COVID19, l’Austria riapre all’Italia

Vienna dal 16 giugno riaprirà le frontiere con l’Italia, anche se resta un parziale allarme per la Lombardia. Il provvedimento di libera circolazione non riguarderà solo i confini italiani. L’Austria riapre a 31 Paesi dell’Ue e dell’EFTA. Grandi esclusi: Svezia, Gran Bretagna, Portogallo e Spagna, dove l’emergenza COVID-19 non è ancora finita. Gli austriaci riacquistano così la libertà di viaggiare in questa atipica estate 2020.

La ripristinata libera circolazione sarà sufficiente a salvare la stagione turistica del nostro Paese, duramente colpito dalla crisi innescata dalla pandemia di coronavirus? Troppo presto per dirlo. Il segnale dato nel corso della conferenza stampa congiunta dei Ministri degli Esteri Alexander Schallenberg, della Salute Rudolf Anschober, dell’Interno Karl Nehammer e degli Affari Europei Karoline Edtstadler, fa tirare un sospiro di sollievo ad albergatori e ristoratori italiani, soprattutto di Friuli Venezia Giulia e Veneto, mete tra le più amate dai turisti austriaci. La riapertura dei confini, però, non vuol dire che automaticamente gli austriaci riprenderanno a pieno ritmo i loro spostamenti e viaggi all’estero. Il governo Kurz, infatti, incoraggia a trascorrere le vacanze estive entro i confini domestici. Rimane l’alto rischio per la sicurezza, a causa del COVID-19. Ecco perché per il Ministro degli Esteri Schallenberg se un viaggio all’estero non è strettamente necessario sarebbe meglio evitarlo. Vediamo insieme cosa potrebbe accadere agli austriaci che decidano di trascorrere comunque una vacanza in Lombardia e quale sia la situazione sanitaria ed economica in Austria.  Continua a leggere



Austria, 206 casi di coronavirus

I casi confermati di COVID-19 in Austria sono 206. A Vienna 4 persone sono in gravi condizioni, ricoverate nei reparti di terapia intensiva, altre due in Stiria. Gli ultimi 9 contagiati da coronavirus si sono registrati in Tirolo. Cancellate al momento le lezioni in tutte le università austriache, mentre si incentiveranno offerte di e-learning. Chiusi tutti i musei federali, i grandi teatri, sospesi i concerti e le rappresentazioni dell’opera almeno fino alla fine di marzo. Banditi eventi all’aperto con più di 500 persone e al chiuso con più di 100 persone. Uniche eccezioni: le riunioni parlamentari, quelle dei consigli comunali, delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco.

Rimangono aperti centri commerciali e supermercati. Aperti anche bar, ristoranti, discoteche e pub, ma senza superare il limite imposto di 100 persone. Restano attivi i mezzi pubblici. Si giocherà a porte chiuse l’amichevole di calcio tra Austria e Turchia, in programma nella capitale, all’Ernst Happel Stadion il 30 marzo. Cancellate le finali di Coppa Europa di sci alpino previste a Saalbach dal 16 al 22 marzo. La maratona di Vienna, prevista per il 19 aprile, è stata annullata. Le autorità austriache si preparano anche a far entrare in vigore l’eventuale chiusura di scuole e asili nido, anche se per ora non vengono sospese le lezioni, ma solo gite ed eventi scolastici. Il Cancelliere Sebastian Kurz propone di incentivare il lavoro da casa, mentre il Ministro della Salute Rudolf Anschober (Grünen) chiede ai cittadini austriaci di usare cautela e particolare attenzione nei confronti dei più vulnerabili, ovvero le persone al di sopra dei 70 anni d’età e quelle con patologie pregresse. Vediamo quali siano le misure stabilite lungo i confini con l’Italia.

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Kurz contro Merkel?

