Dubai, aiuti umanitari e SDG

Gli SDG, obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU, dominano la DIHAD, la conferenza e mostra sugli aiuti e lo sviluppo umanitario di Dubai. Giunta alla 18esima edizione, l’appuntamento annuale è diventato la più grande piattaforma di interscambio e confronto per il settore degli aiuti umanitari nell’area del Medio Oriente, Nord Africa e Sud dell’Asia, e un punto di riferimento dell’intero comparto a livello mondiale. Cambiamenti climatici, parità di genere, salute e benessere, qualità delle acque, sviluppo sostenibile, eliminazione della fame nel mondo, crescita economica e lavoro per tutti, pace e giustizia, l’importanza delle partnership per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, sono i temi toccati attraverso dibattiti e momenti di confronto.

Sullo sfondo la pandemia, dalla quale non siamo ancora usciti, e il violento conflitto in Ucraina che stanno colpendo in maniera dura proprio le fasce più vulnerabili della popolazione mondiale, aggravando piaghe endemiche. “Il mondo non è affatto in buone condizioni. Il numero di persone che soffrono la fame è aumentato, la sicurezza alimentare è sotto grande pressione e questa situazione si è protratta negli ultimi dieci anni a causa dei conflitti, perché le guerre sono il principale motivo per cui esiste la fame nel mondo -mi racconta Mageed Yahia, Direttore del World Food Programme negli Emirati e Rappresentante nell’area GCC- In Yemen, Siria, Sud Sudan, Etiopia la situazione di crisi è prodotta dai conflitti in atto. Poi ci sono i cambiamenti e gli shock climatici che portano siccità, alluvioni. Questi cambiamenti climatici sono reali e stanno concretamente compromettendo la sicurezza alimentare. Guardiamo a ciò che sta accadendo nel Corno d’Africa, nel Sahel in Africa, in Afghanistan, dove conflitti e cambiamenti climatici sono oggi le principali cause della fame”.

Un elemento chiave che è emerso dal dibattito è l’importanza dell’innovazione che sta ridefinendo i modelli di intervento e collaborazione delle organizzazioni umanitarie. “Le tecnologie sono straordinariamente a disposizione e ci permettono di fare cose incredibili a distanza di migliaia di chilometri -mi dice Giuseppe Saba, CEO International Humanitarian City (IHC) di Dubai- Quest’anno la DIHAD è focalizzata sugli SDG e soprattutto sul numero 17, relativo alla partnership. Fare azione umanitaria non può essere un atto individuale, ma va fatto in partenariato, insieme ad altri, perché ognuno ha le proprie capacità, mandati, specializzazioni, ma ciò di cui c’è bisogno è muoversi insieme, sfruttando al massimo le sinergie. L’innovazione è un imperativo categorico. Eventi come la DIHAD mettono in contatto anche con questa parte dell’innovazione tecnologica che comunque va sollecitata, perché possiamo offrire qualcosa di meglio e più innovativo che semplici tende e coperte”. Scopriamo di più sui temi affrontati alla DIHAD e sul quadro delineato dagli operatori del settore umanitario.  Continua a leggere



Dubai, aiuti umanitari e COVID19

Le crisi umanitarie non conoscono tregua e la pandemia rischia di acuirle. A Dubai si è discusso del modo più efficace per aiutare i Paesi bisognosi. Associazioni benefiche, organi decisionali, ONG e istituzioni si sono riuniti nel corso della 17esima edizione della DIHAD, Dubai International Humanitarian Aid and Development Conference, per devolvere aiuti umanitari e sanitari in Africa adottando le strategie più efficaci. 5.300 partecipanti, 640 tra organizzazioni pubbliche e private, 467 incontri B2B, più di 84 Paesi partecipanti, 48 speaker di famose organizzazioni umanitarie intervenuti alla tre giorni di dibattiti e workshop.

Quest’anno lo sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan, Principe ereditario di Abu Dhabi e Vice Capo supremo delle Forze Armate degli Emirati, è stato insignito dell’onorificenza “2021 DIHAD International Personality Award for Humanitarian Relief”. La motivazione del premio è il continuo supporto dato all’organizzazione di aiuti umanitari a livello internazionale, con particolare enfasi per gli sforzi compiuti nel combattere il coronavirus anche con iniziative quali Waterfalls che punta a garantire circolazione delle informazioni e formazione a milioni di medici e paramedici. Un riconoscimento ritirato dallo sceicco Saif bin Zayed Al Nahyan, Vice Primo Ministro e Ministro dell’Interno.

La cooperazione a livello internazionale è alla base di interventi capaci di portare reale beneficio alle popolazioni bisognose del continente africano. Le azioni isolate non riescono ad essere risolutive. Per essere incisivi è necessario uno sforzo corale, ben strutturato, che veda lavorare fianco a fianco settore pubblico e privato, come mi spiega Giuseppe Saba, CEO dell’International Humanitarian City (IHC) di Dubai. “Bisogna essere estremamente chiari: lavorare insieme non è un’opzione, è un obbligo. Nel mio precedente incarico alle Nazioni Unite e oggi che lavoro per il governo di Dubai, con una posizione eccezionale per uno straniero, ci sono indubbiamente due elementi che sono imprescindibili: lavorare insieme ed inglobare all’interno del lavoro umanitario anche il settore privato”. Vediamo insieme attraverso gli esperti e i responsabili umanitari di alcuni Paesi africani quali sono le indicazioni emerse per affrontare le sfide del futuro, dal coronavirus alle vaccinazioni, dai cambiamenti climatici alle emergenze preesistenti alla pandemia in Africa.  Continua a leggere