Libano, l’albero della protesta

Il Natale in Libano si tinge dei colori accesi della protesta. Nel centro di Beirut un albero con l’iconografia, gli slogan e i messaggi dei dimostranti, diventa il simbolo delle feste ma anche di un movimento che non intende fermarsi, di una rivolta pacifica che non vuole arretrare. È diventato l’albero di Natale anti-governativo. Si erge spavaldo, con aria di sfida, tra la Moschea Al Amin e la Piazza dei Martiri. In quei cento metri che separano la moschea dalla piazza, nel luogo in cui i dimostranti si sono riuniti per settimane, animati da un unico proposito: spazzare via corruzione, nepotismo, disuguaglianza, povertà.

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Quest’anno nessun simbolo delle feste natalizie è stato eretto dalle autorità libanesi. Così, al posto di un albero di Natale pieno di luci sfavillanti, i dimostranti hanno innalzato un totem alla rivolta, con una scritta dal contorno viola posta al centro. Vi si legge una sola parola: “Thawra”, che in arabo vuol dire rivoluzione.

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Tanti i dimostranti che si sono assiepati a difesa dell’albero, di quel simbolo di lotta, di tenace resistenza, di una protesta che non accenna ad indietreggiare e che sempre più sostegno riceve da ogni parte del Paese. Tra i cori intonati da chi vigila su quell’albero del movimento di rivolta, riecheggiano queste parole: “Feirouz’s Bhebbak Ya Lebnan” (Ti amo, Libano). Scopriamo di più su un altro albero natalizio da guinness nella città costiera di Chekka e sulla situazione economica del Libano. Continua a leggere



Libano in bilico

In Libano la rivolta prosegue. Dopo quasi due settimane di proteste e una mobilitazione popolare senza precedenti il Primo Ministro libanese Saad Hariri ha annunciato le proprie dimissioni. Un passo indietro tardivo, che non placa i manifestanti. Però il rischio che i moti di piazza pacifici possano trasformarsi in scontri e sfociare nel sangue sono più che concreti. Hariri, alla guida di un governo di unità nazionale in carica dal dicembre 2016, aveva promesso di far approvare dal Consiglio dei Ministri un piano di riforme economiche.

Queste misure, concesse in extremis, non hanno convinto la folla a fermare la protesta che sta paralizzando da giorni l’intero Paese, portandolo sull’orlo del collasso. Hariri rimette il suo incarico, decretando così la fine dell’esperienza di governo e sciogliendo l’esecutivo che vedeva in coalizione anche gli Hezbollah, partito politico islamista sciita molto vicino all’Iran e alla Siria, i cui sostenitori hanno scatenato disordini scontrandosi con i manifestanti anti-governativi in Piazza dei Martiri a Beirut. Vediamo insieme gli ultimi sviluppi di quella che i dimostranti scesi in piazza hanno definito la rivoluzione libaneseContinua a leggere



Rivolta pacifica in Libano

La protesta in Libano va avanti, senza interruzione, da dieci giorni. Una manifestazione senza leader, spontanea, pacifica, contro corruzione, nepotismo, malversazione ai danni dello stato, per contrastare disuguaglianza e povertà. I libanesi scesi in piazza chiedono con fermezza le dimissioni del governo, responsabile del collasso economico in cui versa il Paese. Tutto è paralizzato. Restano chiusi da giorni esercizi commerciali, banche, scuole. Completamente bloccata la viabilità, con le principali arterie ostruite da barriere e sit-in.

Giovani e anziani manifestano insieme, uniti come mai prima d’ora, superando le divisioni settarie che hanno sempre frammentato l’opinione pubblica, alimentato conflitti religiosi e sociali, e caratterizzato il sistema politico. Non ci sono particolarismi, c’è assoluta unità di intenti, vogliono tutti un futuro migliore e un Paese che possa offrire opportunità. Una protesta che è stata definita pan-settaria perché vi stanno prendendo parte tutti i cittadini libanesi che, con la crescente crisi economica che attanaglia il Paese, unanimemente dichiarano di aver sopportato abbastanza e di non poterne più. Sunniti, sciiti, cristiani, drusi, milioni di persone hanno affollato strade e piazze su tutto il territorio libanese. Ci sono studenti universitari, padri e madri di famiglia, vogliono tutti riforme e cambiamento. Al posto di quello attuale chiedono un esecutivo composto da tecnici, per favorire una stagione riformatrice che cambi finalmente volto al Paese. Scopriamo di più su questa mobilitazione popolare che sta accendendo il LibanoContinua a leggere