Lo scandalo dei falsi minori

Tre milioni di euro. Tanto sono costati all’Austria i falsi minori richiedenti asilo. Un vero business. Per i profughi è estremamente redditizio mentire sull’età. Quasi un migliaio di richiedenti asilo hanno rilasciato dati mendaci e sono stati smascherati dalle autorità austriache. Nelle procedure di asilo il numero magico è il 18, o meglio tutti i numeri al di sotto del 18. Infatti in Austria, per i rifugiati con meno di 18 anni si dischiudono opportunità incredibili: essere raggiunti da tutta la famiglia; non essere rispediti nel primo Paese dell’Ue nel quale si è entrati; godere di maggiori iniziative educative e investimenti sulla propria istruzione; migliori accomodamenti. Inoltre i minorenni hanno il beneficio di speciali sussidi. Proprio per questo sempre più rifugiati decidono di barare, fornendo informazioni false sui loro dati anagrafici. Nel 2016 l’Agenzia Federale per gli Affari Esteri e i Richiedenti Asilo (BFA), ha potuto constatare che su 2.252 casi di minori sui quali pesavano forti dubbi riguardo all’età, per il 41% si è avuta conferma che fossero state date generalità falsificate.

Secondo i dati del Ministero dell’Interno, 919 giovani sono risultati essere al di sopra dei 18 anni e hanno quindi dato informazioni mendaci alle autorità austriache. Mentre nel 2015 il numero totale di chi aveva fornito informazioni non corrette era di 815. Ogni singola consulenza richiesta ad esperti per un minore costa alle casse dello stato austriaco una media di 870 euro. Solo nel 2016 sono stati spesi in questo modo ben 2,9 milioni di euro, come ha evidenziato una mozione presentata in Parlamento dal Team Stronach. Eppure si pensava che il fenomeno fosse destinato a diminuire visto che il numero di richieste di asilo è in netta decrescita. I numeri, però, dimostrano che si è trattato di un errore di valutazione da parte delle autorità austriache. Il rimpallo di responsabilità va dalla polizia al governo federale. In ogni caso, vista la disparità di trattamento tra minorenni e maggiorenni, non c’è da stupirsi che i rifugiati siano tentati di imbrogliare sulla propria età.  Continua a leggere



L’Italia nel piatto

Una tavola imbandita, lunga 60 metri, apparecchiata in modo impeccabile per 250 persone. Vienna si trasforma per ospitare Wienissimo, il festival del gusto. Un’iniziativa enogastronomica che durerà fino al primo giugno. Un’opportunità per provare la cucina di grandi chef arrivati da varie parti del mondo. È così che anche il Rathaus, il municipio viennese, e il suo cortile cambiano veste. Il colpo d’occhio è davvero scenografico. Tovaglia bianca, candelieri, fiori, bicchieri di cristallo e sottopiatti. Sullo sfondo l’imponente facciata neogotica, con le sue guglie e la torre del campanile con l’orologio.

 

Sul lato opposto, invece, si staglia il Burgtheater, magnifico gioiello architettonico e teatro nazionale austriaco. Così il cortile antistante l’edificio neogotico del Rathaus diventa il più grande Schanigarten (come gli austriaci sono soliti chiamare giardini, cortili e terrazze dove consumare pasti all’aperto), di tutta la città.

 

Wienissimo è il festival del cibo di qualità e del buon bere, una manifestazione iniziata il 22 maggio, che proseguirà fino al primo giugno con svariate iniziative, all’organizzazione delle quali ha contribuito attivamente anche l’ICE di Vienna. Dal 23 maggio, per 10 giorni, 5 chef di fama internazionale si cimentano con menù ideati apposta per l’occasione, proponendo i loro piatti in 5 tra i più eleganti e lussuosi hotel viennesi. Si spazia dall’Italia alla Spagna, dall’Ungheria alla Croazia, alla Danimarca. Assaggiando dalle tapas alle piadine, dal goulash ungherese al pršut croato. A rappresentare il nostro Paese c’è lo chef Sergio Ferrarini, che porta alla ribalta moltissimi prodotti DOP e IGP italiani, incuriosendo gli austriaci con specialità tradizionali preparate con ingredienti sceltissimi e rigorosamente italiani, ma anche con ricette create apposta per vegani, o per chi abbia intolleranze alimentari. La sfida più grande per Ferrarini, è stata quella di accontentare una ospite del S’Parks Restaurant dell’Hilton intollerante al glutine. Per lei lo chef ferrarese ha preparato un’inedita versione della piadina realizzata con farina di riso. Una prelibatezza fatta con olio extra vergine d’oliva italiano e senza strutto, che ha conquistato tutti, anche i palati più esigenti, non solo la destinataria del manicaretto. Scopriamo le ricette proposte da Sergio FerrariniContinua a leggere



