COP28, a Dubai si è scritta la storia

La COP28 di Dubai si è chiusa con un accordo di portata storica, che segna l’inizio della fine dell’era dei combustibili fossili. “Rendere possibile l’impossibile”, il principio che ha ispirato la leadership degli Emirati nel corso di cinquant’anni di crescita ininterrotta e record infranti, ha avuto un peso notevole anche nelle fasi finali del negoziato. Un successo che conferma il ruolo cruciale degli Emirati Arabi Uniti nel dialogo internazionale. È quello che Sultan Al Jaber, Presidente della COP28 e Ministro dell’Industria e delle Tecnologie avanzate, ha definito: “UAE consensus”, ossia quella capacità di catalizzare consensi e facilitare dialogo e  cooperazione tra Paesi che caratterizza la linea politica della federazione emiratina già da alcuni anni e che si è ulteriormente consolidata con l’Expo 2020.

L’accordo approvato all’unanimità, attraverso negoziati estenuanti che hanno portato i delegati dei 198 Paesi presenti a lavorare per tutta la notte tra il 12 e il 13 dicembre, quasi 24 ore oltre la chiusura ufficiale della conferenza sul clima, non sarebbe mai stato possibile senza il Presidente Al Jaber e senza una massiccia presenza di oltre 2.500 lobbisti del settore petrolifero. La scelta del Paese ospitante e del CEO di ADNOC, il colosso petrolifero di Abu Dhabi, quale presidente sono sembrate ai più e ai media di tutto il mondo un controsenso se non uno scandalo. Evidentemente a molti sono sfuggiti i contorni del grande disegno, il capolavoro costruito tassello dopo tassello dagli Emirati Arabi Uniti con l’obiettivo di raggiungere un accordo storico decretando così senza più infingimenti il ruolo determinante del Paese nelle grandi sfide che il mondo contemporaneo è chiamato ad affrontare: dalla dismissione di un modello economico interamente basato sul petrolio, alla crisi climatica e alla transizione ecologica.

La consapevolezza del Climate Change, le responsabilità dell’uomo verso l’ambiente, la necessità di investire pesantemente sulle energie rinnovabili sono tutti elementi incorporati nella visione della leadership emiratina che si è impegnata a cambiare rotta, riducendo gradualmente l’uso del petrolio, descritto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, come un “prodotto incompatibile con la sopravvivenza umana”. Scopriamo di più sull’importanza della COP28 e sulla discussa presidenza del petroliere Sultan Al Jaber. 

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Vienna fa il pieno negli Emirati

Il Cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha fatto acquisti negli Emirati Arabi Uniti. OMV e Borealis hanno siglato due accordi preliminari per future collaborazioni nel campo della raffinazione del greggio con Adnoc, la compagnia petrolifera nazionale di Abu Dhabi. Un patto di affari che ha visto coinvolto assieme al Cancelliere anche lo Sceicco Mohamed bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario e vice Capo Supremo delle Forze Armate degli EAU.

BKA – Dragan Tatic

Un accordo importante che consolida una partnership commerciale nell’ambito degli idrocarburi, dall’estrazione alla raffinazione, distribuzione e trasformazione, già avviata fin dallo scorso aprile, con la prima visita di Kurz ad Abu Dhabi, fruttata all’epoca il 20% dei giacimenti petroliferi offshore di SARB ed Umm Lulu. Era poi seguita, nel dicembre 2018, la concessione del 5% sullo sfruttamento dei giacimenti ultra acidi di Ghasha per 40 anni. Poi nel gennaio 2019 la concessione del 15% della capacità di raffinazione di Adnoc, considerando Adnoc Refining come un’impresa del valore di 19,3 miliardi di dollari.

BKA – Dragan Tatic

Mentre l’Italia sembra tardare a farsi avanti e mostrarsi un partner affidabile e solido con cui stringere patti e fare affari, l’Austria si attiva facendo il possibile per assicurarsi commesse di rilievo nel settore energetico e degli idrocarburi. Scopriamo insieme i termini dei due accordi portati a segno dall’AustriaContinua a leggere