Moby: un video contro Trump, Hofer e Salvini

L’ultimo video di Moby “Erupt & Matter” è un inno contro tutti i populismi e i loro leader. Compaiono in sequenza da Donald Trump a Kim Jong-un, fino a Norbert Hofer e Matteo Salvini. Poco dopo il rilascio del video scoppia il botta e risposta tra il numero due dell’FPÖ e Moby. Un duello consumato a suon di lettere aperte pubblicate su Facebook. Il video unisce una musica dura e incalzante, a tratti dal ritmo quasi tribale, ad un testo che graffia. Le immagini sono un concentrato di violenza, repressione e dispotismo, di leadership di ieri e di oggi, di mostri del passato e guasconi contemporanei. Vi scorrono veloci dalle proteste anti-Trump, alle parate militari della Corea del Nord, dai comizi di Recep Tayyip Erdogan a quelli di Nigel Farage, mentre Moby & The Void Pacific Choir scandiscono slogan contro le bugie dei politici alla guida di quei movimenti che fanno di razzismo, intolleranza, xenofobia, autoritarismo la loro bandiera.

 

Nel mirino della pop star americana ci sono tutti, anche con accostamenti azzardati. Spiccano i fotogrammi di Benito Mussolini mostrati pochi secondi prima del 45esimo Presidente degli Stati Uniti Trump. Lasciano il segno le parole della canzone scritte in rosso carminio che scorrono impietose sulle immagini del Segretario della Lega Nord Salvini: “Your touch is Death” (il vostro tocco è mortale) compare proprio su di lui, mentre a seguire si vedono manifestanti che brandiscono un cartello con su scritto “Mein Trumpf”, dove Trump è raffigurato con il ghigno e i baffi di Adolf Hitler. Ci va giù pesante Moby, senza guanti di velluto, mostrando il peggio degli archivi recenti: dal Presidente delle Filippine Rodrigo Duterte che fa il gesto del dito medio, a Donald Trump che si fa beffa di un giornalista disabile in campagna elettorale.

Nel video sono messi sullo stesso piano Bashar al-Assad, Erdogan, Boris Johnson, Marine Le Pen, Geert Wilders, Frauke Petry. E c’è da scommetterci che proprio non deve aver fatto piacere a Norbert Hofer essere preceduto da un dimostrante con la testa rasata che urla minaccioso facendo il saluto fascista. Ecco perché non poteva non esserci un rimpallo via social media tra il politico austriaco e il musicista americano.  Continua a leggere



Un selfie con il Presidente

Al Wiener Ball der Wissenschaften (Il Ballo delle Scienze), uno degli eventi più importanti di Vienna, impazza una nuova mania: il selfie presidenziale. Se l’anno scorso Alexander Van der Bellen era solo uno dei candidati alla Presidenza della Repubblica austriaca, in questa edizione 2017 era nel pieno delle sue funzioni come dodicesimo Presidente Federale, fresco d’insediamento, avvenuto lo scorso giovedì. Il Presidente Van der Bellen è stato il protagonista indiscusso del ballo. Tutto è ruotato attorno a lui e al suo discorso di apertura. È lui che ha catalizzato l’attenzione del pubblico, rubando la scena a chiunque altro. Attorno gli si sono accalcate frotte di studenti in cerca di un autoscatto. Come se si fosse trattato di una famosa rockstar, è stato attorniato da tantissime ragazze che hanno fatto carte false per mettersi in posa e farsi un selfie con il Presidente. Il clima era a dir poco incandescente. 

