Vienna, città di spie

Vienna è sempre stata descritta come capitale mondiale dello spionaggio. Da questo assunto nasce il progetto City of Spies (Città di Spie) di Phil Moran, un film ambientato nella capitale austriaca. La fama di Vienna come hub globale di spie è andata consolidandosi fin dal 19esimo secolo, ben prima del 1949, quando fu scelta come set per Il Terzo Uomo, celebre pellicola con Orson Welles. Anche se può sembrare incredibile attualmente a Vienna operano circa 7.000 tra agenti segreti sotto copertura, informatori e spie, sempre meno coinvolti in vicende politiche e sempre più alle prese con questioni economiche e tecnologiche.

Se nel periodo dell’impero austro-ungarico Vienna è stata crocevia di spie, dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel periodo dell’occupazione, la capitale austriaca è stata nuovamente al centro dell’attività spionistica internazionale. Contrariamente a Berlino, per Vienna vi fu un occhio di riguardo. Così, a partire dal settembre 1945, venne divisa in quattro settori, ciascuno soggetto all’influenza di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Unione Sovietica, supervisionati dalla Commissione degli Alleati. L’humus perfetto per far prosperare attività di spionaggio. Un Paese neutrale, l’Austria, nel quale è tuttora possibile avere a che fare con i segreti, di qualunque natura essi siano, avendo attorno un territorio ospitale e neutro, nel quale è possibile agire senza troppi vincoli, o impedimenti, un luogo dove lo scambio di informazioni e di denaro avviene senza difficoltà. La legge, infatti, punisce solo chi cerchi di trafugare segreti di stato austriaci. Anche per la sua posizione geografica di cerniera tra Occidente e Oriente, tra Sud Europa e Nord Europa, nel periodo della Guerra Fredda Vienna ha ricoperto un ruolo strategico. A partire dal 2001 la capitale austriaca è diventata anche il luogo d’elezione per gli interessi del Medioriente. Sono andata a curiosare sul set di City of Spies, vediamo cosa ho scoperto e le sorprese che riserva la storiaContinua a leggere

Il cielo sopra Vienna

Incidente aereo evitato per un soffio nei cieli di Vienna. Due jet della Austrian Airlines hanno rischiato la collisione a 2000-2500 piedi, approssimativamente 25 Km. a sud dell’aeroporto viennese di Schwechat. È accaduto lo scorso giugno, ma se n’è avuta notizia a distanza di un mese. Un incidente che ha attivato il sistema di allarme TCAS, Traffic Collision Avoidance System, ovvero un dispositivo creato proprio per ridurre collisioni a mezza quota tra velivoli. Coinvolti nello scampato incidente due aeromobili per il trasporto di passeggeri: un Airbus A-319-100 e un Dash 8-400, che hanno affrontato con troppa velocità l’uno la fase di decollo, l’altro quella di atterraggio. L’Airbus A319, volo OS-727 era diretto verso Podgorica in Montenegro, il Dash-8, volo OS-706 era in arrivo da Praga. I piloti hanno eseguito correttamente le manovre e alla fine non c’è stato alcun rischio per i passeggeri a bordo, ma è stato comunque classificato come “incidente serio” ed è stata aperta un’indagine sull’accaduto da parte delle autorità austriache, per approfondire la dinamica. Quel che finora è emerso dall’attività di Austro Control, l’organo di controllo dell’aviazione austriaca, porterebbe a ritenere che si sia trattato di una conseguenza del maltempo di quei giorni di metà giugno che avrebbe reso necessaria l’utilizzazione di rotte diverse da quelle usuali.

Forse l’ordine di curvatura a destra invece di curvatura a sinistra dato al pilota del Dash-8, come risulterebbe dal The Aviation Herald, potrebbe essere la causa della sfiorata collisione. Anche se i dati non sono ancora disponibili, il Kurier ha riportato indiscrezioni che hanno suggerito una distanza molto ravvicinata, forse sui 600 metri, tra i due jet coinvolti, però al momento non si dispone di dati certi. Getta acqua sul fuoco la Austrian Airlines, sentita dal Kurier, che ribadisce che mai vi è stato pericolo per i passeggeri. Peter Thier, Portavoce della Austria Airlines, precisa: “I due piloti hanno agito correttamente, ma l’attivazione del TCAS ha innescato l’obbligo di segnalazione dell’accaduto da parte nostra, pur non essendoci stato di fatto alcun incidente”.

