La cripto-banca del vino

Nasce la Italian Wine Crypto Bank, prima cripto-banca del vino italiano basata su blockchain e criptovalute. Il suo cuore tecnologico è a Dubai. La IWCB non ha scelto a caso l’emirato, hub innovativo di punta nello scenario internazionale, capace di supportare tecnologicamente e sviluppare un progetto così ambizioso e futuribile. La ragione sociale, invece, è stata stabilita ad Hong Kong, perché i vini italiani stanno conquistando sempre più spazio sul mercato cinese. La Italian Wine Crypto Bank di fatto è un luogo, non fisico, in cui comprare vini pregiati italiani utilizzando esclusivamente criptomonete.

“In Italia si guarda con molto sospetto a token, digital asset e criptocurrency, ma se persino la più grande casa d’aste del mondo come Christie’s ha iniziato ad accettare monete virtuali per il pagamento di aste tradizionali, il futuro appare ben delineato” mi racconta Rosario Scarpato, Fondatore e Direttore dell’Italian Wine Crypto Bank. La IWCB intende mettere assieme le cantine e i produttori vitivinicoli con coloro che utilizzano la tecnologia blockchain e i digital asset, circa 200 milioni di persone in tutto il mondo. Un settore di mercato che comprende la fascia di età tra i 29 e i 35 anni, con elevata disponibilità finanziaria e un livello di istruzione alto. “La Italian Wine Crypto Bank non punta solo a coinvolgere i cosiddetti bitcoiner, ma anche a raggiungere i collezionisti, aprendo nuovi mercati ai vini di pregio del nostro Paese” sottolinea Rosario Scarpato. Vediamo insieme come funziona questa cripto-banca del vino e quali cantine italiane vi hanno finora aderito.  Continua a leggere



Emirati leader nel blockchain

Nuovo passo verso la regolamentazione delle criptovalute negli Emirati Arabi Uniti. BitOasis, una piattaforma di cambio su tecnologia blockchain basata negli EAU ed operativa in Medio Oriente e Nord Africa, sarà la prima ad ottenere una licenza speciale per svolgere la propria attività nella regione mediorientale. Un’approvazione preliminare è già arrivata dall’Autorità che regola i Servizi Finanziari negli Emirati, che dipende dall’Autorità del Mercato Globale di Abu Dhabi.

Il settore delle cryptocurrency è per lo più privo di licenze e regole in molti dei principali hub finanziari mondiali. Questa situazione ancora poco chiara ha dato spazio alla creazione di piccole giurisdizioni a Malta e nel Liechtenstein, ma poco si è fatto finora su scala più ampia. Alla fine di febbraio il Bahrain, il più piccolo Paese del mondo arabo, ha legiferato in materia di criptovalute.

Per il mondo di Bitcoin e blockchain, però, la notizia del coinvolgimento di un Paese così importante nell’area del Golfo e nello scacchiere internazionale come gli Emirati Arabi Uniti, potrebbe segnare un decisivo cambio di passo, mettendo ordine nell’attuale giungla deregolamentata. Scopriamo di più su BitOasis e su quanto importanti stiano diventando criptovalute e tecnologia blockchain negli EAU e nel Medio OrienteContinua a leggere



Il bitcoin verde, una truffa?

Vienna introduce i primi bitcoin ecologici, prodotti con energia rinnovabile. La startup Hydrominer, per ovviare all’enorme dispendio di elettricità legato al processo di mining, ha deciso di servirsi di piccoli impianti di energia idroelettrica. Un problema particolarmente sentito quello dei consumi legati alla produzione di cryptocurrency. Basti pensare che una delle più grandi fabbriche al mondo dove si fa mining, che si trova in Cina, pari al 4% del network complessivo mondiale, paga bollette salatissime da 39.000 dollari al giorno. Mentre lo 0,13% dell’elettricità globale è assorbito per fabbricare bitcoin. A Vienna l’interesse per i bitcoin cresce in modo graduale e costante, tanto che meno di un anno fa, quando BTC aveva raggiunto quota 1.000 dollari, aveva aperto i battenti, in pieno centro città, la prima “banca” in bitcoin.

Al di là della svolta green impressa ai bitcoin, sembra, però, che la startup viennese di criptovaluta abbia violato alcune norme sul finanziamento dei capitali di mercato. Ecco perché nei bitcoin offerti dalla Hydrominer potrebbero esservi irregolarità. A metà ottobre, infatti, vi sarebbe stato il lancio sul mercato, la cosiddetta ICO, Initial Coin Offering. Un mercato, quello delle ICO, che sta vivendo un vero boom nel corporate finance. Ben 3 miliardi di dollari generati dalle transazioni corporate quest’anno, secondo Coindesk.com. La Hydrominer avrebbe convertito 3.2 milioni di dollari in Ethereum e la sua ICO è stata la terza fatta in Austria. Secondo alcuni esperti la FMA (Finanzmarktaufsicht Österreich), l’Autorità di vigilanza sul Mercato Finanziario, potrebbe aver già avviato un’indagine. Scopriamo di più su questi bitcoin verdi, amici dell’ambiente e sulle eventuali violazione di cui la startup di cryptocurrency viennese si sarebbe resa responsabileContinua a leggere