Austria, immigrazione selettiva

Crescita zero? L’Austria ha la soluzione: accogliere più immigrati. Non però in modo indiscriminato, bensì selettivo. Com’è possibile se proprio il governo federale ha posto un tetto sul numero dei richiedenti asilo, sulla spinta di una sempre crescente percentuale di austriaci che ritiene vi siano troppi rifugiati? Il Ministero dell’Interno austriaco ha presentato pochi giorni fa uno studio demografico che dimostra come l’Austria sia un Paese vecchio, con un indice di natalità troppo basso, di 1,4 bambini. Secondo Heinz Fassmann, esperto di demografia del Consiglio dell’Immigrazione, il solo modo perché il sistema sociale austriaco non collassi, mantenendo costante il numero di 15enni proporzionale ai 64enni, si otterrebbe solo grazie agli immigrati, e ne servirebbero 50.000 in più su base annua, da inserire nel tessuto sociale austriaco. Questo, però, non significa il ripristino di una politica delle porte aperte a tutti. L’obiettivo è targettizzare i flussi per attrarre immigrazione qualificata in Austria, soprattutto da quei Paesi, o aree geografiche dove esiste un’alta scolarizzazione e un’adeguata preparazione in campi specifici.

img_4183

La quota di rifugiati da ricollocare in Austria secondo le disposizioni di Bruxelles è di 1.900, di questi ne mancano ancora 400, che il governo vorrebbe andare a prelevare in Giordania e Libano, scegliendo sopratutto nuclei familiari. Riguardo a un’immigrazione per così dire scelta, è probabile che l’Austria si orienti invece verso Paesi come l’Ucraina o la Serbia, fucine di esperti programmatori e informatici, oppure su Filippine, Cina e India, che sfornano ingegneri di alto livello. A tal scopo il Ministro Wolfgang Sobotka (ÖVP) presenterà il rapporto anche ai suoi colleghi del governo federale, per lanciare una strategia adeguata nella prima metà del 2017. Inoltre Sobotka ha intenzione di istituire su base permanente un’apposita commissione, presieduta proprio da Heinz Fassmann, per tenere costantemente sotto controllo questo processo che attiri cervelli e competenze specifiche qualificate sul suolo austriaco, così da dare la necessaria nuova linfa al Paese.  Continua a leggere



Migranti, nuove rotte della morte

Le nuove rotte dei migranti sono sempre più pericolose e irte di imprevisti. Più che mai a rischio c’è la vita, perché sempre più precarie e drammatiche sono le condizioni in cui viaggiano gli immigrati illegali: a bordo di container, nascosti in modi fortunosi su camion, navi cargo o treni merci. In Croazia, sabato notte, sono scampati da morte certa 67 migranti, stipati in un furgone con targa britannica. Si trovavano pressati all’interno di un vano di appena 10 metri quadrati. Il veicolo è stato fermato dalla polizia croata lungo l’autostrada, a 100 km. da Zagabria. I 67 migranti erano afghani e pakistani, molti di loro già in stato d’incoscienza per le esalazioni da monossido di carbonio e per il freddo. Ne ha dato notizia il Ministro dell’Interno croato Vlaho Orepic. Tutti i clandestini sono stati soccorsi e ricoverati nei vicini ospedali della zona attorno a Novska. Assicurati alla giustizia i guidatori del mezzo, due bulgari, arrestati dalle autorità croate. I migranti speravano di raggiungere l’Europa Occidentale, forse l’Austria, o la Germania. Saranno invece tutti rispediti in Serbia, Paese dal quale probabilmente hanno intrapreso questo tragitto, che poteva trasformarsi in un appuntamento con la morte.

c_2_articolo_3040526_upiimagepp

Anche se la cosiddetta rotta balcanica è stata pressoché sigillata, a partire dallo scorso marzo, grazie a barriere e recinzioni, l’Agenzia di Protezione di Confini e Coste Frontex ha comunicato che nel 2016 almeno 180.000 rifugiati sono comunque riusciti a penetrare in Europa Occidentale utilizzando queste rischiosissime rotte alternative. Le autorità austriache fermano una media di circa 100-150 migranti illegali ogni giorno.  Continua a leggere



