Art Dubai, tra Global South e metaverso

In primo piano a Dubai l’arte proveniente da latitudini lontane dai circuiti mainstream, il Metaverso, il concetto del tempo e anche un po’ di Italia. Il Global South, quella porzione di mondo così poco rappresentata nelle altre fiere artistiche internazionali più legate a una visione occidentalocentrica, trovano spazio e sostanza ad Art Dubai. Alla sua 16esima edizione la fiera offre un punto di vista alternativo su quanto prodotto in regioni quali Medio Oriente, Africa, Sud-Est dell’Asia, ed è in grado di aprire uno squarcio su tutte quelle componenti variegate che contribuiscono ad animare il panorama multiculturale dell’emirato.

“Il concetto di Global South è emerso circa 10 anni fa -mi racconta Pablo del Val, Direttore Artistico di Art Dubai– Noi siamo stati tra i primi ad usarlo, quando tutti dicevano che non si poteva perché aveva questa connotazione legata al colonialismo e al post-colonialismo, ma poi tutti hanno iniziato ad adoperarlo. Credo che sia un modo per descrivere quelle geografie che non sono incluse nel dibattito occidentale, che non si trovano nei centri finanziari tradizionali, e non seguono le tradizioni giudaico-cristiane occidentali ma fanno invece riferimento ad altre culture”. Negli Emirati Arabi Uniti coabitano 200 nazionalità diverse, con una presenza maggioritaria di indiani, seguiti da pakistani, bengalesi, e altre provenienti da Asia, Europa e Africa. “Questo è il motivo per cui Art Dubai dialoga ed entra in relazione con queste comunità, perché non si può costruire un progetto che non sia in connessione con la realtà in cui viene sviluppato, in cui prende vita” prosegue il Direttore Artistico del Val. “Il mercato di Dubai è in un ottimo momento -gli fa eco Benedetta Ghione, Direttore Esecutivo di Art Dubai- Credo che il lavoro che abbiamo fatto da 17 anni a questa parte, di cercare di sostenere e far crescere l’ecosistema culturale della città e della regione, stia veramente cominciando a dare i suoi frutti, combinato ovviamente con il momento economico che la città sta vivendo. Per cui da una parte i nostri sforzi di creare una capitale per l’arte del Sud Globale, di portare contenuti che siano diversi, freschi, e dall’altra parte ottimi collezionisti, nuove istituzioni, nuove possibilità, per un mercato dell’arte che globalmente si sta ridefinendo”. Andiamo a scoprire insieme di più su Art Dubai.  Continua a leggere



La cripto-banca del vino

Nasce la Italian Wine Crypto Bank, prima cripto-banca del vino italiano basata su blockchain e criptovalute. Il suo cuore tecnologico è a Dubai. La IWCB non ha scelto a caso l’emirato, hub innovativo di punta nello scenario internazionale, capace di supportare tecnologicamente e sviluppare un progetto così ambizioso e futuribile. La ragione sociale, invece, è stata stabilita ad Hong Kong, perché i vini italiani stanno conquistando sempre più spazio sul mercato cinese. La Italian Wine Crypto Bank di fatto è un luogo, non fisico, in cui comprare vini pregiati italiani utilizzando esclusivamente criptomonete.

“In Italia si guarda con molto sospetto a token, digital asset e criptocurrency, ma se persino la più grande casa d’aste del mondo come Christie’s ha iniziato ad accettare monete virtuali per il pagamento di aste tradizionali, il futuro appare ben delineato” mi racconta Rosario Scarpato, Fondatore e Direttore dell’Italian Wine Crypto Bank. La IWCB intende mettere assieme le cantine e i produttori vitivinicoli con coloro che utilizzano la tecnologia blockchain e i digital asset, circa 200 milioni di persone in tutto il mondo. Un settore di mercato che comprende la fascia di età tra i 29 e i 35 anni, con elevata disponibilità finanziaria e un livello di istruzione alto. “La Italian Wine Crypto Bank non punta solo a coinvolgere i cosiddetti bitcoiner, ma anche a raggiungere i collezionisti, aprendo nuovi mercati ai vini di pregio del nostro Paese” sottolinea Rosario Scarpato. Vediamo insieme come funziona questa cripto-banca del vino e quali cantine italiane vi hanno finora aderito.  Continua a leggere



Emirati leader nel blockchain

Nuovo passo verso la regolamentazione delle criptovalute negli Emirati Arabi Uniti. BitOasis, una piattaforma di cambio su tecnologia blockchain basata negli EAU ed operativa in Medio Oriente e Nord Africa, sarà la prima ad ottenere una licenza speciale per svolgere la propria attività nella regione mediorientale. Un’approvazione preliminare è già arrivata dall’Autorità che regola i Servizi Finanziari negli Emirati, che dipende dall’Autorità del Mercato Globale di Abu Dhabi.

Il settore delle cryptocurrency è per lo più privo di licenze e regole in molti dei principali hub finanziari mondiali. Questa situazione ancora poco chiara ha dato spazio alla creazione di piccole giurisdizioni a Malta e nel Liechtenstein, ma poco si è fatto finora su scala più ampia. Alla fine di febbraio il Bahrain, il più piccolo Paese del mondo arabo, ha legiferato in materia di criptovalute.

Per il mondo di Bitcoin e blockchain, però, la notizia del coinvolgimento di un Paese così importante nell’area del Golfo e nello scacchiere internazionale come gli Emirati Arabi Uniti, potrebbe segnare un decisivo cambio di passo, mettendo ordine nell’attuale giungla deregolamentata. Scopriamo di più su BitOasis e su quanto importanti stiano diventando criptovalute e tecnologia blockchain negli EAU e nel Medio OrienteContinua a leggere



Chi ha paura dei Bitcoin?

In Austria c’è molto scetticismo nei confronti dei Bitcoin e delle criptovalute in genere. Un terzo degli austriaci vorrebbe persino che venissero proibiti, mentre finora solo il 4% dice di averli usati per acquisti, o transazioni. Anche se a Vienna esiste una startup che ha creato i cosiddetti Bitcoin verdi, ovvero amici dell’ambiente, e circa un anno fa ha aperto i battenti in pieno centro la prima “banca in Bitcoin”, il rischio frodi sembra ancora frenare il diffondersi di una cultura delle criptovalute.

Un consistente 14% di austriaci dice di non averne mai sentito parlare, malgrado i Bitcoin, sia pur con qualche inevitabile fluttuazione, continuino a macinare record su record e abbiano fatto il loro ingresso anche nel mondo della finanza, con i recenti scambi sui futures. Il 31% degli austriaci si dice addirittura favorevole a un loro eventuale bando. Una sostanziale sfiducia, caratterizzata dal sospetto e dalla scarsa conoscenza delle cryptocurrency. Il rischio di perdere i propri investimenti per l’azione di cybercriminali è ancora fonte di preoccupazione e forse è alla base della scarsa presa su larga scala di Bitcoin & Co. Questo è il quadro che emerge da un recente sondaggio pubblicato dal quotidiano Der Standard. Vediamo insieme come si compone il campione intervistato e quali altre curiosità emergano sul modo in cui i Bitcoin vengono percepiti in AustriaContinua a leggere