Sarà l’effetto Brexit, ma dopo il successo del Leave al referendum britannico in molti Paesi dell’Ue è forte la tentazione di sottoporre ai cittadini un quesito referendario pro o contro la permanenza nell’Unione europea. Soprattutto in quei Paesi dove sono cresciuti, o andati al governo, partiti di destra populista. Se Norbert Hofer, in Austria, prima propone l’Auxit, poi a distanza di alcuni giorni fa marcia indietro, il premier ungherese Viktor Orban vuole sottoporre ai cittadini la questione dei migranti. Nel frattempo l’Austria decide di intensificare i controlli di tutti coloro che arrivano dall’Ungheria. Per tutta risposta le autorità magiare iniziano a fare altrettanto. Risultato: tra lunedì e mercoledì della scorsa settimana le code per chi entrava in Austria dall’Ungheria e viceversa erano chilometriche. Che siano prove tecniche di uscita? Riprendendo, sia pure temporaneamente e in modo mirato, controlli in vigore prima della libera circolazione di persone e merci?
Nel radar della polizia austriaca ufficialmente ci sono i trafficanti di esseri umani. Le organizzazioni senza scrupoli che prosperano alle spalle di migranti disperati. Ad essere controllati sono soprattutto i furgoni. È alta la paura che possa verificarsi un altro incidente come quello dell’estate scorsa, quando un camion fu trovato lungo l’autostrada, tra Neusiedl e Parndorf, con 71 migranti morti per soffocamento.
Austria: la situazione
In Austria il clima politico è rovente. La ripetizione delle elezioni presidenziali non consente che si facciano passi falsi, soprattutto sul fronte dell’immigrazione, uno dei temi caldi in questa campagna elettorale bis. Il governo federale non può permettersi di abbassare la guardia su trafficanti di uomini e migranti. Occorre quindi intensificare la vigilanza e i controlli su tutti i valichi di confine, ma soprattutto lungo la rotta balcanica, interrotta da mesi, ma sempre pronta a tornare ad essere uno dei punti nevralgici dei viaggi della speranza di migliaia di rifugiati, che scappano da morte e distruzione.
È scontro diplomatico tra Austria e Ungheria?
Il Ministro dell’Interno austriaco, Wolfgang Sobotka, ha convocato l’Ambasciatore ungherese per discutere dei rapporti tra i due Paesi. Appaiono totalmente ingiustificati al Ministro Sobotka i controlli su chi entri dall’Austria in Ungheria, e fa appello al Trattato di Schengen e alla libera circolazione di merci e persone all’interno dell’Ue. Al contrario, dice il Ministro Sobotka, in senso opposto la polizia austriaca ferma ogni giorno rifugiati al confine, in particolare nella zona frontaliera di Nickelsdorf. Irragionevole, secondo Sobotka, il rifiuto dell’Ungheria di accogliere, come prevede la Convenzione di Dublino, quei rifugiati che devono essere registrati nel primo Paese Ue nel quale siano giunti.
L’Austria ha messo un tetto massimo di 37.500 rifugiati per il 2016, confermato anche dal nuovo Cancelliere Federale Christian Kern. Ma questo limite non comprende quei rifugiati che vogliano fare ritorno in altri Paesi dell’Ue.
L’Ungheria rifiuta di accogliere i rifugiati
Non solo l’Ungheria rifiuta di riprendersi i rifugiati di sua competenza, ma anzi rispedisce in Serbia, un numero sempre crescente di migranti. Mentre i rifugiati che tentano di entrare legalmente attraverso il territorio serbo, restano bloccati al confine dalle autorità ungheresi. Una pericolosa situazione di stallo. L’attesa può durare settimane e le strutture non sono adeguate al numero di migranti che vi stazionano.
Il referendum di Orban
In questo clima il premier magiaro Viktor Orban intende indire il 2 ottobre un referendum che gli consenta di presentarsi a Bruxelles con un mandato forte, grazie al quale fare battaglia contro le imposizioni dell’Ue in materia d’immigrazione. Avversati soprattutto il sistema di ripartizione in quote dei rifugiati e le possibili sanzioni per chi si opponga. Imposizioni che per Orban confliggono con gli interessi nazionali ungheresi. Non si tratterà quindi di un quesito sull’Huxit, ovvero sul Leave or Remain dell’Ungheria, ma di una consultazione sul delicato tema dei migranti, particolarmente sentito da tutti i movimenti populisti, in forte crescita in tutta l’Unione. Orban intende certamente sfruttare il clima di confusione che regnerà con l’avvio, proprio in autunno, delle negoziazioni per l’uscita della Gran Bretagna.
Il dietrofront di Hofer
Nel contempo il candidato alla Presidenza della Repubblica dell’FPÖ, Norbert Hofer, prima flirta con l’idea dell’Auxit (o come dicono gli austriaci Öxit), ossia di un referendum per far uscire l’Austria dall’Ue. Poi si rimangia quanto detto all’indomani della vittoria della Brexit, compreso l’ultimatum che aveva dato a Bruxelles e in qualche modo anche al leader del suo partito, Heinz-Christian Strache.
“O si vedono cambiamenti tangibili, o l’Ue smette di essere così centralista, recuperando i suoi valori -aveva detto Hofer- entro e non oltre 12 mesi, o il referendum sull’Auxit diventa inevitabile”. Adesso Hofer sostiene di non voler più far uscire l’Austria dall’Ue, se non in casi estremi, come ad esempio se la Turchia dovesse davvero entrare nell’Ue, o se nuovi provvedimenti minassero la sovranità dei singoli Stati membri.
Un rapido cambio di rotta
Un repentino cambio di posizione da parte del numero due del Partito della Libertà. Che a determinarlo siano state le dichiarazioni del candidato alla Presidenza di centrosinistra Alexander Van der Bellen?
L’economista ha infatti rimproverato Hofer di scherzare con il fuoco fantasticando di un’uscita dell’Austria dall’Ue. Oppure avrà pesato su questa improvvisa retromarcia la pubblicazione venerdì scorso sui media locali di un sondaggio che vede il 52% degli austriaci contrario all’Auxit, contro il 30% di favorevoli e il 18% di indecisi? E questo dietrofront eviterà che l’Auxit entri nel dibattito della campagna elettorale? L’impressione è che sia i rifugiati, sia l’Auxit domineranno l’intera, lunga campagna elettorale bis, che si concluderà con il ballottaggio il prossimo 2 ottobre.