La gastronomia italiana trionfa a Dubai. Filosofia “zero waste” ed estro contemporaneo nelle ricette dei nostri chef. Sapori ricchi di sfumature, sorprendenti contaminazioni, forme e colori modernissimi, ma anche tanta attenzione a nobilitare ingredienti poveri e a non sprecare. La cucina del futuro passa anche per la sostenibilità. A Gulfood, la fiera del settore agroalimentare che si è da poco conclusa a Dubai, temi quali sicurezza e riduzione degli sprechi alimentari hanno avuto un ruolo centrale.
Nel mondo vengono gettate via circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo ogni anno, con un impatto ambientale di 3,3 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 e un costo complessivo di 1 trilione di dollari. Nell’intera area del Medio Oriente e Nord Africa gli sprechi alimentari raggiungono il 34% ogni anno. Negli Emirati Arabi Uniti vengono buttati in media 197 chili di cibo all’anno pro capite e gli sprechi alimentari costano al Paese 3,5 miliardi di dollari annui. Una maggiore consapevolezza può cambiare le abitudini dei consumatori, ma per una vera inversione di tendenza occorre ridurre gli sprechi lungo tutta la filiera.
Nell’Italian Food Lab del padiglione dell’Italian Trade Agency si sono alternati chef stellati italiani e i migliori chef dei ristoranti italiani dell’emirato, che hanno rivisitato con un tocco innovativo la ricchissima tradizione gastronomica italiana. Scopriamo insieme le ricette più gustose e capiamo la direzione che sta prendendo la cucina contemporanea italiana.
Cucinare la montagna
La buona cucina parte dal rispetto della natura. Su questo principio si basa la filosofia che ispira lo Chef Norbert Niederkofler, tre stelle Michelin con il suo ristorante “St. Hubertus” di San Cassiano, in Alta Badia.
“Cook the Mountain” è un progetto che punta a valorizzare i prodotti e la vita di montagna con le sue storie. Un concept diventato anche un libro realizzato assieme a Michele Lazzarini, con il contributo prezioso della moglie Christine Lasta e del giovane fotografo Alex Moling, che illustra il lavoro dello chef nell’arco di un intero anno, a fianco dei produttori locali. “Oggi dipendiamo dalla natura -mi racconta Chef Norbert Niederkofler– Possiamo programmare in grezzo il nostro menù, ma non possiamo programmarne i dettagli perché non sappiamo mai quale prodotto ci arriverà, quando e in quale quantità”. Per questo l’attività al St.Hubertus si decide su base giornaliera, con estrema attenzione alla stagionalità. “La natura in ogni periodo dell’anno ti fornisce ciò di cui hai bisogno, sia per quanto riguarda la consistenza degli ingredienti, sia per la cromaticità, elemento importante che entra in relazione con il tuo umore” spiega Chef Norbert. La sostenibilità è connaturata all’idea stessa di cucina, tanto che il libro “Cook the Mountain” è stato realizzato, dalla carta al cartone del packaging, con prodotti di scarto industriale della lavorazione della mela. Chef Norbert ha viaggiato tanto, per 16-17 anni e fin dal 2008 ha affrontato il tema della riduzione dello spreco in cucina, una filosofia che ha contribuito a formare moltissimi giovani chef. Il piatto realizzato all’Italian Food Lab è una Tartare di lavarello, un pesce di acqua dolce della famiglia dei Salmonidi.
Una ricetta che sviluppa il concetto di “zero waste” in cucina, un progetto di cultura alimentare promosso dall’ITA-ICE di Dubai assieme all’Ambasciata e al Consolato Generale. “Abbiamo creato il concetto di no waste che ci porta ad utilizzare tutto -mi dice Chef Norbert- Così quando acquistiamo prendiamo tutto il prodotto intero. In questo caso con il pesce abbiamo deciso di utilizzarlo fino all’ultimo pezzo. È così che abbiamo utilizzato anche le squame, che nel lavarello sono molto sottili, essiccandole, friggendole dando così al piatto quell’elemento croccante”.
