In Austria si vivono le fasi finali di una campagna elettorale lunghissima, ben 11 mesi, e piena di colpi bassi, assestati con una durezza senza precedenti. Sui social media sono circolate foto che mostrano uno scatto della campagna elettorale di Van der Bellen, che lo ritrae in montagna con il suo cane, affiancato all’immagine di Hitler con il suo cane pastore. Il tutto condito di commenti ironici. L’immagine è stata persino postata su Twitter dal manager della campagna di Hofer, Martin Glier. Molte le voci che davano l’economista prestato alla politica malato di cancro. Per tacitare tali accuse Van der Bellen si è difeso, pubblicando i risultati delle sue visite mediche, come prova che demolisse qualsiasi illazione circolata sulle sue precarie condizioni di salute. Eppure sulla lucidità, prontezza di spirito e capacità di reazione del candidato verde, sono in molti a nutrire dubbi, soprattutto dopo gli ultimi due faccia a faccia televisivi con il suo giovane e agguerrito rivale, nei quali alcuni lo hanno trovato appannato. Strache ha ironizzato su Twitter sul fatto che in una foto sembrava avesse dimenticato di rasarsi metà del volto, aggiungendo: chissà cos’altro può dimenticarsi Van der Bellen.
Molte le vandalizzazioni dei poster di entrambi i candidati, spesso con svastiche e scritte naziste. Forte l’accusa da parte di Hofer a Van der Bellen, definito “dittatore fascista verde”. Secondo Lothar Lockl, direttore della campagna del candidato verde, è stata la campagna elettorale più dura e scorretta degli ultimi decenni. Di certo è la prima volta che i due candidati alla Presidenza federale non siano espressione dei due maggiori partiti politici austriaci SPÖ e ÖVP, che dal dopoguerra si spartiscono il potere e che attualmente sono alla testa della Große Koalition che governa il Paese. Pur essendo entrambi i candidati considerati anti-establishment, molti giornalisti hanno fatto notare a Norbert Hofer che ricoprendo di fatto la terza carica dello Stato, in qualità di secondo vice-presidente del Consiglio Nazionale , facente funzione di Presidente federale con Doris Bures (Presidente) e Karlheinz Kopf (vice-presidente), è la massima espressione dell’ordine costituito che, a parole, dice di voler sovvertire.
Lo scandalo delle email di Hofer
Hofer ha inviato email e lettere per posta normale a migliaia di cittadini austriaci residenti all’estero, invitandoli a votare per lui. Gli indirizzi sarebbero stati ottenuti legalmente, dal registro elettorale, al quale tutti coloro che vogliano esercitare il proprio diritto di voto debbono iscriversi. In questo caso gli indirizzi email e di residenza vengono registrati, come prevede la legge. Questi dati sono poi consegnati al Ministero dell’Interno, che a sua volta li mette a disposizione dei partiti politici. Ma ciò che viene contestato a Hofer e all’FPÖ è l’invio di email e lettere indesiderate, senza che vi sia stato previo consenso, come prevede l’Autorità per le Telecomunicazioni e come deve accadere per comunicazioni di direct marketing.
Centinaia gli esposti di austriaci infastiditi dal messaggio del candidato dell’FPÖ. Inoltre sembra che l’illegalità scatterebbe nel caso i destinatari siano più di 50. Hofer si difende dicendo che quei messaggi basta non leggerli. Il rischio è una multa fino a 37.000 euro. Per il momento l’Autorità per le Telecomunicazioni ha chiesto il decadimento dell’immunità per Hofer e Strache, in qualità di Segretario dell’FPÖ. Solo dopo che il Consiglio Nazionale si sarà pronunciato sull’immunità, si potrà procedere alle necessarie investigazioni.