SciBall/R.Ferrigato

A chiedere autoscatti a Van der Bellen sono stati un po’ tutti, uomini, donne, giovani e meno giovani e lui, il Presidente, si è prestato al gioco, mostrandosi disponibile e anche molto divertito. Sempre un passo indietro la first lady Doris Schmidauer, sempre sorridente e per nulla infastidita dalle mille attenzioni ricevute dal marito, assediato per tutta la serata da giovani con smartphone a caccia di selfie.  Continua a leggere



Orrore e speranza sul set di Jonah

L’esodo dei rifugiati, in fuga da Siria, Iraq, Afghanistan, che cercano scampo dalla guerra e un futuro in Austria e in Germania, paragonato alla Shoah, quando 6 milioni di ebrei sono finiti nei campi di concentramento, o di sterminio nazisti. Un parallelo che prende forma nel film Jonah, del regista austriaco Michael Maschina. E, storia nella storia, la troupe che ha lavorato alle riprese del cortometraggio è tutta italiana. Sono ragazzi giovanissimi, il più anziano è il Direttore di Produzione, Giorgio Arnaldo Massari, che di anni ne ha appena 26, i più piccoli Francesco e Ginevra, 20 anni. Un cinema di qualità, Made in Italy, che cerca di rendere visibile l’invisibile, proponendo al pubblico un racconto che aiuta a capire come siano quei terribili viaggi affrontati da profughi disperati, stipati a bordo di furgoni, che somigliano ai vagoni di quei treni speciali che portavano con cadenza quotidiana alla morte migliaia di ebrei. Viaggi che sono incubi infernali, fatti di sofferenza e costrizione, di paura e orrore. Un film che cerca di instillare consapevolezza su una realtà drammatica dei nostri tempi. A migliaia giungono in Austria per trovare un luogo dove poter costruire un futuro migliore. Ieri migliaia di persone scappavano dall’Europa per salvare la propria vita dalle persecuzioni del nazifascismo. Anche oggi stiamo assistendo ad una tragedia umanitaria epocale. Oltre un milione di migranti sono giunti nel cuore dell’Europa nel 2015. Un dramma sconvolgente, che si è consumato sotto i nostri occhi, il peggiore dalla Seconda Guerra Mondiale.

 

Come Jonah dentro le viscere dell’enorme pesce che lo ha inghiottito tornerà poi a rivedere la luce, così i rifugiati a bordo di un furgone, stretti l’un l’altro, senza aria, luce, senza possibilità di soste, alla mercé di trafficanti di esseri umani senza scrupoli, troveranno alla fine la salvezza. Il pubblico è invitato a vivere quelle tremende emozioni, la stessa claustrofobica sensazione dei profughi: essere trasportati in condizioni disumane, senza nessuna certezza, avendo ancora la morte negli occhi. Il regista Michael Machina punta a far sì che il pubblico si identifichi nei migranti protagonisti di quel viaggio fatto di orrore. Anche gli spettatori saranno in quel furgone, al buio, costretti, impauriti. Vivranno ciò che i rifugiati hanno vissuto, le loro emozioni a tinte forti, proveranno i loro stessi sentimenti.  Continua a leggere



Terrorismo: attacco sventato a Vienna

Le unità EKO-Cobra e le e forze speciali antiterrorismo hanno sventato un imminente attacco a Vienna. Poteva essere un bagno di sangue. Un 17enne, sospettato di essere uno jihadista, è stato arrestato. Lorenz K., nome di battaglia Abou-Chacker, è nato in Austria, ma ha origini albanesi. Stava pianificando un attentato con dell’esplosivo. Obiettivo possibile: la rete della metropolitana viennese. Tanto che i media austriaci lo hanno soprannominato U-Bahn-Bomber (Dinamitardo della metropolitana). Sarebbe potuto accadere in qualsiasi momento. Tra il 15 e il 30 gennaio, questo l’arco di tempo nel quale il giovane sembra avesse intenzione di portare a segno l’attacco. Ed è forse stata questa imminente minaccia ad aver accelerato le operazioni delle autorità austriache, che hanno compiuto raid per tre giorni. Giorni nei quali Vienna è apparsa improvvisamente vulnerabile, diventando un bersaglio del terrorismo e scoprendosi culla di quel radicalismo che si diffonde sempre di più tra i giovanissimi musulmani. Un piano, quello architettato dal 17enne Abou-Chacker, che sembra simile agli attacchi all’aeroporto e alla metropolitana di Bruxelles. Al centro delle investigazioni anche un 12enne, sospettato di avere legami con il mondo dello jihadismo, nell’area di Meidling, nel 12esimo distretto. Attualmente il ragazzino è tenuto in un luogo segreto, sotto stretto controllo. Ad oggi i 220 uomini delle squadre antiterrorismo dispiegate a Vienna, continuano ad essere operativi sul territorio, almeno finché il rischio di una minaccia di attentato non sia definitivamente scongiurata. Le unità speciali presidiano tutti i possibili luoghi sensibili: dai centri commerciali, alla rete della metropolitana, dalle vie dello shopping, ai mezzi di trasporto pubblico e a tutti quei luoghi affollati e di maggior traffico della capitale austriaca.

