Emirati, avanti col nucleare

Gli Emirati, primo Paese arabo a produrre energia nucleare, hanno iniziato a far funzionare al 50% della capacità l’impianto di Barakah, ad Abu Dhabi. La centrale, la cui accensione è avvenuta lo scorso agosto, è costata 19 miliardi di euro (22,4 miliardi di dollari). Realizzata con tecnologia sudcoreana, fornita dalla KEPCO, dispone di quattro reattori di nuova generazione a fissione, con reazione a catena nucleare controllata. L’annuncio dell’aumento di potenza dell’operatività dell’unità 1, è arrivata in concomitanza con la riconferma dell’assegnazione agli Emirati Arabi Uniti di un seggio all’interno del consiglio direttivo dell’AIEA. Il consiglio è una delle massime autorità a livello mondiale sull’uso dell’energia atomica a scopi pacifici.

ENEC (Emirates Nuclear Energy Corporation)

Una rielezione che rappresenta il segno tangibile della fiducia nell’operato delle autorità emiratine e che conferisce al Paese un ruolo sempre più importante nel processo di elaborazione delle politiche nucleari internazionali. Il programma nucleare degli Emirati e l’impianto di Barakah, infatti, sono stati realizzati con il supporto dell’AIEA.

Sempre nel mese di agosto sono avvenuti collegamento, integrazione e sincronizzazione del reattore 1 alla rete elettrica nazionale, dopo una lunga serie di test di sicurezza. Operazione che ha fornito i primi megawatt di energia pulita al Paese. Vediamo insieme quanto manca alla fine della costruzione dell’impianto di Barakah e quali rischi può rappresentare la presenza di una centrale nucleare nell’area del Golfo.  Continua a leggere



A Dubai nasce Kosher Arabia

Kosher Arabia produrrà a Dubai cibo kosher per la compagnia aerea Emirates. L’entrata in funzione degli stabilimenti è prevista a partire da gennaio 2021. A bordo dei voli del colosso dell’aviazione emiratino è già possibile consumare pasti kosher, ma si tratta di alimenti importati da fornitori stranieri. Con la creazione di Kosher Arabia, costola della Emirates Flight Catering (EKFC), la Emirates sarà in grado non solo di ampliare la scelta dei menù, ma anche di avere più controllo sulla qualità degli alimenti e delle ricette che seguono i dettami della kasherùt.

Kosher Arabia non fornirà alimenti e pasti alla sola Emirates, ma anche ad un altro centinaio di compagnie aeree, già clienti del gruppo. E non è tutto, la Emirates Flight Catering ha intenzione di aprire anche una serie di ristoranti a Dubai e in altri Paesi del GCC. Kosher Arabia è quindi destinata a produrre non solo pasti da consumare a bordo dei voli aerei, ma anche cibo per hotel ed eventi che si svolgeranno nell’area del Golfo, compresa Expo 2020, l’avvenimento internazionale più atteso.

L’apertura del primo ristorante kosher a Dubai all’Armani Hotel, la creazione di una divisione catering dedicata alla produzione di pietanze e pasti che seguono i principi della kasherùt da parte della Emirates, sono segnali delle molteplici iniziative commerciali e accordi di cooperazione che fioriscono tra UAE e Israele. Per questo alcuni analisti tendono ad interpretare l’Abraham Accord firmato lo scorso 15 settembre come un’intesa di natura prevalentemente economica e commerciale. Eppure, al di là delle enormi opportunità di business che l’accordo siglato a Washington indubbiamente favorisce, la posizione degli Emirati Arabi Uniti trova sostanza dalla reale volontà delle autorità emiratine di dare armonia e stabilità all’intera regione mediorientale, con implicazioni che trascendono la geopolitica per investire un più ampio ambito culturale. Vediamo insieme qualche altra particolarità della nascente produzione di catering kosher e la portata degli Abraham Accord da poco siglati tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrain.  Continua a leggere



Israele-UAE-Bahrain, prove di pace

La firma a Washington degli Abraham Accord tra Israele, Emirati e Bahrain è un’opportunità di stabilità per il Medio Oriente. Il Presidente americano Donald Trump, che ha dominato la scena nel corso dell’intera cerimonia alla Casa Bianca, ha sottolineato come “dopo decenni di divisioni e conflitti si può salutare l’alba di un nuovo Medio Oriente grazie al coraggio dei leader visionari di questi tre Paesi”. Un “cambiamento del corso della storia”, lo ha definito con toni trionfalistici Trump.