L’Austria è verde

La vittoria stavolta è netta. Il nuovo Presidente federale austriaco è Alexander Van der Bellen, spalleggiato dai Grünen (Verdi). Così l’Austria si ritrova verde, in una fredda domenica d’inverno. Ammette subito la sconfitta Norbert Hofer, il candidato ultranazionalista. Il margine percentuale non lascia spazio a dubbi: 53,8% per Van der Bellen, 46,2% per Hofer, considerando nel computo anche i voti postali. Sovvertiti tutti i pronostici, anche quelli dei bookmaker, che davano sicura la vittoria del candidato dell’FPÖ. Nessuna contestazione sarà possibile. Stavolta era presente anche una piccola delegazione dell’OSCE per sovrintendere allo spoglio delle schede. I voti postali non potranno sovvertire il risultato, che appare in tutta la sua cristallina limpidezza, anzi lo consolideranno. Un plebiscito il voto viennese: 65% al candidato ecologista e 35% al candidato ultranazionalista. “Voglio un’Austria europeista -ha detto il Presidente eletto Van der Bellen- Impegnata per i vecchi valori di libertà, uguaglianza e solidarietà”. E con lui alla Hoffburg certamente lo spettro di elezioni anticipate scompare e il governo del Cancelliere Kern riacquista davanti a sé un orizzonte temporale più ampio, che può consentirgli di arrivare alla fine della legislatura, nel 2018.  “Vorrei che alla fine dei miei sei anni di mandato la gente, incontrandomi per strada, possa dire lei è il nostro Presidente, non il Presidente, ma il Presidente di tutti gli austriaci”, le prime parole di Van der Bellen ricalcano i toni ecumenici e concilianti usati per tutta la campagna elettorale, diventata molto dura nelle sue fasi finali, per i ripetuti attacchi di Hofer, sferrati soprattutto negli ultimi duelli televisivi.

c_2_box_19354_upifoto1f

Un’aggressività, quella del candidato dell’FPÖ, che tradiva un certo nervosismo, forse la sensazione di vedere eroso quel vantaggio di cui era accreditato. Ha sempre avuto un atteggiamento presidenziale Van der Bellen, mostrandosi sicuro di agguantare la vittoria per la seconda volta: “L’ho già battuto, posso riuscirci di nuovo” aveva detto più volte, correndo il rischio di sembrare persino un po’ presuntuoso. Eppure la certezza di questi numeri, fino all’ultimo, non l’aveva neppure lui. È stata la vittoria della ragione, sulla paura e la rabbiaContinua a leggere



Effetto Trump e Facebook

Le elezioni in Austria sono cruciali, non solo per l’Ue. Le prime dopo l’effetto Trump, che ha spazzato via il politically correct, sdoganando aggressività, estremismo, retorica populista. Le prime nell’era di Facebook e del dilagare delle fake news. L’Austria potrebbe avere il primo Presidente Federale espressione della destra radicale dal 1945 ad oggi e potrebbe aprire le porte a un’inarrestabile avanzata di movimenti populisti, nazionalisti, anti-migranti, anti-casta, nel resto dell’Unione europea, a partire da FranciaItalia. Sarà difficile bollare come caso isolato la quasi certa vittoria di Norbert Hofer al ballottaggio di domenica. Sarà difficile isolare e ostracizzare l’Austria, uno dei Paesi membri dell’Ue più ricchi, geograficamente e politicamente parte del cuore pulsante del vecchio continente. Potrà, il candidato dell’FPÖ giovarsi dell’effetto Trump? “Da un lato Hofer potrebbe trarre profitto dalla vittoria di Trump e dalla Brexit, ma dall’altro, proprio per gli scenari di globale instabilità che si dischiuderebbero, potrebbe anche esserne svantaggiato” mi spiega la Prof. Sieglinde Rosenberger, del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Vienna.

