Dubai, l’era del sé estremo

Quanti like vale la tua vita? I tuoi dati sono il nuovo oro nero? Saremo immortali? Age of You esplora la nostra trasformazione nell’era dei social e deep fake. Quella in corso al Jameel Arts Centre di Dubai è una mostra interattiva, una delle poche in presenza attualmente, che cerca di analizzare noi stessi e ciò che stiamo diventando e come quei sentimenti vengano trasformati in informazioni e dati commercializzabili. A curarla Shumon Basar che assieme a Douglas Coupland e Hans Ulrich Obrist ha scritto il libro The Extreme Self su cui si basa l’intera mostra, organizzata anche con la collaborazione del MOCA di Toronto. È il concetto stesso di individualità ad essere profondamente cambiato, per via della tecnologia, sempre più dominante nella nostra esistenza e, più recentemente, a causa della pandemia.

La risorsa più preziosa in questo momento storico sei tu, siamo noi, con tutti i nostri comportamenti online, con tutte le informazioni che disseminiamo attraverso le piattaforme digitali. Siamo destinati ad essere solo un commento cancellato? Cosa accade se la sezione dei commenti è il mondo reale? La vita online soppianta la realtà, diventando essa stessa realtà? I nostri sentimenti e come ci sentiamo in questa fase di immensa accelerazione e di presente estremo sono al centro di un percorso interattivo che ci porta ad indagare su noi stessi e sul mondo che ci circonda. E cosa accade se il futuro viene determinato proprio dalle inattese conseguenze di ciò che siamo e di ciò in cui ci stiamo trasformando?

Oggi stiamo vivendo un capovolgimento, in cui la seconda vita, quella virtuale, quella online, ha sostituito quella fisica, diventando più reale della realtà, più importante della nostra prima esistenza, quella del mondo fisico. Cosa succede se stiamo cambiando e diventando qualcosa di sconosciuto e nuovo? Che cos’è questo nuovo sé? Attraverso 13 capitoli la mostra Age of You si propone di evocare emozioni e persone provocando un risveglio che aiuti a capire come il mondo stia cambiando. Vediamo, grazie alla guida del curatore Shumon Basar, i cambiamenti che stanno avvenendo in noi. 

Perché Age of You è la tua mostra

“Tutti noi abbiamo sentito che le cose sono andate cambiando attorno a noi. E sono cambiate molto in fretta -mi racconta Shumon Basar, scrittore, editore e curatore britannico- Non sempre sappiamo in che modo stiano cambiando, o perché stiano cambiando, ma abbiamo questa sensazione. Se vuoi sapere perché dentro la tua testa avverti queste strane sensazioni in questi tempi, questa è la mostra per te.” Tempi così indecifrabili, resi ancor più difficili dall’irrompere del coronavirus. Tutto è accaduto velocemente, senza che avessimo il tempo per comprendere i cambiamenti avvenuti in noi. “Il libro e la mostra cercano di far capire alle persone come l’interno del proprio cervello stia cambiando e, come conseguenza, l’impatto che tutto questo ha sul mondo esterno” puntualizza Shumon Basar. II libro e la mostra forniscono alle persone degli strumenti di comprensione, strumenti per decifrare, “per capire ciò che sta loro accadendo, a livello individuale, ma anche come collettività, come specie su questo pianeta” aggiunge Shumon Basar. Il sé estremo è questa idea che forse ci stiamo trasformando in qualcos’altro, che percepiamo come qualcosa di sconosciuto, estraneo, irriconoscibile. Un cambiamento che sappiamo essere in atto, sebbene non sappiamo ancora cosa sia esattamente. La mostra Age of You cerca di rispondere anche a questa domanda: Cosa può essere ciò in cui ci siamo trasformati? 

La tecnologia agisce come catalizzatore?

Una parte dei rilievi filosofici sollevati dagli autori è senza tempo. Il desiderio di immortalità, di fuggire dal proprio corpo, di essere apprezzati per il nostro aspetto, hanno radici profonde che hanno origine con l’uomo stesso. “Ciò che cambia con il trascorrere dei secoli è la tecnologia, attraverso il tempo cambiano i mezzi -mi spiega Shumon Basar– E quelle tecnologie e mezzi diventano delle interfacce tra noi, ma sono al contempo sistemi di analisi e trasmissione che regolano la velocità con cui l’informazione e la disinformazione si diffondono dal singolo alla collettività. E questo è molto diverso”.

