Cioccolatini e Mar dei Caraibi

Lo scandalo dei Paradise Papers, un nuovo capitolo dei Panama Papers, non risparmia neppure l’Austria. Cosa lega un cioccolatino alle isole caraibiche? Lo scopriremo tra poco. Dopo Apple e Nike, famiglia reale britannica, Casa Bianca e Cremlino, sarebbero coinvolti nomi famosi dell’imprenditoria austriaca, come la famiglia Meinl, o l’investment banker Wolfgang Flöttl, implicato nelle vicende di ingenti ammanchi di somme della banca austriaca Bawag negli anni ’90. Inoltre anche compagnie come la petrolchimica Sibur, con sede a Vienna, una delle realtà industriali più importanti del’Austria, che ha legami strettissimi sia con Vladimir Putin, sia con Wilbur Ross, l’ex finanziere statunitense, alla guida del Ministero per il Commercio nella presidenza Trump. 1.4 terabyte di dati, 13,4 milioni di file, analizzati da 382 giornalisti di 67 diversi Paesi. Falter e ORF sono i media austriaci dell’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ), chiamati a condividere il lavoro di ricerca giornalistica per l’Austria. Il sistema con cui si evade il fisco è quello di scatole cinesi, ossia la creazione di una serie di società offshore che fanno rimbalzare di Paese in Paese business dislocati altrove, fino a giungere nei paradisi fiscali caraibici per eludere il regolare pagamento delle tasse.

È il caso di uno dei marchi che fa capo alla famiglia Meinl, nota soprattutto per il caffè e per la gastronomia e anche per i caratteristici cioccolatini Schwedenbomben (Bombe svedesi). Bon bon che un tempo appartenevano alla Niemetz, finita in bancarotta nel 2013, acquisita poi dalla svizzera Heidi Chocolat, che fa parte dell’impero della Meinl. Ma come può un cioccolatino acquistato in Austria avere a che fare con i Caraibi? E soprattutto, come può il semplice acquisto di quel cioccolatino in Austria generare illeciti fiscali? Scopriamo insieme quale sia il meccanismo

Quando il cioccolatino è offshore

Può un cioccolatino austriaco arrivare fino ai Caraibi? La svizzera Heidi Chocolat è di proprietà della Kex Confectionery di Bucharest, che a sua volta possiede il 100% della Kex Confectionery Limited con sede a Malta. Però anche questa compagnia maltese vede la famiglia Meinl tra gli shareholder.

Una proprietà che viene esercitata attraverso la Oryxa Capital GP Limited e la Oryxa Capital LP, entrambe società a responsabilità limitata nelle Cayman, entrambe riconducibili al gruppo Meinl.

Così anche solo acquistando una confezione da sei Schwedenbomben a Vienna, per la modica cifra di 1,99 euro, si contribuisce a innescare un sistema di evasione fiscale che va da Wiener Neudorf al Cantone Zug, da Bucharest a Malta, per fermarsi alle Cayman Islands, che ha come effetto finale il mancato pagamento al fisco delle tasse dovute.   

Il ruolo prezioso degli intermediari

Un’ampia porzione del denaro offshore dei Paradise Papers, transita per la Appleby, uno studio legale fondato nel 1897, con 700 dipendenti e decine di uffici in molti famosi paradisi fiscali: dalle Bermuda, alle Isole Cayman, alle British Virgin Islands, dalle Isole Jersey e Guernsey del Canale della Manica, all’Isola di Man e Hong Kong. Clienti della Appleby non sono solo Apple e Nike, ma anche Wilbur Ross, attuale Segretario al Commercio degli Stati Uniti, anche conosciuto come il “re della bancarotta”, perché si è specializzato nel rilevare aziende in bancarotta, per poi monetizzare spezzettandole e vendendole. Attraverso la sua compagnia newyorkese di private equity Ross non ha mai deluso i suoi investitori.

Ross e Putin, uniti attraverso Vienna

Ma cosa c’entra il Cremlino? Per Wilbur Ross la Appleby ha creato almeno una cinquantina di società solo nelle Isole Cayman. Le società di Wilbur Ross operano in tutto il mondo, dal Sud America alla Cina alla Russia, ecco perché la posizione del Segretario al Commercio è in netto conflitto d’interesse. Infatti, ogni volta che definirà un accordo commerciale con qualche Paese, questo avrà un impatto diretto con i profitti delle sue compagnie. Ma come può esserci un legame tra la Casa Bianca e la Russia? Falter documenta in modo circostanziato questa connessione grazie ai file dei Paradise Papers. Attraverso due società offshore Ross detiene il 31,5% delle azioni della Navigator Holding, una compagnia che trasporta container soprattutto per industrie e gruppi energetici, con cui stipula contratti lunghi, che possono durare 10-15 anni. Uno dei partner più importanti della Ross Navigator Holding è il gruppo petrolchimico russo Sibur, a cui sono affiliati non solo molti oligarchi russi, ma anche Kirill Shamalov, genero di Vladimir Putin. Questo contratto con la Navigator Holding per il trasporto di gas è avvenuto attraverso una compagnia viennese. Infatti il quartier generale della Sibur International GmbH, una delle compagnie più importanti in Austria, si trova nella capitale austriaca, proprio nella centralissima Prinz-Eugen-Straße 8-10, a pochi passi da Schwarzenbergplatz, dove c’è il monumento all’Armata Russa.

Chi protegge i paradisi fiscali?

Negli ultimi anni, dopo lo scandalo dei Panama Papers, migliaia di documenti emersi dimostrano che esistono moltissimi Paesi che fanno parte del mondo finanziario offshore. Un’area grigia, ai margini tra legalità e sistema fiscale, finora sommersa. Che siano gli Stati Uniti, l’Asia o l’Europa, sono tanti i centri finanziari che hanno interesse a proteggere queste oasi fiscali, queste zone franche. Le Isole Cayman o le Isole Vergini britanniche non potrebbero mai essere paradisi fiscali se non godessero dell’appoggio della Gran Bretagna, se non avessero diretto accesso legale alla City di Londra. Le stesse connivenze esistono per Usa e Bermuda.

In Europa sono vari i Paesi che offrono un regime finanziario discrezionale e poco trasparente, come ad esempio il Lussemburgo. Mentre Hong Kong e Singapore rappresentano paradisi fiscali perfetti per Paesi emergenti come la Cina, in virtù della loro vicinanza geografica. Bandire o imporre sanzioni a questi paradisi fiscali sembra un’impresa ardua. Nella stessa Unione europea alcuni Paesi come l’Austria non hanno liste nere. Altri come Francia e Spagna hanno delle liste separate. Sebbene il problema della trasparenza sia ritenuto importante, ciascuno procede in ordine sparso.

Sanzioni dell’Ue forse in arrivo entro il 2017

Pierre Moscovici promette che, alla luce delle ultime rivelazioni dei Paradise Papers, entro la fine dell’anno verrà stilata la lista nera dei paradisi fiscali. Una lista credibile, pubblicata entro il 2017, con sanzioni adeguate. Dopo i Panama Papers Bruxelles aveva classificato 92 Paesi come problematici sul piano della trasparenza fiscale. A 60 è stato chiesto di fornire chiarimenti riguardo alle leggi sulla tassazione per evitare di essere inseriti nella lista nera. In questo elenco possono anche essere inseriti Paesi membri dell’Ue. C’è tempo fino al 18 novembre per fornire chiarimenti. Mentre il 5 dicembre si riuniranno i Ministri delle Finanze per definire e eventualmente pubblicare la lista nera dei paradisi fiscali.