La fiera mercato di arte contemporanea Vienna Contemporary è in pieno svolgimento fino a domenica. Galleristi, artisti, critici e collezionisti da tutto il mondo si sono dati appuntamento nella capitale austriaca. 110 gallerie da 27 Paesi diversi, spaziando da Regno Unito, Germania, Turchia, fino agli Emirati Arabi Uniti, Cina e Corea del Sud. Il livello qualitativo degli artisti quest’anno è notevole. Straordinarie le opere portate dalla Gallery H.A.N. di Seoul, sia le pitture astratte monocrome rosa fucsia di Myungil Lee, sia le gigantesche sculture che raffigurano strane creature in acciaio, realizzate da Wook-Jang Cheung, che danno l’idea di una invasione aliena.
Lo scultore cerca di sensibilizzare il pubblico su tematiche legate all’ambiente aiutando, attraverso le linee stilizzate, eleganti e sinuose delle sue opere, a ricreare un rapporto tra uomo e natura, in un mondo che sempre più corre verso la direzione opposta.
Vi sono opere per tutte le tasche. I prezzi oscillano da alcune centinaia di euro per miniature proposte dalla Raster Gallery di Varsavia, a 3.4 milioni di euro per un dipinto astratto del 1994 di Gerhard Richter. Una tela di medie dimensioni, realizzata con colori acidi, che offre un esempio riuscitissimo dell’espressionismo astratto del pittore tedesco, proposta dalla Galerie Michael Schultz di Berlino.
Non è l’unica tela di Richter, la stessa galleria berlinese ha portato anche un altro dipinto degli anni ’80, in vendita per la modica cifra di 2.3 milioni di euro. Inutile affrettarvi, quasi sicuramente non potrete aggiudicarveli perché pare vi siano già trattative in corso con un ricco collezionista cinese. Ambiziosi gli obiettivi che gli organizzatori hanno in mente di raggiungere: inserire Vienna Contemporary tra le prime 5 fiere d’arte del mondo, nell’arco dei prossimi 5 anni. Tra le tante opere spicca la scultura che ritrae il presidente americano Donald Trump in una chiave più che ironica. Scopriamo come lo scultore cinese Feng Lu vede the Donald e sbirciamo scatti della performance senza veli su un ring e il calco di parti intime di un’artista turca.
Trump-bulldog e performance senza veli
Alcuni giornalisti e visitatori lo hanno scambiato per un maiale e hanno pubblicizzato a gran voce il Trump-pig. No, Feng Lu, talentuoso scultore di origini cinesi, che vive a lavora in Germania, non ha trasformato il 45esimo presidente americano in un maialino, bensì in un cane. Un bulldog per l’esattezza.
Trump-bulldog se ne sta accucciato pigramente con il faccione in bilico tra un ghigno arrabbiato e una smorfia buffa. L’arma di Feng Lu è l’ironia, affilatissima, e un senso dell’umorismo sagace. Oltre al Trump-cane, che potrebbe essere metafora di un presidente cane, ovvero un po’ inadatto a fare il suo mestiere, che abbaia continuamente e anche un po’ a sproposito, ci sono altre bellissime sculture create dall’artista cinese.
Una serie di teste a uovo, che ricordano le teste di Buddha delle quali si è molto abusato nei complementi di arredo degli ultimi anni. Una delle teste dovrebbe essere un autoritratto dell’autore.
Divertentissimi i due lottatori di Sumo che si preparano per l’incontro, all’interno di un ring fatto da un cestello di bambù per la cottura al vapore dei ravioli cinesi. Bettina Hilleckes-Todorov della Galerie Michael Schultz mi spiega che Feng Lu utilizza la resina epossidica per realizzare le sue opere. Le quotazioni delle sue sculture variano a seconda delle dimensioni. Quelle esposte alla Vienna Contemporary oscillano tra i 4.500 e i 6.000 euro. Hanno fatto spettacolo le performance dal vivo della galleria Martinetz di Colonia.
L’esibizione serale ha suscitato scalpore: su di un ring per incontri di pugilato si sono esibiti artisti senza veli. Una donna e un uomo, per un inedito incontro di boxe. Nel pomeriggio, invece, la performance coinvolgeva anche il pubblico: artisti e volontari intenti a gonfiare e far scoppiare palloncini colorati.