EKO-Cobra by B. Braun-L.

Con il trascorrere delle ore emergono nuovi inquietanti particolari. Dagli ultimi interrogatori cui è stato sottoposto Lorenz K. avrebbe confessato di aver costruito una bomba di prova, ma il Ministro Sobotka ha assicurato che finora non sono stati rivenuti esplosivi. Quel che è certo è che il 17enne disponeva di tutte le istruzioni necessarie a fabbricare un ordigno. Lorenz K., arrestato perché sussisteva il pericolo di fuga, sembra tenesse le fila di un vero e proprio network del terrore. Era infatti in contatto non solo con il 12enne, ma anche con un 21enne arrestato in Germania, a Neuss, in Nord Reno-Westfalia, con il quale si era incontrato pochi giorni prima di essere catturato. Sia Lorenz K. sia il 21enne tedesco arrestato a Neuss appartengono a circoli salafiti radicali. L’indagine che coinvolge in azioni congiunte le forze dell’ordine austriache e tedesche, farebbe perdere di consistenza l’ipotesi del lupo solitario, mentre delineerebbe i contorni di una possibile cellula organizzata di terroristi, con connessioni e ramificazioni in più Paesi europei. Nell’abitazione che il 21enne divideva a Neuss con la moglie, interrogata e poi rilasciata, non sono state rinvenute né armi, né sostanze esplosive, ma sono stati posti sotto sequestro cellulari e laptop. Sembra che il 17enne austriaco Abou-Chacker avesse contatti anche con altri possibili complici a Vienna. Ecco perché le indagini proseguono a tappeto, come pure nuovi controlli sul territorio.  Continua a leggere



Donne in marcia anche a Vienna

Due milioni e mezzo di donne hanno partecipato alla Women’s March (La marcia delle donne) in tutto il mondo. Mezzo milione solo a Washington. A Vienna, a marciare per le strade del centro storico, c’erano oltre 2.500 donne. Un fenomeno la Women’s March, che pian piano si è allargato a macchia d’olio, fino a coinvolgere 60 Paesi, con altrettante marce organizzate in oltre 100 città, il giorno successivo all’insediamento del 45esimo Presidente degli Stati Uniti. Vi sono state dimostrazioni a Washington, Londra, Parigi, Roma, Milano, Berlino, Bruxelles, Ginevra, Copenhagen, Praga, ma anche in Australia, Nuova Zelanda, Kenya, Perù. La pacifica marea rosa ha invaso anche il centro di Vienna, con una partecipazione massiccia, al di là di ogni aspettativa. Ad organizzare la Women’s March viennese è stata Caroline Kirkpatrick, nata nella East Coast americana, ma attualmente residente nella capitale austriaca. Dopo aver lanciato la sua idea su Facebook, nel gruppo Women of Vienna, e aver ricevuto risposte entusiaste e ampio sostegno, la Kirkpatrick ha deciso di dare vita all’iniziativa viennese. “Tutto è cominciato così, dalla mia frustrazione nel non poter partecipare alla marcia di Washington -ha raccontato in un’intervista rilasciata al quotidiano online The Local Austria Caroline Kirkpatrick- Un modo per rispondere all’ascesa di quella retorica populista di estrema destra, che si sta diffondendo nel mondo”. Da lì la creazione della pagina Facebook dell’evento, il coordinamento a livello globale con tutti gli altri Paesi coinvolti e poi, vista l’incredibile pioggia di consensi, la marcia nel mondo reale, che ha avuto luogo sabato alle 12:00 a Karlsplatz. Punto di partenza davanti alla chiesa Karlskirche, per poi snodarsi per le vie del centro, fino a raggiungere il polmone verde di Stadtpark. Si attendevano 700 persone, che avevano dato la loro adesione attraverso i social media, ma alla fine l’affluenza è stata straordinaria, a manifestare erano almeno 2.500, secondo i dati diffusi dalla Polizia. Molte più del previsto, che hanno sfidato le temperature rigide che da giorni stringono in una morsa di gelo siberiano la capitale austriaca.

