Effetto Trump e Facebook

Le elezioni in Austria sono cruciali, non solo per l’Ue. Le prime dopo l’effetto Trump, che ha spazzato via il politically correct, sdoganando aggressività, estremismo, retorica populista. Le prime nell’era di Facebook e del dilagare delle fake news. L’Austria potrebbe avere il primo Presidente Federale espressione della destra radicale dal 1945 ad oggi e potrebbe aprire le porte a un’inarrestabile avanzata di movimenti populisti, nazionalisti, anti-migranti, anti-casta, nel resto dell’Unione europea, a partire da FranciaItalia. Sarà difficile bollare come caso isolato la quasi certa vittoria di Norbert Hofer al ballottaggio di domenica. Sarà difficile isolare e ostracizzare l’Austria, uno dei Paesi membri dell’Ue più ricchi, geograficamente e politicamente parte del cuore pulsante del vecchio continente. Potrà, il candidato dell’FPÖ giovarsi dell’effetto Trump? “Da un lato Hofer potrebbe trarre profitto dalla vittoria di Trump e dalla Brexit, ma dall’altro, proprio per gli scenari di globale instabilità che si dischiuderebbero, potrebbe anche esserne svantaggiato” mi spiega la Prof. Sieglinde Rosenberger, del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Vienna.

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Esiste però un altro fenomeno, la retorica populista da social media, che forse anche in Austria, come già negli Stati Uniti, sta prendendo sempre più piede. “C’è un sentimento in forte crescita che incita all’idea del sì, possiamo farcela! Possiamo avere i voti necessari per cambiare le cose -sottolinea la Prof. Rosenberger– E questa retorica potrebbe far perdere terreno a Van der Bellen, facendo propendere l’ago della bilancia a favore di Hofer”. 

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La retorica anti-establishment di facciata

Come Donald Trump e la squadra di governo che pian piano sta componendo, non sono uomini nuovi, o alieni al mondo della politica e delle lobby, altrettanto non è anti-establishment Hofer. L’ex ingegnere aeronautico, oltre ad essere, dalla decadenza di Heinz Fischer, la terza carica dello stato facente funzione di Presidente federale ad interim, con un conflitto d’interesse e una sovraesposizione mediatica senza precedenti, è anche il candidato di un partito politico tradizionale. Eppure continua ad accreditarsi agli elettori come l’uomo della strada, come uno del popolo, come colui che è contro la casta, in grado di attuare quel cambiamento auspicato da molti. Riesce a dare voce ai sentimenti più nascosti di rabbia, frustrazione, paura, malessere che serpeggiano neppure tanto nascosti tra gli austriaci.

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Meno appeal sembra avere il candidato appoggiato dai Verdi, che, al contrario, indipendente lo è davvero, almeno formalmente. Nelle aree di campagna e montagna, infatti, il tratto ecumenico di Alexander Van der Bellen, che pure lo rende vicino a simpatetico con molti austriaci, ha meno presa. Ecco perché negli ultimi tempi l’economista prestato alla politica, sta evidenziando il suo legame con il Tirolo, dove ha trascorso la sua infanzia, per scrollarsi di dosso quell’aria viennese, troppo cittadina, e riguadagnare consensi anche nelle zone rurali, non troppo generose con lui nel ballottaggio del 22 maggio scorso.   

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L’Austria e la teoria del Punschkrapfen

In fondo, come ha scritto l’Economist, l’Austria è come il Punschkrapfen descritto da Thomas Bernhard. Un dolce tipico austriaco, ricoperto esternamente da una glassa rossa, marrone all’interno e sempre un po’ ubriaco, per la presenza del rum. In soldoni, è un Paese solo apparentemente aperto e progressista, ma che sotto tale facciata, nasconde un’essenza profondamente conservatrice, che ben si ritrova in Norbert Hofer.

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A lui, infatti, con la sua faccia pulita e con il suo handicap che lo fa camminare con l’ausilio di un bastone, in questo gioco delle parti quasi pirandelliano, spetta il ruolo del poliziotto buono. All’irruente Segretario Strache, invece, quello del poliziotto cattivo, quello politicamente scorretto. Anche se ultimamente sembra esistere un nervosismo strisciante che ha portato più volte Hofer ad essere aggressivo e verbalmente tagliente con il suo rivale, come nell’ultimo faccia a faccia sulla tv pubblica ORF. Vinceranno gli austriaci delle campagne e delle zone montane, oppure i cittadini cosmopoliti delle grandi città e dell’internazionalissima Vienna?

