L’italiano può anche servire a fare impresa e far crescere il business? A Vienna, presso la Facoltà di Economia, si è concluso il progetto Export Lab, un corso di lingua italiana rivolto a studenti di economia, che oltre all’apprendimento linguistico ha dato modo di misurarsi in anticipo con il mondo del lavoro. Questo progetto, attraverso una formula di reverse mentoring, permette all’imprenditore che vi partecipa di confrontarsi con le sfide legate all’internazionalizzazione, senza però vedere messa in discussione la sua leadership. Una sinergia tra giovani universitari e mondo imprenditoriale che crea un ponte tra le due realtà, facendo crescere e migliorare sia i ragazzi, sia le aziende. Con Export Lab emerge uno spaccato del sistema produttivo italiano, che spesso non è in grado di cogliere le opportunità offerte dall’internazionalizzazione per la sua scarsa capacità nell’uso delle nuove tecnologie e la bassa propensione all’innovazione. Forse potremo stupirci, ma sono molti i giovani che in Austria mostrano interesse nell’apprendere la lingua italiana, con l’idea di ampliare le prospettive di un futuro inserimento nel mondo del lavoro.
Attraverso questo corso, durato un semestre, i ragazzi hanno messo alla prova non solo le proprie conoscenze linguistiche, ma anche le basi teoriche dei propri studi economici, cimentandosi a livello pratico in una serie di iniziative sviluppate assieme ad aziende vere. Le ditte coinvolte hanno compiuto un notevole balzo in avanti, aggiornandosi, perché non basta solo avere prodotti di qualità per essere pronti all’internazionalizzazione. Limitate competenze linguistiche, scarsa conoscenza di internet come strumento di promozione e commercializzazione, un debole uso di email e Skype, hanno indubbiamente un effetto negativo nel momento in cui ci si voglia aprire al mercato estero. Export Lab ha dato vita a un proficuo gemellaggio tra università e impresa, reso possibile dalla collaborazione tra la WU di Vienna (Wirtschafts Universität Wien) e l’ICE (Agenzia per il Commercio Estero). Una sorta di joint venture tra universitari e quattro aziende italiane, pronte ad espandere la propria attività all’estero, ma in attesa di innovarsi e di avere in mano un vero studio di fattibilità e una strategia ben concepita per procedere allo sbarco in Austria.
Imparare l’italiano abbandonando gli stereotipi
Alta l’affluenza al progetto Export Lab: ben 16 studenti, contro i 6 che di media partecipano ai normali corsi di lingue straniere alla Facoltà di Economia. L’apprendimento della lingua italiana è avvenuto fuori dagli stereotipi del turista, che visita luoghi di interesse artistico e culturale e mangia spaghetti accompagnato dal suono del mandolino. Lo studio e l’approfondimento dell’italiano è avvenuto attraverso molta pratica e interazioni continue con il mondo delle imprese.
Un’occasione unica per testare le proprie capacità grammaticali, la propria abilità nella conversazione e nella scrittura, utilizzando al tempo stesso anche le proprie competenze economiche. L’obiettivo: dare soluzioni a problematiche reali e creare un piano di azione per quelle aziende che intendano affacciarsi sul mercato austriaco. Una sperimentazione riuscitissima che sarà proposta nuovamente a marzo 2017.
Effetto full immersion senza spostarsi da Vienna
“Il punto di forza del corso è stato portare gli studenti dentro le imprese e portare le imprese dentro l’università -mi racconta la Prof. Fiorenza Fischer del Dipartimento di Lingue straniere della Facoltà di Economia dell’Università di Vienna– Con la tecnologia è possibile farlo. Abbiamo avuto delle Skype session, grazie a un buon supporto tecnico del nostro Centro di Studio delle Lingue. Così senza dover viaggiare, senza doverci muovere, siamo potuti rimanere in Austria, a lezione, ma al tempo stesso fare una vera e propria full immersion in Italia”.
Basta con l’astrazione, avanti con la pratica
“Il progetto Export Lab è nato dall’osservazione che il nostro insegnamento è tutto basato su una narrazione astratta dell’Italia -sottolinea la Prof. Fiorenza Fischer– su rapporti, analisi economiche, studi economici sul panorama italiano, simulazioni di situazioni di comunicazione d’impresa, ma non su situazioni reali. Quindi volevamo uscire da questo livello di astrazione per calarci nella realtà”. Infatti nelle sessioni Skype tra studenti e aziende, è stato come incontrarsi nel mondo reale, affrontando situazioni di dialogo che non erano puro esercizio fine a se stesso, ma presupposto per portare avanti l’incarico assegnato. “Alla fine hanno vinto tutti -dice la Prof. Fischer- I ragazzi hanno imparato divertendosi, senza annoiarsi mai e sperimentando concretamente le loro competenze in materia economica. Le aziende hanno indubbiamente investito del tempo, ma ora hanno in mano elementi validi per affacciarsi al mercato austriaco”.
