Emirati, Marte è più vicino

Gli Emirati Arabi Uniti hanno lanciato nello spazio la sonda Al-Amal (“Speranza”) che raggiungerà l’orbita di Marte nel febbraio 2021. Un viaggio che durerà circa 200 giorni. Una data d’arrivo nient’affatto casuale, visto che coincide con il 50esimo anniversario dell’unificazione degli Emirati. La sonda percorrerà più di 493,5 milioni di chilometri, toccando velocità fino a 120.000 chilometri orari. È la prima missione interplanetaria intrapresa da un Paese arabo.

Un traguardo importantissimo, che rende sempre più raggiungibile l’ambizioso obiettivo emiratino della conquista del pianeta rosso. Il lancio è avvenuto con successo oggi, all’1:58 del mattino ora locale (4:40 del mattino ora giapponese), dalla base spaziale di Tanegashima, nel sudovest del Giappone, seguita dalla sala di controllo del centro spaziale Mohammed bin Rashid Space Center (MBRSC) di Dubai. Il lancio aveva subito due rinvii a causa del maltempo. Gli ingegneri emiratini continueranno a ricevere e analizzare i dati telemetrici dalla sonda, in modo da tenere sotto controllo batteria, alimentazione dei sottosistemi, altitudine e direzione. La comunicazione tra Al-Amal e il centro di controllo di terra avviene grazie al Deep Space Network della NASA. La missione procede secondo i piani stabiliti. Finora sono state superate alcune fasi delicate e non prive di rischi, dallo sganciamento del razzo di lancio, all’eliminazione degli schermi protettivi dalla punta del cono che, una volta caduti, hanno esposto per la prima volta la sonda allo spazio. Scopriamo di più sulla missione spaziale degli Emirati Arabi Uniti e sulla sonda Al-Amal. Continua a leggere



Emirati e Cina, vaccino anti-covid

Il primo vaccino inattivato contro il coronavirus inizia la sperimentazione su volontari ad Abu Dhabi. È il primo riconosciuto a livello internazionale, iscritto per la fase 3 degli studi clinici dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tra i volontari partecipa anche lo sceicco Abdullah bin Mohammed Al Hamed, Presidente del Dipartimento della Salute della capitale emiratina. Seconda personalità ad offrirsi volontaria per la profilassi, Jamal Al Kaab, il medico che sovrintende i trial clinici che ricopre anche la carica di sottosegretario del Dipartimento della Salute di Abu Dhabi.

La realizzazione di questo vaccino, per il quale presto verrà lanciato un sito web dedicato per la registrazione dei volontari pronti a partecipare ai test, fa parte degli sforzi e delle risorse stanziati dagli Emirati Arabi Uniti per combattere, su scala globale, la pandemia di coronavirus e trovare una cura. Un traguardo importante che mette in luce gli elevati standard raggiunti nell’ambito della ricerca medico-scientifica e dello sviluppo. Scopriamo di più sulla vaccinazione, su chi potrà partecipare alla sperimentazione e sul numero di casi di COVID-19 registrati finora negli Emirati.  Continua a leggere



Accordo anti Covid Emirati-Israele

Una partnership medico-scientifica contro il COVID-19 lega Emirati e Israele che ufficialmente non hanno relazioni diplomatiche. Cosa c’è dietro questa inedita unione? Da un lato fa notizia l’annuncio a sorpresa del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che fa presagire un accordo di cooperazione tra i due governi, con imminenti passi ufficiali da parte dei rispettivi Ministri della Salute dipingendo l’azione congiunta contro la pandemia come uno degli ultimi sforzi compiuti dallo Stato ebraico per costruire legami più saldi con gli Stati arabi. Dall’altro fa da contrappunto il laconico comunicato dell’agenzia stampa emiratina WAM che ridimensiona la collaborazione, ponendo l’accento sul sodalizio tra aziende private e nessun accordo a livello governativo. Sullo sfondo pesa come un macigno l’annessione di una porzione dei territori occupati da parte di Israele.