Agli albori della tv c’era solo un canale televisivo, i messaggi appartenevano allo Stato, o a registi, che avevano totale controllo sul messaggio e sul mezzo. Era un rapporto diretto, una relazione uno ad uno. “Ciò a cui abbiamo assistito e stiamo assistendo con il passare degli anni è una sempre maggiore decentralizzazione. Una struttura rizomatica, dove ognuno può diventare il proprio canale di trasmissione verso il proprio pubblico -enfatizza Shumon Basar- Non abbiamo più bisogno dei custodi, dei depositari, non abbiamo più bisogno che i media filtrino i messaggi, perché li prendiamo in modo diretto. E questo è molto diverso dal passato”. Ma di cambiamenti radicali e di decentralizzazioni è costellata la storia dell’umanità. “Dobbiamo guardare da una prospettiva storica, come ha fatto Marshall McLuhan -racconta Shumon Basar- Cosa è successo con la scrittura cuneiforme? O quando l’alfabeto è stato inventato? O quando si è passati dalla cultura orale a quella scritta? Abbiamo trasformato il mondo”.  

photo by Shumon Basar

Decentralizzazioni e trasferimento di potere

L’invenzione della stampa da parte di Gutenberg “è stato un cambiamento radicale, è stata una decentralizzazione -mi dice Shumon Basar– da quel momento in poi la chiesa, in modo particolare, ha perso la sua posizione unica di potere oracolare. E questo accade continuamente. I nuovi mezzi arriveranno e soppianteranno i vecchi e in quel preciso momento di transizione da un mezzo dominante ad un altro, avviene anche un trasferimento di potere. Quindi chi un tempo era potente non lo è più”.  Oggi la metà delle 10 più importanti aziende del mondo sono tecnologiche. Non era certamente così 10 o 20 anni fa. “Avremmo potuto mai immaginare che sarebbe stato possibile? Avremmo puntato tutto su General Motors o Toyota. Ma è già tutto cambiato. Cosa accadrà nei prossimi 10 o 20 anni? È molto difficile dirlo”. 

Un’accelerazione inarrestabile

Più che altro mi chiederei che cosa accadrà nei prossimi 5 anni. Oggi l’intervallo di tempo per definire i cambiamenti si è drasticamente accorciato. “Hai assolutamente ragione. Penso che i 5 anni siano i nuovi 10 anni. Ritengo che le decadi oggi si consumino nell’arco di 5 anni, perché tutto sta accelerando”. È come la sensazione che si prova di fronte alla presidenza Obama e a quella di Trump. Sembrano appartenere ad epoche lontanissime, mentre in realtà non è esattamente così. “Sì, esattamente -mi risponde Shumon BasarDouglas Coupland ama dire che ogni cosa sembra sia al tempo stesso 10 minuti fa e 10 anni fa. E questo è uno degli effetti di questa iper-accelerazione che stiamo vivendo. Perché ieri sembra la settimana scorsa, un’ora fa sembra mezza giornata fa, la settimana scorsa sembra il mese scorso, e così via”. Quello attualmente in corso è una sorta di dilatazione di tutto ciò che accade.

Fake news e deep fake

Abbiamo la percezione, anche in questa mostra, che quello che accade nei nostri smartphone o ovunque online può incidere pesantemente e avere effetti profondi sulla realtà. Tutti abbiamo visto cos’è successo a Capitol Hill. Qual è l’impatto delle fake news nel mondo in cui viviamo, che è immensamente diverso da 5 anni fa, o 10 anni fa? “Anche durante i tempi più divisivi le persone erano d’accordo su alcune verità di base -mi raconta Shumon Basar– Come ad esempio il fatto che il sole si trovi nel cielo, o che i pesci nuotino nel mare”. Però oggi abbiamo negazionisti, come ad esempio i terrapiattisti, che negano persino il fatto che la terra sia rotonda dico a Shumon Basar. “Per me questo è uno degli sviluppi più spaventosi, perché se non possiamo neppure essere d’accordo che il sole è giallo, come possiamo arrivare ad essere d’accordo sul fatto che il Covid-19 esiste o se sia opportuno vaccinarci? O qualunque altra questione inerente alla salute, o ai cambiamenti climatici? Questo è ancora una volta il sé estremo, significa che le persone sono state devastate, lacerate”. Ed è una delle ragioni per cui posizioni moderate in politica non hanno più voce, annullate dal frastuono provocato dalle posizioni radicali, estremiste. 

