Trattative diplomatiche per Libia e Siria

Vienna nelle ultime 24 ore è il centro nevralgico delle trattative diplomatiche per la Libia e la Siria. Ieri oltre 20 Paesi, riuniti all’Hotel Steigenberger Herrenohof, hanno affrontato la spinosa situazione libica. Un passo avanti è stato fatto verso il pieno riconoscimento da parte della comunità internazionale del GNA (Governo di Accordo Nazionale), un governo di unità nazionale, che ha proprio come obiettivo combattere i conflitti interni e dirimere le divisioni, per riportare coesione in un Paese altrimenti nel caos.

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“È imperativo che la comunità internazionale sostenga il governo Sarraj, che è l’unico legittimo della Libia  e ora deve iniziare a lavorare” ha dichiarato il Segretario di Stato statunitense John Kerry nella conferenza stampa congiunta fatta al termine della giornata assieme al Ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni e al premier libico Fayez Sarraj. Obiettivo primario combattere contro Daesh, ovvero l’ISIS, e per far questo John Kerry ha sottolineato che gli Stati Uniti e la comunità internazionale appoggeranno il Consiglio di Presidenza e cercheranno di “revocare l’embargo e fornire strumenti necessari per contrattaccare Daesh”. 

Riconoscere e sostenere il governo Sarraj

Anche il Ministro Gentiloni ha evidenziato come sia importante rafforzare l’accordo politico, per poter combattere in modo efficace contro l’ISIS, incluso il generale Haftar, ma per poter fare questo è prioritario il pieno riconoscimento del governo di unità nazionale.

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Il Ministro degli Esteri Italiano ha anche detto che l’Italia è pronta ad addestrare ed equipaggiare le forze libiche così come chiesto da Sarraj.

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Niente truppe di terra occidentali su suolo libico, perché Sarraj ha esplicitamente chiesto alla comunità internazionale di addestrare le truppe di Tripoli e porre fine all’embargo sulle armi, così da consentire alle forze armate libiche di combattere contro i terroristi dell’ISIS”. Al tempo stesso c’è l’impegno di tutti a garantire alla Libia anche aiuti umanitari.

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Oggi riflettori puntati sulla Siria

Presenti ai colloqui di ieri e oggi i giornalisti di tutto il mondo, con fly e telecamere, per coprire un evento che potrebbe avere conseguenze di portata straordinaria. Eppure si nutrono pochi entusiasmi per l’esito delle trattative di pace per la Siria che si tengono oggi al Palais Ferstel, poco distante da Herrengasse, che ha fatto da scenario ieri ai colloqui per la Libia.

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Gli incontri bilaterali già avviati tra Kerry e il Ministro degli Esteri russo Lavrov, non hanno finora permesso di trovare un accordo sull’uscita di scena di Assad e sull’apertura di una fase di transizione che porti le forze di opposizione a far cessare i combattimenti e iniziare i negoziati. Ecco perché la necessità di riavviare colloqui multilaterali. Determinante il ruolo da un lato dell’Arabia Saudita, a favore dell’opposizione siriana, e dall’altra dell’Iran, che al fianco della Russia sostiene, invece, il regime di Assad.

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Urgente bisogno di cibo e medicinali

La Siria ha disperato bisogno di aiuti umanitari e equipaggiamenti medici. Un accordo potrebbe rendere finalmente possibile far giungere alla popolazione siriana il necessario sostegno, cosa al momento resa pressoché impossibile dal regime di Assad che sta ponendo una serie di ostacoli burocratici che bloccano di fatto le organizzazioni internazionali. Con il risultato che tantissimi civili siriani sono senza cibo e senza medicine, soprattutto a Madaya, lasciata in totale abbandono. D’altro canto le Nazioni Unite hanno approvato ben sei risoluzioni chiedendo che gli aiuti umanitari siano distribuiti in tutta la Siria, ma non ha strumenti per sanzionare il governo siriano. Mentre continua la minaccia dei terroristi di Daesh e del Fronte Al-Nusra soprattutto nella zona attorno alla città di Aleppo, seminando morte nei villaggi e nelle aree collinari circostanti.

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Negoziati anche per il Nagorno Karabakh

Sempre oggi Stati Uniti e Russia insieme con Azerbaijan e Armenia dovrebbero anche aprire negoziati per affrontare l’escalation di violenza che si è riaccesa nell’ultimo mese in Nagorno Karabakh, i combattimenti più sanguinosi degli ultimi 26 anni.

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