Le donne del Cancelliere

In Austria il nuovo governo ha un consistente numero di donne. Tutte occupano posti chiave. La presenza femminile nella coalizione turchese-blu è maggiore rispetto alla squadra che ha guidato il Paese nella precedente legislatura, espressione della Große Koalition, tra Socialdemocratici e Popolari. Un modo per rendere ben visibile quel cambio di passo che intende imprimere alla politica il giovane Cancelliere Sebastian Kurz che, a soli 31 anni, è il premier più giovane del mondo.

Mentre Angela Merkel fatica a formare un esecutivo, tenendo la Germania nell’incertezza e precipitandola in un’estenuante fase di stallo, in appena due mesi Kurz ha dato vita a una fitta serie di negoziati che hanno portato alla stesura di un nutrito programma e alla realizzazione di una compagine di governo tra Popolari e Partito della Libertà. È vero, Sebastian Kurz sarà ricordato per essere stato colui che ha riportato l’ultradestra al governo, con tutti i timori che allarmano l’Unione europea. Del resto non aveva scelta, quella con Heinz-Christian Strache era l’unica alleanza possibile.

Dismessi i panni dell’estremista indossati nel corso della campagna elettorale, in veste di  Cancelliere Sebastian Kurz appare molto equilibrato e sostanzialmente moderato, perfettamente capace di tenere sotto controllo l’ingombrante alleato FPÖ e in piena sintonia con il Presidente Alexander Van der Bellen, che garantisce la barra ferma con un delicato ma saldo sistema di contrappesi. Il giovane Cancelliere sembra avere le idee chiare su come far funzionare la cosa pubblica e la sua squadra è espressione diretta di quella volontà di cambiamento che gli elettori hanno chiesto nel segreto dell’urna. Pur tenendo nelle sue mani molte deleghe, Kurz ha demandato alle donne, soprattutto a quelle del suo partito, l’ÖVP, un ruolo cruciale nella macchina pubblica. Vediamo insieme chi sono le donne del CancelliereContinua a leggere



Chi ha paura dei Bitcoin?

In Austria c’è molto scetticismo nei confronti dei Bitcoin e delle criptovalute in genere. Un terzo degli austriaci vorrebbe persino che venissero proibiti, mentre finora solo il 4% dice di averli usati per acquisti, o transazioni. Anche se a Vienna esiste una startup che ha creato i cosiddetti Bitcoin verdi, ovvero amici dell’ambiente, e circa un anno fa ha aperto i battenti in pieno centro la prima “banca in Bitcoin”, il rischio frodi sembra ancora frenare il diffondersi di una cultura delle criptovalute.

Un consistente 14% di austriaci dice di non averne mai sentito parlare, malgrado i Bitcoin, sia pur con qualche inevitabile fluttuazione, continuino a macinare record su record e abbiano fatto il loro ingresso anche nel mondo della finanza, con i recenti scambi sui futures. Il 31% degli austriaci si dice addirittura favorevole a un loro eventuale bando. Una sostanziale sfiducia, caratterizzata dal sospetto e dalla scarsa conoscenza delle cryptocurrency. Il rischio di perdere i propri investimenti per l’azione di cybercriminali è ancora fonte di preoccupazione e forse è alla base della scarsa presa su larga scala di Bitcoin & Co. Questo è il quadro che emerge da un recente sondaggio pubblicato dal quotidiano Der Standard. Vediamo insieme come si compone il campione intervistato e quali altre curiosità emergano sul modo in cui i Bitcoin vengono percepiti in AustriaContinua a leggere



Alto Adige, doppia cittadinanza?

Doppio passaporto, sì o no? L’Alto Adige confida in Sebastian Kurz e nell’ultradestra per ottenere la doppia cittadinanza. L’imminente formazione di un governo di coalizione tra Popolari (ÖVP) e l’FPÖ di Heinz-Christian Strache, alimenta l’ottimismo dei 19 consiglieri della provincia autonoma di Bolzano che il 21 novembre scorso hanno scritto una lettera al leader del Partito Popolare austriaco con cui lo sollecitano a deliberare in tal senso. Di sicuro i colloqui per dare vita alla coalizione tra ÖVP e FPÖ non sono ancora terminati, sebbene proseguano spediti, facendo ritenere probabile la data del 20 dicembre quale eventuale scadenza dei negoziati e presentazione del nuovo esecutivo.

