Dubai, l’agrifood italiano trionfa

Protagonisti a Dubai biologico, agritech e prodotti alimentari italiani, tra Expo e Gulfood, la fiera agroalimentare più importante del Medio Oriente. Un’occasione per mostrare il saper fare italiano e gli ingredienti autentici della nostra nostra cucina sempre più amata da una platea attenta a qualità e cibi sani. A Gulfood, che si è appena conclusa, la presenza delle aziende italiane è stata considerevole. “180 espositori italiani, il bio rappresenta un driver fondamentale e intorno ad esso si raccontano anche gli chef stellati che abbiamo ospitato all’Italian Food Lab di ICE per tutti i cinque giorni della manifestazione. Una delle più grandi presenze estere la nostra -mi dice Amedeo Scarpa, Direttore dell’Ufficio ICE di Dubai- Il bio è un driver per provare ad aumentare l’export italiano che comunque ha già recuperato rispetto al calo del 2020. E quindi anche per l’anno appena trascorso si è attestato già sui livelli del 2019, anzi ha registrato un incremento del 6%, con oltre 200 milioni di export”.

L’Italia è infatti il secondo esportatore al mondo di prodotti biologici dopo gli Stati Uniti. Nel 2021 l’agrifood italiano si è attestato nel mercato internazionale su 2,9 miliardi di euro, registrando un incremento dell’11% rispetto al 2020. I dati sono stati diffusi da Nomisma all’Innovation Talk “The Future of the Italian Food System between Innovation, Safety and Sustainability” organizzato dall’Agenzia ICE al Padiglione Italia. “Il riconoscimento dei prodotti biologici Made in Italy sul mercato internazionale trova conferma nella crescita a lungo termine: +156% nella decade 2010-2020 -spiega Roberta Gabrielli, Project Manager di Nomisma- Il biologico rappresenta il 6% di tutto l’export dell’agrifood italiano, un pilastro importante per la crescita del futuro”. E proprio nel corso di questo dibattito arriva la provocazione di Oscar Farinetti, Presidente di Eataly: “Nel futuro, vorrei che il 100% dei prodotti italiani fossero biologici. Se dipendesse da me dichiarerei obbligatoria l’agricoltura biologica da qui a tre-cinque anni. E’ possibile”. “Immaginate una conferenza dove il Premier Draghi dice che tutta l’Italia è biologica -rilancia Farinetti- Sarebbe marketing! Raddoppieremmo export e turismo”. Scopriamo di più sui talk dell’Agenzia ICE, su Gulfood, sulle iniziative del Padiglione Italia tra cui una sull’agricoltura di precisione organizzata dalla Regione Lazio e su alcuni eventi fuori Expo e Gulfood. 

Un’Italia 100% bio

Il futuro dell’agricoltura italiana per Oscar Farinetti, patron di Eataly, è passare interamente al biologico. Un’impresa complessa ma non impossibile che avrebbe ricadute molteplici, su export, turismo, reputazione. “Noi dobbiamo dare dei colpi d’ala maestosi per risollevarci e puntare dove sappiamo di poter mantenere ciò che promettiamo. Questo è facile. Perché siamo gli inventori dell’agricoltura moderna -mi racconta Farinetti- Siamo già tra i più bravi in Europa, secondi al mondo nell’organico, biologico e biodinamico. Beh, ragazzi, ci siamo! Dobbiamo esagerare, dobbiamo fare il colpo d’ala, e possiamo farlo solo noi. Perché per fare agricoltura biologica non devi essere contaminato. Siamo l’isola del Mediterraneo. Sarebbe una bomba!”.

Ma per potersi riprendere dalla dura crisi provocata dalla pandemia che ha provocato un rincaro dei prezzi occorre anche una narrazione e abilità di marketing. “Siamo i più bravi al mondo a lavorare con le mani, la capacità manifatturiera italiana è incredibile. È molto importante raccontare le cose e noi ce ne dimentichiamo. Siamo bravi a fare e poco bravi a raccontare -mi spiega con enfasi Farinetti- Dobbiamo diventare un po’ più bravi a raccontare le bellezze. Però raccontare la bellezza è dura perché devi studiarla, devi studiare, devi impegnarti. È importante saper narrare. Un fatto non raccontato non esiste”. 