ISIS, le chat del terrore

L’attentato a Manchester porta la firma dell’ISIS. È l’ennesimo, sanguinoso attacco al cuore dell’Europa. Il ruolo giocato dai social media nel diffondersi della propaganda dell’ISIS è indubbio. La presenza di miliziani del Califfato islamico su internet è attivissima. Attraverso le piattaforme social vengono raggiunti nuovi adepti e si reclutano i kamikaze di domani, gli assassini per mano dei quali, in futuro, si continuerà a seminare morte in Europa e nel resto del mondo. Il proselitismo via social network sembra inarrestabile e acquistano sempre più importanza le chat. Twitter e Telegram sì, WhatsApp no. Da Twitter, che è pubblico, l’ecosistema jihadista si è spostato sulle applicazioni di messaggistica istantanea e tra queste a WhatsApp viene preferito Telegram, per le sue caratteristiche di sicurezza e tutela della privacy degli utenti.

Accanto a questi canali comunicativi anche i media tradizionali hanno un ruolo nell’espandersi a macchia d’olio dell’ideologia jihadista. Nico Prucha, ricercatore esperto di jihadismo dell’Istituto di Studi Orientali dell’Università di Vienna, monitora da anni la galassia di miliziani del terrore operativa su Twitter, Facebook e Telegram. Proprio la chat di Telegram è uno strumento fondamentale per la propaganda dell’ISIS: “Per sua natura Telegram è una piattaforma dove le organizzazioni estremiste entrano in contatto con nuovi sostenitori e un canale attraverso il quale è possibile veicolare contenuti multimediali” dice Nico Prucha, in una intervista rilasciata al Kurier.

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L’avanzata di Telegram rispetto ad altri social network è dovuta al fatto che, soprattutto Twitter, ha iniziato dal 2016 a filtrare i propri contenuti, bloccando o cancellando quegli account legati all’ISIS. “L’ecosistema jihadista ha abbandonato Twitter per riversarsi in massa su Telegram -racconta Prucha- piattaforma sulla quale già viaggiava la comunicazione di membri di rilievo del mondo jihadista. Anche se fare proselitismo su gruppi segreti all’interno di Telegram non ha la stessa efficacia di campagne di propaganda fatte via Twitter”. I controlli sui contenuti operati da Twitter nel corso dell’ultimo anno e mezzo ha costretto l’ISIS a riprogrammare e rivedere la propria strategia comunicativa, e tornare così ad essere efficaci e pienamente attivi anche su Twitter, Instagram e Facebook, malgrado esista il rischio più che concreto che gli account possano essere bloccati. “Proprio perché l’ISIS è un gruppo molto pragmatico, ha modificato lo scambio di contenuti, che sempre più avviene attraverso un’operazione di copia e incolla fatta da singoli supporter -spiega Prucha- Così se un singolo account viene bloccato, ve ne sono sempre di nuovi che operano e diffondono contenuti, indisturbati, sfuggendo alle maglie dei controlli”.  Continua a leggere



Thiem, l’olimpo può attendere

Il sogno di Dominic Thiem agli Internazionali d’Italia si infrange sotto i colpi potenti e precisi di Novak Djokovic. Il tennista che Thomas Muster ha già definito suo erede, ha tenuto con il fiato sospeso la sua Austria. Per 48 ore ha fatto credere davvero possibile l’approdo in finale. Poi però, in soli 59 minuti di gioco il serbo annienta il giovane avversario in due set, con un punteggio che non lascia spazio a dubbi: 6-1 6-0. Come dirà lo stesso Nole, la sua migliore partita di sempre su terra rossa. La vittoria contro il favorito Rafa Nadal ha fatto illudere i fan austriaci e ha fatto perdere lucidità al 23enne della Bassa Austria. Thiem non gestisce l’emozione di aver sconfitto, giocando in modo eccezionale, lo spagnolo “re della terra rossa”. Quel Nadal che lo aveva battuto a Barcellona e a Madrid, proprio pochi giorni prima del match di Roma. Una rivincita che dà alla testa, che annebbia la mente. Arriva deconcentrato alla partita della vita, il giovane tennista austriaco, quella partita che poteva consacrarlo di diritto nell’olimpo dei grandi, lui che è già settimo nella classifica ATP.