Però, tra i punti delicati sui quali si cercano soluzioni di compromesso perché inizi l’avventura di governo non sembra essere in agenda la doppia cittadinanza degli altoatesini. Le negoziazioni tra le delegazioni del Partito popolare e del Partito della Libertà proseguono serrate, soprattutto perché esistono ancora nodi delicati da sciogliere: dalla questione della democrazia diretta, alle possibili riforme della previdenza sociale; dal divieto del fumo, che dovrebbe entrare in vigore a partire da maggio 2018 ma è fortemente avversato da Strache, all’ambiente; dai fondi per le assicurazioni sanitarie, alla giustizia, con un inasprimento dell’attuale pacchetto di legge contro i crimini, volto soprattutto a contrastare il terrorismo. Ancora tutto da studiare, invece, l’organigramma dei ministri. Ad oggi si sa solo che il numero due dell’FPÖ, Norbert Hofer, dovrebbe vedersi affidato il dicastero delle Infrastrutture, mentre sarebbe in uscita dalla compagine di governo l’attuale Ministro delle Finanze, Hans Jörg Schelling (ÖVP). Le richieste dell’Alto Adige possono davvero trovare spazio per essere prese in considerazione? E cosa ne pensa l’Austria? Scopriamo insieme quale sia la situazioneContinua a leggere



Vienna città inospitale?

Vienna è ostile, ma gode di un’ottima reputazione. Infatti è al tempo stesso la quartultima città più inospitale del mondo e sul terzo gradino del podio quanto a reputazione. Tra le città europee peggio di Vienna c’è solo Parigi. Così, nell’arco di pochi giorni, la capitale austriaca si piazza ai vertici di due diversissime classifiche. Expat City Ranking, redatta dal network InterNations, che ha coinvolto nel sondaggio ben 13.000 residenti all’estero di 188 Paesi diversi, per stabilire quali siano le città più inospitali del pianeta per gli espatriati. City RepTrak 2017, che definisce l’immagine internazionale di un luogo, ovvero la sua reputazione a livello globale. Una classifica, quest’ultima, stilata da Reputation Institute, società di consulenza con sede principale a Boston e filiali in 14 mercati, che analizza la reputazione di aziende, Paesi e città di tutto il mondo.

Da un lato Vienna vince il triste primato di essere la quartultima peggiore città nel trattamento poco amichevole che riserva agli expat. Più ostile di lei sono solo Lagos (Nigeria), Jeddah (Arabia Saudita) e Parigi, terzultima classificata. I cittadini stranieri che vi risiedono percepiscono la città e i viennesi poco benevoli e disponibili nei loro confronti. Vienna sarebbe risultata 22esima su 51 città. Il 39% degli intervistati ha dichiarato di trovarla inospitale, mentre la media delle altre città è stata del 17%. Inoltre, il 48% ritiene che fare nuove amicizie nella capitale austriaca sia molto difficile. Sono in tanti a ritenere che Vienna riservi a chi vi abita servizi scadenti, impiegati svogliati e poco collaborativi, camerieri poco gentili e per niente attenti. La percezione, a detta di un nutrito campione di residenti stranieri, è quella di essere mal sopportati, è l’avvertire palpabile una profonda distanza, quasi un senso di fastidio che traspare nei viennesi, soprattutto quelli a diretto contatto con il pubblico. Sembrano non essere predisposti a dare aiuto, danno l’impressione di essere poco aperti, troppo attaccati alla tradizione, frenati da parecchi pregiudizi. Sembrano essere per loro natura poco inclini all’amicizia. Non ultima, emerge la resistenza manifestata da alcuni operatori poco flessibili, a non venire incontro nella comunicazione verbale a coloro che abbiano difficoltà con il tedesco. Insomma, non è solo una questione legata al loro atipico senso dell’umorismo, i viennesi si dimostrano freddi e poco socievoli, almeno a detta degli espatriati. Sarà forse per questa sua inospitalità che Vienna è stata scartata sia dall’assegnazione della sede dell’EMA e dell’EBA, l’agenzia europea del farmaco e l’autorità bancaria europea?