Eataly si espande, soprattutto tra Emirati e GCC

Oscar Farinetti pianifica molte nuove aperture dei negozi Eataly: Verona con un punto vendita che vedrà la luce a settembre, in cui si coniugherà agrifood e arte e dove si prevede l’assunzione di 200 persone, poi sarà la volta di Bruxelles, un secondo negozio a Londra dopo il successo straordinario del primo, e un altro anche a Parigi. “Negli Emirati abbiamo Eataly al Dubai Mall e a Dubai Festival City. A fine marzo apriamo il terzo a Dubai Marina, finalmente con il vino -mi dice Farinetti- A settembre ne apriremo un quarto dentro uno shopping mall che si chiama Hills non distante dal sito dell’Expo. Apriremo anche ad Abu Dhabi e raddoppieremo a Doha, in Qatar. Abbiamo 6 Eataly tra Emirati e Paesi del GCC, ma alla fine arriveremo a 10 negozi, con un centinaio di milioni di fatturato. Qui siamo forti, siamo molto contenti. Negli Stati Uniti da 8 andiamo a 9 a settembre. In 4 o 5 anni faremo tutto”. 

“Be IT” la campagna per crescere negli Emirati e nel mondo

“L’Italia è una superpotenza del cibo biologico e lo siamo anche in cibo sostenibile, con meno della metà di emissioni di CO2 nella produzione alimentare rispetto ai nostri principali partner europei -dice Nicola Lener, Ambasciatore d’Italia negli Emirati Arabi Uniti- Gli Emirati si sono dotati di una strategia di sicurezza alimentare focalizzata su logistica, sostenibilità, efficienza e c’è tanto da fare nell’aumentare la produzione biologica. Le aziende italiane, i centri di ricerca e le università sono desiderose di cooperare su questo obiettivo. Il cibo è un veicolo potente nelle nostre relazioni bilaterali”. L’Italia è famosa nella regione mediorientale e nel mondo soprattutto per la produzione agroalimentare. Creare ecosistemi che sappiano far lavorare insieme istituzioni, accademia, settore privato è fondamentale, ma anche sapersi raccontare.

“Il cibo rappresenta meno di un ventesimo di tutto il nostro export negli Emirati, ma ha comunque un impatto reale nell’immagine dell’Italia in questo Paese. Dobbiamo costruire di più su questo -sottolinea  l’Ambasciatore Lener- Il marketing è un settore chiave e a volte non abbiamo fatto abbastanza per promuovere e comunicare il nostro Paese”. Con l’obiettivo di fare sistema e promuovere il Paese è stata da poco lanciata anche negli Emirati la campagna “Be IT”, uno strumento di marketing a sostegno del processo di ripresa dalla pandemia. “L’idea della campagna di nation branding ‘Be IT’ è quella di fornire un’immagine a 360 gradi aggiornata del nostro Paese ancor più importante in quest’area e in questo Paese in particolare, così tanto rivolto verso futuro e innovazione” spiega l’Ambasciatore Lener.  “Be IT” è una campagna di comunicazione “come non si era mai fatta in passato e mira a fornire un’immagine aggiornata dell’Italia a livello globale, partendo da 26 Paesi principali partner commerciali, tra i quali gli Emirati Arabi Uniti -evidenzia l’Ambasciatore Lener- Vogliamo dare questo brand a tutte le iniziative che sono collegate al nostro Paese, non soltanto iniziative tipicamente di promozione commerciale, ma anche di dialogo e promozione culturale, in ambito scientifico, tecnologico. In tutto ciò che serve a dare un’immagine aggiornata del nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda l’innovazione”.