Lische e testa sono servite per preparare un fondo, con la parte carnosa è stata realizzata una tartare, l’acidità è stata data aggiungendo la mela verde. Il piatto però racchiude tutti i possibili sapori della montagna. Il tocco finale è dato dall’aggiunta di bacche di sambuco e bacche di aglio orsino, entrambe fermentate, “tutto un lavoro di ricerca di ingredienti e sapori per ottenere un equilibrio nel nostro piatto” prosegue Chef Norbert.
Se si continuerà a sfruttare la natura così com’è stato fatto finora ci resteranno solo tra i 50 e i 60 raccolti. “Per questa ragione dobbiamo cominciare a cambiare e non possiamo farlo solo noi con un ristorante di trenta posti. Occorre agire su larga scala” è l’appello accorato di Chef Norbert. Tra il 30 e il 60% della materia prima acquistata viene buttata via. La sostenibilità dovrebbe guidare anche l’acquisto dei prodotti, che se presi direttamente da un contadino, nel rispetto della stagionalità, contribuiscono a ridurre gli sprechi. “Non c’è bisogno di importare foie gras, o altri ingredienti esotici, basta lavorare nell’ambito della propria cultura, stando a contatto con la propria terra” conclude Chef Norbert Niederkofler.
Il lago regala un mondo di sapori
La dispensa della nonna rende plasticamente l’idea tutta italiana del “non si butta via niente”. La ricerca dello Chef Marco Sacco, due stelle Michelin, inizia da qui, dalla tradizione, dalla cultura, dagli usi di un tempo, rivisitati in chiave moderna e attualizzati grazie alle tecniche gastronomiche contemporanee. “Il Piccolo Lago” a Verbania è un ristorante che sposa l’idea del chilometro zero e che del legame con il territorio fa la sua forza.
“Nel nostro ristorante non produciamo emissioni di anidride carbonica, abbiamo pannelli solari, pompe di calore, usiamo legna di faggio -racconta lo Chef Marco Sacco– Sono tutti elementi che contribuiscono a dare senso etico alla nostra cucina. Quando porti questa etica in cucina trasformi un prodotto e il territorio stesso in un piatto”. C’è sempre una storia dietro ogni ricetta e c’è sempre un prodotto di lago o di fiume che arricchisce di sentori nuovi le ricette tradizionali. Lo Chef Marco assieme all’Associazione Gente di Lago e di Fiume studia caratteristiche e tipologia dei vari pesci d’acqua dolce. Attraverso l’analisi e la comprensione della biodiversità si fanno scoperte che ampliano gli ingredienti a disposizione e regalano sfumature nuove a piatti tradizionali. “Abbiamo scoperto che il pesce siluro, caramellizzato come se fosse un gratin, aveva il gusto della lasagna -mi dice Chef Marco- Così abbiamo deciso di preparare una besciamella di pesce siluro che riesce a dare maggiore ricchezza alle ricette”. Al Food Lab dell’Italian Trade Agency il Lago Maggiore diventa protagonista con delle Tagliatelle all’aglio nero e missultin, missoltino in dialetto comasco, un pesce di lago presidio Slow Food.