c_2_articolo_3017748_upiimagepp

Esiste però un altro fenomeno, la retorica populista da social media, che forse anche in Austria, come già negli Stati Uniti, sta prendendo sempre più piede. “C’è un sentimento in forte crescita che incita all’idea del sì, possiamo farcela! Possiamo avere i voti necessari per cambiare le cose -sottolinea la Prof. Rosenberger– E questa retorica potrebbe far perdere terreno a Van der Bellen, facendo propendere l’ago della bilancia a favore di Hofer”.  Continua a leggere



Elezioni, cosa votano le celeb?

In Austria, in perfetto stile americano, le celeb dichiarano pubblicamente con quale dei due candidati alle presidenziali si schierano, se Norbert HoferAlexander Van der Bellen. Ecco per chi voteranno alcuni nomi tra quelli più conosciuti anche in Italia. L’icona, o di certo il personaggio austriaco più conosciuto all’estero è Conchita Wurst, la Drag Queen barbuta, assurta agli onori della cronaca planetaria dopo aver vinto l’Eurovision Song Contest 2014, grazie alla sua straordinaria voce, ma anche a un look “peloso” che ha stregato pubblico e giuria. Una vera celeb, la Wurst, visto che la statua di cera che la ritrae al Museo Madame Tussauds di Vienna, è stata prestata alla sede di Berlino per due mesi, per la cifra di 200.000 euro. Conchita, al secolo Thomas Neuwirth, classe 1988, si è detta a favore di Van der Bellen. A sostegno del candidato verde la Drag Queen ha realizzato anche un video: “Gehen Sie Van der Bellen wählen” (“Andate a votare per Van der Bellen”). L’economista prestato alla politica, secondo Conchita, garantisce all’Austria un respiro cosmopolita e un ruolo importante in un’Europa più forte.

image

Felix Baumgartner, invece, paracadutista e base jumper austriaco, è diventato famoso il 14 ottobre 2012 per essersi lanciato da un pallone a elio nella stratosfera in caduta libera. In quell’occasione ottenne il record di altezza del lancio da 38.969 metri e anche il record per essere l’unico paracadutista ad aver superato la velocità del suono, toccando la velocità massima di 1.357 km/h. Attraverso la sua pagina Facebook, seguita da un milione e mezzo di fan, Baumgartner fa sapere che occorre dare fiducia e una chance a un candidato giovane come Hofer, il cui nome non è bruciato, come quello di altri politici di professione.  Continua a leggere



Elezioni al veleno: Hitler, cani, bugie

In Austria si vivono le fasi finali di una campagna elettorale lunghissima, ben 11 mesi, e piena di colpi bassi, assestati con una durezza senza precedenti. Sui social media sono circolate foto che mostrano uno scatto della campagna elettorale di Van der Bellen, che lo ritrae in montagna con il suo cane, affiancato all’immagine di Hitler con il suo cane pastore. Il tutto condito di commenti ironici. L’immagine è stata persino postata su Twitter dal manager della campagna di Hofer, Martin Glier. Molte le voci che davano l’economista prestato alla politica malato di cancro. Per tacitare tali accuse Van der Bellen si è difeso, pubblicando i risultati delle sue visite mediche, come prova che demolisse qualsiasi illazione circolata sulle sue precarie condizioni di salute. Eppure sulla lucidità, prontezza di spirito e capacità di reazione del candidato verde, sono in molti a nutrire dubbi, soprattutto dopo gli ultimi due faccia a faccia televisivi con il suo giovane e agguerrito rivale, nei quali alcuni lo hanno trovato appannato. Strache ha ironizzato su Twitter sul fatto che in una foto sembrava avesse dimenticato di rasarsi metà del volto, aggiungendo: chissà cos’altro può dimenticarsi Van der Bellen.