Biologico Italiano e mercato emiratino

“Negli ultimi due anni, segnati dalla pandemia, la produzione biologica e la vendita sono cresciute perché è aumentata la percezione di quanto la salute personale e globale siano collegate” spiega Savino Muraglia, Consiglio Nazionale di Coldiretti. Dopo le difficoltà causate dal Covid-19 si nota una ripresa in tutto il comparto dell’agrifood. “Il settore agroalimentare ha recuperato molto, in tutti i prodotti. Crescono bio e vino e anche il lato e-commerce -mi dice Roberta Gabrielli di Nomisma- Importante anche la reputazione: siamo terzi per reputazione nell’agrifood mondiale e della stessa considerazione godiamo negli Emirati”. L’Italia è anche riconosciuta per qualità e sicurezza di prodotto, per i controlli, per le proprietà organolettiche dei suoi prodotti, tutti elementi su cui non è possibile ammettere deroghe perché altri Paesi nostri competitor potrebbero immediatamente approfittarne.

“La Spagna è molto indietro rispetto all’Italia perché il valore delle esportazioni è di circa 860 milioni rispetto al nostro valore che è di oltre 2 miliardi -mi racconta Gabrielli- Però se non rimaniamo all’altezza con prodotti di eccellenza il rischio è quello di essere raggiunti e vedere vanificato lo sforzo fatto finora”. Nel mercato emiratino il settore benessere presenta margini di crescita notevoli. “C’è un mercato del wellness e wellbeing molto ampio, parliamo di un business di miliardi, mentre noi nell’ottica bio-organic siamo a 27,9 milioni. Guardando i tassi di crescita dal 2016 al 2019 e il tasso annuo composto dal 2020 al 2024 tutti e due questi tassi sono positivi -mette in evidenza Gabrielli- Quindi c’è una storia passata positiva, ma c’è anche una storia ancora da scrivere che ha forti indicatori di positività”.  Altro elemento su cui concentrarsi è quello dello stile di vita. “Dalla nostra ricerca consumer abbiamo visto che circa una famiglia emiratina su due consuma biologico. Si tratta prevalentemente di consumatori con reddito particolarmente alto e tendenzialmente over 45. Sono anche persone che hanno visitato più volte l’Italia, hanno provato i nostri prodotti e si sono innamorate del nostro Paese scegliendo di tornarvi. Quindi com’è stato detto più volte: raccontiamoci” conclude Gabrielli. 

Un mondo senza plastica è possibile

La plastica biodegradabile e la carta non prodotta dagli alberi è un obiettivo possibile. Ad annunciarlo è Mattia Adani, Amministratore Delegato di Nowal Chimica, nel corso dell’Innovation Talk “The future of the Italian Food System between Innovation, Safety and Sustainability” organizzato dall’Agenzia ICE al Padiglione Italia. L’ultima frontiera è il progetto “Bi Rex” realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano per intende produrre cellulosa e chitina con un metodo altamente innovativo che impiega frutta e altri vegetali e prevede l’uso di solventi eupeptici profondi per un’estrazione efficiente di questi materiali alimentari. “E’ una ricerca nata da 5 brevetti del Politecnico di Milano che usano nuove classi di materiali per estrarre cellulosa, quindi fare carta, non dagli alberi ma da arance, birra e erba. E questo in realtà ha il potenziale per cambiare il mondo” mi dice Adami. Questo tipo di procedimento funziona anche con uno dei precursori più interessanti della plastica, cioè l’esoscheletro degli insetti”.   

Gulfood, premio innovazione per azienda italiana

“Questa parte del mondo esprime una domanda crescente di prodotti biologici e tutti gli importatori ci dicono che cercano aziende italiane che producano questo tipo di prodotti alimentari. Credo che ce ne siano molte, un buon numero l’abbiamo qui, tante di più sono in Italia -dice l’Ambasciatore Nicola Lener– Per questo speriamo che Gulfood sia anche uno strumento per portare sempre più importatori locali e dell’area in Italia, nelle nostre aziende e le nostre grandi fiere italiane del food”. E Gulfood ha portato fortuna anche all’azienda Spinosi, uno storico pastificio delle Marche diventato famoso con i tipici maccheroncini di Campofilone. Con la nuova linea “Zero+” pensata per sportivi, celiaci, intolleranti al glutine, per chi abbia patologie metaboliche, Marco Spinosi è riuscito ad aggiudicarsi il premio come prodotto più innovativo della fiera nell’ambito dell’Health & Wellness.