Un passo affrettato da parte di Netanyahu che ha colto alla sprovvista gli Emirati Arabi Uniti, non ancora pronti a far emergere alla luce del sole rapporti più stretti con lo Stato ebraico, specie adesso che sta discutendo l’annessione. A partire dal 1 luglio, infatti, il Primo Ministro Netanyahu ha promesso che annetterà il 30% di West Bank, atto che riacutizza le tensioni nel mai sedato conflitto israelo-palestinese, impedendone una pacifica risoluzione. Al di là della dichiarazione del Primo Ministro Netanyahu, rilasciata nel corso di una cerimonia presso la scuola piloti dell’aviazione (Israeli Air Force), neppure Yuli Edelstein, Ministro della Salute israeliano, ha fatto alcun annuncio ufficiale sulla partnership con le aziende degli Emirati. Il lancio dell’agenzia di stampa WAM parla di due aziende private emiratine e due israeliane che si apprestano a collaborare per effettuare ricerche mediche utili ad arginare la diffusione del coronavirus e volte a salvaguardare tutta l’area mediorientale, senza però menzionare di quali imprese si tratti. Un proposito nobile, che vede mettere da parte dissidi e frizioni per ottenere risultati concreti in ambito scientifico e tecnologico contro la pandemia. Scopriamo qual è l’atteggiamento degli Emirati nei confronti dell’annessione dei territori occupati da parte di Israele e cosa si celi dietro questo avvicinamento.  Continua a leggere



Dubai in crisi causa COVID19?

La pandemia mette in crisi Dubai? Gli esperti stimano una contrazione del 10% della popolazione e un potenziale mutamento del modello economico dell’emirato. Il 2020 si preannunciava l’anno della consacrazione dell’emirato come hub dell’innovazione e meta turistica per eccellenza a livello globale. Expo 2020, l’avvenimento internazionale più atteso, motivo d’attrazione per 25 milioni di visitatori, avrebbe suggellato il ruolo di primo piano dell’emirato sulla ribalta internazionale. Un’occasione imperdibile, fonte di ottimismo diffuso e di speranze per il futuro, dopo quattro anni di economia in relativa stagnazione. Dubai ha saputo inventarsi, trasformandosi da villaggio di pescatori di perle in una modernissima metropoli dotata di porti e aeroporti tra i più trafficati e attivi del mondo, accreditandosi come centro finanziario capace di attirare banche internazionali, diventando una versione mediorientale di Singapore.

L’Expo avrebbe dovuto inaugurare, a partire dalla fine di ottobre 2020, un periodo di nuovi traguardi e sfide per costruire un futuro migliore sulla base di un programma di ampio respiro, da sviluppare nell’arco di cinquant’anni. Ma proprio mentre avveniva l’inaugurazione ufficiale del cuore dell’Esposizione Universale di Dubai, Al-Wasl Plaza, con la splendida cupola realizzata grazie all’ingegno italiano, gli Emirati annunciavano al mondo il primo caso positivo al COVID-19 registrato sul territorio emiratino e in tutto il Medio Oriente. La pandemia di coronavirus ha portato con sé anche la contrazione della domanda di petrolio, dovuta al crollo dei consumi causato dal lockdown, che ha portato al prezzo del greggio in caduta libera. Disponendo di scarse risorse petrolifere e vivendo soprattutto di servizi, commercio, turismo, transazioni immobiliari, Dubai è particolarmente vulnerabile rispetto alla capitale Abu Dhabi e agli altri Paesi del Golfo. Le criticità e le sfide per superarle, però, nascono prima della recessione economica innescata dal coronavirus. Analizziamo insieme la situazione e possibili futuri scenari.  Continua a leggere



COVID19, volo Etihad a Tel Aviv

Il primo volo commerciale diretto, dagli Emirati in Israele, ha portato 16 tonnellate di presidi medici per i palestinesi. Aiuti destinati a fronteggiare l’emergenza coronavirus. Il cargo Etihad, partito da Abu Dhabi e atterrato all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, ha scritto una pagina di storia. I due Paesi, infatti, non hanno relazioni diplomatiche ufficiali. Per quanto, segretamente, coltivino rapporti e contatti.

Un volo simbolico, che segna un momento di cooperazione senza precedenti tra il governo emiratino e quello israeliano. Un legame forse frutto del riallineamento degli equilibri geopolitici nell’area mediorientale, in funzione anti-iraniana. Il trasporto degli aiuti è stato coordinato dalle Nazioni Unite, attraverso l’UNSCO – United Nations Special Coordinator for the Middle East Peace Process.

screen shot

Etihad ha operato un volo da Abu Dhabi all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, il 19 maggio, per far giungere aiuti umanitari ai palestinesi” ha fatto sapere la compagnia aerea di bandiera emiratina. A bordo non vi erano passeggeri ma solo l’equipaggio. Scopriamo insieme ulteriori particolari su quello che potrebbe diventare il primo di una serie di voli commerciali tra Emirati Arabi Uniti e IsraeleContinua a leggere



COVID19, cresce l’IVA in Arabia Saudita

A luglio l’Arabia Saudita innalzerà al 15% l’imposta sul valore aggiunto, causa COVID-19. Emirati e Bahrain restano per ora fermi al 5%. Mentre gli altri Paesi del Golfo sembrano voler rallentare il regime di transizione verso l’introduzione dell’IVA. La decisione dei sauditi arriva come una doccia fredda e rappresenta un vero choc per i consumatori che vedono improvvisamente triplicare l’imposta sul valore aggiunto a partire dal primo luglio.

Gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita hanno introdotto assieme l’IVA il primo gennaio 2018. Il Bahrain ha fatto altrettanto un anno dopo. Nel 2018 gli introiti derivanti dall’IVA sono stati 27 miliardi di AED negli Emirati. A metà novembre il regno saudita ha dichiarato di aver avuto un gettito dell’imposta sul valore aggiunto pari a 46,7 miliardi di riyal. Sono molti i settori che hanno chiesto alle autorità emiratine un periodo di sospensione dell’IVA di almeno 6 mesi, per dare una boccata d’ossigeno alle imprese, fortemente destabilizzate dalla pandemia, e consentire ai consumatori di riacquistare fiducia. Ecco perché al momento non sembra che il governo emiratino abbia intenzione di ritoccare l’IVA. Al contrario, mantenerla al 5% produrrebbe vantaggi notevoli per le imprese locali. Vediamo insieme perché l’Arabia Saudita abbia adottato questa misura e cerchiamo di capire se gli Emirati andranno in scia.  Continua a leggere



COVID19, moschee chiuse per Ramadan

Negli Emirati le moschee continuano a rimanere chiuse. Anche adesso, in pieno Ramadan. Le preghiere congregazionali sono state sospese fin dall’inizio della pandemia di COVID-19. È la prima volta che i Paesi islamici hanno preso un simile, drastico provvedimento. Tanto che i muezzin hanno dovuto sostituire la penultima parte dell’adhan, la chiamata alla preghiera, che recita “Hayya Alasalah” (venite a pregare), con “Al Salat Fi Beyootikum” (pregate a casa). La chiusura delle moschee, stabilita a partire dal 16 marzo e inizialmente prevista per un mese, aveva lo scopo di arginare il diffondersi del coronavirus. Però, per garantire la salute e la sicurezza dell’intera comunità, è stata prorogata ulteriormente, estendendo la sospensione delle preghiere congregazionali a tutto il periodo del Ramadan, fino al 23 maggio.

Mentre in Italia le messe sospese, quale contributo alla tutela della salute pubblica, hanno suscitato non poche polemiche tra fedeli, vescovi della Conferenza Episcopale Italiana e governo, negli Emirati Arabi Uniti la sospensione delle preghiere congregazionali e la conseguente chiusura delle moschee è stata prorogata fino a nuovo ordine, per garantire la sicurezza della comunità. Tutto è avvenuto in perfetta sintonia tra autorità e istituzioni religiose.

Il mese del Ramadan è un periodo di riflessione e privazione, di crescita, devozione e preghiera. In tempi normali si digiuna durante il giorno e ci si ritrova insieme dopo il tramonto per interrompere l’astinenza e per le preghiere congregazionali. Stavolta ci si trova a vivere una situazione di emergenza. La necessità di mantenere il distanziamento sociale deve essere rispettata, per la salvaguardia di tutti. Scopriamo di più sulla tradizione islamica, su Ramadan e preghiera, sulle norme imposte per prevenire l’ulteriore diffondersi del COVID-19.  Continua a leggere



Staminali contro il COVID19

Gli Emirati stanno sperimentando un nuovo trattamento con cellule staminali contro il COVID-19 che sembra dare risultati promettenti. I primi test clinici sono in corso. Dal 4 aprile ad oggi 73 pazienti, il 25% dei quali ricoverato in terapia intensiva, sono stati trattati con questo metodo innovativo, e tutti sono guariti. Questo trattamento è di supporto e non cura il coronavirus. Serve invece a combattere i sintomi infiammatori. Ad aver sviluppato questa terapia, che viene somministrata per inalazione, è il team di ricercatori e medici del Centro di Cellule Staminali di Abu Dhabi.