Di fronte a Thiem un Djokovic in stato di grazia, che negli ultimi tempi non è mai stato così straordinariamente preciso, vigile e reattivo. Così l’avventura a Roma per Dominic Thiem si ferma alla semifinale, il suo miglior piazzamento di sempre agli Internazionali di tennis al Foro Italico. Il giorno prima del loro incontro, avevo parlato con entrambi. Rafael Nadal sembrava lievemente incerto, ammetteva che la partita con Thiem si preannunciava “molto aperta e dura”, proprio perché l’austriaco stava attraversando “un buon momento di forma, mostrando un gioco in netta crescita”. Altrettanto cauto, ma molto motivato sembrava Dominic, sicuro di un miglioramento della sua forma, sebbene reduce da un incontro faticoso e molto combattuto, contro l’americano Sam Querrey, che ha venduto cara la pelle. “Il match contro Querrey è stato molto difficile, sarebbe anche potuto finire in modo diverso. Sam ha giocato veramente bene dall’inizio alla fine. E sono contento di essere riuscito a contrastarlo con altrettanti colpi potenti”. L’arma letale di Dominic Thiem è il suo rovescio a una mano sola, potentissimo. Forte anche il suo dritto, ottima la sua difesa. Contro Rafa Nadal tutto ha funzionato a meraviglia, Thiem è stato una vera macchina da guerra, mantenendo potenza, controllo, gioco veloce e piena lucidità.

Ancora fresco del match di Madrid, che ha visto prevalere lo spagnolo, ecco cosa mi ha raccontato il tennista austriaco alla vigilia della partita al campo centrale del Foro Italico contro il re della terra rossa: “Sarà incredibile incontrare di nuovo Nadal. È la prima volta che mi capita di giocare con lui in un lasso di tempo così breve. A Barcellona e a Madrid sono state due belle partite, speriamo che questa sia ancora più bella”, sottintendendo la volontà di fare una grande provaContinua a leggere



Jennifer Lawrence in topless…

Un topless da dimenticare per l’attrice Jennifer Lawrence, l’eroina di “Hunger Games”. Ubriaca, in reggiseno, barcollante, sale sul palco della pole dance e abbozza un’esibizione piuttosto imbarazzante a Vienna. Uno show che forse avrebbe fatto meglio a rimanere assolutamente segreto. La disintossicazione dall’alcol è davvero durata poco per la Lawrence, che nel famoso night club viennese Beverly Hills, in pieno centro storico, pare abbia tracannato un numero spropositato di bicchieri di vodka Beluga, fino alle 4 del mattino. Una nottata brava di fine aprile, iniziata al Loos Bar, piccolo gioiello architettonico per nottambuli, e finita al Beverly Hills, a Seilerstätte 5, nel primo distretto, uno dei più conosciuti strip club della città, tra divertimento e fiumi di alcolici, in compagnia di tre uomini, una donna e bodyguard. Il video spunta solo adesso, pubblicato da Radar Online. Le immagini non lasciano spazio a dubbi, l’attrice era visibilmente brilla, tanto da reggersi a stento in piedi da sola. La sua performance si lascia giudicare al primo sguardo, tutto fuorché sexy. La sua mise non era certo quella di quando era appena entrata nel locale: evidentemente manca qualcosa, un top, e occhieggia qualcosa di troppo, che solo la lingerie può far intravedere.

La star più pagata di Hollywood si trovava nella capitale austriaca per le riprese del thriller “Red Sparrow”, diretto da Francis Lawrence, attualmente ancora in fase di post-produzione. Una spy story, dove una sexy spia russa, interpretata da Jennifer Lawrence, si innamora di un agente della CIA, iniziando così a fare il doppio gioco. Vediamo cosa mostra il video.  Continua a leggere



Austria, ultradestra al governo?