Una linea di pasta molto ricca di proteine, interamente di origine vegetale perché basata su lenticchie e legumi, studiata assieme al Prof. Fabrizio Angelini, Presidente della Sinseb che evita sbalzi glicemici, è sana ma anche gustosissima. Un’azienda che custodisce una tradizione tramandata da generazioni come patrimonio prezioso di artigianalità, ma anche capace di trasformarsi investendo nell’innovazione sapendo interpretare i cambiamenti che attraversano la società contemporanea. “Siamo molto fieri di aver ricevuto questo premio perché come azienda tradizionale di pasta all’uovo abbiamo cercato di innovarci e seguire il nuovo trend che sta avendo molto successo soprattutto nel Golfo e negli Emirati”. 

Lazio e agricoltura di precisione

Nell’ambito delle iniziative del Padiglione Italia importante il forum “Agricoltura di precisione – Per la Competitività del Territorio e la Sostenibilità Ambientale” organizzato dalla Regione Lazio per accendere i riflettori su un comparto che fornisce un contributo consistente all’economia regionale e nazionale. Il settore agrifood, infatti, rappresenta il 3% dell’economia regionale del Lazio, realizza 6,3 miliardi di fatturato annuo, contribuendo al 6% dell’agroalimentare nazionale. “Nella regione, sono presenti 3.400 imprese, università e centri di ricerca che contribuiscono a fare della filiera agrifood una delle eccellenze regionali -mi dice Quirino Briganti, Responsabile della Regione Lazio per le attività di Expo 2020 Dubai- È importante sostenere la crescita e la competitività della filiera attraverso l’innovazione tecnologica e gli strumenti della digital transformation”. La Regione Lazio punta molto sull’Expo di Dubai per rafforzare la presenza di aziende laziali sul territorio emiratino e favorire un interscambio commerciale con gli Emirati. “La nostra presenza qui all’Expo di Dubai ha l’obiettivo di creare relazioni per accordi con gli Emirati a livello regionale e di aziende -aggiunge Briganti- La presenza del Presidente Nicola Zingaretti all’inizio di marzo avrà proprio l’obiettivo di iniziare a creare dei rapporti, delle partnership, che possano in qualche modo incentivare gli aspetti legati alla ricerca scientifica, ma anche alla produzione di qualità”.

Anche Giuseppe Finocchiaro, Console Generale italiano a Dubai sottolinea le potenzialità offerte dal mercato emiratino: “L’Italia desidera condividere con i Paesi partner le proprie conoscenze e competenze uniche nel settore agroalimentare, al fine di costruire sistemi più resilienti a livello globale. In questo ambito, sono enormi le opportunità di collaborazione con gli Emirati Arabi Uniti, considerando che il Paese pone la sicurezza alimentare e la resilienza agli shock di approvvigionamento alimentare in cima alla propria agenda, ad esempio incrementando la produzione agroalimentare locale con l’impiego di tecnologie più innovative e sostenibili”. Le prospettive di rafforzamento della posizione italiana sono dimostrate dai dati sull’export. “Con un valore di circa 200 milioni di euro l’anno di prodotti esportati, l’Italia è sicuramente uno dei principali fornitori degli Emirati Arabi Uniti nel settore agroalimentare -mi dice il Console Finocchiaro- Si tratta di una cifra in costante crescita, se consideriamo che alla fine del 2021 il valore di prodotti esportati era cresciuto del 27% rispetto alla cifra del 2020, e di circa 4,5% rispetto alla cifra del 2019”.