La particolarità di questa terapia di supporto è che sembra avere un effetto rigenerativo sulle cellule dei polmoni, riuscendo al tempo stesso a modulare la risposta immunitaria dei pazienti, impedendo reazioni eccessive al COVID-19, responsabili del danneggiamento ulteriore del tessuto polmonare, con la compromissione anche delle cellule sane. Una notizia che rappresenta un grande traguardo per l’immunoterapia e per la medicina rigenerativa e al tempo stesso può rappresentare un’arma efficace mentre si continua a lavorare per sviluppare farmaci curativi e un vaccino contro il coronavirus. Le cellule staminali, estratte dal sangue dello stesso paziente che dovrà sottoporsi al trattamento, vengono successivamente “attivate” e reintrodotte, favorendo così il processo rigenerativo del tessuto polmonare aggredito dal COVID-19. Vediamo in modo più approfondito come funziona questa terapia di supporto che utilizza le cellule staminali.  Continua a leggere



Emirati, più di 1 milione di test

Sono 1 milione 122mila i test per COVID-19 eseguiti negli Emirati, uno dei Paesi al mondo con il maggior numero di tamponi effettuati in rapporto alla popolazione. L’1% delle persone controllate è risultato positivo. Uno screening importante, soprattutto per identificare i casi asintomatici. Una procedura resa semplice attraverso ospedali, ambulatori, centri specialistici, laboratori diagnostici e 14 centri drive through distribuiti sul territorio federale. A queste strutture sanitarie si aggiunge anche un servizio a domicilio, lanciato da pochi giorni a Dubai, pensato per anziani, malati cronici e immunodepressi. Con 113.000 test per milione di abitanti, uno dei valori più alti del mondo (l’Italia si posiziona subito dopo), gli Emirati Arabi Uniti stanno mappando il diffondersi del coronavirus nel Paese, riuscendo ad isolare in modo tempestivo i casi positivi, contenendo i contagi.

Attualmente i casi confermati di COVID-19 sono 11.929, 98 i decessi, 2.329 le persone guarite. “Naturalmente, con l’aumentare dei test effettuati, cresce il numero dei casi positivi. Ma ciò indica che siamo sulla strada giusta per contenere il diffondersi del coronavirus” afferma il Ministro della Salute Abdul Rahman bin Mohammed Al-Owais, intervistato dai media locali. Per analizzare la situazione è stato creato ad Abu Dhabi un enorme laboratorio, il più grande del mondo escludendo la Cina, che elaborerà i dati provenienti da tutto il territorio nazionale. Ci sono voluti 14 giorni per costruirlo e dotarlo di tutti gli equipaggiamenti più avanzati nel campo della diagnostica. Una struttura che sarà fondamentale per vincere la battaglia contro il COVID-19. Il governo emiratino e i medici invitano cittadini e residenti ad utilizzare anche AL HOSN UAE, una app di tracciamento che monitora le interazioni via Bluetooth e aiuta le autorità a capire chi sia venuto in contatto con individui positivi al coronavirus. Scopriamo di più sul servizio di test a domicilio e sulla app che traccia i contatti. Continua a leggere



Expo 2020 Dubai e COVID19

Il Comitato Esecutivo del Bureau International des Expositions (BIE) di Parigi ha accettato all’unanimità di posporre Expo 2020 Dubai. La nuova data di svolgimento sarà dal 1 ottobre 2021 al 31 marzo 2022. Un cambio che dovrà essere ratificato con una votazione dall’Assemblea Generale, con una maggioranza di due terzi dei Paesi membri, chiamati ad esprimersi sulla raccomandazione del Comitato Esecutivo. La votazione avverrà da remoto, in un arco di tempo che va da venerdì 24 aprile a venerdì 29 maggio 2020.

Oggi 12 delegati degli stati membri, eletti dall’Assemblea Generale del BIE, si sono riuniti in modo virtuale per esaminare la richiesta presentata dagli Emirati Arabi Uniti. La presentazione della richiesta era stata decisa dal Consiglio Direttivo di Expo 2020, dopo che molti dei Paesi partecipanti avevano chiesto uno slittamento per riuscire a fronteggiare l’emergenza causata dalla pandemia di COVID-19. Sulla base delle misure restrittive del movimento e del fermo economico conseguente, il Comitato Esecutivo ha deciso di accogliere unanimemente la proposta di slittamento di un anno e di mantenere la denominazione: “Expo 2020 Dubai”. “Da adesso si avvia ufficialmente il processo per far slittare l’Esposizione Universale di Dubai al 1 ottobre 2021” ha dichiarato Reem Al Hashimy, Ministro di Stato per la Cooperazione Internazionale degli Emirati e Direttore Generale di Expo 2020 Dubai. Lavoro che impegnerà i Paesi membri del BIE da ora fino al 29 maggio per confermare la nuova data. Vediamo insieme che edizione dovremo aspettarciContinua a leggere