 

La Women’s March non era solo una protesta di genere, ma un evento aperto a tutti, infatti a Vienna erano presenti anche molti uomini. E non si manifestava solo contro il Presidente Donald Trump, ma anche contro ogni tipo di discriminazione, perché non vengano calpestati i diritti civili così faticosamente conquistati.  Continua a leggere



Austria, banche con l’anima

Poco più di un anno fa l’Austria ha dominato sui media internazionali per la straordinaria generosità, accoglienza e solidarietà dimostrate nel fronteggiare la drammatica emergenza dei rifugiati. Erste Bank, la seconda banca austriaca, era schierata in prima linea nella fase più difficile dell’afflusso massiccio di migranti. Un evento senza precedenti nel Paese. La storia che sto per raccontarvi parla di una mobilitazione eccezionale, che ha visto il coinvolgimento di tutti i dipendenti di Este Bank, dal CEO Andreas Treichl, ai membri del board, dai manager, agli impiegati di filiale, tutti impegnati attivamente per un solo fine: aiutare le migliaia di profughi transitate in Austria nei mesi più critici della fine del 2015. Il gruppo bancario aveva messo a disposizione, per oltre tre mesi, alcuni spazi del proprio quartier generale, ancora in fase di fine costruzione, adibendoli a centro di accoglienza per quei migranti di passaggio a Vienna, soprattutto offrendo un riparo sicuro a famiglie con bambini. E mentre una banca ha mostrato il suo volto umano in quei giorni difficili di fine 2015 e una convinta attitudine al sociale, che prosegue anche oggi con nuovi progetti a favore dell’integrazione dei richiedenti asilo, il governo austriaco sembra invece offrire un’immagine autoritaria e intransigente, annunciando di continuo misure sempre più restrittive in materia d’immigrazione. Proprio nelle ultime ore il Ministro dell’Interno Sobotka (ÖVP) e il Ministro della Difesa Doskozil (SPÖ) hanno infatti annunciato la volontà di intensificare i controlli lungo il confine con la Slovacchia, una zona diventata troppo permeabile ai rifugiati e ai trafficanti di esseri umani, che negli ultimi mesi viene scelta come rotta privilegiata. E non è tutto, sempre in queste ore, sia l’Austria, sia la Germania, promettono di voler riattivare da febbraio e mantenere per un tempo illimitato i controlli delle frontiere, almeno finché i confini più esterni dell’Unione europea non saranno sicuri. Promette di stanziare un centinaio di soldati il Ministro Doskozil, per pattugliare i treni e impedire l’accesso in modo illecito ai migranti, che continuano ad essere intercettati a centinaia. I treni carichi di profughi accolti dai viennesi con applausi scroscianti alla stazione centrale, l’Hauptbahnhof, sembrano un ricordo sbiadito, quel clima aperto e solidale sembra ormai essere lontano anni luce. Il Ministro Sobotka, ha ribadito che l’Austria ha ricevuto un numero di rifugiati pro capite superiore a Germania, Italia e Grecia, 90.000 domande di asilo nel 2015, 42.100 nel 2016, e porta avanti una linea di netta chiusura. Vengono proposte delle Wartezonen (zone di attesa) nelle quali far rimanere quei migranti che non rimarranno in Austria e quei richiedenti asilo eccedenti rispetto al tetto, che ammontano a 17.001. Aree di attesa nelle quali i migranti dovranno soggiornare, impossibilitati a lasciarle, se non per essere rispediti nei Paesi di origine. La storia di Erste Bank, del suo Campus trasformato temporaneamente in un rifugio per profughi, dell’abnegazione e degli sforzi profusi dal primo all’ultimo dei suoi dipendenti, vale la pena di essere raccontata. Perché non trionfino sempre solo i luoghi comuni, che vedono nelle banche forze oscure da combattere.

