Austria, Van der Bellen vince ancora

Alexander Van Der Bellen vince al primo turno le presidenziali austriache e viene rieletto per un secondo mandato con il 56,69% dei consensi. Il 78enne presidente uscente resterà in carica altri 6 anni. Aveva puntato tutto sulla vittoria al primo turno con il chiaro obiettivo di evitare i ballottaggi, combattendo fino all’ultimo il vero nemico di questa tornata elettorale: l’astensionismo. Emblematica la frase con cui ha esortato i suoi alla mobilitazione e con cui ha spronato tutti a non disertare i seggi: “Per favore andate a votare e convincete altri a recarsi alle urne. I più grandi avversari della partecipazione democratica sono il divano e il comfort”. L’Austria lo ha ascoltato, regalandogli un successo suggellato da un margine decisamente ampio.

Una vittoria annunciata visto che la corsa di Alexander Van der Bellen è stata in solitaria. Nessuno dei sei avversari, tutti uomini, era davvero in grado di impensierirlo. Inoltre, né i Popolari, né i Socialdemocratici hanno espresso propri candidati, spianando così la strada alla rielezione del presidente uscente. Il candidato dell’ultradestra Walter Rosenkranz si è fermato al 17,68%, mentre a sorpresa il candidato del Partito della birra (Bierpartei), Dominik Wlazny, accreditato attorno al 5% si è aggiudicato un inatteso terzo posto, raccogliendo l’8,31% delle preferenze. Gli austriaci sembrano aver apprezzato la fermezza e la calma con cui Van der Bellen ha guidato il Paese in questi sei anni, costellati da difficoltà interne e crisi internazionali: la caduta del governo turchese-blu in seguito al voto di sfiducia nel 2019, la pandemia, le dimissioni del Cancelliere Sebastian Kurz un anno fa con l’accusa di corruzione, il conflitto tra Russia e Ucraina. Stabilità, autorevolezza, europeismo, modi rassicuranti, le armi vincenti che hanno giocato a favore della riconferma di Van Der Bellen alla Presidenza della Repubblica austriaca. Scopriamo di più sulle elezioni presidenziali in Austria e sul Partito della birra che è riuscito ad andare al di là della satira conquistando consensi soprattutto tra i giovani elettori.  Continua a leggere

La fine di Expo segna un nuovo inizio

L’Expo di Dubai finisce. L’eredità più significativa è la posizione centrale che gli Emirati hanno conquistato nello scacchiere geopolitico internazionale. In questi sei mesi il Paese e la sua leadership si sono ritagliati il ruolo importante di mediatori, creatori di una piattaforma di dialogo, protagonisti di rapporti bilaterali che pongono le basi per una più forte cooperazione mondiale sui grandi temi del futuro e sulle sfide che l’umanità sarà chiamata ad affrontare negli anni a venire. Dagli Abraham Accord alla prima visita di Stato del Presidente israeliano Isaac Herzog, gli Emirati Arabi Uniti sono stati costantemente impegnati ad intessere rapporti con Paesi chiave, quali appunto Israele, che si riveleranno decisivi per ridisegnare gli assetti dell’intera regione mediorientale e dell’area allargata del Golfo. Ma il contributo emiratino alla ridefinizione degli equilibri mondiali si allarga anche oltre il Medio Oriente in una fase così delicata e complessa in cui si delineano nuove dinamiche politiche  anche in seguito al conflitto tra Ucraina e Russia. Emirati come crocevia non solo commerciale, ma come punto di incontro e scambio per idee, progetti, soluzioni innovative, per dare vita ad un nuovo approccio collaborativo a livello internazionale.

“Oggi non è la fine dell’Expo 2020, ma un nuovo inizio”, con questo messaggio lo Sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, Vice Presidente e Primo Ministro degli Emirati e sovrano di Dubai chiude l’Esposizione Universale di Dubai. Non è un augurio, ma la consapevolezza di aver seminato istanze che germoglieranno, contribuendo a creare un mondo migliore. E la visione lungimirante emiratina, che sa guardare in prospettiva costruendo bene il presente perché il futuro sia pieno di opportunità, viene sintetizzata dalla frase pronunciata dallo Sceicco Nahyan bin Mubarak Al Nahyan, Ministro della Tolleranza e Coesistenza degli Emirati e Commissario Generale dell’Expo 2020: “Le conclusioni rappresentano sempre nuovi inizi così è come noi guardiamo i percorsi che ci porteranno a raggiungere tutti i nuovi traguardi che verranno”. Scopriamo di più sull’eredità dell’Expo e sui risultati del Padiglione Italia.  Continua a leggere

Petrolio record tra falchi e colombe

Lo scontro tra Emirati e Arabia Saudita segna la fine dell’OPEC? Un braccio di ferro che ha già fatto schizzare il prezzo della benzina a livelli record dal 2018. L’organizzazione dei principali produttori mondiali di greggio, con l’aggiunta di alcuni Paesi esterni al cartello guidati dalla Russia, OPEC+, non ha raggiunto a Vienna un accordo sui tagli alla produzione necessari per mantenere stabile il prezzo del petrolio, in un quadro mondiale che vede una graduale ripresa dalla pandemia e un’accresciuta domanda energetica.