Con l’entusiasmo si impara di più
Immergersi nella realtà, sperimentare situazioni pratiche, interagire anche grazie alle nuove tecnologie, crea un circolo virtuoso che favorisce l’apprendimento, facilita il team working e genera valore aggiunto. In questo senso Export Lab è stata un’operazione vincente. “La vivacità, l’autenticità, anche l’entusiasmo che scatena il fatto di avere a che fare con cose vere, con situazioni reali, non soltanto stando sui libri è un bene prezioso” dice la Prof. Fischer. Anche Giorgio Marrapodi, Ambasciatore d’Italia in Austria, presente nella fase conclusiva del corso, è rimasto colpito dall’entusiasmo dei ragazzi che hanno scelto così numerosi, di intraprendere il corso di lingua italiana.
Com’è nato il progetto?
Chi ha avuto l’idea di Export Lab è Antonio Ventresca, Direttore ICE Vienna, che mi spiega quanto sia importante rivolgersi alle scuole per far conoscere il Made in Italy. “In Austria c’è un passaggio molto veloce dalle accademie, dalle scuole superiori di turismo, al mondo del lavoro. Così la maniera migliore per far capire il sistema produttivo italiano alla realtà austriaca è entrare direttamente nelle scuole e portare sapienza, conoscenza specifica su tutti i beni di consumo” evidenzia Ventresca.
Proprio lui è l’artefice dell’iniziativa: “Ho proposto all’Università di realizzare questo progetto, in cui una parte fondamentale fosse la sperimentazione con ditte reali del mondo produttivo italiano”. È nel dna dell’ICE favorire l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Con questo criterio sono state selezionate 4 aziende con le quali far lavorare gli studenti divisi in altrettanti gruppi. “Abbiamo capito che era più interessante che i ragazzi fossero ingaggiati in una sperimentazione sul campo con le varie ditte” rilancia Ventresca. Prima sono stati analizzati tutti i punti di debolezza e di forza delle imprese coinvolte. Poi ogni gruppo ha ricevuto un’azienda sulla quale sviluppare le strategie studiate assieme.
Export Lab, una best practice da ripetere
Gli imprenditori coinvolti sono stati molto collaborativi. “All’inizio non pensavano che avrebbero avuto un tornaconto, ma poi hanno capito che sarebbero stati proprio loro i maggiori beneficiari del progetto e non i ragazzi come invece ritenevamo all’inizio -mi dice Antonio Ventresca– I ragazzi sono stati bravissimi perché hanno dimostrato professionalità, ciò che avevano imparato l’hanno messo in pratica”. Assieme a Ventresca e alla Prof. Fischer, gli studenti hanno individuato due o tre azioni possibili per ciascuna ditta, per poi sceglierne solo una da portare avanti fino alla fine, attraverso un processo selettivo. Un’azione per far entrare in Austria le 4 imprese da concretizzare e presentare usando anche un linguaggio innovativo.
“I ragazzi usano molto gli slogan pubblicitari, per cui hanno spesso toni trionfalistici di presentazione -puntualizza Ventresca- Non è stato facile far perdere loro queste abitudini di esaltazione dell’azienda, per arrivare a toni dimessi ma più efficaci, anche perché questo è pur sempre un corso di lingua”. Presto l’esperimento linguistico Export Lab si ripeterà, a marzo 2017 infatti, prenderà il via un nuovo corso, che durerà un semestre.
Cosa ne pensano gli studenti?
Per i 16 ragazzi il bilancio è decisamente positivo e l’esperienza si è rivelata per tutti interessantissima, tanto che molti di loro vorrebbero ripeterla a più presto.
Foodscovery
Una delle 4 imprese è Foodscovery, una startup di Foggia, che porta i cibi dal produttore al consumatore. Opera in Italia e in Inghilterra e ha intenzione di affacciarsi sul mercato austriaco.
“Abbiamo trovato soluzioni per farli conoscere al pubblico, perché questo è il maggiore problema riscontrato in Austria -dice Marco Garozzo, uno degli studenti- Abbiamo individuato la realizzazione di un totem alla Marktwirtschaft, nel settimo distretto. E poi ci siamo concentrati anche sul trend delle video-ricette che spopolano adesso su internet, per sfruttare quest’onda e incrementare la visibilità dell’azienda”.