Un piatto che parla anche del nonno dello chef che essiccava i missoltini seguendo una tecnica utilizzata e descritta ai tempi di Plinio il Giovane e affinatasi nel corso dei secoli fino ai giorni nostri. Il missoltino, o agone, viene pescato in estate ma l’essiccazione su rastrelliere ritirate ogni sera all’interno per evitare l’umidità notturna, ne rende possibile il consumo anche nella stagione invernale. “Il grano antico con cui sono fatte le tagliatelle è molto dolce carnoso e pieno di sé, di gusto -sottolinea Chef Marco- Abbinandolo ad un pesce come il missultin che è molto intenso, sapido, e aggiungendolo anche grattato alla fine, ci siamo resi conto che riusciva a dare sensazioni simili ad una cacio e pepe. Quindi partiamo da una storia tradizionale italiana, cerchiamo il prodotto di lago che possa sostenerla, e poi cambiamo la ricetta”. Farina, aglio e missultin, una personalizzazione delle ricette che parte dal territorio, valorizzandolo. Altra particolarità è rappresentata da un aglio ligure, caratterizzato da teste molto grandi, che si trova a Sevallico, nell’entroterra della Liguria. “Traendo ispirazione dalla cultura orientale abbiamo capito che mettendo questo aglio ad una certa temperatura al buio, subiva una trasformazione chimica e diventava nero -conclude Chef Marco Sacco– Questa trasformazione non è solo cromatica ma anche di gusto, perché fa acquistare all’aglio dolcezza e delicatezza”. Con questa tecnica l’aglio si trasforma in una crema nera, diventando una salsa che completerà, arricchendolo, il condimento della tagliatella.
Quando il cibo sa farci viaggiare
La pandemia ha paralizzato gli spostamenti turistici su scala mondiale. Eppure esiste comunque il modo di viaggiare pur senza muoversi da un luogo all’altro, ed è attraverso la cucina, gustando buon cibo. Lo sa bene Chef Bernardo Paladini, a cui lo Chef Massimo Bottura ha affidato la gestione di “Torno Subito” a Palm Jumeirah, il ristorante aperto nel luglio 2019 a Dubai, il primo locale del gruppo aperto fuori dall’Italia.
“Più che di ripartenza ho preferito parlare di quello che ci ha fatto soffrire di più quest’anno che è stato il non poter viaggiare, il non poter tornare a casa, il non potersi spostare per piacere o anche per lavoro -racconta Chef Bernardo Paladini– Interrogandomi sul tema del viaggio ho pensato come il cibo possa essere un modo per viaggiare, per aprire le porte della percezione, ma soprattutto ho voluto far raccontare ai ragazzi della mia cucina le loro storie, far capire chi sono, da dove vengono, quali sono i loro sapori. Così abbiamo deciso di mescolare ricette tradizionali italiane realizzate con ingredienti e tecniche a loro proprie”. Dubai, con il suo dinamismo e la sua apertura verso il futuro favorisce la coesistenza di culture diversissime tra loro. Un po’ della multiculturalità dell’emirato si riverbera anche nei piatti proposti da Chef Bernardo. “Ho voluto giocare con gli ingredienti e con le ricette e al tempo stesso ho voluto fare un esercizio molto serio, che è quello di unire culture, di unire le persone e di cercare di unire questo mondo per lasciarci tutto alle spalle” dice Chef Bernardo.
Il maestro Massimo Bottura fonda la sua cucina su una filosofia che mette al centro la lotta agli sprechi e la capacità di nobilitare ingredienti molto poveri, o parti di ingredienti poveri, donando loro una nuova vita anche cambiando piatti della tradizione con un tocco di modernità, stupendo e seducendo i palati con poco. “Per uno chef contemporaneo è essenziale seguire ciò che Massimo Bottura ci ricorda tutti i giorni e che nel mio piccolo sento di dovere fare, ovvero utilizzare ingredienti poveri” prosegue Chef Bernardo. Secondo lui è troppo facile mettere assieme caviale o tartufo, ma tutto cambia se si è “in grado di dare un’emozione ad una persona mettendo insieme ingredienti che generalmente vengono scartati” sottolinea Chef Bernardo.
