La ragazza, l’emoji, il velo

Nella giornata internazionale dell’emoji, ecco la mia intervista alla 16enne che ha creato l’emoji con l’hijab. Si chiama Rayouf Alhumedhi e a fine 2017 è stata inserita da Time nell’elenco dei trenta teenager più influenti del pianeta. Rayouf è di origini saudite, ma vive a Vienna. Frequenta il liceo internazionale alla VIS con successo. È una ragazza intelligente, simpatica, socievole. Rayouf è musulmana e indossa il velo islamico, ovvero la sciarpa che copre testa e spalle, lasciando libero il volto.

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È lei che ha ideato e fatto in modo che quell’immagine di giovane donna con l’hijab diventasse un emoticon che tutti abbiamo notato all’interno del nostro smartphone, sia esso iPhone o Android. Qualche mese addietro oltre all’onore e alla gioia di essere diventata famosa per la sua iniziativa, il suo caso ha suscitato scalpore perché Rayouf è stata oggetto di un’incredibile ondata di odio in rete. Una pagina incresciosa dell’era dei social media, che ha visto coinvolti anche membri di spicco del mondo politico viennese. Attraverso le sue parole scopriamo di più sui suoi hater, su di lei e sul suo Paese, l’Arabia SauditaContinua a leggere



L’ISIS e la passione per il web austriaco

La propaganda dell’ISIS corre sul web, inarrestabile. La galassia jihadista mostra interesse per l’Austria. Per fare proselitismo online Daesh sfrutta sempre di più domini austriaci. Infatti le pagine internet austriache, ossia con la parte finale dell’URL “.at”, sono molto diffuse nella comunicazione di matrice jihadista. Molti di questi domini, se ne contano a dozzine, sono utilizzati da Amaq, l’agenzia stampa dell’ISIS, che è regolarmente coinvolta negli attacchi sferrati dai miliziani del Califfato, agendo come cassa di risonanza del jihad.

Un nesso, quello tra Amaq e pagine e canali internet austriaci, emerso soprattutto negli ultimi mesi e settimane, come ha evidenziato anche in un recente articolo il magazine online Vice. La registrazione di questi domini avviene principalmente attraverso nic.at GmbH, una società austriaca, che ha il suo quartier generale a Salisburgo. La nic.at sostiene di essersi resa conto del problema verso la metà di gennaio. Alcune di queste pagine sono rimaste attive per due o tre mesi. A livello di contenuti, però, non c’è nulla che la società possa fare per intervenire. La responsabilità è infatti demandata all’host provider. Inoltre la società salisburghese afferma con fermezza che il denaro dell’IS non è mai finito nelle casse della nice.at. Attualmente la società di Salisburgo sta cooperando con polizia e intelligence per bloccare più pagine possibili, come riportato dal Salzburger Nachrichten. Effettivamente esiste margine per agire. Se i domini vengono registrati con dati non corretti, allora è possibile intervenire per disattivarli. Finora sarebbero una dozzina i siti austriaci usati dall’ISIS che sono stati eliminati. Nel caso vengano forniti dati non corretti si creano infatti le condizioni per rompere il contratto e per bloccare immediatamente l’indirizzo.  Continua a leggere



Attenti agli hacker nordcoreani!

Non solo missili balistici, la Corea del Nord è una minaccia anche via web. Il pericolo rappresentato dagli hacker nordcoreani è concreto. Nel mirino, oltre a molte istituzioni finanziarie mondiali, anche la Banca Nazionale dell’Austria e la sussidiaria polacca del gruppo Raiffeisenbank. Obiettivo dei cybercriminali: raccogliere fondi per il regime di Pyongyang. Esperti di sicurezza informatica hanno trovato nel codice di un software malevolo usato dagli hacker, una lista con centinaia tra istituti di credito, società e autorità del settore finanziario. Tutti possibili obiettivi di eventuali, successivi cyberattacchi. Ben 104 potenziali futuri target, in 31 diversi Paesi. Tra questi, anche alcune società e banche in Austria. Secondo la stampa locale avrebbero subito cyberattacchi sia la Banca Nazionale austriaca, sia la Raiffeisenbank. Ho contattato personalmente Christian Gutlederer, portavoce della OeNB (Österreichische Nationalbank) e mi ha confermato che la Banca Nazionale austriaca non ha subito alcun attacco, o tentativo di attacco informatico. Anche se Gutlederer non esclude che l’OeNB potesse essere nell’elenco trovato nel codice usato dagli hacker. La Raiffeisen Bank International, invece, ha informato che la sua sussidiaria in Polonia, Raiffeisen Polbank, è stata oggetto di un cyberattacco. Però l’istituto di credito ha anche precisato che nessun danno è stato arrecato alla banca, o ai suoi clienti. Lo scorso settembre, però, la Banca Nazionale dell’Austria aveva subito un attacco DDoS, portato a segno da hacker turchi, che aveva mandato in tilt il sito, paralizzandolo con un’immensa quantità di richieste, ma per fortuna senza danni.

Che non si possano dormire sonni tranquilli lo dimostra il fatto che con simili cyberattacchi l’anno scorso sono stati rubati 81 milioni di dollari alla Banca Centrale del Bangladesh. Le autorità statunitensi ritengono che dietro a questa serie di hackeraggi ci siano sempre pirati informatici nordcoreani. Lo stesso gruppo criminale ha sferrato cyberattacchi in Asia, Nord America ed Europa. E sempre l’anno scorso, c’è stata un’ondata di hackeraggi ai danni di istituti di credito della Polonia. Secondo quanto riporta il quotidiano Der Standard, la società di sicurezza informatica Symantec ha analizzato il software malevolo utilizzato dai criminali digitali e all’interno del codice ha trovato un elenco con ulteriori obiettivi.  Continua a leggere



Combattere l’ISIS via web

L’attacco a Dacca in Bangladesh e le bombe a Baghdad, che hanno ucciso più di 200 persone in Iraq facendo strage di bambini e donne, dimostrano che la guerra dichiarata dai terroristi islamici è planetaria. La paura e la scia di sangue seminati dall’ISIS non conoscono confini. Il teatro del conflitto è mondiale. Il commando del Jmb (il gruppo Jamaat-ul-Mujahideen Bangladesh), che ha agito all’Holey Artisan Bakery, ha ucciso 20 persone. Nove vittime erano italiane. Un macabro spettacolo che non solo ha lo scopo di spaventare il mondo, mandando in corto circuito la normale vita di ogni giorno, ma serve anche a motivare i militanti, a ridare vigore all’organizzazione, in tutte le sue ramificazioni. Se tutti questi attentati hanno anche l’obiettivo di diffondere terrore nel mondo e irretire nuovi adepti, la propaganda del terrorismo islamico corre veloce sul web. Vengono adoperati tutti i social media per fare proselitismo, per allargare la sfera d’influenza, per svegliare cellule in sonno o singoli zombie, per aizzare pericolosissimi cani sciolti.

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Ed è proprio per iniziare a combattere l’ISIS e Al Qaeda sul loro stesso terreno, quello della propaganda su internet, che il Prof. Rüdiger Lohlker, della Facoltà di Studi Orientali dell’Università di Vienna, ha dato inizio a un progetto di contro-propaganda, che sfrutta il web e punta a contrastare un assunto fondamentale: che l’ISIS rappresenti la vera interpretazione dell’Islam, che siano i soli ad essere i veri musulmaniContinua a leggere