Pasticcini d’autore
Che sapore ha l’arte? Di certo ha la glassa dai colori vivacissimi. Il gusto dell’arte non può essere descritto, va solo assaggiato.
Le tortine mignon realizzate dalla notissima pasticceria viennese Demel in collaborazione con Das Weisse Haus hanno attratto immediatamente la mia attenzione.
Ogni pasticcino è un pezzo unico, sono tutti dei piccoli cubi, ma non vi sono mai combinazioni uguali. Per l’occasione ne sono stati realizzati, o meglio preparati, 400 pezzi, ciascuno dotato di expertise.
Io mi sono aggiudicata la decima su 400. Possono essere consumate entro tre giorni dalla preparazione. Dopo la scadenza diventano a tutti gli effetti delle opere d’arte, da custodire gelosamente, magari con un piccolo morso, tanto per sapere che sapore ha l’arte.
L’aria ha una forma?
Abbiamo mai pensato che anche l’aria può tradursi in forme? Ha dato una risposta a questa domanda un artista olandese Henk Stallinga rappresentato dalla galleria Gerhard Hofland di Amsterdam.
Il suo paravento composto da piccoli ventilatori comandati singolarmente via software è scenografico e accattivante. Infinite le possibili combinazioni create dai ventilatori più o meno veloci, attivi, o fermi. E quando sono in funzione l’aria, che crea forme geometriche e disegni, diventa palpabile, possiamo sentirla, ci investe come un’onda. La scultura di Henk Stallinga è modulare, e può quindi assumere anche proporzioni su larga scala.
Il vento creativo dell’Est Europa
Fortissima la presenza di gallerie d’arte provenienti dall’Est Europa. Parlando con Christina Steinbrecher-Pfandt, Direttore Artistico della Vienna Contemporary, emerge che “vi sono ben 32 gallerie dell’Est Europa e sono esposti oltre 1.000 artisti”.
Chiedo alla direttrice Steinbrecher-Pfandt come intenda collocarsi Vienna nel panorama artistico internazionale: “Non si può trovare un’altra fiera che permetta di trovare tutto il meglio della produzione artistica dell’Est Europa. Vienna vuole porsi proprio come ponte tra Occidente e Oriente.
Per chi voglia esplorare il mondo dell’arte e investire in opere d’arte, qui si possono trovare nomi sui quali vale la pena puntare e che garantiranno un ritorno sull’investimento fatto”.
Cinque le sezioni, allestite da 5 curatori. Focus sull’Ungheria che ha “personalità artistiche di estremo valore che ancora non hanno raggiunto quotazioni iperboliche, ma che si adattano perfettamente al panorama artistico internazionale” come mi racconta Christina Steinbrecher-Pfandt.
Molte le gallerie di Budapest presenti in fiera, che spesso propongono anche artisti non ungheresi, come nel caso della Inda Gallery e di Matthias van Arkel, artista svedese, che si divide tra Stoccolma e New York.
Matthias usa il silicone per rendere i suoi lavori in 3D, superando i limiti bidimensionali della tela. Tra le nuove gallerie interessante la Erti Gallery di Tbilisi, che espone tutti artisti georgiani.
Uno su tutti Tato Akhalkatsishvili che mescolando immagini fotografiche a una pittura densa di pathos, realizza dipinti e collage che mostrano i suoi personali ricordi d’infanzia.
Tato, oggi 37enne, è cresciuto nel periodo in cui è crollato il blocco sovietico e traduce con immagini potenti lo scompaginarsi di un mondo andato inesorabilmente in frantumi e la difficile ricostruzione di una nuova era.
Russia, tra street art, Putin e oggetti trovati
Molto creativi gli artisti russi. Quelli in mostra a Vienna Contemporary sono già tutti nomi noti tra Mosca e San Pietroburgo. Aspettano solo di diventare famosi anche nel resto d’Europa e del mondo.
Non si può non essere attratti da una tela di ampie dimensioni, coloratissima, al centro della quale campeggia l’immagine di Vladimir Putin, al centro dello spazio espositivo della galleria moscovita Pop Off Art.
