La rotta del Mediterraneo dovrebbe essere chiusa. A dirlo è il Ministro degli Esteri austriaco. Ancora una volta il tema dell’immigrazione entra a gamba tesa nel dibattito pre-elettorale. Ed è subito maretta nella coalizione di governo austriaca. Alle affermazioni di Sebastian Kurz seguono le dichiarazioni del Cancelliere federale Christian Kern, mai così pungente. Dichiarazioni off-the-record, ufficiose, riportate da Florian Klenk, giornalista del settimanale Falter, riprese poi da tutta la stampa austriaca. Kern è lapidario e caustico, le parole del neo leader dell’ÖVP sono “populiste in piena regola”. Insomma, si limitano ad essere vuoti proclami, sterili annunci, non supportati da alcun piano concreto. Sullo sfondo le elezioni politiche anticipate e una campagna elettorale che si preannuncia come la madre di tutte le sfide, infuocata e senza esclusione di colpi. Da un lato il Cancelliere si affretta a dire che anche lui approva la chiusura della rotta del Mediterraneo, precisando però che è necessario che chi sostiene di voler chiudere la rotta del Mediterraneo dica esplicitamente quali procedure intenda far applicare, come voglia distribuire le quote dei migranti regolari, quanto denaro voglia investire nelle regioni colpite, comunicando in modo chiaro ai contribuenti austriaci quanto tutto ciò venga a costare. Dall’altro non ha dubbi Sebastian Kurz. Come a suo tempo aver sigillato la rotta balcanica ha arginato l’ondata massiccia di migranti, allo stesso modo chiudere la rotta del Mediterraneo “è l’unica soluzione efficace per smantellare il traffico di esseri umani e porre fine alla scia di morte che quelle traversate a bordo di imbarcazioni di fortuna provocano ormai incessantemente”.
Kurz non si spiega la reazione piccata del Cancelliere, quando sul fronte socialdemocratico anche il Ministro della Difesa Hans Peter Doskozil si trova sulla sua stessa lunghezza d’onda. È lecito chiedersi se la coalizione rosso-nera reggerà. Mai come adesso la compagine governativa ha conosciuto così tante tensioni. L’Austria teme l’arrivo di nuovi flussi migratori. Considerate le legittime paure della gente sulla presenza dei rifugiati tanto la destra, quanto la sinistra si rincorrono, cavalcando questi temi, così sentiti dall’opinione pubblica. Al tempo stesso, però, occorre che i partiti rafforzino la propria identità, per non appiattirsi su posizioni analoghe che rendano impercettibili, se non inesistenti, le differenze e le opposte visioni. Se oggi una coalizione rosso-blu, non sembra più essere un tabù, lo sdoganamento dell’FPÖ da parte dei socialdemocratici dell’SPÖ nell’era Kern potrebbe essere un vero colpo di genio, volto a neutralizzare il principale avversario e a polarizzare lo scontro tutto sul fronte del Partito popolare. Vediamo in cosa consiste e se sia davvero realizzabile la proposta di chiusura della rotta del Mediterraneo, caldeggiata dal nuovo leader dell’ÖVP Sebastian Kurz.
Stop ai disperati sulle carrette del mare
Per il Ministro degli Esteri austriaco dopo i primi soccorsi i migranti andrebbero riportati indietro, fuori dai confini dell’Unione europea. Se le cose resteranno immutate, chi ha i soldi per pagare i trafficanti di esseri umani continuerà ad arrivare nell’Europa Centrale. E, dice Sebastian Kurz, “sempre più persone moriranno annegate in quello specchio di Mar Mediterraneo“. A questo punto il Ministro degli Esteri sciorina i dati: “ci sono stati più di 3.000 morti nel 2015, oltre 5.000 nel 2016, mentre quest’anno si potrebbe arrivare a 7.000 decessi. Questo sistema non funziona, ne sono fermamente convinto”. Di fronte all’obiezione su come intenda far tornare indietro i rifugiati Kurz risponde: “Chi arriva in Centro Europa non va più via. Se impedissimo ai migranti di raggiungere la Libia, o se li facessimo sostare in Egitto, sarebbe più facile”. Eppure non c’è un singolo Paese del Nord Africa desideroso di farsi carico dei profughi, anche perché ospitare centinaia di migliaia di migranti può rappresentare un serio pericolo, alimentando il rischio che si creino sacche di jihadisti radicalizzati e cellule di potenziali futuri terroristi. In questo caso Kurz afferma che gli etiopi dovrebbero tornare in Etiopia, i nigeriani in Nigeria, e così via. E anche di fronte all’irrealizzabilità della sua soluzione, accusa lanciata dal giornale tedesco Die Welt che pure ha mostrato di appoggiare la chiusura della rotta del Mediterraneo da lui proposta, Kurz risponde che se l’Europa dicesse chiaramente no all’immigrazione, chiudendo i propri confini e respingendo, accadrebbe come per la rotta balcanica, nessuno ci si avventurerebbe più.
Chiudere i confini dell’Ue
Prioritario per il Ministro degli Esteri austriaco è “stabilire che chi entra illegalmente in Europa Centrale non può riuscire ad arrivarci” è il solo modo per disincentivare i migranti dall’intraprendere inutili viaggi della speranza. E poi, incalza Sebastian Kurz, “chi mi ha criticato a suo tempo per aver proposto la chiusura della rotta balcanica, oggi ha assunto posizioni analoghe alle mie, dandomi ragione”. L’idea del Ministro austriaco è di riportare chi venga soccorso nel Mediterraneo nei centri di accoglienza in Tunisia o in Egitto. Malgrado lo scetticismo, o il rifiuto espresso da entrambi i Paesi, Kurz pensa che se l’Ue facesse una proposta allettante potrebbe ottenere l’assenso di entrambi i Paesi nordafricani. “Non c’è più molto tempo -afferma Sebastian Kurz- Quante persone ancora dovranno morire annegate, prima che l’Ue si decida a fare qualcosa?”. E pian piano la sua proposta trova sempre più consensi. Anche se resta tutto da capire come si possano presidiare e pattugliare migliaia di chilometri di coste.
Soluzione australiana, una ricetta dal costo milionario
Torna alla carica con il metodo adottato in Australia, il Ministro degli Esteri austriaco, a suo giudizio tutti i migranti illegali andrebbero confinati su un’isola, (forse Lesbo, o Lampedusa?) in campi di accoglienza temporanea, prima del loro definitivo respingimento. Eppure la tanto evocata soluzione australiana, rischia di trasformarsi in un boomerang e soprattutto di costare salatissima. Infatti non solo la procedura di confino adottata dall’Australia è stata criticata pesantemente dalle organizzazioni per i diritti umani e dalle Nazioni Unite. Recentemente il governo australiano, citato in giudizio da 1905 migranti, detenuti in un campo sull’Isola di Manus in Papua Nuova Guinea dal 2012 al 2014, dovrà sborsare un risarcimento di 70 milioni di dollari australiani, pari a circa 47 milioni di euro, quale indennizzo. L’accordo non è stato ancora approvato in via definitiva dalla corte, ma il denaro dovrà risarcire malattie, incidenti, sofferenze patite durante la loro detenzione nel campo. Inoltre, la Suprema Corte di Papua Nuova Guinea ha decretato la chiusura del campo-carcere sull’Isola di Manus, entro la fine del 2017. Un motivo in più per dubitare della reale fattibilità di un simile progetto.