L’Austria svolta a destra

L’Austria svolta a destra. Si colora quasi interamente di turchese e di blu. Vienna e poche altre zone sparse restano rosse. Scompare il verde. In soli cinque mesi di campagna elettorale il giovane Sebastian Kurz porta l’ÖVP alla vittoria. La platea del quartier generale dei Popolari è gremita di giovani, che lo acclamano come se fosse una rock star. Un tifo da stadio, con urla, cartelli, telefonini branditi a caccia di uno scatto con il volto del loro leader. Il Kursalon Hübner è tutto turchese. Campeggia, enorme, la scritta Danke! (Grazie!).

Si presenta in anticipo, poco dopo la prima proiezione, perché tutto appare chiaro da subito. I primi dati reali, sui voti effettivamente scrutinati, lo danno immediatamente al 31%. Ringrazia tutti. Lo fa per vari minuti, mentre la platea in visibilio inneggia al giovane condottiero 31enne, artefice del miracolo. Il Partito Popolare era una forza stanca e priva d’identità, appiattita da dieci anni di Große Koalition accanto al Partito Socialdemocratico. Il giovanissimo Kurz ha saputo infondere nuova linfa  vitale, ottenendo così una netta vittoria. A lui va il merito di aver riavvicinato alla politica tantissimi giovani. Il clima è festoso al quartier generale, l’entusiasmo cresce, tra musica pop ad alto volume e Bratwurst e Semmel. Il discorso del 31enne futuro Cancelliere, però, non ha avuto i toni estremisti usati in campagna elettorale.

“Non è una vittoria contro qualcuno, abbiamo fatto vincere un nuovo modo di fare politica. Sarà nostro compito portare una nuova cultura politica per rilanciare il Paese e cambiarlo -ha detto Sebastian Kurz- In cinque mesi abbiamo ottenuto un risultato straordinario, una vittoria storica, ma c’è ancora molto da fare”. Insomma, dopo aver cavalcato temi dell’ultradestra, incartandoli con una tranquillizzante carta turchese, Wunderwuzzi rassicura, stempera gli animi. Lavorerà sodo per gli austriaci e per l’Austria, che certamente verrà prima di tutto.  Continua a leggere



Il ballo della destra fa discutere

La stagione dei balli viennesi è nel pieno del suo fitto calendario. Eppure nessuno come l’Akademikerball (Ballo degli Accademici), legato all’FPÖ e all’ambiente delle confraternite universitarie dell’ultradestra, ha lasciato un così lungo strascico di polemiche. Innanzitutto le dimostrazioni organizzate dagli ambienti di sinistra per protesta contro il ballo. Poi il video della polizia, che ha fatto discutere i media austriaci sull’opportunità, o meno di tale documentario postato su YouTube. E ancora la proposta del Ministro dell’Interno Wolfgang Sobotka di riformare le regole delle manifestazioni di piazza, che ha suscitato clamore e che su qualche quotidiano e secondo alcuni esperti sarebbe stata persino definita incostituzionale. A dire il vero ogni anno, in occasione dell’Akademikerball, si scatenano folle di manifestanti che esprimono dissenso e slogan contro l’FPÖ. Un copione già visto più volte, ma che quest’anno ha raggiunto proporzioni senza precedenti. Per arginare le proteste, con ben tre dimostrazioni previste nello stesso pomeriggio, con la partecipazione di oltre 2.000 dimostranti, il dispiegamento della polizia è stato imponente. 2.800 uomini, arrivati da 6 dei 9 Stati federali austriaci, più una massiccia presenza anche di unità WEGA (Wiener Einsatzgruppe Alarmabteilung), le forze speciali antisommossa.

LPD W/Thomas Cerny

Tantissimi i mezzi e i cellulari muniti anche di computer, tablet e apparecchiature fotografiche, per effettuare controlli ed eventuali procedure di arresto. Un perimetro blindato con transenne e cordoni formati da decine e decine di poliziotti, molti dei quali attrezzati per fronteggiare emergenze, con elmetto e scudo, anche attorno alla Hofburg, il palazzo imperiale, che ospita l’Akademikerball.

L’accesso era consentito solo agli invitati del ballo, ai residenti, ai giornalisti accreditati. Obiettivo: far svolgere le manifestazioni dei contestatori in modo pacifico e ordinato fino al raduno finale a Stephansplatz; consentire al ballo di svolgersi senza difficoltà, facendo arrivare a destinazione i 2.100 invitati; evitare disordini e scontri tra simpatizzanti di opposte fazioni. 