dd505211-0b09-4fc7-9fac-1f6ad6c82c77

Molte le vandalizzazioni dei poster di entrambi i candidati, spesso con svastiche e scritte naziste. Forte l’accusa da parte di Hofer a Van der Bellen, definito “dittatore fascista verde”.  Secondo Lothar Lockl, direttore della campagna del candidato verde, è stata la campagna elettorale più dura e scorretta degli ultimi decenni. Di certo è la prima volta che i due candidati alla Presidenza federale non siano espressione dei due maggiori partiti politici austriaci SPÖ e ÖVP, che dal dopoguerra si spartiscono il potere e che attualmente sono alla testa della Große Koalition che governa il Paese. Pur essendo entrambi i candidati considerati anti-establishment, molti giornalisti hanno fatto notare a Norbert Hofer che ricoprendo di fatto la terza carica dello Stato, in qualità di secondo vice-presidente del Consiglio Nazionale , facente funzione di Presidente federale con Doris Bures (Presidente) e Karlheinz Kopf (vice-presidente), è la massima espressione dell’ordine costituito che, a parole, dice di voler sovvertire.  Continua a leggere



Un duello tv senza graffi

Testa a testa, too close to call, troppo vicini per poter dire chi vincerà. A una settimana dal voto il risultato delle presidenziali austriache è più che mai aperto. Neppure il penultimo duello televisivo nell’emittente privata ATV ha rimescolato le carte. Norbert Hofer e Alexander Van der Bellen hanno dato vita a uno scontro non particolarmente duro, senza graffi. Stavolta il faccia a faccia non si è svolto senza conduttore, come lo scorso maggio. Un dibattito che a suo tempo aveva suscitato non poche polemiche e nel corso del quale non erano mancati colpi bassi. Un match che forse si era rivelato decisivo per l’attribuzione della Presidenza federale. A moderare il duello tv stavolta c’è il giornalista Martin Thür, anche se nel frattempo, però, sono trascorsi 7 mesi e tutto il contesto internazionale e nazionale appare completamente differente.

c_2_articolo_3017748_upiimagepp

Tanti gli eventi che hanno cambiato profondamente l’assetto mondiale: la Brexit, la vittoria di Donald Trump, il colpo di stato turco e la votazione del Parlamento Europeo sul congelamento dei negoziati per l’accesso della Turchia nell’Ue. Non ultima la dichiarazione di voto del capogruppo dell’ÖVP in Parlamento, Reinhold Lopatka, che ha dichiarato di preferire Hofer. Prima di lui già altri notabili del Partito Popolare avevano reso pubblico il proprio voto, schierandosi a favore di Van der Bellen: il Segretario dell’ÖVP e Vice-cancelliere Reinhold Mitterlehner e il Ministro della Famiglia Sophie KarmasinContinua a leggere



Austria: presidenziali nella palude

La lunghissima campagna elettorale per le presidenziali in Austria è in netta fase di stanca. Lo dimostra lo spazio non eccessivo dato dai media austriaci al secondo duello televisivo sull’emittente Puls 4 tra i due candidati: Norbert Hofer e Alexander Van der Bellen. Pochi i soldi a disposizione dei candidati per finanziare una campagna sfilacciata che dura da ben 11 mesi. Scarso l’interesse dei cittadini austriaci, che si ritroveranno a votare per il nuovo Presidente Federale quasi a distanza di sette mesi dal ballottaggio del 22 maggio. Votazione a suo tempo vinta da Van der Bellen per un soffio (appena 31.000 voti), poi annullata dalla Corte Costituzionale e ulteriormente slittata al 4 dicembre per il problema delle buste dei voti postali che non chiudevano, per colpa di una colla scadente. Di rinvio in rinvio è cambiato radicalmente tutto il contesto geopolitico mondiale. La vittoria della Brexit in Gran Bretagna, il trionfo di Donald Trump alla Casa Bianca. Mutati fortemente anche gli assetti globali, che hanno visto riavvicinamenti e alleanze nuove o ritrovate, come la Turchia e la Russia, le Filippine e la Cina, e che dal 2017 potrebbero registrare eventuali ulteriori scossoni, come nei rapporti tra Iran e Stati Uniti. Sullo sfondo l’avanzata in tutta Europa di movimenti che cavalcano l’antipolitica, il protezionismo, l’isolazionismo, il nazionalismo, il rifiuto del diverso.

