La situazione dei rifugiati che arrivano in Austria attraverso la rotta balcanica diventa sempre più critica. Se nelle scorse settimane nella cittadina di Nickelsdorf, arrivavano 6.000 migranti ogni giorno dall’Ungheria; in queste ore sotto pressione è il confine con la Slovenia.
Nella cittadina di Spielfeld, in Styria, solo ieri sono entrati 3.700 rifugiati. Lungo il confine però stazionano tra i 10.000 e i 20.000 migranti.
L’ISIS e le rotte dell’immigrazione clandestina
Il rischio che l’ISIS penetri nel cuore dell’Europa lungo le vie di terra dei rifugiati, soprattutto siriani, è un pericolo più che reale.
Forse per questo l’Austria sta cercando di rallentare gli ingressi, come dimostra anche il recente annuncio di voler costruire una barriera lungo il confine con la Slovenia. Come ha precisato il Ministro Federale dell’Interno Johanna Mikl-Leitner “non si tratta di chiudere i confini, ma di rendere più controllato e sicuro l’accesso sul suolo austriaco”.
D’altra parte la guerra che lo Stato Islamico combatte è assolutamente anticonvenzionale tanto da non poter escludere un legame con le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico d’immigrati clandestini. “È difficile valutare il rischio d’infiltrazioni terroristiche attraverso le rotte degli illegali –spiega il Prof. Marco Lombardi, docente dell’Università Cattolica di Milano e membro dell’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies- Considerata, però, la logica opportunista del terrorismo, non dobbiamo dimenticare che il Califfato persegue una strategia chiara di espansione verso l’Ovest e l’Europa, verso i medesimi paesi che sono meta dei rifugiati”.
L’eventualità che estremisti islamici s’infiltrino tra i disperati che attraversano i confini dell’Austria è confermata dal Ministro Federale dell’Interno Mikl-Leitner.
“Tuttavia, percorrendo la rotta balcanica, questi potenziali terroristi intraprendono tragitti lunghi e pericolosi. È alta la probabilità che gli stessi compagni di viaggio possano individuarli”. Per questo il Ministro rassicura: “Consideriamo piuttosto limitata la possibilità che penetrino estremisti pericolosi con obiettivi operativi in Europa, anche se non ci sentiamo di escluderlo. Le autorità austriache verificano ogni possibile segnalazione d’islamisti radicali sospetti. Ma è importante sottolineare che questo non significa ritenere sospetti tutti i migranti che arrivano in Austria, anche perché questo non farebbe che aggravare la situazione”.
Ue sotto scacco, tra rifugiati e l’incubo zombie e lone wolf
“La situazione attuale è straordinaria e richiede misure straordinarie –sottolinea il Ministro Mikl-Leitner- L’Austria, come del resto la Germania, si vede obbligata a condurre verifiche e controlli lungo i propri confini meridionali. I migranti devono sapere che un flusso ininterrotto non può essere accettato”.
Sono più di 350.000 i migranti che da gennaio 2015 sono stati individuati lungo i confini dell’Unione Europea. Un numero enorme se si pensa che nel 2014 erano 280.000.
Di fronte a un fenomeno di queste dimensioni, è difficile escludere che tra i migranti abbiano potuto fare ritorno in Europa i cosiddetti foreign fighter, i combattenti stranieri dell’ISIS, rimasti per un periodo di tempo limitato nei teatri di guerra dove hanno imparato a combattere con tecniche belliche che sono perfettamente addestrati a utilizzare. Allarmanti sono i segnali provenienti dai social media che l’ISIS sfrutta abilmente. “Nei forum e nelle chat islamiste –racconta il Prof. Lombardi- alcuni mullah invitano i jihadisti ad addestrarsi in Nord Africa e Iraq, ma a non morire nel Califfato per portare invece il jihad nei paesi d’origine”. I canali d’immigrazione clandestina sono funzionali a tale disegno. Nell’area nordafricana, i gruppi criminali che gestiscono il traffico dei clandestini hanno stretto legami con i terroristi. E oggi è sufficiente l’ingresso di individui isolati, perché il modus operandi del nuovo terrorismo è passato “dall’attentato organizzato con cellule strutturate, a quello casuale dei lone wolf (lupi solitari) –dice il Prof. Lombardi- per arrivare al terrorismo molecolare dei cosiddetti zombie, attivati con segnali diffusi dai media, come ad esempio l’attentato a Charlie Hebdo lanciato dal magazine Inspire”. Se quindi l’imprevedibilità è l’elemento più caratterizzante del terrorismo dell’ISIS, “la combinazione di tutti questi fattori –evidenzia il Prof Lombardi- oggi mostra come anche l’impiego dei canali d’immigrazione clandestina possa essere funzionale” visto per esempio che bastano 1.500 dollari a persona per attraversare il tratto di mare tra Turchia e Grecia.