Hofer e Strache salvi in corner
Proprio oggi, però, si è sciolto il nodo delle responsabilità, che non ricadrebbero né su Hofer, né su Strache, bensì sullo staff organizzativo dell’FPÖ, e nello specifico su chi lo coordina: Hans Weixelbaum. La decisione dell’Autorità per le Telecomunicazioni sembra sia stata presa in seguito alla firma del messaggio, che recava scritto: “Il vostro ingegnere Norbert Hofer” e al fatto che le email siano state inviate dall’indirizzo fpoe.at, quello del Partito della Libertà. Neppure il capo della campagna elettorale Herbert Kickl sembra essere coinvolto, non può essere responsabile, dicono i legali dell’FPÖ, di ogni azione intrapresa dall’esecutivo. L’Autorità per le Telecomunicazioni ha quindi ritirato la richiesta di decadenza dell’immunità per Hofer e Strache, mentre procederà contro Weixelbaum, che al contrario, non gode di alcuna immunità.
I preziosissimi voti postali
Nel suo messaggio Hofer intende rassicurare gli austriaci residenti all’estero che non è mai stata sua intenzione abolire il loro diritto al voto e li invita, invece, a sostenere le sue idee. Tutti però ricordano all’indomani dei risultati del ballottaggio del 22 maggio che sia Hofer, sia Strache si lamentavano dei voti postali, chiedendone un forte ridimensionamento. Ad ogni buon conto i voti postali si sono rivelati importantissimi per la vittoria di Van der Bellen, in svantaggio dopo lo spoglio delle urne, ma dichiarato vincitore grazie allo scrutinio dei voti giunti per posta. Stavolta sembra che dei 400.000 austriaci residenti all’estero si sarebbero registrati 56.539, contro i 48.830 dello scorso maggio. Ecco perché sono diventati più che mai un boccone ghiotto.
Van der Bellen e i presunti trascorsi nazisti del padre
Hanno fatto discutere le accuse di trascorsi nazisti attribuiti al padre del candidato verde Van der Bellen. Accuse lanciate da Ursula Stenzel, ex deputata e figura di spicco dell’FPÖ. La Stenzel ha insinuato che il padre di Alexander Van der Bellen fosse un simpatizzante del Nazionalsocialismo di Hitler e che le vere ragioni della fuga dall’Estonia della famiglia del candidato verde non andrebbero cercate nell’invasione sovietica. A queste accuse Van der Bellen ha replicato nell’ultimo duello tv che il padre è morto 50 anni fa e non può pertanto difendersi da tali insinuazioni. Alla replica di Hofer di essere spesso anche lui definito un nazista da sostenitori del candidato verde, Van der Bellen ha replicato dicendo che al contrario il candidato dell’FPÖ è vivo e può difendersi, senza troppa difficoltà.
Ritardi per gli austriaci che vivono all’estero
A pochi giorni dal ballottaggio delle presidenziali, si registrano ritardi nella consegna delle schede elettorali agli austriaci residenti all’estero. Molti attendono trepidanti l’arrivo della lettera a Berlino, New York, Washington DC. Forte è il timore che la loro voce resti inascoltata e che non siano messi in condizione di poter votare. Il quotidiano Der Standard segnala il caso di una donna austriaca, residente a Berlino, che ha fatto richiesta della propria scheda elettorale a marzo. Ad oggi non l’ha ancora ricevuta. L’invio delle schede avviene per posta normale, dicono dal Ministero dell’Interno, per tutti, anche nel caso di richiesta pervenuta attraverso posta elettronica certificata. Spedizioni più rapide si hanno solo in caso di richiesta effettuata con il numero di passaporto. Inoltre, a coloro che abbiano necessità di assistenza, la consegna viene effettuata da personale autorizzato. I ritardi, assicura Carl-Heinz Grundböck, Portavoce del Ministero dell’Interno, possono dipendere anche dal Paese nel quale si risiede, la spedizione dei plichi, infatti, non implica il solo coinvolgimento delle poste austriache. Su quelle straniere, dice Grundböck, non vi è alcun controllo.