Erdogan, sultano a Vienna

Pioggia di consensi per Erdogan in Austria. Il leader dell’AKP si è aggiudicato il 72% delle preferenze a queste elezioni presidenziali anticipate. Una vittoria che gli conferirà immensi poteri, grazie alla riforma costituzionale approvata con il referendum dell’aprile 2017. Un plebiscito sul suolo austriaco per il Capo dello Stato uscente.

Recep Tayyip Erdogan gode di un amplissimo sostegno da parte dei cittadini turchi residenti in Austria. Invece, il suo principale sfidante, il laico Muharrem Ince del CHP, ha raccolto appena il 16,8% dei consensi. Scopriamo insieme le percentuali relative ai 3 milioni e mezzo di cittadini turchi residenti all’estero che hanno votato per Erdogan, l’affluenza alle urne e le accuse di manipolazioni lanciate dall’opposizioneContinua a leggere



Lo schiaffo di Erdogan

Bagno di folla per il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan in Bosnia. In 20.000 lo hanno acclamato. Erano tantissimi i turchi accorsi dall’Austria per assistere al comizio elettorale che si è tenuto a Sarajevo domenica sera. Secondo la polizia erano almeno 1.300. Ne attendeva oltre 2.000 l’UETD, Union Europäisch-Türkischer Demokraten (l’Unione dei turchi europei democratici), un’associazione che promuove impegno politico, sociale e culturale dei turchi nell’Unione europea, ma che in realtà fa attività lobbistica per l’AKP, il partito del Presidente turco. Sono arrivati con mezzi propri, oppure con pullman a noleggio, qualsiasi sacrificio valeva la pena pur di non perdere l’importante tappa sul suolo europeo della campagna elettorale di Erdogan, che li ha incitati al grido: “Siete pronti a dare alle organizzazioni terroriste e ai loro scagnozzi stranieri un ceffone ottomano?”, in turco “Osmanli Tokadi”, è una locuzione che si riferisce al gergo militare e indica il metodo di difesa a mani nude usato dall’armata ottomana.

Ha chiesto la mobilitazione di tutti i turchi residenti in Europa per consolidare ulteriormente il suo potere, accendendo gli animi con frasi patriottiche: “Alzatevi in piedi! Una bandiera, uno stato, una patria!”. E in risposta i suoi sostenitori, infiammati dalle sue parole, lo hanno acclamato come il loro “sultano”. Quella del prossimo 24 giugno, infatti, sarà la prima consultazione popolare dopo il cambiamento della costituzione, che lo investirà di un secondo mandato presidenziale. Saranno le prime elezioni dopo la modifica del sistema in senso più autoritario, avvenuta a fronte del referendum costituzionale del 16 aprile 2017, appoggiato in Turchia dal 51% dell’elettorato. Referendum che in Austria, invece, ha raccolto il favore di ben tre quarti degli elettori, a riprova del sostegno fortissimo di cui gode Erdogan sul territorio austriaco. Un appuntamento molto controverso, quello nella capitale bosniaca, organizzato per ripiego, dopo il divieto irremovibile di fare campagna elettorale in Austria, Germania e Olanda. A ridosso del comizio si erano anche rincorse voci di un possibile attentato alla vita del Presidente turco. Scopriamo insieme particolari in più sulle trame ordite contro il leader turco e su come si componga la folla dei suoi supporterContinua a leggere



Tensione tra Austria e Turchia

Ancora una volta c’è tensione tra Austria e Turchia. Il Ministro dell’Economia turco, Nihat Zeybekci, si è visto negare l’ingresso in Austria. A comunicare la notizia è stato Sebastian Kurz (ÖVP), a capo del dicastero degli esteri. È sua la decisione di non consentire l’entrata sul suolo austriaco al Ministro turco Zeybekci, che avrebbe dovuto prendere parte a un’iniziativa commemorativa dello sventato golpe del 15 luglio 2016, in programma domenica prossima, a Vienna Liesing, nel 23esimo distretto. L’apparizione pubblica di Zeybekci “potrebbe essere una minaccia all’ordine pubblico e alla sicurezza dell’Austria”, ha dichiarato ai media Kurz. Se invece di partecipare unicamente a questa manifestazione, Zeybekci “fosse venuto per incontri bilaterali, ovviamente sarebbe stato il benvenuto”, si è affrettato a puntualizzare Kurz.

