Austria, ultradestra al governo?

L’Austria andrà al voto a ottobre. In autunno si terranno elezioni politiche anticipate. Dopo una consultazione con tutte le forze parlamentari il Cancelliere Kern ha fissato la data per il 15 ottobre. Le dimissioni di Django, il Vice-Cancelliere Reinhold Mitterlehner, soprannominato così fin dai tempi dell’università, hanno prodotto il caos. Un pericoloso effetto domino, che potrebbe anche portare al governo del Paese l’ultradestra di Strache e Hofer. Infatti, la crisi che dilaniava il Partito Popolare (ÖVP), di cui Mitterlehner era anche il leader, ha generato un terremoto anche all’interno della coalizione di governo, resa sempre più fragile da continue frizioni tra socialdemocratici e popolari. Una delle ragioni che hanno spinto Mitterlehner a fare un passo indietro è stata proprio la dicotomia, tutta interna ai popolari, che da un lato li vedeva a tutti gli effetti come forza di governo nella Große Koalition, con precisi doveri da rispettare, e dall’altro li sorprendeva spesso a coltivare, in modo neanche così nascosto, ambizioni da forza di opposizione. In prima linea, a supportare queste istanze che rendevano la coabitazione con l’SPÖ un esercizio di equilibrismo, c’è sempre stato Sebastian Kurz, la giovane promessa dei conservatori austriaci, il millennial diventato Ministro degli Esteri a soli 27 anni e capo del Partito popolare austriaco a 30.

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Il duello tra l’astro nascente dei popolari, che secondo alcuni potrebbe diventare il più giovane Cancelliere della storia austriaca, e il 61enne Django, si è consumato senza esclusione di colpi per mesi. Un duro scossone era arrivato nell’ottobre 2015, con le elezioni amministrative. Le promesse di rinascita del Partito popolare fatte da Mitterlehner alla guida dell’ÖVP nel 2014, a suon di slogan accattivanti come “Django, Black is back” (Django, i Neri sono tornati), si sono miseramente infrante.

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La disfatta è stata epocale: il candidato popolare alla presidenza della repubblica non è riuscito ad andare neppure al ballottaggio. Un insuccesso di proporzioni gigantesche che ha alimentato un forte malcontento nelle fila dei popolari. Oggi il 30enne Kurz sembra quasi incarnare un ruolo messianico per l’ÖVP: è giovane, ha carattere, ha una strategia. Wunderwuzzi (Jolly tuttofare), il giovane dai molti talenti, com’è soprannominato il nuovo leader dei popolari, ha infatti cavalcato abilmente molti dei temi cari alla destra radicale, facendoli suoi. Ma sarà davvero la tattica giusta che riporterà il Partito popolare ai fasti di un tempo? Basterà rincorrere l’ultradestra per riguadagnare consensi? Ed è plausibile credere che si profili davvero all’orizzonte una coalizione neroblu, ovvero tra popolari (i neri) e ultradestra (i blu)? Stavolta Heinz-Christian Strache non lascerà il cancellierato all’ÖVP in caso di vittoria. Se l’FPÖ risultasse il primo partito in Austria e dovesse davvero materializzarsi l’eventualità di una coalizione con i popolari, Strache si terrà stretto lo scettro del comando, senza incorrere nell’errore che commise Jörg Haider nel 2000-2005

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Neroblu, o viola?

Per ora i sondaggi danno al comando, come primo partito in Austria, i socialdemocratici guidati dal 51enne Christian Kern.

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L’SPÖ sarebbe seguito di un soffio dal Partito della Libertà (FPÖ) di Strache. Ma il sorpasso dell’ultradestra è un’eventualità non così remota. Ecco perché adesso gli occhi del mondo sono puntati sull’Austria, che dopo le presidenziali crea scompiglio in Europa e potrebbe aprire le porte ad un governo della destra nazional-populista. Poi, in terza posizione, arriverebbe il Partito popolare. E ancora i Verdi, dati in crescita dopo il successo di Alexander Van der Bellen e i NEOS di Matthias Strolz, al loro primo banco di prova nazionale. Fanalino di coda Team Stronach.

Alcuni commentatori dicono che le improvvise dimissioni siano la vendetta personale di Mitterlehner, stufo di essere considerato solo un reggente temporaneo, o come ha detto lui stesso “una fermata a richiesta”, in attesa che il giovane Kurz diventasse abbastanza maturo e credibile.

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Secondo i più maliziosi questo sarebbe un colpo basso inferto da Django all’astro nascente, scompaginando i piani di Wunderwuzzi che non si aspettava di prendere le redini del partito e l’onere della gestione della campagna elettorale così presto.

Cosa accadrebbe se invece la Große Koalition si creasse con un patto tra il diavolo e l’acquasanta? Sarebbe così assurdo se, contro ogni previsione, lavorassero assieme rossi e blu, ovvero socialdemocratici e ultradestra? Un’Austria viola farebbe davvero così paura?

Come in uno spaghetti-western di Castellari

La goccia che ha fatto traboccare il vaso per Reinhold Mitterlehner è stato quando Armin Wolf, giornalista della tv pubblica ORF, ha titolato un approfondimento sul Vice-Cancelliere e leader dei popolari: “Django, die Totengräber warten schon” (Django, i becchini ti aspettano).

screen shot

Si trattava dello stesso titolo con cui uscì in Germania il celebre spaghetti-western “Quella sporca storia nel west” (1968), del nostro regista Enzo G. Castellari. In realtà, secondo molti commentatori, sarebbe stato lo stesso Mitterlehner a scavarsi la fossa da solo, creando una frattura insanabile tra lui e il resto del suo partito.

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Il giovane rampante Sebastian Kurz, definito negli ultimi giorni da alcuni commentatori “Kleindiktator” (il piccolo dittatore), ha accettato di guidare l’ÖVP, ma non di fare il Vice-Cancelliere, per non compromettersi e avere le mani libere in vista della campagna elettorale.

Il Ministro della Giustizia Wolfgang Brandstetter sarà Vice-Cancelliere. Subentrerà al Ministero dell’Economia Harald Mahrer.

Il Cancelliere Kern ha dichiarato di voler portare avanti il suo programma di governo, cercando anche altre maggioranze in Parlamento. Sembra un tutti contro tutti per portare a casa il miglior risultato elettorale possibile. Nel film di Castellari l’eroe era Johnny Hamilton, Django, interpretato da Andrea Giordana. Nella pagina austriaca di questo strano spaghetti-western si stenta un po’ a vedere l’eroe, mentre il Paese non è protagonista, anzi, sembra sempre più in secondo piano, relegato al ruolo più marginale del comprimario.

 

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