L’immigrazione divide Austria e Germania. Angela Merkel ha serie difficoltà a mantenere in piedi la sua Große Koalition e il Cancelliere austriaco Sebastian Kurz minaccia di chiudere le frontiere se la Germania dovesse attuare il respingimento immediato al confine dei migranti. Kurz dichiara di non voler prendere posizione sul braccio di ferro tra la Cancelliera Merkel e il Ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer (CSU), che è pronto a dimettersi e forse a far cadere il governo se la CDU non cambierà linea in materia di immigrazione. Nessuna ingerenza quindi da parte dell’Austria, che però potrebbe non esitare a prendere contromisure anche drastiche nel caso in cui la Germania decidesse di respingere migranti che non siano entrati e non siano stati identificati sul suolo austriaco. I problemi interni alla Germania rischiano così di avere forti ripercussioni negli equilibri che regolano i rapporti tra i vari stati membri dell’Unione europea.

In un’intervista al tabloid tedesco Bild, Sebastian Kurz ribadisce che le regole del Trattato di Dublino sono chiare e non lasciano spazio a libere interpretazioni:  i migranti devono tornare in quei Paesi in cui sono sbarcati e sono stati registrati, in genere in Grecia e in Italia. Se mai la Germania dovesse chiudere i propri confini, per la salvaguardia austriaca il Cancelliere si vedrebbe costretto a fare altrettanto, chiudendo i propri confini. Insomma, l’Austria non si farebbe alcuno scrupolo nel sigillare la frontiera con la Germania, con tutte le conseguenze e ripercussioni sul turismo, sul commercio, sul traffico, e con tutte le eventuali difficoltà che deriverebbero nelle relazioni bilaterali tra i due Paesi. In pratica è in corso una sorta di rimpallo tra Baviera e Austria, malgrado condividano entrambe una politica restrittiva nei confronti dei rifugiati, volta ad inasprire le regole per la gestione del fenomeno migratorio in Europa. Sullo sfondo le elezioni in Baviera il prossimo ottobre, nelle quali la CSU potrebbe perdere la maggioranza assoluta, e la perenne campagna elettorale nella quale l’Austria e tutti i Paesi con governi sovranisti vivono su base permanente per mantenere alti i consensi dell’elettorato. Analizziamo la questione della chiusura dei confini austriaci e scopriamo come sarà l’impostazione data dall’Austria all’agenda europea durante il suo semestre di presidenza, iniziato il 1 luglioContinua a leggere



Proteggere i confini: a lezione da Israele

In visita in Israele, il Ministro della Difesa austriaco Hans Peter Doskozil, ha approfittato non solo per rinsaldare le relazioni diplomatiche e per ottenere l’expertise nel campo della cyber-difesa, ma anche per prendere lezioni su come si proteggano i confini. Del resto, il tanto criticato muro israeliano, la West Bank Barrier, la barriera di separazione lunga 700 km, dalla sua costruzione nel 2002 ad oggi, ha ridotto gli attentati suicidi e il dilagare della violenza terroristica. Eppure in molti gridarono allo scandalo, forse perché troppo vivo era il ricordo del muro di Berlino, con la sua divisione del mondo in due blocchi contrapposti. Oggi le ideologie sono crollate, si sono sbriciolate come quel muro che divideva Berlino, e l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, ha improvvisamente legittimato l’idea di costruire palizzate. Ormai parlare di barriere non sembra più politicamente scorretto. Se il presidente eletto statunitense dice di voler erigere un muro lungo il confine con il Messico, tutti possono farlo.

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In questo mutato quadro geopolitico, la recinzione di filo spinato installata dal premier ungherese Viktor Orban a presidio del confine con la Serbia, della quale tanto si è discusso poco più di un anno fa, sembra oggi una pratica sempre più diffusa nell’Unione europea. Dalle palizzate austriache su tutti i valichi di frontiera, al muro di Calais voluto dai britannici, si diffonde a macchia d’olio la cultura dei muri, della chiusura, del respingimento del diverso. Nessun angolo di Europa ne è esente. Proprio in questa ottica si collocano i suggerimenti che Doskozil ha chiesto al suo omologo Avigdor Lieberman in materia di controllo e protezione dei confini. Lezioni che intende far proprie, per poi proporle non solo in Austria, ma anche a livello europeo.  Continua a leggere