Gli Emirati e la blacklist

Gli Emirati Arabi Uniti sono stati inclusi nella lista dei Paesi che non cooperano con l’Unione europea in materia fiscale. Un fulmine a ciel sereno per gli EAU. Era  infatti in atto da mesi un processo di adeguamento del sistema di tassazione in conformità con le nuove richieste presentate dall’Ue. Da ottobre la collaborazione si era intensificata, pur con momenti di poca chiarezza da ambo le parti, ma sempre all’insegna della disponibilità da parte emiratina ad armonizzare la propria tassazione alla trasparenza e allo scambio di informazioni imposti dall’Europa, che punta così a colpire l’evasione fiscale, soprattutto di multinazionali e grandi imprese, ma anche di persone fisiche.

Irremovibile la posizione del Commissario europeo per gli Affari economici e monetari, Pierre Moscovici, con gli Emirati, la seconda potenza economica del mondo arabo. Una chiusura senza appello, quella di Moscovici, che rischia di diventare un boomerang per l’Unione europea, creando una frizione tra due economie legate da solidi scambi commerciali. Gli EAU sono stati inseriti nella blacklist assieme ad altri 10 Paesi, nonostante stessero adeguando i propri standard a quelli richiesti dall’Ue, attraverso una serie di riforme che richiedono un’approvazione di nuove regole a livello federale. Un processo con una durata di vari mesi, che dovrebbe concludersi al più tardi entro ottobre 2019.

La  Wam, l’Agenzia stampa degli Emirati, ha diffuso un comunicato: “L’inserimento degli EAU nella blacklist è avvenuto nonostante la stretta cooperazione con l’Ue in materia di tassazione e gli sforzi tuttora in corso per adeguarsi ai parametri richiesti”. Le autorità emiratine, soprattutto quelle bancarie, si dicono sicure che in tempi brevi gli EAU saranno cancellati da quel famigerato elenco, confermando le trattative in corso per apportare modifiche legislative fiscali, in linea con le disposizioni europee. Scopriamo qualche risvolto in più sull’aggiunta degli EAU alla lista nera, quali implicazioni abbia sulle imprese  e quali siano gli altri Paesi non cooperativi

Inasprimenti di anno in anno

La blacklist europea è stata aggiornata rispetto all’anno scorso, con l’introduzione di nuovi e più rigorosi parametri da rispettare. Chi non è riuscito ad armonizzare il proprio sistema di tassazione entro il termine del dicembre 2018 è stato automaticamente dichiarato non cooperativo. Perché gli EAU si adeguino, occorre cambiare le leggi, sulla base di un disegno già esistente, ma tutto ciò necessita di un passaggio di approvazione federale che richiede ancora alcuni mesi.

Patrizio Fondi, Ambasciatore dell’Unione europea negli EAU mi ha detto: ”È in corso da tempo un dialogo costruttivo e promettente tra gli EAU e l’UE ai fini dell’adattamento della legislazione locale ai requisiti europei”. Gli Emirati avevano chiesto più tempo ma la risposta europea è stata inappellabile.

Una posizione di rigidità, espressa chiaramente dalla frase pronunciata dal Commissario Moscovici: “Abbiamo alzato l’asticella in materia di buone pratiche di tax governance a livello globale, riducendo drasticamente le possibilità di evasione fiscale”. “Purtroppo il lavoro non è stato completato entro la prescritta scadenza del 31 dicembre 2018 -mi ha spiegato l’Ambasciatore Fondi– Ciò ha comportato l’inserimento degli EAU nella lista delle non cooperative tax jurisdiction. Sono tuttavia convinto che la procedura potrà essere finalizzata rapidamente e che gli EAU usciranno presto dalla lista.”

Regole e diplomazia

Pierre Moscovici ha aggiunto: “Gli impegni si prendono e vanno rispettati, questo è esattamente ciò che vogliamo e ci aspettiamo”, e per motivare la sua linea della severità ha anche sottolineato come compito della Commissione sia stabilire regole e non fare diplomazia.

Un’affermazione che stride con una delle funzioni basilari di cui è investita la politica. Una posizione intransigente che però ha visto deroghe e la concessione di più tempo alla Svizzera, anch’essa impegnata nell’adeguamento delle proprie leggi ai parametri richiesti. Una decisione presa con difficoltà, che ha messo in evidenza le divisioni tra i 28 Paesi membri quando si debbano adottare misure contro partner commerciali. Un verdetto sofferto, che arriva proprio dopo la bocciatura di un’altra lista nera, quella dei Paesi che fanno riciclaggio di danaro sporco, nella quale era stata inclusa anche l’Arabia Saudita. Italia ed Estonia si sono opposte con ogni mezzo all’inclusione degli Emirati nella lista delle “non cooperative tax jurisdiction”. Soprattutto il nostro Paese ha tentato di scongiurare questo inserimento nella blacklist ponendo il proprio veto.

Se la lista nera si trasforma in boomerang

Un effetto boomerang potrebbe aversi a breve, quando i rapporti tra Ue e EAU si troveranno ad essere compromessi proprio in virtù di un atteggiamento di chiusura più volte manifestato da Pierre Moscovici, Commissario per gli Affari economici e monetari. Un peggioramento delle relazioni che non giova al business. I rapporti di affari e gli interscambi tra Ue e EAU sono molto intensi e ormai consolidati. Le esportazioni dell’Unione europea verso gli Emirati sono superiori alle importazioni.

Sul territorio emiratino sono operative circa 5.000 aziende europee, con un giro di affari attorno ai 50 miliardi di euro, di cui solo 10 rappresentano il disavanzo, ossia le materie prime e i prodotti importati dall’Ue. I restanti 40 miliardi sono costituiti dalle esportazioni dell’Europa. Ecco perché aver incluso gli Emirati Arabi Uniti nella blacklist potrebbe diventare un’arma a doppio taglio che mina alle fondamenta il rapporto amichevole che lega i due Paesi, innescando un meccanismo di ritorsioni e chiusura che non favorirà nel breve termine i rapporti bilaterali. Si tratta anche di un grave danno d’immagine per gli EAU che puntano ad accreditarsi come un hub finanziario internazionale.

Cosa cambia?

I residenti Ue negli Emirati e le aziende che operano sul territorio emiratino saranno sottoposti a controlli aggiuntivi quando effettueranno transazioni finanziarie con l’Europa. Le procedure saranno più lunghe e faranno perdere più tempo rispetto a prima nel caso di movimento di fondi, o in fase di acquisto di proprietà in Europa.

Chi fa parte della blacklist aggiornata?

La lista nera comprende American Samoa, Guam, Samoa, Trinidad, Tobago e Virgin Island. New entry sono stati: Aruba, Barbados, Bermuda, Dominica, Fiji, Marshall Islands, Oman e Vanuatu.