Secondo Karl-Heinz Grundböck, Portavoce del Ministero dell’Interno federale, il divieto di entrare in Austria, per motivi legati alla sicurezza e all’ordine pubblico, è di esclusiva pertinenza e discrezionalità del Ministro degli Esteri. Quella del Ministro Kurz non sembra però essere una mossa isolata, da cui tutte le altre forze politiche si dissocino. Insomma, non sarebbe una delle solite esternazioni shock del Ministro degli Esteri e leader del Partito popolare, fatte esclusivamente per attirare l’attenzione dei mezzi di comunicazione a fini elettorali. Infatti, a fargli eco e a sposare integralmente la posizione di Kurz è anche la Cancelleria federale, per bocca del portavoce Nikolai Moser: “Abbiamo dovuto prendere questa misura nei confronti della Turchia, per un valido motivo. Dobbiamo evitare che il conflitto interno al Paese possa avere ripercussioni e generare disordini qui in Austria. Naturalmente condanniamo duramente il tentativo di colpo di stato dell’anno scorso” si è premurato di aggiungere il portavoce del Cancelliere Christian Kern, per evitare pesanti crisi diplomatiche. Una decisione, quindi, presa dal Ministro degli Esteri di concerto con il Cancelliere federale. Lo stesso Sebastian Kurz ha ribadito in modo deciso la condanna del golpe di un anno fa. Al tempo stesso, però, ha sottolineato come Vienna condanni anche le epurazioni e le misure liberticide che hanno messo a serio rischio i diritti umani in Turchia, “a seguito dell’ondata di arresti di massa perpetrata dal governo turco dopo il tentato putsch”, nonché “con la restrizione della libertà di espressione e di stampa conseguente allo sventato colpo di stato”. La Turchia accusa l’Austria di non difendere con onestà i valori democratici e oggi sui media turchi infuria la polemica, al punto che organi di stampa vicini al Presidente Recep Tayyip Erdogan accusano Vienna di essere dietro al tentato putsch dello scorso anno. Vibrate critiche arrivano anche dall’Unione dei turchi europei democratici (UETD – Union Europäisch-Türkischer Demokraten in Österreich), l’associazione che ha organizzato l’incontro al quale avrebbe dovuto presenziare il Ministro dell’Economia Zeybekci, che definisce “antidemocratico” il bando imposto da Sebastian Kurz. Grida allo scandalo Hürriyet, il principale quotidiano turco, e piovono sull’Austria accuse di arroganza.  Continua a leggere



L’ira di Erdogan contro i reporter

Il clima tra Austria e Turchia è sempre incandescente. A Vienna una giornalista della tv pubblica ORF è stata allontanata, come persona non gradita, nel corso di un comizio elettorale. Si trattava di un’iniziativa della campagna a favore del referendum costituzionale, in programma in Turchia il prossimo 16 aprile, alla quale però non era stata ammessa la stampa austriaca. Un appuntamento elettorale che modificherà la Costituzione turca, cambiando il sistema attuale in uno presidenziale. Il referendum sta molto a cuore al Presidente Recep Tayyip Erdogan e al suo partito l’AKP, che si sta spendendo moltissimo per garantire la vittoria del sì, mobilitando il più possibile i 5,5 milioni di turchi residenti all’estero, dei quali 4,6 milioni nell’Europa Occidentale. Ospite di spicco dell’evento, che si è tenuto a Vienna, in zona Ottakring, nel sedicesimo distretto, era l’editorialista ed ex parlamentare turco Sevki Yilmaz. Personaggio politico legato all’Islam, esponente del Refah, partito bandito nel 1998 perché contravveniva al requisito di laicità, del quale faceva parte anche Erdogan prima di fondare l’AKP. Sono giorni nei quali i rapporti tra Turchia e Germania sono tesissimi e altrettanto alta è la tensione con l’Austria. Sullo sfondo delle burrascose relazioni diplomatiche internazionali, la campagna elettorale per il controverso referendum, che vede il coinvolgimento diretto di Erdogan e dei rappresentanti del governo. Secondo l’opposizione l’affermazione del sì potrebbe avere come conseguenza una pericolosa concentrazione di potere nelle mani di Erdogan. Ecco perché l’attenzione dei media internazionali è puntata sulla Turchia.

