Donne in marcia anche a Vienna

Due milioni e mezzo di donne hanno partecipato alla Women’s March (La marcia delle donne) in tutto il mondo. Mezzo milione solo a Washington. A Vienna, a marciare per le strade del centro storico, c’erano oltre 2.500 donne. Un fenomeno la Women’s March, che pian piano si è allargato a macchia d’olio, fino a coinvolgere 60 Paesi, con altrettante marce organizzate in oltre 100 città, il giorno successivo all’insediamento del 45esimo Presidente degli Stati Uniti. Vi sono state dimostrazioni a Washington, Londra, Parigi, Roma, Milano, Berlino, Bruxelles, Ginevra, Copenhagen, Praga, ma anche in Australia, Nuova Zelanda, Kenya, Perù. La pacifica marea rosa ha invaso anche il centro di Vienna, con una partecipazione massiccia, al di là di ogni aspettativa. Ad organizzare la Women’s March viennese è stata Caroline Kirkpatrick, nata nella East Coast americana, ma attualmente residente nella capitale austriaca. Dopo aver lanciato la sua idea su Facebook, nel gruppo Women of Vienna, e aver ricevuto risposte entusiaste e ampio sostegno, la Kirkpatrick ha deciso di dare vita all’iniziativa viennese. “Tutto è cominciato così, dalla mia frustrazione nel non poter partecipare alla marcia di Washington -ha raccontato in un’intervista rilasciata al quotidiano online The Local Austria Caroline Kirkpatrick- Un modo per rispondere all’ascesa di quella retorica populista di estrema destra, che si sta diffondendo nel mondo”. Da lì la creazione della pagina Facebook dell’evento, il coordinamento a livello globale con tutti gli altri Paesi coinvolti e poi, vista l’incredibile pioggia di consensi, la marcia nel mondo reale, che ha avuto luogo sabato alle 12:00 a Karlsplatz. Punto di partenza davanti alla chiesa Karlskirche, per poi snodarsi per le vie del centro, fino a raggiungere il polmone verde di Stadtpark. Si attendevano 700 persone, che avevano dato la loro adesione attraverso i social media, ma alla fine l’affluenza è stata straordinaria, a manifestare erano almeno 2.500, secondo i dati diffusi dalla Polizia. Molte più del previsto, che hanno sfidato le temperature rigide che da giorni stringono in una morsa di gelo siberiano la capitale austriaca.

 

La Women’s March non era solo una protesta di genere, ma un evento aperto a tutti, infatti a Vienna erano presenti anche molti uomini. E non si manifestava solo contro il Presidente Donald Trump, ma anche contro ogni tipo di discriminazione, perché non vengano calpestati i diritti civili così faticosamente conquistati.  Continua a leggere

Il dopo Renzi visto da Vienna

Austria e Italia, entrambe sono state alle prese con elezioni e referendum, lo scorso 4 dicembre. Per gli austriaci, però, i riflettori sono stati puntati sulle presidenziali, sull’evento politico che ha catalizzato l’attenzione per 11 mesi. Eppure il neo eletto Presidente federale Alexander Van der Bellen tra le sue prime dichiarazioni ha espresso sostegno a Matteo Renzi, sperando in un suo successo. Era prima della diffusione dei risultati schiaccianti a favore del NO, arrivati domenica in tarda serata. Una vittoria, quella del fronte del NO, piuttosto prevedibile. Forse su Renzi si è abbattuto una sorta di “effetto Clinton”: preoccuparsi di avere schierati dalla propria parte personaggi famosi, ma non accorgersi che la classe media impoverita, arrabbiata, dimenticata, scontenta, avendone la possibilità, avrebbe invece scritto, una storia diversa. Lo scontro è diventato politico, la Costituzione è rimasta come un pretesto di facciata. Poi dopo la vittoria del NO, arrivano le dimissioni. “L’Italia è abituata all’instabilità politica. Per tradizione consolidata cambiate governi molto spesso, è una vostra costante, quasi un vostro tratto distintivo -mi dice Thomas Seifert, Capo Redattore degli Esteri della Wiener Zeitung– Ecco perché qui in Austria non siamo preoccupati. E poi avete sempre personalità di alta caratura che possono dare vita a un governo tecnico, in grado di salvare la situazione”.

