Orban contro gli immigrati

Dopo Vienna nel mirino dei fedelissimi di Viktor Orbán finisce Bruxelles. Sui social media imperversa un secondo video, stavolta girato nel quartiere multietnico di Molenbeek. Protagonista è Tamás Deutsch, parlamentare europeo e membro di spicco di Fidesz, il partito nazionalista conservatore del premier ungherese. I politici vogliono riempire l’Europa di immigrati e non farla essere più degli europei, cristiani, bianchi. Vogliono trasformarla nell’Europa dei jihadisti, dice Deutsch. Immagini che mostrano immigrati musulmani per le strade di Molenbeek, montate con una colonna sonora drammatica. Con tono grave Tamás Deutsch espone la sua visione di un’Europa non più degli europei, ma ormai in mano ad estremisti islamici. Un video postato su Facebook non solo da Deutsch, ma condiviso e pubblicato anche dallo stesso Orbán, che ha contribuito ad infiammare ulteriormente una già accesissima campagna elettorale.

L’Ungheria, infatti, è chiamata a rinnovare il Parlamento il prossimo 8 aprile. Fidesz, il partito del Primo Ministro, viene dato per favorito, ma a fine febbraio ha iniziato a dare segni di cedimento in una tornata elettorale locale nella città di Hodmezovasarhely, roccaforte governativa, dove anche grazie ad un’affluenza del 62,4% l’opposizione è riuscita a far eleggere il proprio candidato. Il tema su cui Fidesz insiste maggiormente sono proprio gli immigrati e la spinosa questione dei rifugiati. Su di loro si impernia l’intera campagna elettorale, sebbene l’Ungheria non abbia accettato la quota di profughi prevista dal piano di ricollocamento dell’Unione europea e non abbia un numero di immigrati elevato. Per Tamás Deutsch la colpa di una massiccia presenza immigrati musulmani provenienti soprattutto dall’Africa a Bruxelles va imputata alla politica di ripopolamento di quartieri come Molenbeek ad opera del socialista Philippe Moureaux, a capo della circoscrizione dal 1992 al 2012, che ha favorito l’afflusso di immigrati, soprattutto da Paesi musulmani, con l’obiettivo di ampliare il proprio bacino elettorale con nuova linfa.

screen shot

Una politica dissennata, per Tamás Deutsch, che però ha prodotto solo danni: un deterioramento della pubblica sicurezza, un tasso di disoccupazione pari al 40%, atti di violenza contro le donne sui mezzi pubblici, una sostituzione degli esercizi commerciali e dei negozianti a vantaggio dei nordafricani. Tamás Deutsch vede un nesso diretto tra l’immigrazione illegale e il proliferare di atti terroristici, e ai politici irresponsabili imputa la colpa di aver fatto entrare masse di migranti illegali che pian piano sono diventate sempre più potenti. Vediamo il video postato anche da Viktor Orban e cerchiamo di analizzare gli altri temi su cui si concentra la campagna elettorale unghereseContinua a leggere



Austria: guerra all’Islam radicale

L’Austria dichiara guerra al terrorismo di matrice islamica. Sono 68 gli islamisti radicali condannati, o sotto processo. Vi sono jihadisti, foreign fighter rientrati da Siria e Iraq, predicatori estremisti, simpatizzanti dell’ISIS. Il rischio che costoro in carcere possano radicalizzarsi ulteriormente, intensificare i contatti con altri musulmani estremisti, potenziare la propria capacità di azione, o intessere legami che possano far loro da sponda in caso di fuga, è più che reale. Ecco perché tanto il sistema giudiziario austriaco, quanto quello carcerario sono chiamati a combattere il terrorismo fondamentalista anche su questo nuovo fronte. Non bastano solo retate e maxi blitz, la guerra si combatte anche spezzando o impedendo collusioni e rapporti che si intrecciano durante il periodo di detenzione. Occorre quindi esercitare uno stretto controllo su chi, a vario titolo, risulti colpevole di reati legati al terrore di matrice islamista e per questo venga condannato, ma anche su chi sia ancora in attesa di giudizio. Tra le prigioni sorvegliate speciali vi sono i tre grandi istituti di pena di Garsten, Karlau, Stein e anche quello di Suben. È importante che le celle destinate a musulmani radicali siano separate dalle altre e dislocate in settori appositamente istituiti. Celle che vengono controllate molto più di quelle degli altri detenuti.

 

Parte delle contromisure consiste in un apposito esame psicologico e un questionario, da effettuare prima della carcerazione. Solo così è possibile avere un quadro d’insieme dettagliato. A tal scopo operano specialisti del Ministero dell’Interno, psicologi, costituzionalisti e interpreti, per un’accurata analisi dei rischi e perché nulla sia lasciato al caso. L’alto livello di sicurezza viene applicato anche alle visite ricevute dai detenuti, che non hanno alcun contatto diretto con coloro che li vanno a trovare. A separarli dai visitatori c’è un vetro molto spesso e le comunicazioni avvengono solo via telefono. Così la polizia può registrare e monitorare ogni discorso, anche con l’aiuto di esperti. Se esiste il minimo sospetto che nel corso della conversazione sia avvenuto uno scambio di informazioni proibite, oppure ci sia stato un vero e proprio accordo, si è così in grado di agire in tempi brevissimi.  Continua a leggere