Si è quasi rischiata una tragedia, che forse poteva essere evitata se fosse già stata costruita la terza pista dell’aeroporto di Vienna, un argomento spinoso, che sta animando un accesissimo dibattito interno, con i movimenti ambientalisti che ad oggi bloccano il progetto. Negli ultimi giorni gli obiettivi sono puntati sullo scalo di Schwechat anche per la decisione di EasyJet che, dopo la Brexit, si sta preparando ad aprire una sede europea nella capitale austriaca. Così, per capitalizzare i 90.000 turisti che nell’ultimo anno sono transitati nello scalo viennese, arriva un’ulteriore novità: l’annuncio della nascita di un Besucherzentrum, un Visitair-Center, che verrà inaugurato a settembre. Vediamo di che si tratta

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Grecia, un affare milionario

La solidarietà paga profumatamente. Aiutare la Grecia è stato un affare molto vantaggioso. All’Austria il finanziamento elargito ad Atene è fruttato 240 milioni di euro di interessi. A guadagnarci, però, non è stata solo Vienna. Anche la Germania ha messo a frutto la generosità mostrata nei confronti dell’indebitato governo ellenico.

Secondo il giornale tedesco Süddeutsche Zeitung, infatti, Berlino finanziando parte del debito greco avrebbe intascato 1,3 miliardi di euro. Nessuna speculazione, si tratta solo di normali interessi applicati sugli aiuti stanziati per soccorrere le disastrate finanze elleniche. Per il quotidiano austriaco Der Standard, che ha indagato sui ricavi ottenuti dal gesto di solidarietà nei confronti della Grecia, l’Austria ha erogato un prestito bilaterale di 1,56 miliardi di euro nel 2010, che ad oggi ha portato nelle casse della Repubblica federale austriaca ben 111,44 milioni di interessi. Ma c’è di più, al culmine della crisi greca, la Banca Centrale Europea ha iniziato a comprare bond greci e ha iniziato un programma di emergenza a sostegno delle economie dei Paesi membri più in difficoltà. A partire dal febbraio 2012 la BCE ha acquistato 42,7 miliardi di bond greci. Anche se poi il programma di salvataggio è terminato, la Grecia ha dovuto pagare fino ad oggi gli interessi. A questo programma della BCE hanno partecipato sia la Deutsche Bundesbank (la Banca Centrale tedesca) e la Österreichische Nationalbank (la Banca nazionale austriaca), con profitti per quest’ultima di 190 milioni di euro fino al 2016. Denaro che, però, per decisione dei Ministri delle Finanze europei presa nel 2013, avrebbe dovuto essere girato alla Grecia. Ma com’è andata realmente?  Continua a leggere

Tensione tra Austria e Turchia

Ancora una volta c’è tensione tra Austria e Turchia. Il Ministro dell’Economia turco, Nihat Zeybekci, si è visto negare l’ingresso in Austria. A comunicare la notizia è stato Sebastian Kurz (ÖVP), a capo del dicastero degli esteri. È sua la decisione di non consentire l’entrata sul suolo austriaco al Ministro turco Zeybekci, che avrebbe dovuto prendere parte a un’iniziativa commemorativa dello sventato golpe del 15 luglio 2016, in programma domenica prossima, a Vienna Liesing, nel 23esimo distretto. L’apparizione pubblica di Zeybekci “potrebbe essere una minaccia all’ordine pubblico e alla sicurezza dell’Austria”, ha dichiarato ai media Kurz. Se invece di partecipare unicamente a questa manifestazione, Zeybekci “fosse venuto per incontri bilaterali, ovviamente sarebbe stato il benvenuto”, si è affrettato a puntualizzare Kurz.

