L’opera di Händel, Agrippina, rivive in questi giorni a Vienna, al Theater an der Wien, rivisitata in chiave contemporanea. Una trasposizione degli intrighi dell’Impero Romano che grazie alla straordinaria regia di Robert Carsen si trasforma in una sorta di House of Cards, dove imperano: brama di potere, strategia politica, desiderio, torbide trame, propaganda e sesso.
Se già il libretto di Vincenzo Grimani, ambasciatore asburgico presso lo Stato Pontificio e Viceré di Napoli, presentava vivacità e molteplici registri, passando da momenti di comicità ad altri di assoluta cupezza e travolgente passionalità, con Carsen va in scena la nostra società contemporanea. Non solo l’Italia, anche se il paragone sembra piuttosto scontato, ma l’Europa e il mondo tutto.
Spa sfarzose e bellezze statuarie stile Belen
Ecco perché si possono ammirare piscine che invece di essere una pedissequa imitazione delle antiche terme romane, sono belle e moderne come una Spa di lusso. Ai bordi della piscina sfilano stuoli di pin-up in succinti costumi da bagno, che attorniano Nerone, e che contribuiscono a dare il senso profondo di quella commistione tra sesso e potere, che da sempre è motore propulsore di personaggi politici di ieri e di oggi. Belle donne, stile Belen, e anche molto svestite, rappresentano una vera novità in ambiente operistico.
La sessualità e la sensualità permeano tutta la versione di Robert Carsen, dalle macchinazioni di Agrippina per far diventare imperatore suo figlio Nerone, a Poppea che si destreggia con tre uomini, Nerone, Ottone e Claudio, con abilità funambolica.
Sesso e potere, binomio esplosivo
Le emozioni nell’Agrippina in scena al Theater an der Wien sono espresse con tutto il loro vigore esplosivo. Non lontane e pallide evocazioni, ma potenti vibrazioni che hanno la forza dirompente del qui e ora, del nostro mondo attuale, dilaniato da contraddizioni e miserie, da macchinazioni politiche e manovre nascoste nell’ombra, dominato dall’informazione e dalla costante manipolazione delle notizie.
La retorica fascista tradotta architettonicamente
Incisiva e bellissima la scenografia di Gideon Davey, ispirata all’architettura fascista e in perfetta sintonia con la visione del regista. Il suo colosseo è il Palazzo della Civiltà del Lavoro, il cosiddetto Colosseo Quadrato, che campeggia ancora oggi con i suoi archi e le sue plastiche statue, all’Eur, il quartiere romano voluto da Benito Mussolini, simbolo della grandezza del potere del Duce.
Un’architettura su ampia scala, possente e lineare allo stesso tempo, epica ed essenziale, nella sua maestosa possanza. Il barocco in questa Agrippina si sfronda di ogni voluta, ricciolo, o ridondanza per lasciare spazio solo a linee essenziali, a quel minimalismo tronfio del fascismo, che ha saputo sfruttare al meglio la propaganda e tutti gli strumenti comunicativi per esercitare al massimo il potere.
Si fa sesso sulle scrivanie, la tv è il mezzo per sopire le coscienze, si sfruttano bellezza e fascino per raggiungere il potere.
La scenografia e la regia sono state gli elementi dirompenti che hanno avuto un fortissimo impatto su di me, più delle performance eccezionali dei cantanti, più della straordinaria direzione di Thomas Hengelbrock e delle sonorità dell’orchestra Balthasar Neumann Ensemble. Se Grimani si era preso il lusso di deridere la Chiesa, la vena satirica sottile e tagliente prosegue e viene amplificata da Carsen. La sua celebrazione della rincorsa del potere stile Francis e Claire Underwood in salsa romano-italica sa raggiungere vette sublimi.
La diretta streaming, altra piacevole novità
Ulteriore novità, la decisione di mandare in diretta streaming due delle repliche su Sonostream.tv, piattaforma online che offrirà non solo dirette ma anche video on demand della pièce. Moderna in tutto questa versione di Agrippina di Händel, che forse avrà fatto storcere il naso ai puristi melomani, ma che ha il pregio di saper dare nuova vita all’opera lirica.
Direzione impeccabile, cast talentuoso
Trionfa naturalmente la musica di Händel grazie alla sapiente e salda direzione di Thomas Hengelbrock. La sua Balthasar Neumann Ensemble è capace di rendere tutte le diverse sfumature emotive, offrendo al pubblico le note händeliane in tutta la loro rotondità e a tratti furiosa urgenza. Teatralmente ineccepibile e dotata non solo del physique du rôle ma anche di eccezionale padronanza tecnica Patricia Bardon, nel ruolo di Agrippina, assetata di potere, genio e scaltrezza inguainati in abiti firmati di pelle nera.
Grintosa, conturbante e incisiva Danielle de Niese, che sa regalare una Poppea sexy e capace di notevole empatia. Nerone, il controtenore Jake Arditti, sembra un po’ simile ai viziati e capricciosi figli di mamme italiche, un bamboccione ambizioso e pericoloso, che rincorre in modo spasmodico solo la poltrona, o meglio lo scettro imperiale. Mika Kares, basso talentuoso, dalle sonorità pastose, dà vita all’imperatore Claudio, facendolo quasi somigliare a un tycoon dei media, in bilico fra Trump e Mussolini. Filippo Mineccia, anch’egli controtenore, esprime al meglio un commovente Ottone, personaggio dotato di cuore e sentimenti nobili, unico baluardo contro inganni e sotterfugi. Notevole l’interpretazione di Pallante di Damien Pass. Tom Verney regala un vellutato Narciso. Divertente Christof Seidl nei panni di Lesbo. Tutti i cantanti hanno forza e spessore, dimostrandosi eccezionali individualità.
Ancora una replica, l’ultima, domani sabato 2 aprile. Assolutamente da non perdere!