Si tratta di un lavoro realizzato da Vladimir Potapov, già con ottime quotazioni. La tela in mostra fa parte della serie “Inside”, che esplora e analizza la storia russa, ed è già stata comprata per 10.000 euro da un collezionista russo che da tempo aspettava di aggiudicarsene una. Piace l’ironia del moscovita Potapov, che ha sostituito il volto di Lenin con quello di Putin. Usa fotografie e giornali e ha creato una sua personalissima tecnica realizzata con vari strati di colore acrilico sovrapposti e poi eliminati laddove l’artista intende recuperare sfumature e tonalità diverse. Hanno il sapore della street art le opere proposte dalla Gallery Triangle di Mosca. Colori sgargianti e frasi ironiche per Kirill KTO Lebedev, che ha come missione colorare la città di Mosca con i suoi lavori che si trasformano in arredi di spazi urbani.
Predilige i muri, ma in questo caso ha accettato di dipingere su tela, con le sue immagini stilizzate che ricordano Matisse. Altrettanto noto Valery Chtak, che dello street artist ha proprio lo stile.
La sua gamma cromatica usa tutte le sfumature del grigio, del nero e del bianco. Si serve di tele, ma anche di skateboard.
Di Valery Chtak possiede più di un’opera uno dei membri di spicco del board della Vienna Contemporary, il russo Dmitry Aksenov, appassionato di arte e raffinato collezionista. “Summer Shower” è il titolo dell’opera dell’artista Vladimir Arkhipov, un ready made realizzato con porte di autobus. Un lavoro imponente che domina lo spazio della Regina Gallery di Mosca.
Viaggiando da una parte all’altra della Russia, Arkhipov raccoglie oggetti della vita di ogni giorno che poi ricontestualizza, donando loro una nuova vita.
Un po’ di Italia a Vienna
Grande simpatia e spirito imprenditoriale per le uniche due gallerie italiane in fiera, entrambe gestite da donne intelligenti e capaci.
Va a scoprire i giovani talenti nell’Est Europa Giorgia Lucchi Boccanera, che ha la sua galleria d’arte Boccanera a Trento e a Milano.
A Vienna Contemporary espone Cristian Avram, romeno, nato nel 1994, che racconta scene di vita quotidiana contemporanea ispirandosi all’arte del passato.
I suoi interni sono di un realismo che a tratti ricorda Caravaggio, ma che al tempo stesso riecheggia i colori degli Impressionisti e le alcune opere di Vincent van Gogh.
Diverso lo stile del serbo Despotovic che utilizza fotografie e ritagli di giornale per realizzare collage e décollage, con un uso a strati del colore.
Da Ortisei arriva Doris Ghetta con la GDG-Galleria Doris Ghetta. Uno stand, il suo, dedicato esclusivamente a un’artista tedesca, Isabella Kohlhuber, che però vive e lavora a Vienna.
Ha studiato grafica e cerca di tradurre i segni che vede nella vita di tutti i giorni in immagini pittoriche.
I suoi quadri sono dettagli di segnaletica pavimentale, che incontra lungo il suo cammino quotidiano.
Si concentra sulle lettere, sui font, su frammenti di caratteri e su scarti tipografici per le sue sculture.
Doris ne indossa una, che può essere attaccata al muro, o appoggiata, o addirittura, come fa lei, indossata, come un accessorio artistico. Quando si dice arte prêt-à-porter.
Calco di parti intime, quando l’artista è protagonista
Colpisce lo stand della Zilberman Gallery (Istanbul-Berlino). Due gli artisti che emergono su tutti: Sukran Moral e l’italiano, turco di adozione, Guido Casaretto. Gioca un ruolo da protagonista Sukran Moral, sempre al centro delle sue opere, diventando essa stessa oggetto della sua arte.
Si ritrae spesso, in dipinti e sculture di grande effetto scenografico. Ma la Moral va ben oltre, arriva perfino a creare una scultura dorata utilizzando il calco delle proprie parti intime.
Riprende temi legati alla femminilità, al ruolo della donna in una società maschilista e sessista, la violenza contro le donne.
È famosa per le sue performance, realizzate in manicomi, bordelli, hamam, proprio perché per lei il gesto stesso si fa arte.
Sukran Moral propone argomenti di rilevanza sociale e di denuncia. È il caso del drammatico tema dei rifugiati affrontato in un lavoro del 2003, in netto anticipo sull’emergenza migranti degli ultimi due anni, argomento molto sentito in Turchia.