A ben guardare c’è più di un motivo per cui questi accordi di normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Israele e due influenti Paesi del Golfo arabico, quali Emirati Arabi Uniti e Bahrain, acquistano un significato importante. Sullo sfondo aleggia la possibile intesa sugli aerei F-35 stealth fighter e gli EA-18G Growler che gli Stati Uniti potrebbero vendere agli Emirati, desiderosi da tempo di rinnovare i propri arsenali e che finora non potevano neppure sperare di poter acquistare. Dal canto suo il Bahrain ha più di un motivo per temere l’Iran, che fino al 1969 reclamava i territori bahreiniti come propri possedimenti. Inoltre il Bahrain, governato dalla casa reale sunnita, deve fare i conti con una maggioranza della popolazione sciita. Analizziamo insieme alcuni motivi che fanno sì che gli Abraham Accord contino e anche molto per i futuri equilibri della regione e gli assetti geopolitici mondiali.  Continua a leggere



Emirati e COVID19

La compagnia aerea Emirates ha deciso di sospendere tutti i voli di linea dal 25 marzo, per contrastare il diffondersi del COVID-19. Un blocco di due settimane, suscettibile di ulteriori proroghe. Infatti, l’Autorità generale per l’Aviazione Civile degli Emirati Arabi Uniti ha per il momento bloccato partenze e arrivi di passeggeri in transito negli aeroporti emiratini a causa della pandemia.

I voli di linea per passeggeri sono temporaneamente sospesi, per sostenere le misure restrittive decise dal Ministero della Salute federale per fronteggiare l’emergenza coronavirus. Il traffico aereo riprenderà negli Emirati appena la situazione globale lo consentirà.

Proseguiranno, invece, tutti i voli merci. Altrettanto operativi i voli di evacuazione d’emergenza. Una decisione non facile per il più grande operatore con velivoli A380 del mondo e quarta compagnia aerea del mondo in termini di passeggeri e tonnellate trasportate. Vediamo quale sia la situazione e quali le ulteriori misure restrittive adottate negli UAEContinua a leggere



COVID19, dalla neve al deserto

Il contagio da coronavirus non conosce confini. Dalle piste di sci dell’Austria arriva fino a Dubai. Un dipendente della sede emiratina di una grande società di consulenza statunitense ha contratto il COVID-19 dopo un soggiorno in una località sciistica austriaca. Anche un secondo impiegato della stessa azienda, che ha avuto contatti con il primo contagiato, è risultato infetto.

La sede della società di consulenza americana ha immediatamente adottato formule di “smart working”, facendo lavorare da casa i propri dipendenti e, al tempo stesso, ha attivato una capillare opera di disinfezione degli uffici. Inoltre, tutti i dipendenti entrati a vario titolo in contatto con il primo impiegato positivo al coronavirus sono stati invitati ad effettuare i necessari test.

Il primo caso di COVID-19 registrato negli Emirati Arabi Uniti risale al 29 gennaio. Attualmente i casi confermati sono 113, mentre sono 26 le persone guarite. Tutti gli ultimi casi di coronavirus sono stati individuati grazie ai tamponi effettuati all’arrivo in aeroporto. Per tutti, anche per gli asintomatici, è stato imposto il regime di quarantena. Il governo emiratino ha deciso di non rilasciare più visti all’arrivo ai viaggiatori. Le restrizioni al momento riguardano 72 Paesi. Anche i residenti, attualmente all’estero, non potranno fare ritorno negli Emirati, una disposizione stabilita nelle ultime ore e che rimarrà in vigore per varie settimane. Restano per ora esclusi da misure restrittive solo i diplomatici. Molti i collegamenti aerei sospesi a causa del diffondersi del coronavirus. Vediamo quali misure abbia adottato Dubai per far fronte al diffondersi del COVID-19Continua a leggere