Negli Emirati le moschee continuano a rimanere chiuse. Anche adesso, in pieno Ramadan. Le preghiere congregazionali sono state sospese fin dall’inizio della pandemia di COVID-19. È la prima volta che i Paesi islamici hanno preso un simile, drastico provvedimento. Tanto che i muezzin hanno dovuto sostituire la penultima parte dell’adhan, la chiamata alla preghiera, che recita “Hayya Alasalah” (venite a pregare), con “Al Salat Fi Beyootikum” (pregate a casa). La chiusura delle moschee, stabilita a partire dal 16 marzo e inizialmente prevista per un mese, aveva lo scopo di arginare il diffondersi del coronavirus. Però, per garantire la salute e la sicurezza dell’intera comunità, è stata prorogata ulteriormente, estendendo la sospensione delle preghiere congregazionali a tutto il periodo del Ramadan, fino al 23 maggio.
Mentre in Italia le messe sospese, quale contributo alla tutela della salute pubblica, hanno suscitato non poche polemiche tra fedeli, vescovi della Conferenza Episcopale Italiana e governo, negli Emirati Arabi Uniti la sospensione delle preghiere congregazionali e la conseguente chiusura delle moschee è stata prorogata fino a nuovo ordine, per garantire la sicurezza della comunità. Tutto è avvenuto in perfetta sintonia tra autorità e istituzioni religiose.
Il mese del Ramadan è un periodo di riflessione e privazione, di crescita, devozione e preghiera. In tempi normali si digiuna durante il giorno e ci si ritrova insieme dopo il tramonto per interrompere l’astinenza e per le preghiere congregazionali. Stavolta ci si trova a vivere una situazione di emergenza. La necessità di mantenere il distanziamento sociale deve essere rispettata, per la salvaguardia di tutti. Scopriamo di più sulla tradizione islamica, su Ramadan e preghiera, sulle norme imposte per prevenire l’ulteriore diffondersi del COVID-19. Continua a leggere