Rivolta pacifica in Libano

La protesta in Libano va avanti, senza interruzione, da dieci giorni. Una manifestazione senza leader, spontanea, pacifica, contro corruzione, nepotismo, malversazione ai danni dello stato, per contrastare disuguaglianza e povertà. I libanesi scesi in piazza chiedono con fermezza le dimissioni del governo, responsabile del collasso economico in cui versa il Paese. Tutto è paralizzato. Restano chiusi da giorni esercizi commerciali, banche, scuole. Completamente bloccata la viabilità, con le principali arterie ostruite da barriere e sit-in.

Giovani e anziani manifestano insieme, uniti come mai prima d’ora, superando le divisioni settarie che hanno sempre frammentato l’opinione pubblica, alimentato conflitti religiosi e sociali, e caratterizzato il sistema politico. Non ci sono particolarismi, c’è assoluta unità di intenti, vogliono tutti un futuro migliore e un Paese che possa offrire opportunità. Una protesta che è stata definita pan-settaria perché vi stanno prendendo parte tutti i cittadini libanesi che, con la crescente crisi economica che attanaglia il Paese, unanimemente dichiarano di aver sopportato abbastanza e di non poterne più. Sunniti, sciiti, cristiani, drusi, milioni di persone hanno affollato strade e piazze su tutto il territorio libanese. Ci sono studenti universitari, padri e madri di famiglia, vogliono tutti riforme e cambiamento. Al posto di quello attuale chiedono un esecutivo composto da tecnici, per favorire una stagione riformatrice che cambi finalmente volto al Paese. Scopriamo di più su questa mobilitazione popolare che sta accendendo il Libano

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Una protesta gioiosa

Le manifestazioni a Beirut, come nel resto del Libano, sono gioiose, caratterizzate da armonia e sense of humour, perché l’essere estremamente pacifici è l’arma più potente che esista, tale da impedire qualunque repressione violenta da parte delle forze dell’ordine. Tra i tanti video diffusi sui social media anche uno che mostra i manifestanti che cantano l’inno dell’Europa, l’adattamento dell’ultimo movimento della Nona Sinfonia di Beethoven.

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Invece dei versi composti dal poeta e scrittore tedesco Friedrich Schiller, le parole che animano la piazza sono un inno a questa rivoluzione pacifica: “Grazie ai politici che con le loro malefatte ci hanno uniti. Il popolo non può essere distrutto”. E mentre l’inno europeo diventa colonna sonora di una potentissima rivolta spontanea, l’Unione Europea resta sorda a qualunque richiamo arrivi dal martoriato Medio Oriente.

Le ragioni del moto di popolo in un video

Tutto è iniziato con una serie di devastanti incendi dolosi che hanno distrutto ettari di boschi. La risposta del governo all’emergenza degli incendi e alla crisi economica è stata quella di imporre nuove tasse.

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È allora che gli incendi sono diventati moto di popolo, infiammando gli animi dei libanesi che si sono sentiti vessati dall’ennesima serie di balzelli. Alla classe politica tutta, nelle sue diverse componenti, dagli arabi moderati ai cristiani, fino agli Hezbollah, viene contestato il sistema clientelare e corrotto, il mancato rispetto delle istituzioni.

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Tutto questo viene spiegato in un video molto emozionante, con didascalie in inglese, che ricorda quelli girati in occasione della rivoluzione in Ucraina. Immagini girate con droni, volti sorridenti, che fanno della protesta un’occasione di crescita e miglioramento. L’hanno definita la più grande e lunga rivoluzione, un fuoco buono, che non distrugge la natura ma riaccende la speranza di costruire una società fondata su legalità e uguaglianza

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Una catena umana unisce il Libano

Nelle ultime ore si è formata una catena umana che unisce il Libano da nord a sud. Decine di migliaia di cittadini hanno intrecciato le proprie mani, strette le une alle altre, per mostrare come il Paese, caratterizzato da marcate divisioni religiose, sia unito nella sua ferma protesta, senza vessilli o leader a capeggiarla.
 

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Una catena umana che si snoda per 170 chilometri, da Tripoli a Tyre, passando per la capitale Beirut, simbolo di unità e rinascita di un popolo. Una mobilitazione senza precedenti contro l’intera classe politica e il suo sistema di divisioni settarie

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