Il piatto proposto nell’arena del Tastes of The World è stato preparato con le croste di parmigiano e il pane secco contestualizzati in Uganda, Paese di provenienza del ragazzo che lo ha realizzato, uno degli aiuti di “Torno Subito”. La sostenibilità e l’abbattimento degli sprechi sono temi cari a Massimo Bottura che da anni porta avanti attività a sostegno dei più deboli, anche in questo periodo di pandemia. I suoi Refettori sono luoghi di aggregazione e inclusione sociale che offrono pasti realizzati con ingredienti che altrimenti sarebbero stati buttati, e sono nati a Milano durante l’Expo. Tanti i Refettori in giro per il mondo da Londra a Parigi e Rio de Janeiro. “Immaginiamo quando il mondo riaprirà al 100% quanti Refettori si potranno fare ancora -aggiunge Chef Bernardo- Ma ogni cucina che sia una, due o tre stelle Michelin, o una semplice trattoria deve agire come un refettorio. Questo continua ad essere il motore e una delle ragioni principali per le quali andiamo a lavorare ogni mattina”. Chef Bernardo mi spiega anche cosa abbia dato Dubai alla loro cucina e a quella di Massimo Bottura: “Credo che fare gastronomia qui a Dubai sia una grande sfida. È un ambiente multiculturale, quindi occorre capire il tipo di clientela dell’emirato. Abbiamo aperto il nostro ristorante non pretendendo di rifare l’Osteria Francescana, perché Torno Subito è un concetto totalmente diverso. La nostra è una trattoria contemporanea, dove si parte da ricette tradizionali italiane contaminate in maniera positiva sia dagli attori principali che sono i nostri ragazzi in cucina, sia dalle ispirazioni che anche Massimo ci offre, sfidandoci a trarre spunto da un album musicale, dei Beatles, o da un quadro di Damien Hirst. La spinta è quella di mescolare questa contemporaneità con le nostre passioni”. E proprio unendo un tocco moderno e passione che Chef Bernardo Paladini e il suo gruppo del ristorante “Torno Subito” hanno vinto la competizione gastronomica Gulfood International Culinary League.
Emilia Romagna, contemporanea e vegana
“Zero Waste” è anche la parola d’ordine dello Chef Davide Gardini, del ristorante “Bice” all’Hilton Dubai Jumeirah. “Oggi è importante per uno chef sensibilizzare il pubblico su queste tematiche. Le risorse non sono infinite -mi dice Chef Davide- Purtroppo sono stati fatti tanti sprechi in cucina, anche in nome dell’estetica. Credo che sia doveroso tornare alle radici, io sono romagnolo e la mia regione ha una tradizione molto consolidata sul riciclo e sul riutilizzo degli ingredienti”.
La creatività dello Chef Davide Gardini si estrinseca in forme e colori che si rifanno ad un’estetica contemporanea. Ancor prima di essere assaporate le sue ricette si ammirano per la palette cromatica, spesso dagli accostamenti seducenti e insoliti che richiamano molto il Giappone e l’Oriente. La sua Sfera di verza ripiena di verdure e castagna su Gazpacho di cavolo viola è un’opera d’arte, per bellezza e perfezione. Il violetto, il verde, il giallo e l’arancio delle chips di carote, è l’occhio a rimanere incantato prima che il palato scopra tutti gli ingredienti.
