Austria: altro che terremoto

Il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali austriache è stato un terremoto politico. Allo stesso tempo, però, anche una scossa tellurica vera di 4.2 gradi della scala Richter, ha fatto tremare la terra per alcuni secondi, facendosi soprattutto sentire nella capitale, Vienna. I media austriaci hanno parlato di incubo per i due partiti della coalizione di governo, di svolta epocale, tanto da scrivere dell’avvento della Seconda Repubblica, di terremoto, appunto.

image

La destra estrema di deriva xenofoba dell’FPÖ, il Partito della Libertà, riporta un successo senza precedenti. Il candidato del Partito della Libertà raggiunge il 36% dei consensi, diventando l’uomo da battere. A contendergli la presidenza della Repubblica al ballottaggio del 22 maggio ci sarà l’outsider Alexander Van der Bellen, figlio di rifugiati scappati dall’Estonia nel 1940 al tempo dell’invasione sovietica, veterano dei Verdi, economista e professore universitario molto amato dai giovani, che però si è fermato al 21% delle preferenze. 

I sondaggi non hanno visto giusto

Anche se alcuni sondaggi avevano previsto un vantaggio di Norbert Hofer, nessuno aveva pronosticato un risultato così eclatante. Sembrava piuttosto evidente che né i Socialdemocratici (SPÖ), né i Popolari ÖVP, avessero candidati così forti e carismatici da poter arrivare al ballottaggio.

image

Se non è stata una sorpresa l’uscita di scena di Hundstorfer e Kohl, nessuno poteva aspettarsi una simile debacle. I peggiori risultati di sempre, per SPÖ e ÖVP, i due partiti che dal 1945 a oggi si sono spartiti le cariche più importanti del Paese, e che da 10 anni governano in coalizione.

image

Una svolta di portata storica: al ballottaggio non ci sarà né un candidato dell’SPÖ fermatosi alla quarta posizione, né quello dell’ÖVP inchiodato a un risultato di un soffio inferiore. Entrambi sono andati poco oltre l’11%.

image

L’elettorato ha punito, con una sonora batosta, sia i Socialdemocratici, sia i Popolari. Ed è possibile che una parte del successo, al di sopra delle più rosee aspettative dell’FPÖ, sia stato anche determinato dal voto di protesta. Occasione perduta per l’Austria di avere il suo primo Presidente della Repubblica donna, si è fermata la corsa dell’indipendente Irmgard Griss, che non ha avuto l’appoggio ufficiale dei liberal NEOS.

image

Non solo la terra, trema anche il governo federale

Questa sconfitta elettorale dà uno scossone al governo. Alcuni chiedono che il Cancelliere faccia un passo indietro. Ma lo spettro di elezioni anticipate, che né i Socialdemocratici, né i Popolari vogliono, sembrerebbe al momento scongiurato. Certo si impone un cambio di passo. E il governo annuncia oggi un rilancio a fine maggio. Eppure sembra impensabile che alle politiche del 2018 Faymann e Mitterlehner possano ancora guidare i rispettivi partiti. Uno dei possibili scenari alle politiche del 2018 è che di fronte a un’ulteriore avanzata della destra estrema del Partito della Libertà, si debba ricorrere alla coalizione di ben tre partiti, se non addirittura quattro, per formare un governo alternativo alla destra xenofoba. Ma siamo nella sfera delle congetture.

image

Ieri nel tardo pomeriggio ha assunto toni accesi il dibattito interno all’SPÖ nel corso della riunione di partito indetta in tutta fretta per leccarsi le ferite e stabilire una strategia. Fortemente critico il sindaco di Vienna Michael Häupl.

L’Austria è quasi tutta blu

Altra certezza è che l’Austria, ad eccezione delle grandi città, come Vienna, Graz e Linz, che hanno scelto Van der Bellen, è diventata blu, ovvero ha visto il trionfo del Partito della Libertà. Nel Burgenland (dove contrariamente alla linea di partito esiste una coalizione a livello locale tra SPÖ e FPÖ), in Carinzia (uno Stato in bancarotta ma governato dallo storico leader dell’FPÖ Jorge Haider), e in Stiria, il Partito della Libertà fa incetta di voti, ossia in quegli Stati più vicini alle zone di confine, che maggiormente hanno sofferto l’emergenza dei rifugiati.