L’Austria andrà al voto a ottobre. In autunno si terranno elezioni politiche anticipate. Dopo una consultazione con tutte le forze parlamentari il Cancelliere Kern ha fissato la data per il 15 ottobre. Le dimissioni di Django, il Vice-Cancelliere Reinhold Mitterlehner, soprannominato così fin dai tempi dell’università, hanno prodotto il caos. Un pericoloso effetto domino, che potrebbe anche portare al governo del Paese l’ultradestra di Strache e Hofer. Infatti, la crisi che dilaniava il Partito Popolare (ÖVP), di cui Mitterlehner era anche il leader, ha generato un terremoto anche all’interno della coalizione di governo, resa sempre più fragile da continue frizioni tra socialdemocratici e popolari. Una delle ragioni che hanno spinto Mitterlehner a fare un passo indietro è stata proprio la dicotomia, tutta interna ai popolari, che da un lato li vedeva a tutti gli effetti come forza di governo nella Große Koalition, con precisi doveri da rispettare, e dall’altro li sorprendeva spesso a coltivare, in modo neanche così nascosto, ambizioni da forza di opposizione. In prima linea, a supportare queste istanze che rendevano la coabitazione con l’SPÖ un esercizio di equilibrismo, c’è sempre stato Sebastian Kurz, la giovane promessa dei conservatori austriaci, il millennial diventato Ministro degli Esteri a soli 27 anni e capo del Partito popolare austriaco a 30.

Dragan Tatic / BMEIA

Il duello tra l’astro nascente dei popolari, che secondo alcuni potrebbe diventare il più giovane Cancelliere della storia austriaca, e il 61enne Django, si è consumato senza esclusione di colpi per mesi. Un duro scossone era arrivato nell’ottobre 2015, con le elezioni amministrative. Le promesse di rinascita del Partito popolare fatte da Mitterlehner alla guida dell’ÖVP nel 2014, a suon di slogan accattivanti come “Django, Black is back” (Django, i Neri sono tornati), si sono miseramente infrante.

Georges Schneider / BMWFW

La disfatta è stata epocale: il candidato popolare alla presidenza della repubblica non è riuscito ad andare neppure al ballottaggio. Un insuccesso di proporzioni gigantesche che ha alimentato un forte malcontento nelle fila dei popolari. Oggi il 30enne Kurz sembra quasi incarnare un ruolo messianico per l’ÖVP: è giovane, ha carattere, ha una strategia. Wunderwuzzi (Jolly tuttofare), il giovane dai molti talenti, com’è soprannominato il nuovo leader dei popolari, ha infatti cavalcato abilmente molti dei temi cari alla destra radicale, facendoli suoi. Ma sarà davvero la tattica giusta che riporterà il Partito popolare ai fasti di un tempo? Basterà rincorrere l’ultradestra per riguadagnare consensi? Ed è plausibile credere che si profili davvero all’orizzonte una coalizione neroblu, ovvero tra popolari (i neri) e ultradestra (i blu)? Stavolta Heinz-Christian Strache non lascerà il cancellierato all’ÖVP in caso di vittoria. Se l’FPÖ risultasse il primo partito in Austria e dovesse davvero materializzarsi l’eventualità di una coalizione con i popolari, Strache si terrà stretto lo scettro del comando, senza incorrere nell’errore che commise Jörg Haider nel 2000-2005Continua a leggere



Tangenti, non solo “cosa nostra”

Le tangenti non sono un’esclusiva italiana. In Austria è emerso un giro d’affari illeciti legati alle pratiche di asilo. Lo status di rifugiato aveva un tariffario: si pagavano migliaia di euro per ottenere l’asilo. Un funzionario del Centro di accoglienza per rifugiati di Traiskirchen, a poco più di una ventina di chilometri da Vienna, pretendeva mazzette dai profughi per far andare a buon fine la loro richiesta di asilo. La tangente da versare era di 2.500 euro a pratica. Le indagini della magistratura austriaca sono ancora in corso, ma sull’impiegato, che lavorava nell’agenzia della Bassa Austria del Bundesamts für Fremdenwesen und Asyl (BFA), l’Ufficio federale preposto a tutelare gli interessi dei rifugiati, gravano le pesanti accuse di concussione e corruzione.