“È una ricetta che trae ispirazione dalla tradizione dei nostri contadini, abituati a seguire la stagionalità che consente di avere l’eccellenza in ogni periodo dell’anno -dice Chef Davide- È un viaggio tra l’Italia e la Spagna, nelle zone rurali di entrambi i Paesi che si assomigliano molto. Un modo per far viaggiare idealmente chi abbia provato il piatto che esteticamente è anche molto moderno”. La base è rappresentata dalle verdure del giardino d’inverno. “Nel ripieno vi sono tutti ingredienti molto comuni, soprattutto nella mia Emilia Romagna: castagne, carote, cipolle, verdure molto povere -Chef Gardini inizia a parlarmi così del suo piatto- Le sfere le ho cotte con tecnica sous vide, erano già cotte, però per evitare gli sprechi è stata fatta una cottura al vapore. Metodi di cottura che si possono rifare a casa e che riprendono le vecchie tradizioni delle nonne”. Tra questi Chef Davide mi descrive ad esempio la minestra al canovaccio, che veniva cotta all’interno di uno strofinaccio, oppure il cosiddetto ripieno, un misto di riciclo, per realizzare un polpettone senza carne, ma preparato con uovo, pangrattato, parmigiano, gli avanzi di mortadella, cotto nel brodo di carne avanzato in cui erano stati preparati i cappelletti. “Mi piace recuperare le tradizioni, rivisitandole in chiave moderna, sia perché per un ristorante è più facile proporle, sia perché sono convinto che anche un piatto povero possa essere bello e buono”. E la Sfera di verza ripiena di verdure e castagna su Gazpacho di cavolo viola lo è davvero, visto che non sono l’unica a raccogliere la salsina viola nella quale si sente perfettamente con il suo aroma l’aceto di lampone. Chef Davide Gardini ha anche preparato la Spoja Lorda, ma in una versione assolutamente inedita e non ortodossa.
“La Spoja Lorda è una ricetta della Romagna che ho proposto in chiave vegana, perché anche i piccoli avanzi, le cose che non finiamo o non mangiamo, possono essere comunque riutilizzate. Il cibo va rispettato” sottolinea Chef Davide. La Spoja Lorda sono dei ravioli quadrati appena sporcati dal ripieno a base di carne, questa versione realizzata al Food Lab del Padiglione di ITA invece non contiene né uova, né formaggio, né carne.
“Il ripieno dei ravioli era una finta ricotta, perché in realtà ho utilizzato il tofu, considerato una sorta di formaggio vegano, che ho cotto in padella semplicemente con sale e un po’ di olio -dice Chef Davide- con l’aggiunta di spinaci e funghi porcini. Un ripieno semplicissimo, unici ingredienti sale, pepe, aglio, olio extravergine di oliva. Ho anche usato un po’ di polvere di porcini nell’impasto per rafforzare il sapore e per dare quell’idea di farina integrale. Per la pasta ho usato solo acqua tiepida e farina. La salsa è la classica salsa di pomodoro, con pelati della Sardegna”.
La Costiera Amalfitana arriva a Dubai
Ingredienti 100% italiani e alta qualità sono i segreti dello Chef Giuseppe Pezzella, del ristorante italiano Cinque al FIVE Palm Jumeirah. All’Italian Food Lab ha proposto un innovativo Risotto con stracchino, tartufo e miele.
“Sono ingredienti molto particolari e ho anche rischiato un pochino perché non a tutti piace l’abbinamento del dolce con il salato. Sin da piccolo avevo la passione per il formaggio con il miele, così ho deciso di trasferire questo ricordo dell’infanzia in questa ricetta” mi spiega Chef Giuseppe. Il riso utilizzato è un Riserva San Massimo, uno dei migliori in Italia, abbinato ad uno stracchino prodotto negli Emirati. L’aggiunta della cipolla di Tropea conferisce un po’ di acidità al riso.
“Nel mio ristorante cerco sempre di non fare le ricette classiche ma di rivoluzionarle un po’ -mi racconta Chef Giuseppe- Cinque, riprende i luoghi da cui provengo, ovvero la Costiera Amalfitana, Napoli. Dopo 6 mesi abbiamo anche aperto un altro locale che si chiama Trattoria by Cinque al Jumeirah Village. Stiamo andando molto bene, il nostro è un ristorante molto ricercato con ottime materie prime e servizio di alto livello. Gli ingredienti arrivato tutti dall’Italia, dall’olio extra vergine di oliva ai pomodori”. Il business della ristorazione come quello dell’ospitalità si sta riprendendo a Dubai, lo dimostra il ristorante di Chef Giuseppe Pezzella che, dopo un periodo difficile a marzo, nell’arco di un paio di mesi ha ripreso a lavorare a pieno ritmo e, nonostante le restrizioni, ad essere sempre pieno tutte le sere.