Nel corso del 2020, infatti, i ripetuti lockdown hanno determinato una ridotta domanda mondiale di idrocarburi, tanto che per evitare il collasso del prezzo del greggio sono stati decisi tagli drastici da parte dei Paesi produttori, scendendo a 9 milioni di barili al giorno rispetto ai 10 milioni registrati prima della pandemia. Nel meeting di Vienna l’intenzione era di stabilire un aumento della produzione di 2 milioni di barili al giorno, da raggiungere gradualmente, incrementando 400mila barili al giorno su base mensile a partire da agosto fino alla fine dell’anno. Al tempo stesso c’era la volontà di prorogare i tagli a tutto il 2022, andando molto oltre il termine precedentemente fissato dell’aprile 2022.

Un accordo che per gli Emirati Arabi Uniti non era affatto conveniente, come ha dichiarato ai media internazionali Suhail al-Mazrouei, il Ministro dell’Energia emiratino, sottolineando come da due anni un terzo della produzione di greggio degli Emirati sia rimasta ferma. Misure straordinarie dettate dall’emergenza causata dal Covid-19, ma una politica insostenibile sul lungo termine. All’origine del dissidio tra Emirati e regno saudita il numero di quote assegnate ad ogni Paese OPEC. Scopriamo di più sugli interessi sempre più divergenti di sauditi ed emiratini e sui rischi dell’eventuale uscita degli Emirati Arabi Uniti dall’OPEC e la possibile conseguente dissoluzione stessa dell’organizzazione. 

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Siria: fine delle ostilità, via libera agli aiuti

Il vertice di Vienna si è concluso con un rilancio dei negoziati e un via libera unanime agli aiuti per la popolazione siriana stremata da 5 anni di guerra civile.  Si è inoltre stabilito il ripristino di un reale cessate il fuoco, perché si rafforzi la fragile tregua. Le ostilità debbono infatti finire immediatamente, hanno ribadito in conferenza stampa congiunta John Kerry, Sergey Lavrov e Staffan de Mistura.

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Occorre inoltre consentire ai convogli con gli aiuti umanitari di poter raggiungere le città siriane che sono cinte d’assedio e sotto attacco. Se per via di terra non fosse possibile, si procederà con ponti aerei del World Food Program. Deve infine esserci da parte di tutti l’impegno a far ripartire con rinnovato slancio le trattative di pace. “La vera sfida è ora tradurre questi accordi in fatti concreti” ha sottolineato il Segretario di Stato statunitense Kerry. Le Nazioni Unite vigileranno il rispetto del cessate il fuoco su base settimanale. Ogni violazione finirà sul tavolo del Consiglio di Sicurezza intenzionato a inasprire le pressioni sulle parti belligeranti.  Continua a leggere

Vienna: le stragi di Parigi oscurano i colloqui di pace per la Siria

Dopo lo choc per gli attacchi simultanei a Parigi, è stata la volta delle veglie e delle preghiere. Sono state moltissime le manifestazioni spontanee di solidarietà, che si sono svolte ieri nelle piazze delle principali città di tutto il mondo.

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Anche a Vienna, in tanti si sono radunati davanti all’Ambasciata francese, per stringersi attorno alla Francia, in un ideale abbraccio.  Continua a leggere

Vienna: colloqui positivi sulla Siria, non c’è accordo sul dopo Assad

“Molto positivi”, sono stati definiti da tutti così i colloqui multilaterali per il raggiungimento di un processo di pace in Siria, che hanno avuto luogo ieri a Vienna. Se non c’è accordo sul futuro del presidente Bashar al-Assad, su un fronte sono tutti d’accordo: combattere il terrorismo dell’ISIS con un’azione corale.

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Un punto fermo la lotta allo Stato Islamico, che ha sancito un’unanime approvazione, da parte delle 19 nazioni rappresentate al vertice, mettendo d’accordo persino acerrimi e fieri rivali come Arabia Saudita e Iran, la cui presenza al tavolo ha rappresentato un evento di portata storica.  Continua a leggere

Il dramma dei rifugiati e la guerra dell’ISIS

La situazione dei rifugiati che arrivano in Austria attraverso la rotta balcanica diventa sempre più critica. Se nelle scorse settimane nella cittadina di Nickelsdorf, arrivavano 6.000 migranti ogni giorno dall’Ungheria; in queste ore sotto pressione è il confine con la Slovenia.

Nickelsdorf

Nella cittadina di Spielfeld, in Styria, solo ieri sono entrati 3.700 rifugiati. Lungo il confine però stazionano tra i 10.000 e i 20.000 migranti.  Continua a leggere