Le circostanze nelle quali la giornalista della ORF è stata cacciata non sono chiare. Avrebbe tentato di coprire il comizio elettorale, malgrado a nessun inviato austriaco fosse stato dato il permesso di accedervi. Sonja Sagmeister, questo il nome della cronista della ORF, avrebbe tentato di camuffarsi in mezzo al pubblico, indossando un foulard, per non dare troppo nell’occhio. Nonostante il suo travestimento sarebbe stata individuata, circondata e successivamente allontanata. Un comizio a porte chiuso organizzato in un circolo privato, secondo gli organizzatori del club UETD, Europäischen Union der türkischen Demokraten, che non hanno gradito affatto il travestimento della giornalista. Sulla stampa turca la cronista è stata oggetto di aspre critiche ed è stata accusata di essere una spiaContinua a leggere



Scintille tra Austria e Turchia

La tensione è alta tra Austria e Turchia in queste ore. A scatenare la frizione tra i due Paesi le dichiarazioni rilasciate dal Ministro degli Esteri federale Sebastian Kurz (ÖVP). Il Presidente turco Racep Tayyip Erdogan è il benvenuto per qualsiasi incontro bilaterale, come pure altre figure di spicco della politica turca. Però, senza mezzi termini, il Ministro austriaco ha definito “non gradito” lo sbarco sul suolo austriaco della campagna elettorale sul controverso referendum del prossimo 16 aprile, che punta a modificare la costituzione turca, cambiandone il sistema in senso presidenziale. Una consultazione che potrebbe avere come risultato l’abolizione della figura del Primo Ministro e che concentrerebbe immensi poteri nelle mani del Presidente Erdogan. Non si sono fatte attendere le reazioni della Turchia. Il portavoce del Ministero degli Esteri turco ha infatti replicato che Vienna ha ostentato un atteggiamento di forza e mostrato parzialità, intervenendo in una questione che non riguarda direttamente l’Austria. Con educazione e fermezza Vienna ha ribadito le proprie posizioni. Non vuole che la forte polarizzazione su questo voto arrivi fino in Austria, Sebastian Kurz, perché a suo dire, l’irrompere della campagna elettorale referendaria non solo creerebbe un clima teso, ma non favorirebbe l’integrazione della comunità turca. Il rischio di attriti anche tra turchi e curdi è uno dei possibili conseguenti scenari.

 Bundesminister Sebastian Kurz. Bruxelles, 06.02.2017 – Foto: Dragan Tatic

Il Primo Ministro turco Binali Yildirim aveva reso nota l’intenzione del Presidente Erdogan di spendersi per la campagna referendaria anche in Europa, in quei Paesi nei quali sono presenti nutrite comunità turche, senza però fornire dettagli a riguardo. Lo stesso premier Yildirim si è recato personalmente in Germania a Oberhausen, per un comizio al cospetto di migliaia di cittadini turchi. Generiche ipotesi di ulteriori tappe della campagna elettorale in Germania, Belgio, Olanda e Danimarca sono state elencate come possibili strategie della campagna elettorale pro referendum costituzionale. Forse, per prevenire possibili tappe austriache, il giovane Ministro degli Esteri austriaco ha voluto precisare di considerare questa campagna elettorale “indesiderabile”. A riprova delle scintille tra Vienna e Ankara, le dichiarazioni diffuse dall’agenzia stampa Dpa, Deutsche Presse-Agentur, attribuite al Ministero degli Esteri turco, che avrebbe accusato la controparte austriaca di atteggiamento “razzista e islamofobo”.  Continua a leggere



Hacker turchi assaltano la Banca Nazionale

Un cyber attacco sferrato al cuore economico austriaco è stato per fortuna bloccato. Ad essere colpito, il sistema IT della Banca Nazionale dell’Austria. Lo conferma anche il Ministero dell’Interno. Gli hacker hanno inviato 5 milioni di email al minuto per mandare in tilt il sistema. Tecnicamente si chiama DoS (denial of service), stavolta però, non è andato a segno.

OeNB

OeNB

Secondo Christian Gutlederer, portavoce della OeNB (Österreichische Nationalbank) “l’attacco ha provocato solo un temporaneo malfunzionamento della home page del sito, risultata non disponibile per un breve lasso di tempo”. Inoltre Gutlederer assicura che “non vi è stato alcun accesso ai dati sensibili”. È ancora presto per trarre conclusioni, fa sapere il Ministero dell’Interno, anche se molti elementi sembrerebbero convergere su un gruppo di hacker turchi.

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La Turchia non è un paese per donne

Asya è bella, colta, realizzata professionalmente, parla bene inglese e tedesco. L’ho conosciuta qualche anno fa, mentre lavorava in Austria, dove ha vissuto per un lungo periodo. Un’amicizia, la nostra, che dura ancora. È tornata nella sua amata Istanbul da alcuni mesi. Asya è una donna in carriera, intraprendente, talentuosa, cittadina del mondo. Questa è la sua testimonianza dell’orrore che si impossessa in fretta della Turchia. Asya esordisce così: Ciao Mila, non posso scriverti su Facebook. Purtroppo gli account vengono crackati. La via più sicura è utilizzare WhatsApp, ma poi devo subito cancellare tutta la nostra conversazione. È molto pericoloso. La polizia può fermarti in qualsiasi momento, soprattutto le forze d’elite, e controllare le tracce delle tue conversazioni private. Ogni appiglio può rivelarsi fatale.