Guido Casaretto, invece, si concentra sulla percezione sensoriale. Gioca con l’illusione creata dall’arte, servendosi di materiali diversi che grazie all’intervento pittorico, di colori ad olio e acrilici su lino, ingannano il pubblico sulla vera natura della materia con cui è realizzata l’opera.
Sarà un pezzo di roccia questo “Monte Giallo”? Queste lastre saranno davvero di marmo? L’occhio ci gioca brutti tranelli e le opere d’arte, come la realtà, hanno molti livelli di comprensione.
Casaretto ci fa riflettere su quanto sia sottile il confine tra realtà e simulazione, tra l’originale e la sua copia.
Dettagli di tessuti come espressione del gesto artistico
Liliane Tomasko è un’artista nata a Zurigo, che lavora e vive anche a Londra. I suoi lavori vengono presentati dalla Bechter Kastowsky Galerie di Vienna. Quello della Tomasko è un espressionismo astratto giocato sui dettagli di fibre tessili.
Le trame colorate e irregolari dei fili dei tessuti si trasformano in raffinatissime opere d’arte astratta, attraverso la lente d’ingrandimento con cui la Tomasko amplifica e deforma la realtà. Nei suoi lavori è il gesto che sempre più tende a farsi arte.
Dalla Cina con creatività e linee
Da Pechino l’arte arriva in forma astratta. Interessantissimi gli artisti in mostra nello spazio della Pifo Gallery.
Le raffinate opere ispirate alla calligrafia cinese di Tan Ping, stampatore e pittore che ha lavorato molto in Germania, sono tutte incentrate sull’essenzialità delle linee.
Incisivi i notturni urbani, di forte impronta espressionista, fermati sulle tele da Kang Haitao, pittore della nuova generazione. Per i suoi lavori usa l’accumulazione d’inchiostro, un’antica tecnica cinese, che per Haitao ha quasi una funzione catartica.
Il linguaggio universale dell’astrattismo è declinato con sensibilità diversa da un maestro della vecchia scuola come Wang Chuan, che ha abbandonato il figurativo per leggersi dentro e dare espressione ai suoi sentimenti più profondi e nascosti.
Wang Jian da giovane era un macchinista e sui treni ha imparato a scoprire tutte le sfumature del nero del carbone e della notte. Questa passione per un nero cangiante si è tradotta in dipinti astratti di grande impatto. Il lavoro di Wang Jian alla Vienna Contemporary è stato realizzato quest’anno, durante un periodo di malattia. Nei giorni di sofferenza per un problema renale Jian ha preso medicinali cinesi che poi ha deciso di inserire nel dipinto.
Gran Bretagna presente, malgrado la Brexit
Anche se dalla Brexit non si torna indietro, il Regno Unito era presente alla Vienna Contemporary. Di sicuro impatto scenografico i quattro scultori britannici proposti dalla Galerie Thaddaeus Ropac di Londra: Tony Cragg, Richard Deacon, Antony Gormley e Anish Kapoor.
Le curve morbide di acciaio riflettente di Kapoor entrano in costante comunicazione con l’ambiente circostante, dialogando con esso.
I volumi squadrati di cubi interconnessi realizzati in ghisa di Gormley ridefiniscono lo spazio e i corpi che in esso si muovono. Con artisti nuovi, tutti trentenni, la galleria londinese Rod Barton.
Su tutti colpisce il pittore svedese Soren Sejr con la sua estetica di ispirazione giapponese e la sua tecnica a strati sovrapposti di colore.
Gender, attese, l’arte come filosofia di vita
Le mani dell’artista, realizzate in cemento, afferrano una sbarra di ferro e la piegano fin quasi a spezzarla. In questa opera si celebrano al tempo stesso il vigore e la fragilità.
Le sculture di Toni Schmale, ex giocatrice di calcio, si rifanno spesso alla forza fisica e all’esercizio fisico, visti i trascorsi sportivi dell’artista. La Schmale, presentata dalla Christine König Galerie di Vienna, sembra voler abbattere il pregiudizio e rappresentare l’ambivalenza dell’essere umano.
Spesso è la Schmale stessa a diventare oggetto delle sue opere. In questo caso protagoniste sono le sue mani. Ci sono attese che si trasformano in inediti giardini zen, che diventano parte del percorso della nostra esistenza.
È il caso dell’installazione di Sarah Pichlkostner della Galerie Hubert Winter di Vienna. L’arte, poi, può diventare filosofia di vita come nel caso dell’artista ungherese Tamàs Kaszàs.