image

Norbert il buono, Strache l’agguerrito

Il volto apparentemente più morbido e rassicurante del 45enne Norbert Hofer ha conquistato l’elettorato, soprattutto quello delle aree rurali, soprattutto quello meno colto. Eppure presentarsi al seggio elettorale armato di pistola, non è un segnale tranquillizzante. Come preoccupante è il suo avvertimento: se fosse Presidente della Repubblica rispedirebbe il governo a casa perché ha mal gestito la crisi dei rifugiati. Così grazie ad Hofer e all’irruente e combattivo leader Heiz-Christian Strache l’FPÖ incassa il miglior risultato elettorale di tutti i tempi, dimostrando che la crescita del loro partito è costante e, almeno per ora inarrestabile. Sanno parlare alla pancia del Paese, a quella porzione di austriaci che guarda con sospetto, paura e diffidenza ai migranti. Una parte dell’Austria che non è maggioritaria, ma che comunque cresce, indicando l’esistenza di un forte malcontento e di una profonda insofferenza.

image

Vienna non è più rossa

Anche Vienna, la rossa, roccaforte socialdemocratica, diventa verde e blu. Van der Bellen vince in 17 distretti su 23, trionfando in quelli del centro. Sei vanno a Hofer, i più periferici: Favoriten, Simmering, Floridsorf, Meidling, Donaustadt, Liesing. I distretti non solo più popolari, ma anche quelli con il maggior tasso di immigrati.

image

Scenari senza la svolta intransigente

Cosa sarebbe accaduto se il governo in modo piuttosto compatto, dal Cancelliere Werner Faymann, al Viice-Cancelliere Mitterlehner, ai Ministri dell’Interno, della Difesa e degli Esteri, non avesse impresso una decisa svolta autoritaria al Paese in materia di immigrazione, di controlli ai confini, di costruzione di barriere per proteggersi da nuove ondate di migranti? Cosa si sarebbe verificato se il governo non avesse cavalcato la crisi dei rifugiati nello stesso modo in cui lo ha fatto il Partito della Libertà? Forse ci sarebbe stata una vittoria ancora più schiacciante dell’FPÖ.

image

Disoccupazione e pensioni, chi li ha visti?

L’unica certezza è che i grandi assenti di questa campagna elettorale sono stati disoccupazione, pensioni, la crescita economica troppo debole, tutti problemi molto sentiti, che toccano da vicino i cittadini. E proprio su queste tematiche l’azione del governo è stata pressoché inesistente. L’Austria è un Paese in trasformazione, il welfare sta subendo profondi mutamenti rispetto al passato e il sistema di protezioni statali che un tempo garantiva i lavoratori indipendentemente dalla loro produttività rischia di scomparire. Ecco un altro dei motivi del successo clamoroso della destra estrema.

image

Cosa succederà il 22 maggio?

Se si fa un conteggio dei voti si nota che difficilmente chi ha votato per Hundstorfer, voterà per Hofer. Anche molti elettori che hanno votato per la Griss o per Kohl potrebbero essere spaventati da un Presidente di estrema destra che minaccia di non limitarsi a esercitare un ruolo di autorità morale, Così il verde Van der Bellen, che miete consensi anche in maniera trasversale, dovrebbe potercela fare, ma il condizionale è d’obbligo.

image

Secondo alcuni analisti politici può farcela se saprà trasformare il voto in un referendum contro l’estrema destra. Se saprà coalizzare tutti contro l’FPÖ. Molte però le incognite: l’astensione potrebbe essere determinante, inoltre, gli umori mutevoli di un elettorato deluso e fluttuante potrebbero riservare non poche sorprese. Il ballottaggio è tra circa un mese e la campagna elettorale è appena iniziata. Tutto può accadere. Se ci fossero troppe ingerenze nelle questioni interne, con campagne smaccatamente anti-Hofer e anti-destra estrema, gli austriaci più ostinati potrebbero anche decidere di votare per l’FPÖ, per dimostrare la propria autonomia di giudizio e la propria libertà. Un po’ come si verificò con l’elezione del Presidente Kurt Waldheim nel 1986, eletto malgrado lo scandalo delle rivelazioni di un suo coinvolgimento con i nazisti nella seconda guerra mondiale.