c_2_articolo_3017748_upiimagepp

I riflettori sono puntati sull’Austria, dove il 4 dicembre si disputerà finalmente il ballottaggio per decidere chi sarà il Presidente della Repubblica. Al momento in vantaggio c’è sempre Hofer, dato da tutti per favorito. Riuscirà davvero il candidato dell’FPÖ a sfruttare a proprio vantaggio l’onda lunga dell’effetto Brexit e TrumpContinua a leggere



Proteggere i confini: a lezione da Israele

In visita in Israele, il Ministro della Difesa austriaco Hans Peter Doskozil, ha approfittato non solo per rinsaldare le relazioni diplomatiche e per ottenere l’expertise nel campo della cyber-difesa, ma anche per prendere lezioni su come si proteggano i confini. Del resto, il tanto criticato muro israeliano, la West Bank Barrier, la barriera di separazione lunga 700 km, dalla sua costruzione nel 2002 ad oggi, ha ridotto gli attentati suicidi e il dilagare della violenza terroristica. Eppure in molti gridarono allo scandalo, forse perché troppo vivo era il ricordo del muro di Berlino, con la sua divisione del mondo in due blocchi contrapposti. Oggi le ideologie sono crollate, si sono sbriciolate come quel muro che divideva Berlino, e l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, ha improvvisamente legittimato l’idea di costruire palizzate. Ormai parlare di barriere non sembra più politicamente scorretto. Se il presidente eletto statunitense dice di voler erigere un muro lungo il confine con il Messico, tutti possono farlo.

c_2_articolo_3006884_upiimagepp

In questo mutato quadro geopolitico, la recinzione di filo spinato installata dal premier ungherese Viktor Orban a presidio del confine con la Serbia, della quale tanto si è discusso poco più di un anno fa, sembra oggi una pratica sempre più diffusa nell’Unione europea. Dalle palizzate austriache su tutti i valichi di frontiera, al muro di Calais voluto dai britannici, si diffonde a macchia d’olio la cultura dei muri, della chiusura, del respingimento del diverso. Nessun angolo di Europa ne è esente. Proprio in questa ottica si collocano i suggerimenti che Doskozil ha chiesto al suo omologo Avigdor Lieberman in materia di controllo e protezione dei confini. Lezioni che intende far proprie, per poi proporle non solo in Austria, ma anche a livello europeo.  Continua a leggere



Germania: raid anti-salafita, allarme in Austria

Una maxi operazione anti-terrorismo è stata condotta oggi in Germania. Centinaia di poliziotti sono entrati in azione stamani all’alba. Perquisiti oltre 200 tra moschee, appartamenti, uffici, centri culturali, in ben 10 diversi Stati federali tedeschi. Nel mirino organizzazioni salafite accusate di alimentare il fenomeno dello jihadismo. Bandita in Germania Die wahre Religion (La vera religione) del predicatore radicale Ibrahim Abou-Nagie, che distribuisce gratuitamente per strada copie del Corano attraverso un programma chiamato Lies! (Leggete!). L’accusa è di fare proselitismo e reclutare jihadisti, giovani miliziani pronti a combattere per la guerra santa in Siria e in Iraq, in netto contrasto con l’ordine costituzionale tedesco, con l’idea di comprensione internazionale e diffondendo ideali totalitari.

c_2_articolo_3035419_upiimagepp

Altissimo l’allarme anche in Austria, dove Die wahre Religion opera attivamente. Da tempo è acceso il dibattito legato alla sua messa al bando, ma finora non è stato preso alcun provvedimento concreto. Forse l’operazione portata a segno dalle autorità tedesche potrebbe accelerarne l’eventuale messa al bando anche in Austria.  Continua a leggere