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L’Austria si è unita e schierata compatta dietro all’idea dell’Unione europea rappresentata da Van der Bellen, respingendo le formule populiste e ultranazionaliste, divisive e conflittuali di Hofer e dell’FPÖ. “Il segnale che arriva dall’Italia a Bruxelles non è positivo -argomenta Seifert, che aggiunge- Renzi ha commesso un grave errore personalizzando questo referendum. Mi ricorda il Cancelliere Bruno Kreisky, socialdemocratico, che nel novembre del 1978 fece indire un referendum sull’impianto nucleare di Zwentendorf. Anch’egli lo personalizzò. E visto che tutti volevano sbarazzarsi di lui, prestò il fianco a coloro che volevano farlo fuori. Così alla fine perse il referendum”.  Continua a leggere

Effetto Trump e Facebook

Le elezioni in Austria sono cruciali, non solo per l’Ue. Le prime dopo l’effetto Trump, che ha spazzato via il politically correct, sdoganando aggressività, estremismo, retorica populista. Le prime nell’era di Facebook e del dilagare delle fake news. L’Austria potrebbe avere il primo Presidente Federale espressione della destra radicale dal 1945 ad oggi e potrebbe aprire le porte a un’inarrestabile avanzata di movimenti populisti, nazionalisti, anti-migranti, anti-casta, nel resto dell’Unione europea, a partire da FranciaItalia. Sarà difficile bollare come caso isolato la quasi certa vittoria di Norbert Hofer al ballottaggio di domenica. Sarà difficile isolare e ostracizzare l’Austria, uno dei Paesi membri dell’Ue più ricchi, geograficamente e politicamente parte del cuore pulsante del vecchio continente. Potrà, il candidato dell’FPÖ giovarsi dell’effetto Trump? “Da un lato Hofer potrebbe trarre profitto dalla vittoria di Trump e dalla Brexit, ma dall’altro, proprio per gli scenari di globale instabilità che si dischiuderebbero, potrebbe anche esserne svantaggiato” mi spiega la Prof. Sieglinde Rosenberger, del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Vienna.

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Esiste però un altro fenomeno, la retorica populista da social media, che forse anche in Austria, come già negli Stati Uniti, sta prendendo sempre più piede. “C’è un sentimento in forte crescita che incita all’idea del sì, possiamo farcela! Possiamo avere i voti necessari per cambiare le cose -sottolinea la Prof. Rosenberger– E questa retorica potrebbe far perdere terreno a Van der Bellen, facendo propendere l’ago della bilancia a favore di Hofer”.  Continua a leggere

Terminator scarica Trump

Il celebre attore Arnold Schwarzenegger ha dichiarato che non voterà per Donald Trump, candidato repubblicano alla Casa Bianca. La star di Hollywood si schiera così con coloro che nel partito, e non solo, hanno preso le distanze dal Tycoon dopo la diffusione delle frasi sessiste. La comunicazione sulle sue intenzioni di voto, Schwarzenegger, l’ha resa nota via Twitter. “Sono orgoglioso di essere Repubblicano -queste le sue parole- ma sopra ogni altra cosa sono fiero di essere americano”. Nato a Thal, in Stiria, nel sud-est dell’Austria, naturalizzato statunitense nel 1983, esponente di spicco del Partito Repubblicano ed ex Governatore della California, Schwarzenegger sul suo profilo Twitter prosegue così: “Per la prima volta da quando sono diventato cittadino statunitense nel 1983, non voterò per il candidato repubblicano alla Presidenza degli Stati Uniti”.

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Il protagonista di Terminator, che dopo due mandati come Governatore della California, ha smesso dal 2011 di dedicarsi alla politica attiva per tornare al cinema, sembra prendere nettamente le distanze da The Donald. Dimostrando di essere fortemente combattuto tra dovere di scuderia, senso di appartenenza al partito dei Repubblicani, al quale è legato dal 1968, e lo spiacevole comportamento del candidato.  Continua a leggere

Il borsino della fiducia

In Austria il neo nominato Cancelliere Federale, il socialdemocratico Christian Kern, è considerato il leader politico più credibile, aggiudicandosi il 53% delle preferenze del campione di austriaci consultati. È il risultato di un sondaggio fatto dall’Istituto di Ricerca sociale e Consulenza (SORA), uno dei più importanti istituti di ricerca nel Paese. Sempre stando all’indagine del SORA il leader politico con minore credibilità, fermo al 35%, sarebbe Heinz-Christian Strache. Subito dopo Kern si piazza il Vice-cancelliere, il cristianodemocratico Reinhold Mitterlehner, con il 49%. In terza posizione con il 42%Eva Glawischnig, alla guida dei Verdi. L’ex Cancelliere Werner Faymann nel 2015 aveva totalizzato il 42%, scendendo rispetto all’anno prima in cui aveva raccolto il 51% delle preferenze.

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Matthias Strolz, il capo dei NEOS, conquista invece il 40% delle preferenze. Strache con il suo 35%, tuttavia cresce in credibilità di un punto percentuale rispetto al 34% del 2015.  ll risultato del numero uno dell’FPÖ in ogni caso non stupisce: è destino delle opposizioni quello di non agire e non poter realizzare le promesse fatte. Da vedere se al di là delle enormi aspettative suscitate negli austriaci Kern mantenga questo risultato ragguardevole anche in futuro. Insomma sarà ancora il più credibile quando si passerà dalle parole ai fatti?  Continua a leggere