“Molto positivi”, sono stati definiti da tutti così i colloqui multilaterali per il raggiungimento di un processo di pace in Siria, che hanno avuto luogo ieri a Vienna. Se non c’è accordo sul futuro del presidente Bashar al-Assad, su un fronte sono tutti d’accordo: combattere il terrorismo dell’ISIS con un’azione corale.
Un punto fermo la lotta allo Stato Islamico, che ha sancito un’unanime approvazione, da parte delle 19 nazioni rappresentate al vertice, mettendo d’accordo persino acerrimi e fieri rivali come Arabia Saudita e Iran, la cui presenza al tavolo ha rappresentato un evento di portata storica.
Altro risultato di rilievo raggiunto è l’aver dato mandato alle Nazioni Unite perché convochino sia il governo siriano, sia l’opposizione per avviare quanto prima un processo politico che consenta di dare alla Siria una nuova costituzione e di indire nuove elezioni. Elezioni che, secondo il documento finale del vertice di Vienna, dovranno svolgersi sotto la supervisione dell’ONU.
“Quattro anni e mezzo di conflitto, noi tutti crediamo che questa guerra sia durata fin troppo” ha dichiarato il Segretario di Stato statunitense John Kerry.
Infatti tutti hanno concordato nel cercare di trovare una soluzione diplomatica alla sanguinosa guerra in Siria, che proprio ieri, nelle stesse ore in cui si svolgeva il vertice, ha registrato una recrudescenza e nuove vittime. Un attacco missilistico portato a segno dalle truppe governative di Assad ha ucciso 61 persone e provocato oltre un centinaio di feriti alla periferia di Damasco, a Douma. Dal suo inizio nel 2011 la guerra in Siria è costata la vita di 250.000 persone, 11 milioni di siriani sono fuggiti dal paese riversandosi in massa in Europa, mentre il caos imperante nella regione ha determinato un accresciuto potere da parte dei terroristi dell’ISIS.
Tuttavia restano ancora inconciliabili le posizioni di Stati Uniti e Russia sul destino di Assad. Kerry ha ribadito la necessità che Assad esca di scena. Anche se il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato che la sua posizione non preveda “che Assad debba andar via o restare”, certamente considera, come del resto l’Iran, la figura del presidente Bashar al-Assad indispensabile sia nel raggiungimento di un cessate il fuoco, sia nella realizzazione di un nuovo assetto politico in Siria.
Kerry ha anche annunciato l’invio di truppe speciali americane nel Nord della Siria, a sostegno delle forze dell’opposizione, per combattere i miliziani dello Stato Islamico.
Una soluzione concordata da tutti gli attori in campo è d’obbligo. Non si può restare a guardare mentre la diaspora dei siriani prosegue, mentre in Siria si continua a morire e soprattutto mentre la minaccia dello Stato Islamico diventa sempre più pericolosa.
Nuovi incontri multilaterali seguiranno a breve giro, nel corso delle prossime due settimane.