Il primo turno delle presidenziali ha generato uno squasso tale da scuotere l’Austria fino alle fondamenta. Il successo al di sopra di ogni aspettativa dell’FPÖ ha messo in seria crisi lo strapotere dei due grandi partiti: i Socialdemocratici (i rossi) e i Popolari (i neri).
Le dimissioni del Cancelliere Werner Faymann, arrivate come una doccia fredda per gli austriaci, ma forse fin troppo tardivamente per gli osservatori internazionali, ha fatto precipitare gli eventi. Effetto domino non è solo una profonda discussione all’interno dell’SPÖ, il partito socialdemocratico guidato da Faymann, ma anche all’interno della compagine di governo, quella große Koalition che guida il Paese da dieci anni. Quella in atto è una crisi di proporzioni storiche dei due principali partiti austriaci, SPÖ e ÖVP, centrosinistra e centrodestra, che di fatto si spartiscono il potere e la leadership dal dopoguerra a oggi: settant’anni di indiscussa gestione della cosa pubblica, a tutti i livelli. Ma perché all’improvviso l’Austria da rossa e nera si tinge ovunque di blu, il colore della destra radicale del Partito della Libertà, l’FPÖ?
Dov’è andato il voto di protesta?
Di sicuro il candidato dell’FPÖ, Norbert Hofer, ha intercettato molti voti di protesta, di tutti quei cittadini che hanno deciso di votare per un partito che si connotasse, al di là delle ideologie, come anti-establishment. Ma a votare Hofer sono anche stati tutti quegli austriaci che hanno voluto infliggere ai due partiti dominanti una sonora lezione. Tutto da vedere l’esito del ballottaggio, dove l’astensione potrebbe giocare un ruolo determinante.
Immigrazione e rifugiati in primo piano
Temi come l’immigrazione e la crisi dei rifugiati, che coinvolgono l’Italia e l’Ue da vicino, con lo spettro della chiusura delle frontiere, rischiano di rimanere sotto i riflettori fino al 22 maggio, giorno del ballottaggio per le presidenziali.
La crisi dei rifugiati è destinata a rappresentare una questione di stringente attualità non solo perché venga cavalcata dal Partito della Libertà, ma perché anche a livello federale resta uno dei nodi cruciali per la formazione del nuovo governo. Infatti, il Cancelliere ad interim, il popolare Reinhold Mitterlehner, ha dichiarato che l’ÖVP non accetterà un governo di coalizione guidato da un Cancelliere che modificasse la politica sui rifugiati e i richiedenti asilo. Insomma non c’è spazio per una politica delle porte aperte, ma esiste da parte dei Popolari la ferma volontà di mantenere le posizioni attuali, ovvero una svolta autoritaria, un’intensificazione dei controlli e forti restrizioni nella concessione dell’asilo ai rifugiati.
Il vero volto dell’Austria
Ho provato a tracciare un’analisi del voto del 24 aprile, con Christoph Hofinger, Managing Partner e Direttore Scientifico dell’Istituto di Ricerca Sociale e Consulenza (SORA), uno dei principali istituti di ricerca in Austria, per tracciare così la mappa di un risultato che va letto tra le righe.“Esistono differenze tra gruppi diversi dell’elettorato -mi spiega Christoph Hofinger– Nel ballottaggio del 22 maggio avremo probabilmente un’Austria blu e verde, perché entrambi i candidati sono a distanza molto ravvicinata l’uno dall’altro. E questo è un fatto assolutamente epocale perché negli anni ’70 i Socialdemocratici e i Popolari assieme avevano il 95% dei consensi”. Questo rappresenta un enorme fattore di cambiamento. Ci sono molte ragioni per questo: la campagna elettorale dei candidati socialdemocratico e popolare non è stata molto efficace, mentre quelle di Van der Bellen e Hofer sono state molto incisive.
“In qualche modo, come in altri Paesi del mondo, dall’Italia con Beppe Grillo, agli Stati Uniti, gli outsider sono vincenti anche perché veicolano l’idea di essere contro il sistema -rilancia Hofinger- Negli ultimi trent’anni, con qualche rara eccezione, c’è sempre stata una coalizione tra SPÖ e ÖVP, che mantengono il loro zoccolo duro tra gli elettori più anziani”. Tra i giovani, invece, la partita è più complessa, sembrano avere più presa i Verdi e l’FPÖ.