Da questo affresco, non certo idilliaco, tratteggiato dagli stranieri che la abitano, sembrerebbe una città da evitare. Invece, nonostante tutto, Vienna riesce a stupire aggiudicandosi anche il terzo posto in fatto di reputazione. Ecco perché sono sempre tanti i turisti che la affollano ogni anno. La capitale austriaca, infatti, ha un’ottima immagine e gode di alta considerazione presso l’opinione pubblica internazionale. Scopriamo di più su queste due classifiche diametralmente opposte.  Continua a leggere



Milano beffata, Vienna umiliata

Milano ha subito un duro colpo con la mancata assegnazione a sede dell’EMA. Per Vienna, però, lo smacco è stato doppio. La capitale austriaca aveva lanciato la propria candidatura ad ospitare non solo l’Agenzia europea del Farmaco, ma anche l’EBA, l’Autorità bancaria europea. A bocca asciutta, quindi, non ci è rimasto solo il capoluogo lombardo. Si lecca le ferite anche Vienna, uscita a mani vuote, scartata quale sede sia dell’EMA, sia dell’EBA. La capitale austriaca era tra le candidate forti, sembrava avere chance, eppure alla prova dei fatti non ha ottenuto niente. Anzi, è stata esclusa al primo turno in entrambe le votazioni avvenute a Bruxelles. Tanti in Austria si chiedono come sia stato possibile che Vienna abbia fallito non una, ma per ben due volte. Ci si interroga per comprendere quali siano stati gli errori commessi a livello politico e diplomatico. Forse si confidava troppo sul fatto di essere una delle città più vivibili al mondo, ritenendo che questo le desse un vantaggio sulle altre concorrenti.

Entrambe le agenzie, più grande, importante e redditizia quella del farmaco, più piccola e prestigiosa quella bancaria, sono state assegnate con estrazione a sorte tra le due qualificate pari merito al terzo round. Una procedura farraginosa che dovrebbe servire a prevenire accordi preventivi, giochi tattici, voto di scambio. Malgrado questo Angela Merkel non aveva fatto mistero di volere che l’EMA fosse assegnata a una città del Nord Europa. La stessa Germania aveva candidato Bonn a possibile sede dell’EMA e Francoforte per l’EBA, eppure ha visto le proprie candidature sfumare nel corso delle votazioni. Nessuna delle città tedesche è arrivata alla terza votazione. Parigi ha avuto la meglio su Dublino per l’Autorità bancaria europea, a fronte del sorteggio. Amsterdam, come ben sappiamo noi italiani, ha avuto più fortuna di Milano, vincendo sempre con estrazione a sorte, a fronte dell’ultimo round terminato con 13 voti a testa. Scopriamo cosa non ha funzionato per Vienna e a cosa servono EMA ed EBAContinua a leggere



Cioccolatini e Mar dei Caraibi

Lo scandalo dei Paradise Papers, un nuovo capitolo dei Panama Papers, non risparmia neppure l’Austria. Cosa lega un cioccolatino alle isole caraibiche? Lo scopriremo tra poco. Dopo Apple e Nike, famiglia reale britannica, Casa Bianca e Cremlino, sarebbero coinvolti nomi famosi dell’imprenditoria austriaca, come la famiglia Meinl, o l’investment banker Wolfgang Flöttl, implicato nelle vicende di ingenti ammanchi di somme della banca austriaca Bawag negli anni ’90. Inoltre anche compagnie come la petrolchimica Sibur, con sede a Vienna, una delle realtà industriali più importanti del’Austria, che ha legami strettissimi sia con Vladimir Putin, sia con Wilbur Ross, l’ex finanziere statunitense, alla guida del Ministero per il Commercio nella presidenza Trump. 1.4 terabyte di dati, 13,4 milioni di file, analizzati da 382 giornalisti di 67 diversi Paesi. Falter e ORF sono i media austriaci dell’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), chiamati a condividere il lavoro di ricerca giornalistica per l’Austria. Il sistema con cui si evade il fisco è quello di scatole cinesi, ossia la creazione di una serie di società offshore che fanno rimbalzare di Paese in Paese business dislocati altrove, fino a giungere nei paradisi fiscali caraibici per eludere il regolare pagamento delle tasse.