 

“L’’Austria non era preparata a ricevere quell’ondata immensa di profughi. A suo tempo c’è stata una risposta straordinaria da parte della società civile, migliaia di volontari si sono mobilitati. Il gruppo Erste non poteva restare a guardare -mi spiega Boris Johannes Marte, Capo del Polo per l’Innovazione di Erste Bank- Così, assieme al CEO, abbiamo deciso di creare al piano terra della nostra nuova sede, non ancora completata, un centro di accoglienza per rifugiati. Eravamo in 40, tra membri del board, manager e semplici dipendenti, a montare i letti per l’area dormitorio, un sabato di fine agosto”.  Continua a leggere



George Michael a Vienna, mistero svelato?

Sulla gita segreta di George Michael a Vienna sarebbero emersi alcuni nuovi particolari che ne spiegherebbero il motivo. Dietro al viaggio nella capitale austriaca non ci sarebbe alcun mistero legato alla sua prematura scomparsa il giorno di Natale, ma questioni relative alla salute del padre del suo compagno Fadi Fawaz. La star sarebbe giunta in Austria da Londra con un jet privato i primi di novembre, poche settimane prima della sua morte, e avrebbe poi utilizzato un servizio di vip Limousine. Ad accompagnarlo anche Fadi Fawaz e il padre di quest’ultimo. Secondo il quotidiano Österreich, ripreso anche da altri media locali, George Michael avrebbe raccomandato al padre del compagno il team di medici dell’AKH, il policlinico universitario e il principale ospedale di Vienna, i dottori che nel 2011 salvarono il cantante, colpito da una gravissima polmonite. I tre avrebbero avuto un appuntamento per una visita medica propedeutica a un’operazione chirurgica. Come avrebbe confermato una fonte del mondo dello spettacolo che ha preferito rimanere anonima, George Michael avrebbe raccomandato il pool di medici dell’AKH guidato dal Prof. Christoph Zielinski, pneumologo e primario del reparto di oncologia, al padre del compagno, che sembra avesse un problema di salute. Quindi non vi sarebbe un nesso con le condizioni di salute della popstar, bensì con quelle del padre del compagno. Insomma, si sarebbe trattato di un viaggio fatto per amore e per prendersi cura di un persona cara. Il soggiorno di George Michael a Vienna sarebbe avvenuto proprio nei giorni immediatamente precedenti al concerto di Justin Bieber, che si è svolto l’8 novembre scorso. In ogni caso la presenza a Vienna di George Michael sarebbe passata del tutto inosservata. Difficile riconoscere il cantante, fortemente appesantito, dopo aver raggiunto un peso di oltre 100 chili.