Secondo Karl-Heinz Grundböck, Portavoce del Ministero dell’Interno federale, il divieto di entrare in Austria, per motivi legati alla sicurezza e all’ordine pubblico, è di esclusiva pertinenza e discrezionalità del Ministro degli Esteri. Quella del Ministro Kurz non sembra però essere una mossa isolata, da cui tutte le altre forze politiche si dissocino. Insomma, non sarebbe una delle solite esternazioni shock del Ministro degli Esteri e leader del Partito popolare, fatte esclusivamente per attirare l’attenzione dei mezzi di comunicazione a fini elettorali. Infatti, a fargli eco e a sposare integralmente la posizione di Kurz è anche la Cancelleria federale, per bocca del portavoce Nikolai Moser: “Abbiamo dovuto prendere questa misura nei confronti della Turchia, per un valido motivo. Dobbiamo evitare che il conflitto interno al Paese possa avere ripercussioni e generare disordini qui in Austria. Naturalmente condanniamo duramente il tentativo di colpo di stato dell’anno scorso” si è premurato di aggiungere il portavoce del Cancelliere Christian Kern, per evitare pesanti crisi diplomatiche. Una decisione, quindi, presa dal Ministro degli Esteri di concerto con il Cancelliere federale. Lo stesso Sebastian Kurz ha ribadito in modo deciso la condanna del golpe di un anno fa. Al tempo stesso, però, ha sottolineato come Vienna condanni anche le epurazioni e le misure liberticide che hanno messo a serio rischio i diritti umani in Turchia, “a seguito dell’ondata di arresti di massa perpetrata dal governo turco dopo il tentato putsch”, nonché “con la restrizione della libertà di espressione e di stampa conseguente allo sventato colpo di stato”. La Turchia accusa l’Austria di non difendere con onestà i valori democratici e oggi sui media turchi infuria la polemica, al punto che organi di stampa vicini al Presidente Recep Tayyip Erdogan accusano Vienna di essere dietro al tentato putsch dello scorso anno. Vibrate critiche arrivano anche dall’Unione dei turchi europei democratici (UETD – Union Europäisch-Türkischer Demokraten in Österreich), l’associazione che ha organizzato l’incontro al quale avrebbe dovuto presenziare il Ministro dell’Economia Zeybekci, che definisce “antidemocratico” il bando imposto da Sebastian Kurz. Grida allo scandalo Hürriyet, il principale quotidiano turco, e piovono sull’Austria accuse di arroganza.  Continua a leggere

Tokyo batte ancora Vienna

Il sushi batte la Wiener Schnitzel. Vienna arriva seconda nella “Global/Top 25 cities” redatta da Monocle e a sottrarle il primato è Tokyo. Nella classifica delle città più vivibili del mondo preparata dal magazine di affari internazionali e lifestyle fondato da Tyler Brûlé, imprenditore canadese ed editorialista del Financial Times, la capitale austriaca, si piazza al secondo posto. Per anni Vienna è stata nella top ten e dal 2015 è sempre sul podio, giungendo seconda o terza come nel 2016. La capitale giapponese, invece, è rimasta per tre anni di fila saldamente al comando della classifica.

Due città diversissime, non solo per dimensioni e densità di popolazione, ma anche per caratteristiche e offerta di servizi. Se a Tokyo convivono in perfetta armonia modernità e tradizione, alta tecnologia e artigianato tramandato da secoli, a Vienna il passato, con le sue vestigia, avvolge e permea ogni cosa, anche la vita quotidiana. Da un lato c’è l’idea del vivere urbano legata alla cultura orientale, con un’attenzione agli altri che sfiora l’eccesso e con una dimensione concentrata sul benessere dell’intera comunità, dall’altro c’è una visione molto europea, quasi incapace di percepire il valore del tempo, decisamente più focalizzata sul sé. I parametri utilizzati da Monocle per realizzare la classifica comprendono una sessantina di voci dal tempo che impiega un’ambulanza ad arrivare in caso di emergenza, al prezzo per avere un buon caffè, dal numero di scuole di design alle case costruite nel corso dell’ultimo anno, fino all’apertura di nuove attività di business. Stavolta è entrata anche un’altra voce: la minaccia del terrorismo, che può condizionare pesantemente la qualità della vita. Tutti i dati sono stati raccolti attraverso informazioni accessibili sui registri pubblici, oppure ottenute da istituzioni e amministrazioni pubbliche. Vediamo insieme pregi e difetti di Tokyo e Vienna. Continua a leggere