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I provvedimenti del governo turco stanno uccidendo giorno dopo giorno lo stato di diritto e la democrazia, in uno dei Paesi che fino a pochi anni fa era tra i più avanzati della zona eurasiatica. In queste ore si susseguono arresti di massa. Vigono restrizioni sull’espatrio. È stato dichiarato lo stato di emergenza per 3 mesi e sospesa la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Aleggia lo spettro della pena di morte. La voce di Asya parla direttamente alla nostra coscienza. A rischio c’è la civiltà. Il processo di islamizzazione sta permeando ogni ganglio della società turca. Non c’è più spazio per la laicità. Erdogan sta eliminando qualsiasi forma di dissenso. Ecco perché come mi racconta Asya con il cuore ferito: la Turchia non è un Paese per donne.  Continua a leggere



Prigioniera di Erdogan

Hiranur è una giovane donna turca, istruita, classe borghese, di estrazione laica. La sua è una drammatica testimonianza della infernale notte del golpe e delle attuali misure restrittive e repressive adottate dal Presidente Recep Tayyip Erdogan. Hiranur è una dipendente pubblica, ecco perché in questo momento è prigioniera in Turchia. Il governo ha imposto il divieto di espatrio e ha cancellato le ferie. Il suo rientro in Austria è rimandato, fino a nuovo ordine. Tutti i dipendenti pubblici sono nel mirino del governo: impiegati del Ministero dell’Interno, funzionari del Ministero della Pubblica Istruzione, rettori universitari, decani, accademici, insegnanti del settore privato e pubblico. Prima di loro è toccato ad esercito, polizia, magistrati e al mondo dell’informazione. Il sospetto che vi siano collegamenti con Feto, il movimento islamista che fa capo al predicatore Fethullah Gulen, ex alleato di Erdogan e ora suo principale nemico, ha scatenato arresti di massa. Le epurazioni si allargano a macchia d’olio con il passare delle ore. Migliaia tra arrestati, licenziati e sospesi. Al momento tutto è congelato e la legge sui dipendenti pubblici sarà cambiata. Questo significa che il loro rapporto di lavoro sarà regolamentato in modo diverso. Per ora nessuno può lasciare la Turchia.

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Hiranur è una donna intelligente e coraggiosa. Ha trascorso momenti terribili nell’inferno dei combattimenti che si sono svolti in strada nella notte del 15 luglio. La paura che ti toglie il fiato e il sonno. Seguire le fasi del golpe attraverso la tv. L’imperversare dei combattimenti in strada. L’angoscia che le bombe e gli spari giungano ancor più vicino a casa. L’incertezza del futuro per sé e i propri figli.  Continua a leggere



In Grecia è quasi crisi umanitaria, mentre l’Austria non toglie il tetto sui rifugiati

Sono oltre 8.500 i migranti bloccati al confine nord della Grecia, nel piccolo villaggio di Idomeni, in un campo profughi attrezzato per ospitare non più di 1.500 persone. L’UNHCR fa sapere che sono 20.000 i migranti rimasti intrappolati sul territorio greco, dopo che l’Austria e altri Paesi balcanici hanno intensificato i controlli alle frontiere e hanno in vari casi imposto tetti massimi sul numero di migranti in transito giornalmente.

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Il rischio è che entro la fine di marzo i migranti bloccati in Grecia possano diventare 70.000.  Continua a leggere



Ho visto la morte in faccia al largo della Grecia

Ahmad è un giovane siriano che, a meno di trent’anni, ha visto la morte in faccia nel tratto di mare che separa la Turchia e la Grecia. Non sa nuotare e nello specchio d’acqua dell’Egeo orientale, davanti all’isola di Chios, ha rischiato di morire.

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L’imbarcazione di fortuna sulla quale cercava di raggiungere la costa greca assieme ad altri rifugiati siriani è andata all’improvviso in avaria, dopo un lungo inseguimento ad alta velocità da parte delle autorità  greche. Pian piano il barcone sul quale viaggiavano stipati una cinquantina tra uomini, donne, bambini e anziani, ha iniziato a imbarcare acqua e ad affondare.  Continua a leggere