È il caso di uno dei marchi che fa capo alla famiglia Meinl, nota soprattutto per il caffè e per la gastronomia e anche per i caratteristici cioccolatini Schwedenbomben (Bombe svedesi). Bon bon che un tempo appartenevano alla Niemetz, finita in bancarotta nel 2013, acquisita poi dalla svizzera Heidi Chocolat, che fa parte dell’impero della Meinl. Ma come può un cioccolatino acquistato in Austria avere a che fare con i Caraibi? E soprattutto, come può il semplice acquisto di quel cioccolatino in Austria generare illeciti fiscali? Scopriamo insieme quale sia il meccanismoContinua a leggere



Il verde Pilz, ribelle o molestatore?

Lo scandalo delle molestie sessuali si allarga a macchia d’olio. Dopo Stati Uniti, Inghilterra, Francia, coinvolge anche l’Austria. A cadere è la testa di Peter Pilz, fondatore della Liste Pilz ed ex leader dei Verdi, il ribelle artefice della scissione dei Grünen. Peter Piilz prima annuncia le sue dimissioni, poi ci ripensa e si riserva di decidere nelle prossime 48 ore se rinunciare o meno al suo seggio in Parlamento. Tutto inizia con le accuse di abusi sessuali che gli muove un’esponente del Partito Popolare europeo, pubblicate dal settimanale Falter. L’episodio è accaduto nel corso del Forum europeo Alpbach, nel 2013. La giovane donna racconta di un Pilz visibilmente alticcio, che le mise le mani dappertutto, finché altri due partecipanti non lo trascinarono via, consentendole di divincolarsi. “Le accuse sono gravissime e le prendo molto seriamente -ha inizialmente dichiarato Peter Pilz contestualmente all’annuncio delle sue dimissioni- Ho sempre combattuto perché venissero applicati standard rigidi, adesso questi criteri devono essere applicati anche a me”.

screen shot

Il racconto della giovane dell’ÖVP europeo è molto dettagliato. Dice di essere stata colta di sorpresa. “Prima mi ha afferrato un braccio, poi con l’altra mano mi ha toccato il collo, il seno e infine i glutei. Il suo viso era così vicino e tutto è avvenuto così in fretta”. La descrizione di quei momenti si arricchisce di nuovi inquietanti particolari: “Non potevo muovermi, non riuscivo a respirare, non riuscivo a divincolarmi, anche perché mai mi sarei aspettata di essere toccata con così tanta aggressività ad una convention politica”. Pur non ricordando il fatto, in presenza di testimoni, Pilz non ha potuto che chiedere scusa e fare un passo indietro dalla politica, anche per potersi difendere, annunciando di voler intentare azioni legali. Ma è qui che la vicenda si complica. Se nel weekend Pilz dice di voler rimettere il suo mandato e di rinunciare al suo seggio, inspiegabilmente, stamattina cambia idea. Nei giorni scorsi Pilz sembrava aver fatto timide ammissioni, asserendo di aver forse equivocato e usato maniere inappropriate, pur negando decisamente qualsiasi molestia sessuale. Oggi, però, sostiene di essere oggetto di un attacco politico e di non essere più così sicuro di voler abbandonare il seggio nel Consiglio Nazionale. Parteciperà quindi all’insediamento del nuovo Parlamento in programma giovedì prossimo? Unica certezza: continuerà a sostenere il suo partito, Liste Pilz, una lista che porta il suo nome e che è nata in seguito alla scissione dai Grünen. Intende continuare a dare il suo appoggio, anche se dall’esterno, in questa delicata fase di transizione per il suo partito. La Liste Pilz ha infatti guadagnato 4 seggi alle elezioni dello scorso 15 ottobre, mentre i Verdi non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 4%. Ma quelle della giovane dei Popolari europei, non sarebbero le uniche accuse di molestie sessuali per Peter Pilz. Scopriamo quali altri abusi vengono attribuiti all’ex leader dei GrünenContinua a leggere



