’arco di 6 giorni, con accessi su prenotazione per fasce orarie. Un innovativo metodo di pagamento, con una percentuale sulle vendite corrisposta agli organizzatori, ha sostituito la tradizionale tassa sullo stand rendendo più facile partecipare a questa 14esima edizione alle 50 gallerie provenienti da 31 Paesi. Incassi per 3 milioni di dollari sono stati realizzati solo nei primi 3 giorni, dedicati a visite vip su invito.

“Questa edizione è stata un’impresa ciclopica. Ancora non ci capacitiamo di come siamo riusciti a farcela -mi racconta Chloe Vaitsou, Direttrice Internazionale di Art Dubai– Abbiamo dovuto cancellare l’edizione dell’anno scorso all’ultimo momento a causa della pandemia, mentre quest’anno siamo stati i primi a ripartire con una manifestazione d’arte internazionale in presenza, sebbene in edizione ridotta”. Un format riadattato rispetto agli anni precedenti dove prendevano parte 90 gallerie. Cambiata per via del Covid anche la sede, non più Madinat Jumeirah ma il Dubai International Financial Centre (DIFC), con tre tensostrutture create per l’occasione, senza alcuna divisione in sezioni, in cui è stato possibile controllare gli accessi e filtrare l’aria in maniera più sicura. “Tutti sono stati felicissimi di tornare in un ambiente in cui fosse possibile interagire, essere a contatto con le opere d’arte, essere connessi, avere interscambi culturali” sottolinea Chloe Vaitsou.

Un’edizione più raccolta, con un numero di gallerie quasi dimezzato, che però è riuscita a mantenere il suo flair cosmopolita. “Sono cinque anni che partecipiamo ad Art Dubai -mi dice Guglielmo Hardouin, della Galleria Giorgio Persano di Torino– Nel Medio Oriente è la realtà con il maggior respiro internazionale sia come partecipazione di gallerie, sia come pubblico, pieno di investitori e collezionisti attenti”. Vediamo insieme i giovani artisti da tener d’occhio, le opere di maggior impatto visivo e le gallerie, tra cui spiccano anche quelle italiane.  Continua a leggere

Dubai, l’era del sé estremo

Quanti like vale la tua vita? I tuoi dati sono il nuovo oro nero? Saremo immortali? Age of You esplora la nostra trasformazione nell’era dei social e deep fake. Quella in corso al Jameel Arts Centre di Dubai è una mostra interattiva, una delle poche in presenza attualmente, che cerca di analizzare noi stessi e ciò che stiamo diventando e come quei sentimenti vengano trasformati in informazioni e dati commercializzabili. A curarla Shumon Basar che assieme a Douglas Coupland e Hans Ulrich Obrist ha scritto il libro The Extreme Self su cui si basa l’intera mostra, organizzata anche con la collaborazione del MOCA di Toronto. È il concetto stesso di individualità ad essere profondamente cambiato, per via della tecnologia, sempre più dominante nella nostra esistenza e, più recentemente, a causa della pandemia.

La risorsa più preziosa in questo momento storico sei tu, siamo noi, con tutti i nostri comportamenti online, con tutte le informazioni che disseminiamo attraverso le piattaforme digitali. Siamo destinati ad essere solo un commento cancellato? Cosa accade se la sezione dei commenti è il mondo reale? La vita online soppianta la realtà, diventando essa stessa realtà? I nostri sentimenti e come ci sentiamo in questa fase di immensa accelerazione e di presente estremo sono al centro di un percorso interattivo che ci porta ad indagare su noi stessi e sul mondo che ci circonda. E cosa accade se il futuro viene determinato proprio dalle inattese conseguenze di ciò che siamo e di ciò in cui ci stiamo trasformando?

Oggi stiamo vivendo un capovolgimento, in cui la seconda vita, quella virtuale, quella online, ha sostituito quella fisica, diventando più reale della realtà, più importante della nostra prima esistenza, quella del mondo fisico. Cosa succede se stiamo cambiando e diventando qualcosa di sconosciuto e nuovo? Che cos’è questo nuovo sé? Attraverso 13 capitoli la mostra Age of You si propone di evocare emozioni e persone provocando un risveglio che aiuti a capire come il mondo stia cambiando. Vediamo, grazie alla guida del curatore Shumon Basar, i cambiamenti che stanno avvenendo in noi.  Continua a leggere

Dubai, aiuti umanitari e COVID19

Le crisi umanitarie non conoscono tregua e la pandemia rischia di acuirle. A Dubai si è discusso del modo più efficace per aiutare i Paesi bisognosi. Associazioni benefiche, organi decisionali, ONG e istituzioni si sono riuniti nel corso della 17esima edizione della DIHAD, Dubai International Humanitarian Aid and Development Conference, per devolvere aiuti umanitari e sanitari in Africa adottando le strategie più efficaci. 5.300 partecipanti, 640 tra organizzazioni pubbliche e private, 467 incontri B2B, più di 84 Paesi partecipanti, 48 speaker di famose organizzazioni umanitarie intervenuti alla tre giorni di dibattiti e workshop.