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La guerra civile di Strache

“Una guerra civile nel medio termine non è improbabile”. Una frase dalla potenza dirompente, fortemente provocatoria, pronunciata dall’irruente leader della destra radicale Heinz-Christian Strache. Un discorso, il suo, durato mezz’ora, sullo “Stato della Nazione da un punto di vista liberale” (“Rede zur Lage der Nation aus freiheitlicher Sicht”), a Palais Epstein a Vienna, il giorno prima della festa nazionale austriaca. Strache ha lanciato strali contro l’operato del governo federale, della Große Koalition, formata da socialdemocratici e cristiano-democratici, rea a suo dire di errori gravissimi e stagnazione. “La neutralità senza la sovranità sono inconcepibili” ha tuonato Strache, ammonendo che di questo passo verranno lentamente erose entrambe, lanciando stoccate all’Unione europea. Così, nel giorno della festa nazionale austriaca, il 26 ottobre, che celebra la neutralità dell’Austria sancita dalla Costituzione nel 1955, c’è stato un lungo strascico di polemiche per le dichiarazioni e per i toni del capo carismatico dell’FPÖ.

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Parole pesanti, scagliate da Strache anche contro la Cancelliera tedesca Angela Merkel, definita “la più pericolosa donna d’Europa”, colei che a suo dire “ha aperto la via alla più massiccia migrazione di popoli da secoli”. Un’ondata senza precedenti di immigrati -ha incalzato Strache- che si sta dimostrando una vera e propria minaccia per l’Europa”.  Continua a leggere



Austria: tutto da rifare! Ballottaggio annullato

Tutto da rifare! Le elezioni presidenziali del 22 maggio scorso saranno ripetute. Una decisione di portata storica. È la prima volta che in Austria viene annullato un ballottaggio. Si voterà di nuovo in autunno, tra fine settembre e inizio ottobre, per scegliere il nuovo Presidente della Repubblica. Così ha deciso la Corte Costituzionale, accettando il ricorso presentato dall’FPÖ di Heinz-Christian Strache.

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Ad annunciarlo il Presidente della Corte Gerhart Holzinger. “Le elezioni sono il fondamento della nostra democrazia -ha detto- e il nostro compito è di garantirne il regolare svolgimento. La sentenza non determina né vincitori, né vinti, ma serve a ristabilire fiducia nelle istituzioni e deve rafforzare il nostro Stato di diritto”. Il Presidente della Corte Holzinger ha anche affermato che nessuna delle deposizioni rilasciate da oltre una novantina di testimoni ascoltati “ha messo in alcun modo in evidenza brogli”.  Continua a leggere



Prima Brexit, poi Auxit?

Dopo la Brexit è la volta dell’Auxit? O come dicono gli austriaci dell’Öxit? A chiedere l’uscita dell’Austria dall’Ue è l’ex candidato alle presidenziali e vice capo dell’FPÖ, Norbert Hofer. Il temuto effetto domino post Brexit sta forse per trasformarsi in realtà? Hofer sembra essere determinato, il suo appare come un ultimatum. C’è tempo un anno per imprimere all’Ue una svolta diversa, per abbandonare il centralismo e snellire la burocrazia.

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Se l’Unione europea proseguirà verso una deriva sempre più dirigista e centralista, e se la Turchia dovesse davvero entrare a far parte dell’Unione, il numero due del Partito della Libertà propone anche in Austria un referendum analogo a quello inglese, pro o contro l’uscita dall’Ue. Così com’è l’Unione è disegnata male e non funziona, dice Hofer. Se non saranno recuperati i valori fondanti, se non si ridefiniranno gli equilibri, rilancia il numero due dell’FPÖ, occorrerà chiedere agli austriaci se vogliono ancora farne parte.  Continua a leggere



Vienna: Europa à la carte, nella cucina della destra

L’invito al meeting di Vösendorf a tutti i partiti dell’Euro-gruppo della destra, è arrivato dall’FPÖ, il Partito della Libertà, la destra populista austriaca. Uniti dalle comuni posizioni contro Bruxelles e i burocrati dell’Unione europea, in Austria sono accorsi tutti: da Marine Le Pen del Front National francese, a Marcus Pretzell eurodeputato di Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania) e compagno della leader dell’AfD Frauke Petry, da Janice Atkinson, ex-UKIP ora indipendente, a Harald Vilimsky (FPÖ) dell’EFN, la struttura di coordinamento dei partiti della destra europea, ai rappresentanti di Gran Bretagna (UKIP), Italia (Lega Nord), Polonia, Olanda (Parti voor de Vrijheid), Repubblica Ceca, Romania (Noua Dreaptă) e Belgio (Vlaams Belang).