Il Prof. Christoph Zielinski e il suo collega Dr. Thomas Staudinger da me contattati, hanno preferito non rilasciare alcuna dichiarazione sul rapporto che li legava al cantante. Ma il legame, che travalica quello semplice di medico e paziente, si percepisce chiaramente dal post pubblicato su Twitter dal Prof. Zielinski lo scorso 25 dicembre: “Addolorati per l’improvvisa morte di George Michael, io e il team di medici dell’ospedale AKH vogliamo esprimere profonda solidarietà alla famiglia e agli amici”. Parole commosse, che denotano vicinanza e affetto. Infatti al Prof. Zielinski e al suo staff l’ex Wham! aveva manifestato più volte la propria gratitudine per averlo curato con prontezza ed efficacia, praticandogli una tracheotomia d’urgenza nel 2011, quando una forma grave di polmonite lo aveva costretto a interrompere il tour e gli aveva imposto il ricovero immediato. “Hanno salvato la mia vita”, aveva detto ripetutamente George Michael, che nutriva nei loro confronti stima e fiducia incondizionate.  Continua a leggere



Vienna, il ballo della banca

La stagione delle danze ha da poco aperto i battenti a Vienna. Al Wiener Rathaus, l’edificio neogotico del Municipio viennese, sabato 14 gennaio, ha avuto luogo uno dei balli più prestigiosi, quello di Bank Austria, prima banca del Paese e parte del gruppo Unicredit. Un’edizione più vivace quella del ballo 2017, che riflette l’impulso positivo impresso al gruppo dalla guida di Jean Pierre Mustier. Il piano triennale dell’era Mustier, con la ricapitalizzazione imponente di 13 miliardi rappresenta un notevole cambio di passo. Gli accantonamenti importanti e la drastica riduzione dei crediti deteriorati sono un segno di netta discontinuità con il passato. Una rigorosa gestione dei rischi e il taglio dei costi, assieme a investimenti soprattutto nel settore dell’Information Technology, porteranno a consolidare la posizione di Unicredit come grande banca commerciale paneuropea. Il risultato di questa svolta e i primi 5 mesi della nuova gestione, si sono riverberati non solo sui mercati, con le azioni del gruppo salite del 16% dopo la presentazione del piano industriale, ma anche sul clima del ballo, che ha visto quest’anno anche la partecipazione nelle fasi di apertura del sindaco di Vienna Michael Häupl. In realtà organizzatori del ballo sono i rappresentanti dei dipendenti della banca, i Betriebsrat.

 

Le linee prospettiche delle ogive, gli archi a sesto acuto, le colonne maestose, i lampadari sfarzosi di ottone e cristallo, tutto riporta a tempi lontani. Le ricercate decorazioni floreali dei fioristi viennesi, eredità del Blumenball (Ballo dei Fioristi) che ha luogo nelle stesse sale la sera prima, le note suonate dal vivo dalla Gerhard Aflenzer Broadway Big Band, accompagnate dalle voci di Eva Hag e Werner Auerl, contribuiscono a creare la magia che rende il Ballo di Bank Austria un evento da non mancare.  Continua a leggere



Donna, diva, inventrice

Hedy Lamarr è una diva di Hollywood che oggi il grande pubblico quasi non conosce. Vienna le ha dedicato una première teatrale al Theater in der Josefstadt, con una pièce ispirata alla sua vita, Sieben Sekunden Ewigkeit (Sette secondi di eternità), scritta da Peter Turrini, che sarà in scena con varie repliche fino al 14 marzo. Donna di rara bellezza, austriaca, nata a Vienna nel 1914 da famiglia alto borghese, ma in seguito naturalizzata statunitense, Hedy Lamarr, al secolo Hedwig Kiesler, non è stata solo un’attrice famosa, ma anche una geniale inventrice. A lei si deve la creazione di quella che in seguito venne denominata frequency-hopping spread spectrum, alla base delle tecnologie che hanno reso possibili le attuali comunicazioni wireless. Eppure la portata di questa ed altre sue invenzioni, tutte brevettate, che prevedevano all’epoca un utilizzo di tipo bellico, non venne affatto compresa dai suoi contemporanei. Sullo sfondo la Seconda Guerra Mondiale, la minaccia di Hitler, del nazismo e le sue origini ebraiche. Quale credito potevano avere invenzioni tecnologiche proposte da una bellissima diva hollywoodiana? E proprio contro questi cliché e pregiudizi Hedy Lamarr dovette lottare tutta la vita, in un’America nella quale in fondo si sentì sempre straniera e sola. Forse è per questo motivo che non finì gli studi universitari alla facoltà di ingegneria di Vienna, malgrado fosse una studentessa molto promettente, dotata di straordinarie capacità e rara intelligenza. Hedy Lamarr subì il peso soverchiante della sua bellezza, ne fu quasi schiava, e si fece rapire dal sogno di diventare una celebre attrice. Girò 25 film in altrettanti anni, recitando accanto a tutti i più grandi attori dell’epoca: da Spencer Tracy a Clark Gable e James Stewart.