Carri armati elettorali

Vienna è pronta a chiudere il Brennero. 750 militari e quattro mezzi blindati, panzer Pandur, sono allertati per intervenire in 72 ore a presidio dei confini con l’Italia, rendendoli impenetrabili a qualunque profugo. Un dispiegamento di carri armati e soldati ad uso e consumo della campagna elettorale. Il 15 ottobre, infatti, ci saranno le elezioni politiche anticipate. Ancora una volta, come nella lunghissima campagna elettorale per le presidenziali, l’immigrazione entra di prepotenza nel dibattito interno, influenzando pesantemente le decisioni di politica estera. L’allerta è massima, per un’emergenza che al momento non c’è. Ma che, se dovesse mai presentarsi, non troverà l’Austria impreparata. Così, di fronte agli sbarchi di migranti sulle coste italiane, che nei giorni scorsi hanno assunto le proporzioni di un’invasione, costringendo addirittura il nostro Ministro dell’Interno Marco Minniti ad annullare il suo viaggio negli Stati Uniti, gli austriaci si chiudono a riccio, innalzando ancora una volta muri.

“Deve essere chiaro che proteggeremo i nostri confini, se sarà necessario” ha tuonato il Ministro degli Esteri Sebastian Kurz (ÖVP). In piena armonia con il Ministro della Difesa Hans Peter Doskozil (SPÖ), che rappresenta l’ala più dura e intransigente dei socialdemocratici, che ha dichiarato: “Se l’afflusso di migranti in Italia non diminuirà, saremo costretti ad impiegare le forze militari per tenere sotto controllo i nostri confini”. L’unico che però ha il potere di decidere in materia è il Ministro dell’Interno Wolfgang Sobotka (ÖVP), che per ora non ritiene necessaria alcuna chiusura delle frontiere, né alcun dispiegamento di uomini e mezzi corazzati lungo il confine con l’Italia. Rompe il silenzio il Cancelliere Christian Kern (SPÖ), rasserenando gli animi, ribadisce che al momento non vi è alcuna necessità di schierare soldati e mezzi blindati, perché i controlli al confine fatti dall’Italia stanno funzionando. Kern ha comunque puntualizzato che lo spostamento delle unità militari in Tirolo è avvenuto in via cautelativa, nel caso dovesse verificarsi un’emergenza. Il Cancelliere federale ha anche detto che adesso l’Italia ha bisogno della solidarietà dell’Europa e ha promesso che l’Austria si adopererà in modo costruttivo nella riunione dei Ministri dell’Interno europei a Tallinn. Nel corso delle prossime settimane dobbiamo aspettarci nuove minacce e nuovi proclami perché, più passa il tempo, più la campagna elettorale entra nel vivo. Per un voto in più, si farebbe qualsiasi cosa, anche ricorrere ai carri armati. Su un punto i partiti della coalizione di governo sono concordi: l’Austria ha accettato più rifugiati del resto dell’Unione. Vediamo se le cose stiano davvero così, o se invece i dati smentiscano la propaganda a fini elettoraliContinua a leggere

Intercettazioni di stato

L’Austria sta per approvare un pacchetto sicurezza che prevede intercettazioni su WhatsApp, Skype, Telegram, come già avviene per telefonate e sms. Però in Parlamento ancora non c’è accordo. La disputa è incentrata sull’uso di un Bundestrojaner, ovvero un “trojan federale” per controllare le comunicazioni che avvengono attraverso le applicazioni di messaggistica istantanea. Prima del semaforo verde i socialdemocratici vogliono assicurazioni dal Ministro della Giustizia Wolfgang Brandstetter (ÖVP), che non vi sia alcun uso di trojan, ovvero software che permettano di monitorare tutto, qualsiasi dato, comprese le informazioni personali. Inoltre l’SPÖ vuole anche la certezza che non si proceda a schedare tutti, indiscriminatamente, anche cittadini sui quali non vi sia alcun sospetto di attività criminale. Non comprende le obiezioni dei socialdemocratici il Ministro della Giustizia che, assieme al Ministro dell’Interno Wolfgang Sobotka (ÖVP), ha presentato il pacchetto sicurezza già dallo scorso marzo. Di fatto si tratta di estendere regole che già esistono per le intercettazioni telefoniche e per gli sms anche alle applicazioni di messaggistica istantanea come WhatsApp e Skype. Naturalmente tali misure verrebbero utilizzate solo in presenza di grave indizio di reato ed esclusivamente dopo aver ottenuto l’autorizzazione del giudice.