I suoi lavori sono dichiarazioni d’intenti. Kaszàs auspica un’esistenza che riprenda contatto con la natura, che rispetti l’ambiente e se ne prenda cura. Fustiga i costumi altrui e applica i principi che predica. Alcuni dei suoi lavori trovano spazio nello stand della galleria Kisterem.
Bioismo, neve, Farsi e ricordi
C’è tanto altro di interessante nell’edizione 2017 della Vienna Contemporary.
Le bellissime installazioni concettuali dell’artista ucraino Aljoscha, portato dalla galleria Beck & Eggeling International Fine Art di Düsseldorf e Vienna. Si fondano sull’idea del biofuturismo.
Forme biomorfe che con la loro energia e complessità rappresentano il tentativo di creare nuove forme di vita e un’estetica della vita organica futura.
I fiocchi di neve delle Olimpiadi di Sochi, conservati e chiusi in barattoli di vetro dell’artista Pavel Braila. Un’installazione a bassa temperatura, dal titolo “The Golden Snow of Sochi”, esposta in una vetrina-freezer e portata in fiera dalla galleria romena Eastwards Prospectus di Bucharest.
L’installazione di Anahita Razmi che nel titolo racchiude un intento programmatico: “Un artista che non parli il Farsi non è un artista”.
Opera collocata nello spazio espositivo della galleria d’arte Carbon 12 di Dubai.
La suggestiva installazione del visual artist, filmmaker e set designer Paul Horn, portata in mostra dalla galleria Hans Knoll (Vienna-Budapest).
Un’opera di formato ridotto capace di creare giochi prospettici cinematografici.
E ancora gli oggetti di cancelleria elevati al rango di enormi sculture di Katharina Schilling in esposizione nello spazio della galleria viennese Nathalie Halgand. I ricordi disegnati a matita e carboncino come fossero una fotografia dell’artista tedesco Tim Plamper, dal titolo “Melancholia”.
Sesso e giochi psicologici in un esterno pieno di caos e pathos, proposto dalla Unttld-contemporary di Vienna.
E poi ci sono ancora molti altri lavori di alto livello qualitativo, esposti da gallerie d’arte di eccezionale sensibilità e fiuto, come la Mario Mauroner Contemporary Art di Vienna.
Parallel, la vita è arte e l’arte è vita
Tra le iniziative satellite della Vienna Contemporary c’è Parallel: 10 piani di gallerie d’arte e artisti alla Alte Sigmund Freud Universität, con proposte per tutti i gusti. Uno su tutti: Parallel & Konkordant, nella stanza 906, curato da Marcello Farabegoli e Lucas Gehrmann. Artisti, curatori, critici, architetti, fotografi, uniti nell’arte e nella vita.
L’estetica giapponese ispirata alla tradizione calligrafica di Hana Usui che veicola, attraverso le sue linee eleganti e la sua gamma cromatica delicata, messaggi di denuncia come ad esempio contro la pena di morte, ancora applicata in Giappone.
La natura e i suoi elementi, così presenti nei dipinti di Karin Pliem. Architetture ed esistenza umana sono letteralmente invase da una vegetazione rigogliosa che tutto avvolge. Le tele sono un trionfo di fiori fantastici, rami, foglie lussureggianti.
I titoli, come “Ayasofia in conflitto”, contengono spesso parole in italiano, riprese dalla musica, altra grande passione della Pliem. Le sculture fatte di piste per automobiline elettriche di Clemens Fūrtler.
Su queste “Bildmaschine”, totem suggestivi e dalle forme che creano percorsi a loop, l’artista fa correre le macchinine, dotate di piccole telecamere, estrapolando poi da alcuni di quei fotogrammi serigrafie e dipinti dal forte potere evocativo. Di grande impatto e suggestione le versioni notturne illuminate.
Hana e Marcello, Karin e Lucas, Clemens e Michaela. L’arte li ha fatti incontrare, ha unito le loro vite ed è diventata ragione del loro esistere.
Vienna Contemporary: Marx Halle Vienna, Karl-Farkas-Gasse 19, 1030 Vienna fino al 24 settembre, dalle 11:00 alle 18:00.
Parallel: Alte Sigmund Freud Universität, Schnirchgasse 9A, fino al 24 settembre, dalle 11:00 alle 19:00.