Un lavoro di squadra tra colleghi di università, come mi spiega Tahereh Toluian: “Siamo soddisfatti del nostro lavoro e di aver dato una mano all’azienda che abbiamo seguito, anche se era già forte di suo”. E Tahereh mi racconta com’è nata l’idea di un totem in uno dei negozi alimentari con annesso bar più di tendenza della capitale come Marktwirtschaft: “Conoscevamo il posto e sapevamo che offre opportunità a startup, però non era mai accaduto che vi trovasse spazio una ditta italiana. Così siamo andati a prenderci qualcosa da bere e abbiamo parlato con i responsabili, che sono stati felicissimi di collaborare con noi e con Foodscovery”.
4 Company
Martin Dellavaja ha lavorato per 4 Company, una ditta che produce cartelline personalizzabili, offrendo la possibilità di far scegliere ai clienti colore, formato, logo, immagine, realizzando l’ordine in tempo record. “Abbiamo cercato di trovare un modo per farla inserire in Austria e studiato il canale di distribuzione, la questione più difficile da risolvere” mi racconta Martin, che prosegue entusiasta: “Siamo anche riusciti a creare la cartellina con il logo della WU, che ci ha dato parecchia soddisfazione e che a me piace molto.
Inoltre normalmente si impara solo la teoria, ma così c’è stato l’inserimento della teoria nella pratica: parlare, scrivere email e migliorare l’italiano”. All’inizio non è stato facile per Martin e i colleghi del suo gruppo, dato il livello di digitalizzazione dell’azienda. “Aggiornare il sito web è stato più difficile del previsto -dice Martin- Inoltre potrebbe essere efficace realizzare un breve video per mostrare il prodotto e illustrare il ciclo di produzione. Alla fine siamo riusciti a mettere 4 Company in condizioni di lanciarsi sul mercato austriaco”.
Il Frantoio Ghiglione
Il Frantoio Ghiglione è un’azienda della Liguria, dalle solide tradizioni familiari, tramandate di generazione in generazione da oltre 80 anni. L’attività si basa soprattutto sui viaggiatori che si recano sulla riviera ligure e che acquista al Frantoio Ghiglione l’olio extravergine e i loro prodotti artigianali quali olive taggiasche in salamoia, paté di olive, e verdure sottolio. “I responsabili dell’azienda erano molto amichevoli, collaborativi, pronti ad aiutarci -racconta Sebastian Ubbiali– Sono molto tradizionali, poco tecnologici e per niente pratici di internet, quindi al di là delle sessioni Skype qui all’Università, ci siamo sentiti e interfacciati soprattutto per telefono”.
E proprio partendo da questa avversione per internet i ragazzi hanno deciso di sviluppare un progetto che potenziasse la visibilità della ditta online. Una strategia, quella studiata dal gruppo di Sebastian, che sfrutta questo patrimonio aziendale per aprirsi a un mercato più ampio. “La nostra idea è di usare Facebook, TripAdvisor, e molto Google Plus e Google Maps -sottolinea Sebastian- Per il futuro ci sarebbe la proposta di far prendere loro uno stagista che sappia usare questi mezzi e sfruttarne appieno tutte le potenzialità, intensificando molto la presenza della ditta su internet anche con l’uso di fotografie più moderne e accattivanti”.
Scerade
Scerade, azienda giovane, con sede principale a Roma, realizza gioielli che contengono profumo al proprio. Bracciali, ciondoli, portachiavi, collezioni per donna e per uomo, prodotti innovativi, dalle linee moderne che ricordano le opere scultoree di Henry Moore e sembrano rifarsi alle costruzioni dell’architetto Zaha Hadid, che tra l’altro ha progettato il magnifico edificio della WU. Gioielli di alta qualità, prodotti con leghe senza nichel, anallergici, realizzati dalla Unoaerre, 100% Made in Italy. La questione principale da risolvere era fare un’accurata indagine di mercato sui punti vendita e sui consumatori, come mi spiega Tobias Plankensteiner. Tutte informazioni che si sono rivelate preziosissime per Scerade, che oggi dispone di tutti gli strumenti per adattare e ottimizzare il prodotto al mercato specifico e anche per fissare la disponibilità di spesa del consumatore austriaco. Grazie al lavoro degli studenti della WU si sono già potuti avviare contatti con importatori austriaci.