È l’ennesimo scandalo per una struttura molto discussa. Infatti il Centro di accoglienza di Traiskirchen è stato più volte oggetto di inchieste giornalistiche, per la mancanza di trasparenza nei servizi erogati ai rifugiati, gestiti da una compagnia privata, e per il sovraffollamento e le conseguenti difficili condizioni nelle quali versavano i profughi che vi alloggiavano, nel periodo di massimo afflusso di migranti in Austria.

Il funzionario sospettato di corruzione faceva parte della Direzione regionale e secondo gli inquirenti è sospettato di aver venduto l’esito positivo alle domande di asilo e falsificato documentazioni di residenza, in cambio di tariffe di migliaia di euro. L’impiegato è stato sospeso nelle sue funzioni nell’autunno 2016, dopo che è emerso il suo traffico di mazzetteContinua a leggere



Libia, se Roma perde la poltrona?

Una visita lampo, di un solo giorno. Tanto è durata la trasferta a Tripoli del Ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz. Scopo del viaggio rinsaldare le relazioni con il governo di unità nazionale libico di Fayez al-Sarraj, visto il ruolo chiave della Libia nella crisi dei rifugiati. L’obiettivo dell’incontro diplomatico, però, non era solo affrontare il problema dei tanti migranti che continuano a giungere in Europa su imbarcazioni di fortuna attraverso la rotta del Mediterraneo. La visita di Kurz puntava anche a creare le condizioni perché le imprese austriache possano riprendere e in qualche caso cominciare a fare affari con la Libia, malgrado il Paese nordafricano sia ancora dilaniato da guerra civile e forte instabilità. Infatti, con il Ministro Kurz c’erano anche delegazioni della OMV, della Rauch e della Vamed.

Bundesminister Sebastian Kurz. Foto: Dragan Tatic

Fitta l’agenda degli incontri. Erano previsti colloqui non solo con il Primo Ministro Fayez al-Sarraj, ma anche con il vice premier Ahmed Maiteeq, con il Ministro dell’Economia Naser Fadelallah Aoun, con l’omologo Ministro degli Esteri Taher Siala. Un segnale chiaro di sostegno al governo di unità nazionale da parte di Vienna.

Dalla caduta di Muhammar Gheddafi nel 2011 la Libia è nel caos: due governi rivali, quello di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite e quello di Tobruk del generale Khalifa Haftar, lotte tra tribù e fazioni armate. Poi dal 2014 anche la comparsa sulla scena di una terza forza in campo: i miliziani dell’ISIS. Malgrado l’Unione europea stia aiutando la Libia a costituire una guardia costiera per arginare lo sbarco di migranti in Italia, il governo attualmente riesce a presidiare e controllare solo una piccola parte dei 1.880 chilometri di costa del Paese. Al di là dell’emergenza rifugiati lo scopo della visita di Sebastian Kurz è soprattutto animato da ragioni economiche. Mentre la Russia si avvicina al governo del generale Haftar e l’Austria tutela i propri interessi economici coltivando relazioni bilaterali, l’Italia cosa fa? Resta a guardare, facendosi sottrarre il ruolo di partner privilegiato, faticosamente costruito? 

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Una domenica nel pallone

Un campo da calcio, spunta in Ambasciata d’Italia a Vienna. O meglio, un’ampia porzione di un vero campo da football, si affaccia all’improvviso nel salone delle feste di Palazzo Metternich. Un soffice manto verde, fatto di erba vera, con le regolari strisce bianche per delimitare l’area di gioco è un’apparizione spiazzante. C’è la linea mediana, il cerchio del centrocampo, l’erba e le strisce bianche dipinte su di essa, si insinuano e invadono gli spazi, facendosi strada tra le architetture barocche, gli stucchi, gli ori e gli affreschi, fino ad appropriarsene. È un’invasione pacifica, piena di raffinati spunti umoristici. Si tratta della materializzazione di una domenica italiana, dedicata al pallone, dominata dal culto del calcio, vissuto da molti come un rito sacrale. Una domenica calcistica all’italiana che si impossessa degli spazi dell’Ambasciata, che in fondo è un pezzo d’Italia sul territorio austriaco.

Una domenica che, però, viene stranamente celebrata di giovedì. È, e al tempo stesso non è, una vera pitch invasion, perché in fondo non è in atto alcuna protesta. L’ironia è mordace, ma non feroce. L’umorismo è sottile, arguto, raffinato, pervasivo, ma non dissacrante. Si tratta di provocazione esercitata con intelligenza, di critica volta a stimolare riflessione.