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Campagna elettorale nell’era di Facebook

Quella che sta per concludersi è la campagna elettorale più lunga dell’Austria, 11 mesi. Come è accaduto per le presidenziali americane il ruolo di Facebook è diventato preponderante nel modo in cui sempre più la gente comune si informa. Per alcuni è diventata l’unica via d’accesso alle notizie, a scapito dell’informazione cosiddetta mainstream (carta stampata, tv, radio). Nessuno fino alla vittoria di Donald Trump si è accorto della potenza devastante di Facebook, come serbatoio di informazioni e come propulsore di un flusso di notizie, molte delle quali cosiddette fake news, le bufale, le notizie tarocche. E nessuno finora ha considerato la pericolosità e il ruolo decisivo della piattaforma di Zuckerberg nella diffusione esponenziale del radicalismo. Dall’introduzione nel 2014 del nuovo algoritmo news feed, essendo l’obiettivo un sempre più forte engagement dell’utente, tutto è cambiato. Facebook tende a compiacere. Nessuno ama essere contraddetto e tutti preferiscono circondarsi di persone che siano più possibile affini. Ecco perché Facebook non vuole sfidare, stimolare l’utente, che altrimenti non vi trascorrerebbe così tanto tempo. Il sistema dei video che dopo essere stati guardati, o degli articoli, che dopo essere stati letti, ne propongono altri correlati crea coinvolgimento e tende a bloccare, a tenere incollato l’utente a Facebook. Come mette in evidenza in un suo interessante articolo su BuzzFeed Ryan Broderick questo meccanismo privilegia contenuti che creano un’identità e di conseguenza diffondono il radicalismo. In questo panorama identitario, la classe media, scomparsa, ignorata, impoverita, trova di nuovo modo di contare, attraverso la condivisione di meme, trova modo di dare voce al proprio scontento attraverso una tastiera.

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Cosa è successo in Austria?

Oltre alla tv molto hanno contato i social media. Più bravi ad usarli sono Hofer e l’FPÖ. Abile stratega anche il leader Hans-Christian Strache che spesso usa toni sopra le righe per ampliare la propria platea di follower, e l’emotività su Facebook crea mobilitazione.

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Se all’inizio di queste presidenziali Hofer aveva solo 3.000 follower, adesso può vantarne 304.000. Sono invece 254.000 coloro che hanno messo il like sulla pagina di Van der Bellen. Ma come scrive la Wiener Zeitung le interazioni, tra condivisioni, like, commentivisualizzazioni, sono 1.260.000 per Hofer (50,7%) e 1.220.000 per Van der Bellen (49,3%), evidenziando sempre un testa a testa anche sui social media.

Voto di scambio 2.0

L’importanza dei social media, ma sopratutto di Facebook nella campagna elettorale è dimostrata anche dall’allarme lanciato dal Ministero dell’Interno austriaco sul rischio di compravendita di voti sulla piattaforma di Mark Zuckerberg. Preferenze messe all’asta al miglior offerente tra i due partiti coinvolti in queste elezioni, FPÖ e Verdi. La foto della scheda elettorale scattata all’interno della cabina, come prova inconfutabile. Insomma un voto di scambio 2.0, che non stupisce noi italiani, ma che mostra chiaramente come e quanto conti sempre di più questa piazza virtuale, nella quale tutto, dalla compravendita di voti alle notizie false, dalla diffusione del radicalismo all’incitamento all’odio e alla violenza, viene amplificato con modalità e ricadute nella vita reale finora inimmaginabili.

Europa: avanzata dei populismi, classe media, questa sconosciuta

In tutta l’Ue si assiste un’ondata crescente di movimenti populisti. Alla base dei consensi sempre maggiori registrati ovunque, dalla Francia all’Italia, dalla Germania all’Ungheria, dalla Polonia all’Olanda, la volontà dell’elettorato di dare una mescolata alle carte, il desiderio di cambiamento, la paura di essere sempre più poveri. “Inoltre c’è un’opposizione al liberalismo e alla modernità -dice la Prof. Rosenberger- Un dissenso profondo nei confronti dei valori liberali del politicamente corretto. Ecco perché c’è una crescente deriva autoritaria. E poi se i partiti di centro e di sinistra non sapranno dare risposte ai problemi della gente, questa tendenza non si bloccherà”. Infatti tra i grandi assenti di queste elezioni temi cari all’ormai dissolta classe media, quali: disoccupazione, pensioni, sanità. Hanno tenuto banco, invece, scontri su questioni religiose e identitarie che hanno solo contribuito ad esacerbare gli animi, alzare i toni, aumentare la violenza non solo sui social media ma anche nella vita reale.