Si difende il Ministro Brandstetter, non è mai stato pianificato l’uso di alcun trojan, anche perché alla fine in Austria sarà possibile effettuare minori controlli rispetto ad altri Paesi, come ad esempio la Germania. D’altro canto l’SPÖ non solo vuole impedire che chiunque, indistintamente, finisca nelle maglie dei controlli, ma intende anche prevenire ogni utilizzo di informazioni personali da parte di soggetti terzi. Di fatto le comunicazioni sarebbero intercettate prima che vengano criptate, oppure subito dopo la loro successiva decrittazione. La questione è che per fare ciò servirà un software, tipo trojan, come quello che verrà adoperato in Germania, dove la legge sulle intercettazioni estesa anche alle comunicazioni telematiche è stata recentemente modificata per colmare il divario tecnologico che rendeva spuntate le armi della polizia nel combattere criminalità e terrorismo, che sempre meno usano sistemi antiquati come cellulari e sms, mentre sempre più si servono di canali più moderni quali chat e app di messaggistica istantanea quali appunto WhatsApp, Telegram, SkypeContinua a leggere

10.000 bambini a rischio fondamentalismo

Stop ai finanziamenti per gli asili islamici. È la nuova affermazione shock del neo leader del Partito popolare Sebastian Kurz. Parole destinate a rendere incandescenti i toni di una campagna elettorale che si sta svolgendo in un clima sempre più aspro. Se si vuole una migliore integrazione dei richiedenti asilo il Ministro degli Esteri Kurz ha la ricetta giusta: è necessario che conoscano il tedesco, ecco perché occorrerebbe prevedere anche un secondo anno di asilo obbligatorio, volto a colmare il divario culturale. È così che arriva la denuncia della condizione di grave isolamento dal resto della comunità austriaca in cui si trovano, linguisticamente e culturalmente, gli asili per musulmani a Vienna che, rimarca Kurz, sono finanziati grazie alle tasse dei contribuenti austriaci. E alla domanda di Helmut Brandstätter, giornalista del Kurier, se abbia intenzione di abolirli Kurz risponde: “Certamente! Non ce n’è alcun bisogno. Non dovrebbero esserci asili islamici”.

BMEIA / Dragan Tatic

Ma come eliminarli in maniera ineccepibile dal punto di vista legale? La soluzione per Kurz è rendere più severi i criteri qualitativi richiesti. Così gli asili per musulmani, frequentati a Vienna da 10.000 bambini, non risponderebbero più al livello di certificazione qualitativa richiesto e quindi dovrebbero chiudere. In poco tempo il personale che si prende cura dei bambini, nella totalità dei casi di origini arabe o cecene, non avrebbe più i requisiti necessari e le strutture dovrebbero chiudere. Per Sebastian Kurz questo è il rapido percorso legale, per eliminare gli asili per musulmani. Affermazioni, quelle del Ministro degli Esteri e leader dell’ÖVP, che hanno scatenato vibrate critiche da destra e da sinistra. Vediamo le principali reazioni provocate dalle parole del leader dei popolari, capiamo meglio il fenomeno delle istituzioni per soli musulmani a Vienna e scopriamo cos’altro ha detto Sebastian KurzContinua a leggere

No all’Europa degli immigrati

Austria shock, cresce un forte sentimento anti-islamico e sempre più ferma è la volontà di frenare l’immigrazione musulmana. A metterlo in evidenza è una ricerca del think thank di affari internazionali londinese Chatham House, condotta su 10 Paesi dell’Unione europea: Belgio, Germania, Francia, Austria, Italia, Grecia, Polonia, Spagna, Ungheria e, malgrado la Brexit, anche la Gran Bretagna. Più della metà degli stati membri analizzati, ovvero oltre il 56% degli intervistati, chiede uno stop all’accoglienza di rifugiati provenienti da Paesi musulmani. Tale percentuale, però, in Austria raggiunge un picco del 65%. Per il 55% la cultura e il modo di vivere europeo sono incompatibili con la visione islamica. Mentre il 73% vuole il divieto del velo integrale. Sono dati che mostrano anche quanto profondo sia il divario tra il modo di pensare dell’élite e quello della gente comune.

