Il Natale in Libano si tinge dei colori accesi della protesta. Nel centro di Beirut un albero con l’iconografia, gli slogan e i messaggi dei dimostranti, diventa il simbolo delle feste ma anche di un movimento che non intende fermarsi, di una rivolta pacifica che non vuole arretrare. È diventato l’albero di Natale anti-governativo. Si erge spavaldo, con aria di sfida, tra la Moschea Al Amin e la Piazza dei Martiri. In quei cento metri che separano la moschea dalla piazza, nel luogo in cui i dimostranti si sono riuniti per settimane, animati da un unico proposito: spazzare via corruzione, nepotismo, disuguaglianza, povertà.
Quest’anno nessun simbolo delle feste natalizie è stato eretto dalle autorità libanesi. Così, al posto di un albero di Natale pieno di luci sfavillanti, i dimostranti hanno innalzato un totem alla rivolta, con una scritta dal contorno viola posta al centro. Vi si legge una sola parola: “Thawra”, che in arabo vuol dire rivoluzione.
Tanti i dimostranti che si sono assiepati a difesa dell’albero, di quel simbolo di lotta, di tenace resistenza, di una protesta che non accenna ad indietreggiare e che sempre più sostegno riceve da ogni parte del Paese. Tra i cori intonati da chi vigila su quell’albero del movimento di rivolta, riecheggiano queste parole: “Feirouz’s Bhebbak Ya Lebnan” (Ti amo, Libano). Scopriamo di più su un altro albero natalizio da guinness nella città costiera di Chekka e sulla situazione economica del Libano.
Tripoli, incendiato un albero di Natale
Se a Beirut il clima sembra pacifico, lo stesso non può dirsi in altre zone del Paese. A Tripoli, seconda città del Libano, 85 chilometri a nord della capitale, l’albero di Natale di piazza Al Noori, è stato dato alle fiamme. Un atto vandalico che ha avuto luogo più o meno in contemporanea ad un attacco sferrato ai danni di un leader religioso sunnita. In seguito alla reazione unanime di sdegno da parte dei cittadini, le autorità hanno provveduto a rimpiazzare l’albero bruciato. Due persone, sospettate dell’attacco sono state arrestate dalla polizia.
Un albero da Guinness in plastica riciclata
Mentre in tutto il Libano non accenna a sopirsi il movimento di rivolta che ha accesso gli animi di decine e decine di migliaia di dimostranti per oltre due mesi, a Chekka, città costiera a nord, l’artista Caroline Chabtini, ha costruito l’albero di Natale più grande del mondo utilizzando bottiglie di plastica riciclata.
Realizzato in venti giorni, l’albero, alto 28,5 metri, è stato realizzato con 129.000 bottiglie di plastica riciclata. Nel corso di otto mesi squadre di volontari, semplici cittadini, pattuglie di raccoglitori, coordinati attraverso i social media, hanno raccolto le bottiglie di plastica di cui si compone questo maestoso simbolo natalizio. Eppure, al di là del nuovo record nel Guinness dei primati, anche questo albero sembra destinato in qualche modo ad incarnare la protesta che agita il Paese. Nel 2015, infatti, il Libano ha dovuto affrontare un serio problema di smaltimento dei rifiuti, aggravato dall’incapacità del governo di trovare una soluzione efficace. L’albero di Natale di bottiglie di plastica, amico dell’ambiente, è anche un modo per sensibilizzare il popolo libanese, spingendolo a non restare inerme di fronte all’inadeguatezza della classe politica che finora ha gestito la cosa pubblica.
Economia al collasso, banche riaperte
Dopo due mesi di proteste l’economia già disastrata del Libano è arrivata ad un passo dal collasso, fronteggiando la crisi più grave dopo la guerra civile (1975-1990). Anni ed anni di sprechi e corruzione hanno fatto crescere a dismisura il debito pubblico, pari al 152% del PIL, il terzo più alto del mondo dopo Giappone e Grecia. Per motivi di sicurezza le banche sono rimaste chiuse. Alcuni giorni fa sono stati stabiliti accordi per autorizzare il prelievo di 1.000 dollari alla settimana a coloro che abbiano conti correnti in dollari. Mentre il tasso di cambio sul mercato nero ha visto scambiare oltre 1.800 sterline libanesi per un dollaro. Alle banche libanesi non manca liquidità, ma sono in atto sistemi di protezione, concordati con la Banca Centrale, per far fronte all’incertezza in cui versa il Paese, in attesa di una lenta normalizzazione. Sono stati anche bloccati trasferimenti di denaro all’estero.
Esiste una crisi di liquidità da parte di molti commercianti che non riescono ad importare merci. Malgrado la situazione estremamente difficile il Libano è stato in grado di ripagare un Eurobond da 1 miliardo e mezzo i cui interessi sono scaduti il 28 novembre. Negli ultimi giorni sono stati fissati tetti ai prelievi che variavano tra i 100 e i 500 dollari a settimana. Invece Moody’s, la società di ricerche finanziarie di New York, ha rivisto al ribasso il giudizio su tre banche libanesi, Bank Audi, Blom Bank e Byblos Bank, dichiarandole “deposit default” (inadempienti per i depositi).
Giacimenti di petrolio e gas offshore
Parallelamente alla crisi economica e al movimento di protesta sembra sempre più probabile che le perforazioni offshore, al largo delle coste libanesi, possano portare presto all’individuazione di consistenti giacimenti di petrolio e gas. Iniziate ad ottobre, nel Mar di Levante, vedono impegnato nelle trivellazioni un consorzio che vede assieme la francese Total, l’italiana Eni e la russa Novatek.