L’agricoltura di precisione è redditizia e sana

“L’agricoltura di precisione è sicuramente redditizia per chi la pratica, in quanto consente una riduzione dei costi di produzione e contemporaneamente, attraverso gli strumenti che si possono utilizzare, un miglioramento della produttività delle coltivazioni. Tutto questo, senza dimenticare che comunque è un investimento, quindi può produrre dei risultati ma nel medio termine” mi dice il Prof. Alessandro Ruggieri, Ordinario di Tecnologia, Innovazione e Qualità dell’Università della Tuscia. La creazioni di sinergie tra accademia e settore privato è un modello che la Regione Lazio sta applicando ottenendo risultati positivi per lo sviluppo delle imprese e per il benessere dei cittadini. “Da molti anni le università laziali hanno intrapreso un cammino di collaborazioni sia tra loro sia con le istituzioni regionali per costruire un ecosistema in grado di rispondere alle esigenze dei produttori agricoli e dei cittadini e stanno mettendo a sistema le migliori competenze e le proprie eccellenze per favorire il trasferimento di tecnologie sul territorio -aggiunge Ruggieri- Sicuramente l’agricoltura di precisione è anche un vantaggio per i territori perché consente di creare degli ecosistemi sostenibili mettendo insieme le risorse e creando attraverso la tecnologia una rete tra produttori, istituzioni e centri di ricerca, che può consentire anche di rafforzare la competitività”.

Tecnologie e agricoltura di precisione sono anche alleate della medicina e della scienza della nutrizione. “Agricoltura e medicina stanno collaborando molto. Mangiare sano e mangiare bene è fondamentale per la salute dell’uomo, ma è anche importante che l’agricoltura riesca a preservare le risorse naturali per le prossime generazioni. E’ quindi fondamentale che l’agricoltura sviluppi nuove tecnologie in armonia con l’ambiente per fornire un’alimentazione più sana ed equilibrata e sicura per tutti -mi spiega Laura De Gara, Preside della Facoltà Dipartimentale di Scienze e Tecnologie per l’Uomo e l’Ambiente dell’Università Campus Bio-Medico di Roma- Si sta sempre di più parlando di ‘food therapy’, dell’alimento come terapia. Oramai è chiaro che anche per un paziente che deve prepararsi a un intervento arrivare con una situazione nutrizionale adeguata è assolutamente fondamentale, come anche in ambito di chemioterapia. In questo, la sfida dell’università è duplice. Da una parte formare professionisti in grado di affrontare queste sfide e dall’altra la ricerca per orientare le produzioni verso un’alimentazione più sana, facendo in modo che dai laboratori delle università la ricerca passi nel mondo reale, migliorando il modo di vita per tutti”.

NFT e aziende italiane sostenibili

In un evento organizzato al Fairmont Hotel con il patrocinio della Wine Crypto Bank, sono stati presentati i primi NFT (Non-Fungible Token) legati a prodotti alimentari e ristorazione. La collezione “Out of the Box” si compone di quattro opere d’arte digitale realizzate in edizione limitata, in soli 100 esemplari, che hanno come tema sostenibilità e sicurezza nel settore alimentare. A realizzare questi NFT che racchiudono all’interno della tecnologia blockchain opere d’arte reali, quattro giovani artiste. Quattro donne, ciascuna di origini diverse, ma con un elemento comune che le unisce: vivere nella cosmopolita Dubai. A curare la collezione di NFT di arte digitale è Zaahirah Muthy, originaria delle Mauritius, anch’essa artista e creatrice di uno degli NFT.

“Smart Sipping”, questo il titolo dell’NFT di Muthy, è un dipinto pieno di colore e positività che sviluppa il tema del bere con una consapevolezza rispettosa dell’ambiente. “La mia opera parla del tema delle bevande negli Emirati, naturalmente l’acqua, risorsa preziosa, ma anche succhi di frutta, mocktail, cocktail, vino e anche drink alcolici. È un’opera che punta a dare un senso di felicità e spensieratezza. Ognuna delle 4 squadre ha avuto 15 giorni per preparare i lavori”. A spalleggiare il progetto dell’NFT di Muthy l’acqua italiana Monviso da anni sensibile ai temi dell’ambiente e dell’economia circolare.