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A fare la parte dei leoni: Marine Le Pen e Heinz-Christian Strache, che sa bene come coinvolgere il suo elettorato e animare la platea di oltre 2.000 persone accorse al centro congressi Pyramide Vösendorf, a 10 km da Vienna, venerdì sera.  Continua a leggere



La destra che si sente centro

La nuova destra austriaca, che ha raggiunto il 49,7% dei voti alle presidenziali, perdendo al fotofinish contro Alexander Van der Bellen, quella che ha il volto pulito e rassicurante di Norbert Hofer, non vuole essere definita destra estrema. Anzi, va oltre, e colloca se stessa al centro, ad occupare quella posizione di centrodestra, che è stata finora appannaggio esclusivo dell’ÖVP. All’indomani dei risultati elettorali lo dicono a chiare lettere sia Hofer, sia Strache: “Noi non siamo un partito di ultra-destra. Non chiamateci più così” hanno più volte ripetuto. Un partito di ultra-destra non avrebbe mai riportato un risultato di simili proporzioni, si sarebbe al contrario fermato appena al 2%, dicono all’unisono. L’FPÖ è una destra moderna, liberale, che si sente di centro, una nuova destra capace di attirare elettori anche tra coloro che non sono simpatizzanti, o dichiarati sostenitori del Partito della Libertà. Una nuova destra che ridefinisce se stessa, si ridisegna in chiave moderata, perché capisce che solo così può attirare anche chi aveva scelto altre formazioni conservatrici, riuscendo a sfondare davvero.

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Quel sorpasso così vicino alle amministrative dello scorso ottobre, così a portata di mano, eppure non ottenuto, sembra essere adesso un’esperienza lontana anni luce. Quello che si è verificato a queste presidenziali segna una nuova fase nella vita politica del Paese, rappresenta un evento di rilevanza epocale e ha riscritto, spazzandola via in poche settimane, l’intera storia politica austriaca. Mai l’Austria, di norma un Paese piuttosto noioso, è stata al centro dell’attenzione del mondo. Mai la politica austriaca è stata così interessante, così avvincente, così importante anche nel possibile ridisegno degli equilibri geopolitici dell’Europa e del mondo.  Continua a leggere



La faccia pulita della nuova destra

Il ballottaggio per le presidenziali si avvicina a grandi passi e il volto pulito di Norbert Hofer potrebbe essere quello del nuovo Presidente della Repubblica austriaca. È sempre stato lui il candidato da battere, ma ora gli ultimi sondaggi della Gallup Österreich lo danno in netto vantaggio su Alexander Van der Bellen, di ben sei punti percentuali: 53 a 47. Il testa a testa preventivato dagli esperti sembrerebbe superato e sempre più indecisi propenderebbero per il candidato della destra radicale.

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Nei manifesti della campagna elettorale Norbert Hofer appare rassicurante, con i suoi tratti gentili. Lui, l’ingegnere aeronautico, lo scienziato prestato alla politica, gode del favore degli austriaci. È scampato alla morte in seguito a un incidente avuto facendo paragliding. Era in fin di vita, ma poi i medici sono riusciti a rendere possibile l’impossibile e oggi, anche se con l’aiuto di un bastone, è in grado di camminare. Questo suo limite nella deambulazione gli ha attirato la simpatia dei più.  Continua a leggere



L’Austria svolta a destra?

Il primo turno delle presidenziali ha generato uno squasso tale da scuotere l’Austria fino alle fondamenta. Il successo al di sopra di ogni aspettativa dell’FPÖ ha messo in seria crisi lo strapotere dei due grandi partiti: i Socialdemocratici (i rossi) e i Popolari (i neri).

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Le dimissioni del Cancelliere Werner Faymann, arrivate come una doccia fredda per gli austriaci, ma forse fin troppo tardivamente per gli osservatori internazionali, ha fatto precipitare gli eventi. Effetto domino non è solo una profonda discussione all’interno dell’SPÖ, il partito socialdemocratico guidato da Faymann, ma anche all’interno della compagine di governo, quella große Koalition che guida il Paese da dieci anni. Quella in atto è una crisi di proporzioni storiche dei due principali partiti austriaci, SPÖ e ÖVP, centrosinistra e centrodestra, che di fatto si spartiscono il potere e la leadership dal dopoguerra a oggi: settant’anni di indiscussa gestione della cosa pubblica, a tutti i livelli. Ma perché all’improvviso l’Austria da rossa e nera si tinge ovunque di blu, il colore della destra radicale del Partito della Libertà, l’FPÖ?  Continua a leggere



Austria: altro che terremoto

Il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali austriache è stato un terremoto politico. Allo stesso tempo, però, anche una scossa tellurica vera di 4.2 gradi della scala Richter, ha fatto tremare la terra per alcuni secondi, facendosi soprattutto sentire nella capitale, Vienna. I media austriaci hanno parlato di incubo per i due partiti della coalizione di governo, di svolta epocale, tanto da scrivere dell’avvento della Seconda Repubblica, di terremoto, appunto.

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La destra estrema di deriva xenofoba dell’FPÖ, il Partito della Libertà, riporta un successo senza precedenti. Il candidato del Partito della Libertà raggiunge il 36% dei consensi, diventando l’uomo da battere. A contendergli la presidenza della Repubblica al ballottaggio del 22 maggio ci sarà l’outsider Alexander Van der Bellen, figlio di rifugiati scappati dall’Estonia nel 1940 al tempo dell’invasione sovietica, veterano dei Verdi, economista e professore universitario molto amato dai giovani, che però si è fermato al 21% delle preferenze.  Continua a leggere