Quest’anno lo sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan, Principe ereditario di Abu Dhabi e Vice Capo supremo delle Forze Armate degli Emirati, è stato insignito dell’onorificenza “2021 DIHAD International Personality Award for Humanitarian Relief”. La motivazione del premio è il continuo supporto dato all’organizzazione di aiuti umanitari a livello internazionale, con particolare enfasi per gli sforzi compiuti nel combattere il coronavirus anche con iniziative quali Waterfalls che punta a garantire circolazione delle informazioni e formazione a milioni di medici e paramedici. Un riconoscimento ritirato dallo sceicco Saif bin Zayed Al Nahyan, Vice Primo Ministro e Ministro dell’Interno.

La cooperazione a livello internazionale è alla base di interventi capaci di portare reale beneficio alle popolazioni bisognose del continente africano. Le azioni isolate non riescono ad essere risolutive. Per essere incisivi è necessario uno sforzo corale, ben strutturato, che veda lavorare fianco a fianco settore pubblico e privato, come mi spiega Giuseppe Saba, CEO dell’International Humanitarian City (IHC) di Dubai. “Bisogna essere estremamente chiari: lavorare insieme non è un’opzione, è un obbligo. Nel mio precedente incarico alle Nazioni Unite e oggi che lavoro per il governo di Dubai, con una posizione eccezionale per uno straniero, ci sono indubbiamente due elementi che sono imprescindibili: lavorare insieme ed inglobare all’interno del lavoro umanitario anche il settore privato”. Vediamo insieme attraverso gli esperti e i responsabili umanitari di alcuni Paesi africani quali sono le indicazioni emerse per affrontare le sfide del futuro, dal coronavirus alle vaccinazioni, dai cambiamenti climatici alle emergenze preesistenti alla pandemia in Africa.  Continua a leggere

Dubai, aspettando l’Expo

L’economia di Dubai è in ripresa, tanto che per il 2021 si prevede una crescita del 4%, resa possibile dal modo in cui l’emirato ha saputo rispondere alla pandemia. Risaliti nel mese di febbraio i settori non legati agli idrocarburi, con un aumento della produzione in ambiti quali costruzioni, commercio all’ingrosso e al dettaglio. La città continua ad essere aperta agli affari e al turismo, confermandosi una delle destinazioni più sicure del mondo, sebbene il regime restrittivo dovuto al coronavirus ancora in vigore in molte parti del mondo stia penalizzando viaggi e turismo. L’intero ecosistema dell’ospitalità dell’emirato si avvale di misure sanitarie rispondenti a rigidi standard di sicurezza. Proprio per questo Dubai riesce ad attrarre non solo turisti sul mercato domestico, con una tendenza consolidata delle cosiddette “staycation” da parte dei residenti, ma anche su quello regionale, nell’area del Golfo e del Medio Oriente, e su quello internazionale. L’aeroporto di Dubai è tra i più trafficati del mondo. Hub internazionale, con più di 146 città in 80 Paesi serviti da 56 compagnie aeree, mantiene saldamente una posizione dominante in questa delicata fase di ripresa per il settore dell’aviazione. Il governo di Dubai ha dato sostegno ad imprese e commercio varando 4 pacchetti di incentivi per mitigare gli effetti del Covid-19, stanziando in totale 1,85 miliardi di dollari. Nella capacità di reagire alla pandemia dimostrata dall’emirato sta giocando un ruolo fondamentale la campagna di vaccinazione di massa, rapida e incisiva. Infatti agli oltre 120 centri distribuiti su tutto l’emirato sono state anche istituite due unità mobili che si spostano nella città coprendo 11 diverse aree, con una decina tra infermieri e personale medico. Ad un mese dalla loro istituzione le unità mobili hanno già distribuito vaccini a 7.688 persone.