Disaffezione per la politica e paura del futuro
Esiste anche una forte disaffezione per la politica in Austria ed è sempre più diffuso un crescente pessimismo. “Può sembrare paradossale che gli austriaci siano pessimisti riguardo al futuro, visto che si tratta di un Paese ricco -dice Hofinger- ma la gente ha la consapevolezza che l’età dell’oro, quella della prosperità, è ormai giunta al termine. Ecco perché si sta diffondendo la paura, ed ecco perché il 70% delle persone anziane capisce che i propri figli e i propri nipoti non godranno del loro stesso benessere, e non avranno davanti a loro un futuro roseo”. Dopo anni di crescita costante, gli indicatori economici dell’Austria erano persino arrivati ad essere migliori di quelli della Germania, con un tasso di disoccupazione basso, ma ora esistono molti timori di tipo socio-economico. Adesso si registra una stagnazione economica, la disoccupazione è cresciuta e parallelamente non è ancora passata la crisi economica globale.
Un anno carico di tensione emotiva
“L’anno appena trascorso è stato caratterizzato da forte emotività -puntualizza Hofinger- con la crisi dei rifugiati e l’ondata massiccia di richieste di asilo, tutte esperienze molto contrastanti. La paura e il bisogno di sicurezza spesso non si associa a un atteggiamento di totale e radicale chiusura. Insomma le stesse persone che si sentono spaventate da un’invasione in massa di migranti e che chiedono più controlli ai confini e sicurezza, il 40% secondo dati recenti, ma è una percentuale sicuramente cresciuta, sono al tempo stesso disponibili ad aiutare i rifugiati”. Si può dire che 2/3 della popolazione austriaca prova un sentimento di solidarietà verso i migranti, ma considera al tempo stesso necessario effettuare controlli e garantire maggiore sicurezza. “Chi dice che le frontiere dovrebbero essere chiuse e che non debbano più transitare, o essere accolti rifugiati è davvero una percentuale minoritaria del Paese” sottolinea Hofinger. Come decisamente piccola è la percentuale di popolazione che è a favore dell’apertura e dell’accoglienza incondizionate.
La giusta narrativa per conquistare il centro
La percentuale maggioritaria degli austriaci è quella che si trova nel centro e che prova entrambi i sentimenti. La vera sfida è saper parlare a quella parte del Paese. “Né il centrosinistra, né il centrodestra hanno saputo parlare con il linguaggio giusto a questa porzione maggioritaria dell’Austria -evidenzia Hofinger- Hanno utilizzato una narrativa sbagliata, che ha spaventato la popolazione. Hanno cercato di mettere in atto politiche centriste, adottando anche misure sensate, ma hanno fatto errori gravi nella comunicazione, mutuando il linguaggio del Partito della Libertà. E questo ha dato l’impressione che il governo appoggiasse le posizioni dell’FPÖ, rendendolo più forte”. È come se in qualche modo sia mancata da parte della coalizione di governo una strategia comunicativa volta a tranquillizzare e a trasmettere ciò che di buono era stato fatto. Alimentando al contrario il senso di paura e allarme. È mancata una narrativa, mentre al contrario l’FPÖ ha dominato con la propria narrativa. “Il governo ha detto che avrebbe stanziato 1 miliardo di euro per l’esercito, 1 miliardo di euro per la polizia -mi spiega Hofinger- volevano tranquillizzare la gente, ma non hanno mai detto quanto sia stato investito nella scuola, nell’integrazione, perché si possono trarre benefici dall’integrazione dei migranti, che non solo possono entrare a far parte delle nostre squadre di calcio, come è accaduto con i rifugiati bosniaci degli anni ’90, Ibrahimović in Svezia, o Junuzović in Austria, ma integrarsi nella nostra società”. È totalmente mancata la comunicazione dell’idea che sia possibile vivere insieme, si sono utilizzate immagini sbagliate e un linguaggio inadatto.
Zone rurali e grandi città
Nelle zone di confine che sono state maggiormente toccate dal problema dell’afflusso dei migranti, i dati delle elezioni regionali che ci sono state a settembre dello scorso anno nell’Alta Austria, dimostrano che in quei villaggi, o in quelle comunità e città, il Partito della Libertà non ha guadagnato più voti. “Se le persone sono abituate al diverso, sono anche meno spaventate -mi spiega Hofinger- E anche il livello di istruzione, come pure l’aver conseguito la maturità o meno, o possedere una laurea, determinano ulteriori profonde differenze. Più è alto il titolo di studio, più la maggioranza tende a votare per i Verdi. Mentre chi fa l’apprendistato oppure i lavoratori meno istruiti sono più scettici. E la popolazione rurale manifesta altrettanto scetticismo”. Così, quello che si potrebbe verificare il 22 maggio è che Van der Bellen possa avere a Vienna più del 60% delle preferenze, ma in altre aree di campagna, della provincia austriaca, Hofer potrebbe raggiungere il 60% dei consensi. “Sia i Verdi, sia l’FPÖ, anche se non dovessero vincere al ballottaggio, cresceranno -rilancia Hofinger- Entrambi i partiti si espanderanno in regioni e in strati sociali nei quali non hanno mai fatto breccia prima d’ora. Brutte notizie per SPÖ e ÖVP, i partiti di centro. Immaginiamo un sindacalista che ha sempre e solo votato socialdemocratico e ora si trova a dover per forza fare una scelta diversa. Un agricoltore che non ha mai votato altro che il partito Popolare”. Anche il raggiungimento del 40% da parte di Hofer o di Van der Bellen rappresenterà un enorme successo.