Trudeau, io diverso da Kurz

Il Premier canadese Justin Trudeau ha espresso un giudizio molto critico sul futuro Cancelliere austriaco Sebastian Kurz. “Ho ancor meno punti in comune con lui di quanti non ne abbia con il Presidente Trump” (“I disagree with him even more than I think I disagree with President Trump”) avrebbe detto, senza però fornire ulteriori dettagli al riguardo. Il Premier del Canada stava partecipando a una conferenza di Google sull’intelligenza artificiale e ha risposto a una domanda che gli è stata posta sul giovane leader dell’ÖVP, che si avvia a diventare nelle prossime settimane il nuovo Cancelliere dell’Austria e il premier più giovane del mondo. Nella campagna elettorale che lo ha visto vittorioso, Kurz ha fatto della sua intransigenza sulle politiche dell’immigrazione e sui richiedenti asilo i suoi cavalli di battaglia, manifestando a tratti posizioni persino più radicali di quelle di Heinz-Christian Strache, leader dell’FPÖ. Forse è proprio per questo motivo che Trudeau ha tenuto a rimarcare le differenze tra il suo modo di fare politica, inclusivo e tollerante, ponendo una netta cesura tra sé e ogni forma di chiusura di stampo populista.

Prima di manifestare la sua profonda distanza da Sebastian Kurz, infatti, Justin Trudeau ha anche criticato in modo deciso la politica di Donald Trump in materia di immigrazione e commercio. E quasi a voler rimarcare la differenza sostanziale tra il suo modo di fare politica e quello del Presidente americano, ha aggiunto che il Canada è un Paese di successo proprio grazie alla sua apertura. Ovviamente, ha sottolineato Trudeau, anche in Canada esistono preoccupazione e intolleranza, come accade in ogni società, ma quello che fa la differenza è che il suo Paese abbia deciso, con consapevolezza, di voler andare nella direzione opposta. Scopriamo le differenze di look tra Trudeau e KurzContinua a leggere



Un governo sotto l’albero?

Nel giorno della festa nazionale il Presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen fa un augurio all’Austria. Che il nuovo governo, espressione del Parlamento appena eletto, possa formarsi per Natale. Un po’ come un bel dono, come una sorpresa sotto l’albero. Nel celebrare la “bellezza della democrazia austriaca” e la sua neutralità, Van der Bellen enfatizza anche la “volontà di cambiamento” che gli austriaci hanno chiaramente espresso con il risultato delle elezioni del 15 ottobre scorso. Un desiderio di cambiare che vede la sua realizzazione proprio nei colloqui attualmente in corso e iniziati a partire dal 25 ottobre, volti a dare vita alla nuova coalizione. Il fatto che “qualcosa stia già cambiando è anche perché voi, cari austriaci, avete preso una simile decisione, che è ciò che dà significato e bellezza alla nostra democrazia” ha sottolineato il Presidente della Repubblica al suo debutto nelle celebrazioni per la festa della nazione.

Peter Lechner/HBF

A un debutto corrisponde un addio per il Cancelliere Christian Kern, che si avvia ad essere il leader dell’opposizione, e per Hans Peter Doskozil, anch’egli socialdemocratico e in carica come Ministro della Difesa nell’esecutivo dimissionario. Un governo, quello auspicato da Van der Bellen, che abbia come requisito fondamentale, un’incondizionata adesione all’Unione europea. Su questo punto egli sembra irremovibile: dovrà essere un governo pro Ue, a favore di un impegno serio in Europa. Questa è la principale condizione della Presidenza della Repubblica.

Peter Lechner/HBF

Gli fa eco il Cancelliere Kern che, nel sottolineare il senso profondo di comunità, che contraddistingue l’Austria rendendola forte, dichiara: “l’Europa è il nostro futuro”. Solo stando insieme agli altri Paesi membri dell’Ue è possibile assicurare all’Austria sicurezza, salvaguardia dell’ambiente e del clima e far fronte ai problemi conseguenti alla globalizzazione, ha detto Kern. Se è importante che la volontà di cambiamento debba essere assecondata, con l’entrata nell’esecutivo di quei partiti che hanno riportato un successo elettorale, ovvero con l’ingresso nella coalizione oltre all’ÖVP di Kurz, anche dell’FPÖ di Strache, è altrettanto vitale sancire ciò che, al contrario, non debba essere minimamente modificato. Anche su questo Van der Bellen è perentorio: “la costituzione austriaca, il rispetto fondamentale dei diritti umani e i diritti delle minoranze”, come anche la solidarietà e l’empatia, che fanno il paio con un sì deciso e netto alla “cooperazione in Europa”, non sono suscettibili di alcun tipo di modifica. Sapranno fare tesoro di queste raccomandazioni presidenziali Sebastian Kurz e Heinz-Christian StracheContinua a leggere