L’obiettivo delle autorità di Dubai è riuscire a vaccinare il 100% della popolazione entro la fine dell’anno, in prospettiva di Expo 2020. Recentemente nelle strutture gestite dall’Autorità Sanitaria di Dubai (Dubai Health Authority) possono essere vaccinati anche i cittadini dei Paesi del GCC, purché in possesso dell’Emirates ID, il documento d’identità emiratino. Vediamo insieme in che modo la recente attività fieristica in presenza, ripresa a Dubai a partire da dicembre, rappresenti una sorta di prova generale per testare la macchina organizzativa prima dell’importante appuntamento dell’Expo.  Continua a leggere

Perché ho scelto il vaccino cinese

A Dubai ho ricevuto la prima dose del vaccino anti Covid-19 della casa farmaceutica cinese Sinopharm. Vi racconto la mia esperienza. Negli Emirati sono state somministrate 5 milioni e 300mila dosi da quando è iniziata la campagna vaccinale di massa a dicembre. È il Paese con il tasso giornaliero di vaccinazioni più alto al mondo, con 1,62 dosi ogni 100 abitanti. L’immunoprofilassi Sinopharm è quella maggiormente disponibile, in misura minore vengono distribuite anche Pfizer-BioNTech, Sputnik V e AstraZeneca. Più del 40% della popolazione adulta ha ricevuto almeno la prima iniezione. Sono state inoculate 53,46 dosi ogni 100 abitanti, con il 48,6% degli over 65 già immunizzati.

La profilassi vaccinale procede a ritmo serrato, sostenuta da una campagna di sensibilizzazione contraddistinta dall’hashtag #TogetherWeRecover (insieme ripartiamo), tanto che le autorità emiratine contano di immunizzare il 50% dei residenti entro la fine di marzo. Da una settimana le infezioni hanno ripreso a crescere, superando ancora i 3.000 casi giornalieri, toccando ieri la cifra record di 3.452 nuovi casi a fronte di 185.502 test effettuati. Nelle ultime 24 ore hanno perso la vita 18 persone, contro le 14 dei giorni precedenti, mentre le nuove infezioni hanno raggiunto quota 3.294. Dall’inizio della pandemia sono stati effettuati 28,8 milioni di test. Scoprite com’è andata la mia vaccinazione contro il Covid-19 e quali siano le caratteristiche delle immunoprofilassi anti SARS-CoV-2 attualmente disponibili.  Continua a leggere

Gli Emirati attirano cervelli

Gli Emirati cambiano la legge sulla cittadinanza offrendola a talenti, investitori e professionisti stranieri che contribuiscano al progresso del Paese. Un modo efficace per attrarre cervelli che potranno stabilire radici più profonde negli Emirati e godere della doppia cittadinanza, senza dover rinunciare a quella del Paese d’origine. Possono aspirare a diventare cittadini emiratini innovatori, talenti, investitori e professionisti tra cui medici, scienziati, ingegneri, artisti, autori, creativi, assieme alle loro famiglie. Non sarà però possibile fare richiesta di cittadinanza. L’elegibilità viene stabilita direttamente dalla casa reale, da componenti dell’esecutivo federale, dai consigli esecutivi dei singoli emirati, dalle corti locali.

Il provvedimento appena approvato punta ad accogliere un’immigrazione selezionata e altamente qualificata che potrà stabilirsi con coniugi e figli al seguito. La contropartita è la partecipazione attiva alla crescita economica e allo sviluppo di una nazione che con poco meno di 10 milioni di abitanti, ha una popolazione composta quasi per il 90% da residenti stranieri, che rappresentano il vero motore dell’economia emiratina. In genere chi risiede negli Emirati ha visti rinnovabili ogni tre anni, legati al proprio impiego. Ma proprio questo tipo di politica dei visti di breve durata ha finora impedito un’immigrazione stanziale, che faccia progetti a lungo termine e sia propensa ad investire in proprietà immobiliari, sviluppando un senso di appartenenza e attaccamento al Paese. Gli emendamenti approvati dallo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, Vice Presidente e Primo Ministro degli Emirati Arabi Uniti e sovrano di Dubai, rappresentano una vera rivoluzione e produrranno un significativo aumento della popolazione.

Coloro che daranno molto agli Emirati in termini di innovazione, expertise, ingegno, imprenditorialità, creatività, potranno considerare il Paese la propria casa. Un percorso di modernizzazione che passa anche attraverso modifiche apportate di recente al diritto di famiglia e ai diritti della persona. Vediamo insieme chi abbia i requisiti per ottenere la cittadinanza emiratina e quali cambiamenti siano stati finora apportati al modello stesso di società negli Emirati.  Continua a leggere