Anche quando qualche scritta potrebbe sembrare una stoccata ben assestata, come lo striscione apposto all’esterno con la frase in tedesco “MIR FEHLT DAS MEER” (“mi manca il mare”), in fondo non c’è malizia o cattiveria, ma sempre satira pungente, espressa con spirito bonario, con un fondo di affetto. Gli italiani sono abituati a vivere in un Paese circondato dal mare e, ovviamente, ne sentono forte la mancanza. L’Austria è bella, ma non c’è niente che possa essere paragonato alla nostra bella Italia, ricordarlo non è certo un colpo basso.

Le strutture architettoniche di Palazzo Metternich si trasformano, grazie ad installazioni destrutturate, cartelli spiritosi disseminati ovunque fanno parte dell’opera d’arte totale che è diventata la residenza dell’Ambasciatore italiano. Presenze spiazzanti e decontestualizzate come i bicchieri di plastica sui vassoi per servire le bevande agli ospiti, incongrui nel formale ambiente diplomatico, o le avvertenze sui pericoli esistenti in Italia date ai turisti austriaci con voce stentorea, lette fedelmente dagli annunci pubblicati sul sito web del Ministero degli Esteri austriaco. Un modo per fare ironia e autoironia, visto che l’Italia rimane il primo Paese di destinazione turistica per gli austriaci. Tutto acquista nuovi significati. No, non è il mondo capovolto, è “Domenica“, una delle mostre più creative che si siano tenute a Vienna negli ultimi anni. E ad essere invasa è la sede dell’Ambasciata d’Italia.  Continua a leggere



L’arte dei gesti

Gesticolare è un’arte. Noi italiani lo sappiamo bene. Nessuno sa accompagnare il racconto di una storia armonizzando perfettamente parole e gesti delle mani. Forse è per questo che Monica Giovinazzi, attrice e regista, ha deciso di basare sulla gestualità la sua performance in rappresentanza dell’Italia a “Route 28”, una manifestazione artistica che coinvolgerà 15 nazioni europee, in programma a Vienna il prossimo 6 maggio. “Una città. Un giorno. 15 Paesi”, così recita il payoff di “Route 28”. Un viaggio ideale, un tour per il sesto e il settimo distretto, fatto di stazioni nelle quali avviene l’incontro con altrettanti Paesi, con la loro cultura, la loro arte, le loro peculiarità. Il gesto come forma d’arte è l’elemento da cui prende le mosse il lavoro di Monica Giovinazzi. Una performance colorata e coinvolgente, che attrarrà adulti e bambini. Tutti potranno partecipare, prendendo parte attiva allo spettacolo. Si potranno indossare costumi, imparare movimenti e pose, ci si potrà cimentare con i fondamenti di quest’arte antica. Perché gesticolare, caratteristica connaturata all’italianità, ha radici profonde.

Di gestualità si compone la Commedia dell’Arte, nata nell’Italia del sedicesimo secolo, che ha avuto il merito non solo di aver diffuso la comicità, nelle sue forme farsesche, nonché la satira, ma anche di aver portato in scena per la prima volta anche le donne. Da essa hanno preso linfa vitale grandi maestri come Eduardo De Filippo e Dario Fo.

La Commedia dell’Arte è teatralità, improvvisazione, maschere tipiche. E proprio quel gesto che comunica più delle parole e che si fa arte è il principio ispiratore del progetto della tappa italiana di “Route 28”, che si svolgerà a Kirchengasse 33, a Neubau, il vivacissimo 7. Bezirk viennese (il settimo distretto). “Oltre a mettere in scena pantomime tratte da alcuni canovacci della Commedia dell’arte faremo anche partecipare il pubblico, facendogli provare i costumi” mi spiega Monica Giovinazzi. A disposizione degli spettatori vi saranno oltre 50 costumi per adulti e una cinquantina anche per bambini. “Sono tutti abiti realizzati con materiali di recupero, vestiti usati riportati a nuova vita. Proprio nel solco della Commedia dell’Arte. Infatti i commedianti, oltre a scrivere i propri testi, si cucivano anche i propri abiti di scena” aggiunge Monica.  Continua a leggere