Nessuna paura dell’autismo

Aprile è il mese di sensibilizzazione sull’autismo. La storia che voglio raccontarvi ha come protagonisti il piccolo Raphael, nato a Vienna 5 anni fa, e la sua mamma, Tova, una giovane donna canadese, coraggiosa, positiva, determinata. Ciò che li lega è un sentimento profondo di amore. Sullo sfondo l’autismo. Anche solo pronunciare questa parola in alcuni provoca malcelato imbarazzo. Troppo spesso di fronte a un bambino in piena crisi, uno di quegli attacchi che colpiscono quando i piccoli affetti da autismo subiscono un eccesso di stimoli e non riescono a controllare le loro emozioni, la reazione di molti è quella di restare lì, spiazzati, a fissare la scena con occhi sgranati. Eppure non è questo il modo per aiutare il bambino e i suoi genitori, alle prese con un momento così delicato.

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Tova e Raphael vivono a Vienna, una città che vanta primati in tutte le classifiche stilate sulla qualità della vita, eppure così poco attrezzata e pronta ad accogliere bimbi autistici. 

Come Raphael ha perso le parole

“Non c’erano segni che indicassero alcun disturbo nei primi mesi di vita -racconta Tova- Raphael non presentava ritardi nel suo sviluppo, ha iniziato a parlare regolarmente e i minimi disordini manifestati ci sembravano una cosa normale essendo noi una famiglia bilingue, nella quale si parla inglese e tedesco. I primi problemi sono nati all’asilo nido, quando Raphael aveva 18 mesi. È stato allora che gli insegnanti ci hanno detto che era un bambino difficile”.

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A due anni Raphael viene espulso dall’asilo nido perché giudicato troppo problematico. Da un sommario esame, fatto dalla scuola all’insaputa dei genitori gli viene diagnosticata la Sindrome di Asperger. Tova porta suo figlio prima da un paio di psicologi che però non notano nulla di anomalo. Successivamente si rivolge a un centro specializzato per avere una diagnosi. È a questo punto, dopo una visita accurata di neurologi, specialisti del linguaggio e psicologi infantili, che arriva la diagnosi di sospetto autismo. Raphael sarà espulso ancora da altri due asili nido incapaci di gestirlo. Arriva la diagnosi definitiva che sancisce il suo disturbo. Un vero shock per Tova e suo marito. Poi, al compimento dei tre anni, Raphael perde la parola, perde completamente e inspiegabilmente l’uso del linguaggio, che invece prima possedeva.

Dopo il buio la luce

“Da quando abbiamo cambiato casa, spostandoci dal vecchio appartamento, un po’ buio, a quello nuovo, più ampio e luminosissimo, circondato da tanto verde e nelle immediate vicinanze di un parco, anche l’umore di Raphael è notevolmente migliorato” mi dice Tova. È qui, nel quarto distretto, in una zona piena di verde che Raphael ha iniziato a frequentare un nuovo asilo nido, dove si trova molto bene e nel quale va da due anni. Si tratta di una struttura dove coesistono integrati venti bimbi, più due con necessità particolari, per i quali viene utilizzato personale specializzato e ben preparato.

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La situazione ideale per Tova e suo figlio. “Raphael è un bimbo pieno di energia, con grande senso dell’umorismo e perfettamente capace di farsi capire anche senza l’uso della parola -sottolinea Tova- A parte quando ha una crisi, per la maggior parte del tempo è un bambino normale. Gli piace stare in compagnia, vuole essere amato e mostra amore e affetto, anche se si esprime e manifesta i propri sentimenti a modo suo”.

Vienna non è una città per bimbi autistici

Esistono due centri per l’autismo a Vienna, uno dei due è finanziato dallo Stato, ma è subissato di lavoro e richieste. Così, per chi voglia avere una diagnosi si può arrivare a spendere anche più di 500 euro.”Per riuscire a trovare tutte le informazioni necessarie siamo arrivati a spendere 1.000 euro -mi spiega Tova- Viene definito disordine sensoriale. Per un bambino autistico trovarsi in un locale angusto, affollato e rumoroso è un vero incubo”. Sotto l’ombrello dell’autismo si raggruppano così tanti disordini che non è facile riuscire ad avere la giusta diagnosi. Occorre rivolgersi a personale altamente specializzato, capace di adoperare gli strumenti giusti per capire e dare la diagnosi appropriata.