La percentuale dell’élite favorevole al bando del velo in luoghi pubblici scende al 61%, mentre si attesta al 35% la percentuale di chi pensa che la cultura e lo stile di vita degli europei siano incompatibili con l’Islam. Sullo sfondo un mondo che è cambiato radicalmente, con la minaccia rappresentata dal terrorismo di matrice islamista e una classe politica sempre più distante dai problemi reali dei cittadini, che ha generato ovunque in Europa un’avanzata di movimenti populisti. L’insofferenza verso l’immigrazione, il sentimento anti-Islam sempre più diffuso, l’euroscetticismo, sono tutti temi che giocheranno un ruolo nella prossima campagna elettorale per le politiche austriache del prossimo 15 ottobre. Ad essere intervistati: 10.000 persone comuni e 1.800 tra funzionari e figure politiche, giornalisti e commentatori, nomi noti del mondo degli affari e dell’economia. Le interviste sono state raccolte tra dicembre 2016 e febbraio 2017. Vediamo quali altre sorprese riserva lo studio di Chatham HouseContinua a leggere

Un mare di polemiche

La rotta del Mediterraneo dovrebbe essere chiusa. A dirlo è il Ministro degli Esteri austriaco. Ancora una volta il tema dell’immigrazione entra a gamba tesa nel dibattito pre-elettorale. Ed è subito maretta nella coalizione di governo austriaca. Alle affermazioni di Sebastian Kurz seguono le dichiarazioni del Cancelliere federale Christian Kern, mai così pungente. Dichiarazioni off-the-record, ufficiose, riportate da Florian Klenk, giornalista del settimanale Falter, riprese poi da tutta la stampa austriaca. Kern è lapidario e caustico, le parole del neo leader dell’ÖVP sono “populiste in piena regola”. Insomma, si limitano ad essere vuoti proclami, sterili annunci, non supportati da alcun piano concreto. Sullo sfondo le elezioni politiche anticipate e una campagna elettorale che si preannuncia come la madre di tutte le sfide, infuocata e senza esclusione di colpi. Da un lato il Cancelliere si affretta a dire che anche lui approva la chiusura della rotta del Mediterraneo, precisando però che è necessario che chi sostiene di voler chiudere la rotta del Mediterraneo dica esplicitamente quali procedure intenda far applicare, come voglia distribuire le quote dei migranti regolari, quanto denaro voglia investire nelle regioni colpite, comunicando in modo chiaro ai contribuenti austriaci quanto tutto ciò venga a costare. Dall’altro non ha dubbi Sebastian Kurz. Come a suo tempo aver sigillato la rotta balcanica ha arginato l’ondata massiccia di migranti, allo stesso modo chiudere la rotta del Mediterraneo “è l’unica soluzione efficace per smantellare il traffico di esseri umani e porre fine alla scia di morte che quelle traversate a bordo di imbarcazioni di fortuna provocano ormai incessantemente”.

Kurz non si spiega la reazione piccata del Cancelliere, quando sul fronte socialdemocratico anche il Ministro della Difesa Hans Peter Doskozil si trova sulla sua stessa lunghezza d’onda. È lecito chiedersi se la coalizione rosso-nera reggerà. Mai come adesso la compagine governativa ha conosciuto così tante tensioni. L’Austria teme l’arrivo di nuovi flussi migratori. Considerate le legittime paure della gente sulla presenza dei rifugiati tanto la destra, quanto la sinistra si rincorrono, cavalcando questi temi, così sentiti dall’opinione pubblica. Al tempo stesso, però, occorre che i partiti rafforzino la propria identità, per non appiattirsi su posizioni analoghe che rendano impercettibili, se non inesistenti, le differenze e le opposte visioni. Se oggi una coalizione rosso-blu, non sembra più essere un tabù, lo sdoganamento dell’FPÖ da parte dei socialdemocratici dell’SPÖ nell’era Kern potrebbe essere un vero colpo di genio, volto a neutralizzare il principale avversario e a polarizzare lo scontro tutto sul fronte del Partito popolare. Vediamo in cosa consiste e se sia davvero realizzabile la proposta di chiusura della rotta del Mediterraneo, caldeggiata dal nuovo leader dell’ÖVP Sebastian KurzContinua a leggere