“Da tempo –mette in evidenza il Prof. Lombardi- esiste una confermata relazione tra criminalità organizzata e terrorismo: si tratta un legame di reciproco sfruttamento di modalità operative differenti che convergono” tanto in Medio Oriente quanto in Nord Africa. Il caso libico è emblematico: sul terreno si incrociano traffici di armi, droga, migranti clandestini e beni, come i medicinali, contraffatti o meno. “I gruppi terroristici fungono da service provider garantendo logistica e sicurezza, indipendentemente dai materiali trasportati –spiega il Prof. Lombardi- oppure i migranti sono utilizzati come vettori di droga, o di altro. In quest’area, sono circa 20.000 i miliziani combattenti stimati, non necessariamente di IS, coinvolti direttamente nei traffici della criminalità oltre a una presenza importante dei gruppi Tuareg e Tebu, etnie semi-nomadiche che da sempre controllano i commerci illegali oltre confine. Non è cambiato molto in termini geografici rispetto a quanto accadeva sotto Gheddafi”.
La minaccia di foreign fighter e zombie nel cyber spazio
Negli ultimi nove mesi il numero dei cosiddetti foreign fighter in Austria è ulteriormente aumentato sino a raggiungere le 230 unità, di cui 40 sono morti, 70 sono rientrati e 120 combattono ancora in Siria. “Il rischio zero non esiste, si può ridurre, ma esso continua a sussistere –precisa il Prof. Lombardi- La guerra che si è avviata è ibrida per il numero degli attori in gioco, per le armi, per gli obiettivi e per l’ampiezza del campo di battaglia. È la Terza Guerra Mondiale di cui ha parlato Papa Francesco. Gli zombie della cyber guerra sono la nuova struttura del terrorismo”, spiega Lombardi prendendo in prestito il concetto di zombie tipico del cyber spazio, dove i computer infettati rimangono silenti fino a quando uno stimolo non li attiva verso un bersaglio. Sono competenze criminali virtuali, diffuse e pronte all’innesco.
Ma come può l’Ue combattere questa guerra contro l’ISIS? “La guerra contro l’ISIS non è mai iniziata. Quella che non è mai smessa è la guerra dello Stato Islamico contro tutti gli altri –dice il Prof. Lombardi- L’ISIS poteva e doveva essere battuto con un’azione militare rapida e immediata, possibile fino all’estate 2014, ovvero subito dopo la dichiarazione di nascita del Califfato”. Ma senza un’azione globale e condivisa le armi sono spuntate. La crisi dei rifugiati è un problema che coinvolge l’Ue nel suo insieme, ecco perché oltre a cercare soluzioni comuni e condivise, occorre combattere le ragioni che hanno determinato questo flusso migratorio. Ad aggravare la situazione in qualche modo ha anche contribuito l’intervento militare della Russia, che d’altra parte in uno scenario di nuovo riassetto globale del Medio Oriente e di parte dell’Asia, non poteva tenersi fuori ma doveva prendere parte attiva.
“Urgono incisive misure diplomatiche, sforzi comuni per migliorare la situazione nelle regioni dove attualmente regna il caos. Situazioni che di fatto favoriscono l’afflusso massiccio di migranti in Europa -conclude il Ministro dell’Interno Mikl-Leitner- Non è il momento di nazionalismi ed euro-scetticismo, c’è invece bisogno di essere oggi più che mai Europei”.