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A Vienna ci sono pochi di questi specialisti. Ciò che viene suggerito è l’ABA (Applied Behavior Analysis), ovvero l’Analisi Comportamentale Applicata. “Con questo tipo di terapia abbiamo notato che mio figlio è migliorato tantissimo: riesce a stare seduto e fermo, si comporta meglio e sembra più tranquillo”. Quello che Tova ha notato è che c’è una mancanza di personale davvero ben qualificato, mentre c’è spazio per una certa improvvisazione e per terapie senza nessuna validità accertata. Eppure ci sono 48.000 bambini che presentano disturbi autistici in Austria. E molti altri potrebbero essere i bimbi non diagnosticati. “Sembra che l’autismo qui in Austria e soprattutto a Vienna sia una sorta di tabù -dice Tova- ed è anche difficile per i genitori fare i conti con l’idea che i propri figli abbiano una disabilità”.

Di cosa ha bisogno un bimbo autistico?

La giornata tipo di un bambino autistico deve essere molto strutturata. “Con Raphael siamo molto fortunati perché ha un buon carattere e non ha bisogno di avere uno schema rigido – evidenzia Tova- Sarebbero necessarie 20 ore di terapia alla settimana e noi non possiamo permettercele: ogni ora costa tra i 70 e i 100 euro. Così abbiamo un terapista comportamentale che viene 30 minuti a settimana, poi abbiamo uno psicologo infantile che viene 4 volte a settimana, per un’ora e mezza ogni volta. E ovviamente anche all’asilo nido viene fatto del lavoro ulteriore. E il sistema sanitario nazionale non copre nulla”.

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Senza il dovuto sostegno e senza le necessarie terapie questi bambini arrivano a costare allo Stato austriaco 2/3 in più una volta diventati adulti. “In Austria si preferisce dare sussidi per un adulto affetto da autismo, con gravi inabilità, che necessita di un suo appartamento con assistenza e cure costanti, e non per intervenire quando sono piccoli e dare loro modo di migliorare e diventare grosso modo autosufficienti -mi dice Tova con aria sconsolata- Potrebbero fermare tutto questo, semplicemente non vedono il problema in tutta la sua complessità”. Utilissima anche l’horse therapy, ma non è facile trovare centri a Vienna. E la pet therapy con cani e gatti può anch’essa portare enormi miglioramenti in bambini o ragazzi autistici.

Il progetto di Tova, Autism in Vienna

Il progetto di Tova Autism in Vienna è bellissimo e ambizioso, ma la sua determinazione è così forte che pian piano sta trovando i finanziamenti necessari. Tutti, se vogliono possono fare donazioni, cercando Autism in Vienna su internet, o sulla pagina Facebook Autism in Vienna. L’idea è di creare un centro dove non solo i bambini autistici, ma anche i genitori possano trovare accoglienza. “Ci sarà una sala giochi -racconta Tova con gli occhi scintillanti- i genitori potranno rilassarsi perché l’ambiente è fatto apposta per far stare a proprio agio i loro figli e ci sarà anche un bar dove potersi sedere e bere un caffè, o un bicchiere di vino. Non ci sarà nessuno a giudicare né loro, né i loro figli. E vorrei poter impiegare nel bar persone autistiche”.

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Il 90% delle persone affette da autismo può lavorare, ma nessuno dà loro questa opportunità. Molti sono straordinariamente intelligenti e ognuno ha le proprie specificità e i propri talenti. C’è chi può lavorare nel settore IT come programmatore, chi come fotografo, disegnatore, progettista, cameraman, designer di video game, tecnico di laboratorio, solo per citare alcune delle professioni possibili, ovviamente istruiti, preparati adeguatamente a portare a termine i compiti assegnati loro, e inseriti nell’ambiente giusto. Tutto sta a dare loro una chance, e Tova intende dare loro questa possibilità. Molti workshop, incontri, formazione, e terapisti e logopedisti che parlino molte lingue, non solo inglese e tedesco, ma anche turco e serbo-croato, per cercare di aiutare anche bambini figli di immigrati. Il centro dovrebbe essere inaugurato entro la fine del 2016. Spazi ampi, luminoso, dove domini l’azzurro del cielo e del mare. È così che Tova immagina il suo centro per l’autismo, e improvvisamente quella parola diventa familiare e pronunciabile, senza più timore, senza reticenze, senza imbarazzi.

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