L’Austria è davvero tutta blu?
“Con il risultato del ballottaggio l’Austria potrà risultare più blu che verde -dice Hofinger- ma il verde sarà concentrato nelle aree delle grandi città, che sono anche quelle con la maggior densità di popolazione”. Vienna è un’area limitata a livello di superficie, ma da sola raccoglie il 20% dell’elettorato. Ci sarà più verde ad ovest del Paese, ma 2/3, ovvero circa il 70% dell’Austria risulterà blu e 1/3 sarà verde, anche se Van der Bellen è ufficialmente un candidato indipendente. “Anche se Van der Bellen vincesse, la mappa finale presenterà un’Austria prevalentemente blu, ma ci aspettiamo una lotta all’ultimo voto, con un margine di differenza molto ridotto” precisa Hofinger.
L’astensionismo sarà determinante
L’astensione potrebbe giocare un ruolo decisivo il 22 maggio. Molti dei cittadini che sono andati a votare al primo turno, dovrebbero recarsi nuovamente alle urne al ballottaggio. “Van der Bellen e Hofer manterranno circa il 90% degli elettori del primo turno -sottolinea Hofinger- Gli elettori della Griss, dei Socialdemocratici e dei Popolari dovrebbero mantenere almeno il 70-80% dei propri elettori. In genere la gente partecipa e se è davvero indecisa piuttosto annulla la scheda e questa percentuale di schede nulle potrebbe arrivare anche al 7%”.
È molto probabile che gli elettori di Hundstorfer voteranno al 90% per Van der Bellen, mentre “circa il 50% degli elettori di Kohl dovrebbero votare per Van der Bellen -dice Hofinger- Tra gli elettori della Griss il 20% potrebbe votare per l’FPÖ, il 60% per Van der Bellen e il resto non possiamo prevederlo”.
Altro ruolo chiave lo giocheranno coloro che non sono andati a votare al primo turno. Cosa decideranno di fare? Esistono quindi dei bacini di elettori che sono stati pigri al primo turno, ma che potrebbero rappresentare una riserva utile al secondo turno. Entrambi i candidati, Hofer e Van der Bellen, hanno questo serbatoio da cui attingere altri voti. “Ma è una percentuale difficile da quantificare -specifica Hofinger- quindi l’astensionismo sarà decisivo”.
Il centro è morto?
Politicamente il centro esiste, ma i due principali partiti stanno attraversando indubbiamente una gravissima crisi. “A indicare che il centro esiste stanno proprio a dimostrarlo le campagne elettorali di Hofer e Van der Bellen -precisa Hofinger- Entrambi sono a caccia dei moderati, e fanno di tutto per apparire loro stessi moderati. E sono molto più bravi a definire cosa sia il centro sia Hofer sia Van der Bellen che non a suo tempo i candidati centristi”. Nella sua campagna Van der Bellen parla di patria, Heimat, e Hofer si mostra come un moderato. L’elettore medio austriaco può guardare a un problema osservandolo al tempo stesso da due punti di vista completamente diversi, come nel caso dei rifugiati e della volontà di ordine, regolamentazione e sicurezza, associate all’aspetto umanitario. Parlare a questa complessità, a questo elettore centrista, moderato, che in questo momento è spaventato e preda di sentimenti contrastanti, è il nodo cruciale. Non c’è solo il bianco o il nero, ma molte sfumature.
Tutti a caccia degli elettori di centro
“Il populismo è stato parzialmente inventato da Jörg Haider in Carinzia, e anche se dovesse accadere che venga eletto un Presidente della Repubblica del Partito della Libertà, non succederebbe nulla di drammatico -evidenzia Hofinger- Sentimenti xenofobi e scettici sono aleggiati in Austria per oltre trent’anni, alla fine non importa chi vincerà le presidenziali, perché il Paese sta sperimentando e vivendo le tensioni contrastanti che pervadono tutto il continente europeo in questo momento”. Anche l’FPÖ ha dovuto cambiare la propria strategia nei confronti dei rifugiati: “se prima dicevano i richiedenti asilo non meritano di essere aiutati, hanno successivamente cambiato atteggiamento dicendo che meritavano aiuto ma che però ora sono troppi e la misura è colma -racconta Hofinger- E la ragione per cui il Partito della Libertà ha cambiato posizione è perché le persone alle quali si rivolgeva in realtà volevano aiutare i rifugiati”. Quindi il centro esiste, non è affatto morto, e diventa appetibile terreno di caccia.