Il futuro dell’Unione Europea è messo a rischio. Il grido d’allarme arriva dall’Austria. “Occorre ridurre il flusso di rifugiati immediatamente, ne va della sopravvivenza dell’Ue” dice il Ministro dell’Interno austriaco Johanna Mikl-Leitner a chiusura dell’incontro dei Paesi dei Balcani Occidentali che si è tenuto ieri a Vienna.
In assenza di una risposta unitaria e condivisa, le nazioni lungo i Balcani sono state costrette a ridurre l’afflusso di migranti, con il pericolo che la situazione possa degenerare in una vera e propria crisi umanitaria.
Emergenza umanitaria, un rischio concreto
Il collo di bottiglia che si crea a causa di barriere, controlli capillari e tetti giornalieri, come quello massimo di 80 migranti al giorno messo in atto dalla scorsa settimana dall’Austria, rischiano di creare una vera emergenza, soprattutto in Grecia, come sottolineato martedì dall’UNHCR, l’Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite.
Gestire insieme la migrazione
Presenti al meeting viennese di ieri oltre al Ministro dell’Interno Mikl-Leitner e degli Affari Esteri Sebastian Kurz, anche gli omologhi di Albania, Bosnia, Bulgaria, Croazia, Kosovo, Macedonia, Montenegro, Serbia e Slovenia. Forti sono state le rimostranze della Grecia per essere stata esclusa dall’incontro. Accuse respinte dall’Austria, che attraverso il portavoce del Ministero dell’Interno Karl-Heinz Grundböck ha specificato che “questi incontri si svolgono secondo procedure fissate anticipatamente e con un numero di partecipanti prestabilito”. Una sintesi dei lavori della riunione svoltasi ieri saranno consegnati a Bruxelles durante i colloqui odierni tra i vari Ministri dell’Interno e della Giustizia dell’Ue.
Ue: soluzione comune, un percorso difficile
Se da un lato il Ministro Mikl-Leitner si dice ottimista sulla possibilità di trovare una soluzione unitaria e una risposta condivisa alla crisi dei migranti, “resta ancora da capire quando questo avverrà” puntualizza il Ministro dell’Interno austriaco, che rilancia: “Vogliamo mettere l’Ue sotto pressione perché si trovi una soluzione”, motivando in tal modo la sua politica di chiusura e l’istituzione di un tetto massimo giornaliero di 3.200 anche sui rifugiati in transito, e diretti verso Paesi limitrofi.
La Macedonia ha chiuso le proprie frontiere agli Afghani, e ha imposto un controllo dei documenti più severo a Siriani e Iracheni che abbiano intenzione di richiedere asilo nei Paesi del Nord Europa. Come risultato ieri 3.000 migranti erano bloccati a Idomeni, il valico di confine tra la Grecia e la Macedonia. E solo ieri notte, per alleggerire la situazione, la polizia ha fatto passare 860 rifugiati.
Le accuse della Grecia all’Austria
La Grecia, però, accusa l’Austria di remare contro una risposta comune alla crisi dei migranti, varando misure restrittive unilaterali sui rifugiati. Una linea dura in materia di immigrazione, condivisa anche dall’Ungheria, che ha annunciato di voler istituire un referendum, la cui data non è comunque ancora stata fissata, contro la decisione di Bruxelles di voler imporre una ripartizione dei rifugiati in quote obbligatorie tra tutti i 28 Paesi membri dell’Unione Europea. Dei 160.000 rifugiati che l’Ue ha deciso di redistribuire secondo un sistema di ripartizione in quote obbligatorie, solo 593 sono stati al momento ricollocati, avendo incontrato fortissime resistenze soprattutto nei Paesi dell’Est Europa, dell’ex blocco sovietico.
Turchia, l’accordo funziona davvero?
Finora non sembra aver dato i frutti sperati l’accordo stretto con la Turchia, perché contribuisca in maniera concreta a rallentare il flusso. Accordo talmente poco efficace da rendere necessaria la convocazione di un summit straordinario lunedì 7 marzo, proprio per affrontare il problema rappresentato da questo esodo di massa attraverso il Mar Egeo verso la Grecia.
Quest’anno sono già entrati nell’Ue attraverso la cosiddetta rotta balcanica 110.000 rifugiati. Nel 2015 ne sono entrati oltre un milione. Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale per la Migrazione almeno 31.000 degli arrivi di quest’anno provengono dalla Siria. Sono 413 i migranti che hanno perso la vita durante il difficile viaggio, compresi 321 lungo la traversata verso la Grecia.