“Abbiamo iniziato circa 4 anni fa. La plastica viene raccolta dai vari clienti che ordinano online e ci restituiscono le bottiglie di plastica -mi racconta Stefano Iorini, Managing Partner Monviso- Abbiamo fatto un accordo con un’azienda qui a Dubai che trasforma la plastica in materiale tessile”. Una seconda vita per quelle bottiglie di plastica trasformate in merchandising, diventando borse, cappellini, magliette, tute. Ma c’è di più. “Abbiamo iniziato a raccogliere il vetro da alcuni mesi perché abbiamo trovato una società a Jebel Ali che frantuma le bottiglie e vende poi il materiale grezzo ad aziende che producono vetro -mi spiega Iorini- Qui purtroppo il vetro è monouso e non è come in Europa o in Italia che puoi farne un riutilizzo infinito. Adesso abbiamo la certezza che vi sia un vero riciclo anche del vetro”. Monviso è attiva anche in altri settori tra beneficenza e sostenibilità. “L’aspetto del riciclo viene percepito come importante dai consumatori, ma c’è anche la donazione medica a cui noi teniamo molto -rilancia Iorini- Essere riusciti a donare 1 milione di litri e quindi 1 milione di AED in contributi per ricerca medica, cure e istruzione alla Fondazione Al Jalila è un bell’obiettivo, non enorme ma nel nostro piccolo è un gran risultato e un secondo punto di partenza. La prossima iniziativa che avverrà a breve sarà piantare alberi unita anche agli NFT”. 

Dopo la digitalizzazione la distruzione

I quattro dipinti sono stati digitalizzati e bruciati in una cerimonia solenne a bordo piscina perché il valore degli NFT deriva anche dalla distruzione delle opere fisiche. “Un piccolo dramma per le autrici” mi dice Muthy, che vedono andare in fiamme il frutto del proprio lavoro creativo. In fondo, però, non c’è molta differenza rispetto alla normale vendita di un dipinto, come mi dice Tatiana Yatlo, artista ucraina che ha realizzato un NFT sul gelato: “Fa parte del gioco, sapevamo fin dall’inizio che le opere sarebbero andate distrutte. È come immaginare di aver venduto un dipinto e non sapere che fine abbia fatto. Anche perché ogni proprietario poi può fare ciò che vuole del quadro che acquista”.

L’NFT di Yatlo, dal titolo “Noble Sweet Transgress”, legato alla Regione Abruzzo e alla gelateria Olimpia Il Gelato di Avezzano che lo ha sponsorizzato, parla del gelato attraverso lo stile personale dell’artista che è prevalentemente ritrattista di figure femminili. L’intento dell’azienda abruzzese è sostenere la propria campagna di marketing e facilitare l’internazionalizzazione negli Emirati servendosi di questo strumento innovativo di arte digitale e tecnologia blockchain. Di grande impatto visivo per colori e forme l’opera “Dubai’s Green Star” dell’artista emiratina Hend Rashed, autrice dell’NFT che commemora la prima edizione del premio Green Stars Award che ha premiato gli chef e i ristoranti più sostenibili di Dubai. Rashed ha sviluppato con un linguaggio astratto il tema delle risorse alimentari più diffuse negli Emirati: pesce e datteri. Nel suo dipinto entrano in sinergia spiaggia, mare e deserto.

“Ho usato molto il colore blu, per il suo valore legato alla sostenibilità -mi dice Rashed- Il linguaggio che mi è più congeniale è l’astrattismo, mi piace usare la mia immaginazione. Questa degli NFT è una sfida che dovevo raccogliere, accettando anche il fatto che la mia opera venga bruciata”. Rashed parteciperà il mese prossimo ad Art Dubai e alcuni suoi lavori sono stati acquistati dalla National Bank of Fujairah e ha vinto un premio come artista emergente al DIFC. L’artista malese Sadie Sulaiman ha realizzato l’NFT dal titolo “The New Luxury Table”, reinventando un nuovo concetto di lusso che passi attraverso la lente della sostenibilità. Ingredienti prodotti localmente come datteri e frutta, niente spreco, valorizzazione del territorio e delle sue risorse, con un occhio anche agli SDG dell’Agenda 2030. “È stato un onore aver contribuito con le nostre capacità artistiche a veicolare un messaggio così importante di sostenibilità e rispetto dell’ambiente -mi dice Suleiman- Ho superato l’idea della distruzione del dipinto anche grazie alle parole della nostra curatrice che ha sottolineato come per creare qualcosa di nuovo occorra riconfigurare. In fondo si tratta di una nuova versione del mio quadro che potrà essere acquistato da 100 persone. A volte bisogna fare dei piccoli sacrifici per una causa più grande”.