Anche il suo rapporto con gli uomini fu un gioco fatto di seduzione e adorazione, essere ammirata era la sua passione. Fu sempre lei, a soli 19 anni, agli esordi, nella pellicola d’autore Estasi (Ekstase), a scandalizzare per un nudo integrale, una vera trasgressione per quei tempi. Era il 1933. Un film che fece scandalo e al quale la sua vita e la sua carriera rimasero indissolubilmente legate. Sei matrimoni, tre figli, non fu mai animata da un grande spirito materno. Volitiva, indipendente, anticonformista, seppe dire basta a un matrimonio che stava pian piano andando alla deriva, tra insoddisfazione, noia, stanchezza. Ebbe il coraggio di abbandonare Fritz Mandl, suo primo marito, ricchissimo industriale delle armi, ma uomo molto possessivo, per inseguire il suo sogno di gloria nel cinemaContinua a leggere



Vienna contro il velo islamico

La guerra contro il velo islamico è appena iniziata in Austria. A dichiarare battaglia all’hijab è il Ministro degli Esteri e dell’Integrazione Sebastian Kurz, non nuovo a proposte shock, che scatenano accese discussioni a livello nazionale. Il giovane Kurz, che a soli 30 anni è uno degli esponenti di spicco del Partito Popolare austriaco (ÖVP), ha deciso di proporre il bando del velo per coloro che svolgano servizi pubblici, soprattutto per chi operi nell’ambito scolastico. “L’Austria è un Paese aperto alla libertà di culto -ha dichiarato Kurz- Però è anche uno Stato secolarizzato” che si rifà al principio della laicità. E proprio per questo il Ministro Kurz intende far sua la proposta avanzata dal consulente Heinz Faßmann di inserire nel pacchetto per l’Integrazione, al quale il governo austriaco sta lavorando, il divieto di indossare l’hijab per chi ricopra incarichi pubblici. Giudicato particolarmente delicato è il ruolo che hanno insegnanti e operatori scolastici nella formazione dei ragazzi, e indossare il velo islamico “è un esempio dell’influenza che può essere esercitata sui più giovani” ha detto ai media austriaci Sebastian Kurz, dando il via alla sua personale crociata contro l’hijab. Al tempo stesso, ha precisato il Ministro, la presenza del crocifisso nelle aule non viene messa in discussione, perché rappresenta un’usanza storicamente consolidata dell’Austria, tra l’altro sancita e regolata anche dalla Costituzione.

Si è avuta ampia eco sui media austriaci. Dopo la presa di posizione di Kurz infuriano le polemiche, anche all’interno della stessa coalizione di governo. Da più parti sono arrivate decise critiche al Ministro Kurz, accusato di voler guadagnare popolarità adottando misure populiste, a spese della comunità musulmana austriaca, come ha dichiarato Omar Al-Rawi, Presidente dell’IMOe, Initiative Muslimischer Österreicherinnen und Österreicher (Iniziativa dei Musulmani austriaci). Anche Heinz-Christian Strache è intervenuto nel dibattito con un post su Facebook, scagliandosi contro Sebastian Kurz. La gente è stufa, ha detto il leader dell’FPÖ, di proclami vuoti ai quali non seguono mai azioni concrete, gli austriaci sono stanchi di politici che non mantengono le promesse.  Continua a leggere