L’attacco a Capitol Hill e la sezione dei commenti

“In questa mostra, Age of You, parliamo di questi rovesciamenti epistemologici. Ritengo che uno di questi capovolgimenti profondi che si sta verificando è che eravamo soliti pensare che ci fosse la vita reale e quella online, quella virtuale. Ed eravamo soliti pensare che la vita virtuale fosse una sorta di estensione ma che la vita reale fosse la cosa più importante e poi c’era quella online -afferma Shumon Basar– Quello che ci ha mostrato Capitol Hill è che per moltissime persone oggi la propria esistenza online è il primo mondo, e quello reale è il loro secondo mondo. Ti ricordi Second Life”.

Adesso è come se Second Life fosse la prima vita e la prima vita sia diventata la seconda. Questo è ciò che è accaduto nell’attacco a Capitol Hill. “Ciò che hanno deciso di fare assomiglia molto ad una sorta di azione dal vivo di un gioco di ruolo virtuale immersivo -sottolinea Shumon Basar- È stato simile ad un video gioco”. Si è creata un’energia vitale potentissima, scatenata all’interno della sezione dei commenti, un luogo virtuale in cui le pulsioni si amplificano enormemente. “Poi hanno deciso di trasferire tutto questo al di fuori, trasferire da questo livello a quello reale -mi dice Shumon Basar- Ed è incredibile come se ne siano andati via velocemente. Sono andati nella lobby dell’Hotel Sheraton a bere birra, come se fossero semplicemente andati ad un parco divertimenti. Questo è il punto in cui siamo”.

La pandemia e le sue conseguenze su di noi

La pandemia ha prodotto una serie di cambiamenti accaduti a velocità vertiginosa. Ci ha spinto con ancora maggior forza nel 21esimo secolo. Contribuendo ad accentuare questa estremizzazione del sé. Ogni giorno c’è una nuova versione di noi, quasi come accade con gli aggiornamenti del sistema operativo dei nostri dispositivi elettronici. L’opera di Satoshi Fujiwara analizza il tema dell’identità e della folla. Ci sentiamo ancora sicuri o spaventati di trovarci in mezzo alla calca? Attraverso dettagli post-prodotti l’artista giapponese mostra la folla con una sorta di iper-realismo. È quando si raggiunge l’ultimo piano che si può ammirare l’opera in relazione con l’area circostante di Dubai Creek, del ponte, dell’architettura. Ed è allora che la si vede in tutta la sua bellezza. “È difficile pensare che il mondo possa tronare indietro a ciò che accadeva prima della pandemia. Credo che per lungo tempo ci sarà una negazione della folla, anche quando l’emergenza sarà finita -dice Shumon Basar– Molte persone non vorranno tornare a vivere situazioni di incontro affollate. Assisteremo ad un riallineamento psicologico che avverrà all’interno di ognuno, ma penso che la pandemia lascerà segni evidenti per molto tempo”. Ora viviamo in uno spazio che è simile ad un disegno le cui dimensioni e scala cambiano costantemente. “E tutto questo ha un impatto sul significato dell’intimità. Vorrei abbracciarti, ma non posso” conclude Shumon Basar.

Saremo immortali?

Poi c’è il concetto di immortalità. Adesso abbiamo questa estensione di noi stessi che fa comunque sempre parte di noi stessi perché, come abbiamo detto nella conversazione con Shumon Basar, non è un’estensione ma è al tempo stesso parte di noi. Questo ci dona l’immortalità, è un modo per vincere il nostro essere mortali. Quasi a sottolineare questo desiderio che da sempre è connaturato con l’essere umano, alla fine del percorso espositivo vediamo il calco in latex del volto di David Bowie. Forse perché proprio il Duca Bianco è stato uno dei più originali antesignani di questo sé estremo. Nato David Robert Jones si è via via trasformato inventando sempre nuovi personaggi, nuovi sé, da Ziggy Stardust in poi, inventando nuove storie, personalità e stili. Un’infinita moltiplicazione del sé che tutti, in varia misura, stiamo oggi sperimentando.