La paura fa 90, anzi 57%

La paura ha dominato le elezioni austriache, provocando una netta sterzata a destra. Due terzi dell’Austria, ossia le aree rurali, montane e i piccoli centri si sono schierati con Sebastian Kurz e Heinz-Christian Strache. In quelle porzioni di Paese l’ÖVP ha toccato punte del 38%. Nelle grandi città, prima fra tutte la capitale Vienna, e nelle aree urbane hanno vinto i Socialdemocratici, che qui hanno ottenuto il 33,3% dei voti. Anche i liberali di NEOS raggiungono il 6,2% proprio nelle aree cittadine. Da notare però, che l’ÖVP conquista due distretti viennesi: il primo e il 19esimo. Non è un caso che i quartieri più ricchi della capitale diano il sostegno al giovane leader popolare. L’affluenza alle urne è stata dell’80% e ha registrato un incremento di 5,09 punti percentuali rispetto alle elezioni del 2013. Un dato di affluenza da record. Si tratta, infatti, del secondo incremento più consistente di sempre nella storia della Repubblica austriaca. 

Incredibilmente le regioni che sono state meno colpite, se non addirittura per niente sfiorate dal fenomeno dei rifugiati, hanno aderito a quei partiti, Popolari e ultradestra, che dell’immigrazione hanno fatto il proprio cavallo di battaglia, promettendo una stretta e minacciando chiusure, muri, controlli. In stati quali il Burgenland, letteralmente sommerso da ondate massicce di migranti provenienti dalla rotta balcanica, i Socialdemocratici perdono dei voti, ma rimangono il primo partito. Lo stesso è accaduto a Vienna, dove non sono mai cambiate le politiche di accoglienza verso gli immigrati e dove non vi sono stati tagli ai sussidi per rifugiati e richiedenti asilo. Le dinamiche elettorali sembrano simili a quelle delle elezioni in Germania, dove i Länder con meno migranti hanno visto il successo della destra radicale. Insomma, chi non ha subito in prima persona il fenomeno migratorio, chi non ha sperimentato sulla propria pelle i problemi di una stretta convivenza con gli immigrati, chi non ha avuto contatti con i rifugiati si è chiuso a riccio e ha aderito alla linea dura in materia di immigrazione. Ma cosa vuol dire tutto questo? Che la sinistra deve ricominciare a fare la sinistra, senza rincorrere sul suo stesso terreno la destra, come sostengono alcuni? Oppure, il fatto che oggi in Austria esista solo un centrosinistra e che, una vera sinistra sia di fatto sparita con l’uscita dal Parlamento dei Verdi, indica che la proposta di sinistra in questo momento storico non ha alcuna presa sull’elettorato? Oppure l’Austria rende ancor più evidente che l’ondata di populismo che dilaga in Europa oggi è di fatto inarrestabile?

Alla fine le elezioni austriache consegnano un Paese fortemente diviso, tra aree metropolitane e aree rurali. Un Paese che vede protagoniste tre grandi forze politiche: ÖVP, SPÖ, FPÖ. Non bisogna però perdere di vista che due dei tre grandi partiti austriaci sono di stampo conservatore. Ciò che emerge dalle elezioni in Austria è che la paura fa 90, anzi, quasi il 60%. Il 57% per l’esattezza. La vera vincitrice è stata la paura, perché è più facile cavalcarla che combatterla. Il vero mostro che minaccia l’Unione europea è rappresentato dalla paura del diverso associata a ignoranza e povertà. Se c’è una lezione da trarre per i Socialdemocratici austriaci, per i Verdi, per la Liste Pilz e per l’Europa è che fin tanto che vi saranno sacche di popolazione che vivono nell’arretratezza, nella recessione, nel disagio, isolate da chi, invece, ha più strumenti critici e mezzi economici, a trionfare sarà sempre la paura. E la paura si sa, divide, distrugge.  Continua a leggere