In visita in Israele, il Ministro della Difesa austriaco Hans Peter Doskozil, ha approfittato non solo per rinsaldare le relazioni diplomatiche e per ottenere l’expertise nel campo della cyber-difesa, ma anche per prendere lezioni su come si proteggano i confini. Del resto, il tanto criticato muro israeliano, la West Bank Barrier, la barriera di separazione lunga 700 km, dalla sua costruzione nel 2002 ad oggi, ha ridotto gli attentati suicidi e il dilagare della violenza terroristica. Eppure in molti gridarono allo scandalo, forse perché troppo vivo era il ricordo del muro di Berlino, con la sua divisione del mondo in due blocchi contrapposti. Oggi le ideologie sono crollate, si sono sbriciolate come quel muro che divideva Berlino, e l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, ha improvvisamente legittimato l’idea di costruire palizzate. Ormai parlare di barriere non sembra più politicamente scorretto. Se il presidente eletto statunitense dice di voler erigere un muro lungo il confine con il Messico, tutti possono farlo.
In questo mutato quadro geopolitico, la recinzione di filo spinato installata dal premier ungherese Viktor Orban a presidio del confine con la Serbia, della quale tanto si è discusso poco più di un anno fa, sembra oggi una pratica sempre più diffusa nell’Unione europea. Dalle palizzate austriache su tutti i valichi di frontiera, al muro di Calais voluto dai britannici, si diffonde a macchia d’olio la cultura dei muri, della chiusura, del respingimento del diverso. Nessun angolo di Europa ne è esente. Proprio in questa ottica si collocano i suggerimenti che Doskozil ha chiesto al suo omologo Avigdor Lieberman in materia di controllo e protezione dei confini. Lezioni che intende far proprie, per poi proporle non solo in Austria, ma anche a livello europeo.
La barriera del Sinai come esempio
Più di quella in Cisgiordania è la barriera del Sinai, lungo il confine con l’Egitto, a fare da esempio. Inizialmente non troppo efficace, ma poi nuovamente sigillato, al muro del Sinai il Ministro Doskozil guarda per trarre ispirazione. Nel 2000 terroristi islamici, trafficanti di armi, di droga e di esseri umani usavano questa frontiera per penetrare nel territorio israeliano. Centinaia, se non addirittura svariate migliaia, coloro che entravano illegalmente da lì.
Da quando, però, nel 2013 è stato rafforzato e reso più sicuro grazie a un modernissimo sistema monitoraggio elettronico, quel confine è diventato impenetrabile. Ci sono stati ancora 14 attacchi quest’anno, si affretta a dire il Ministro Doskozil dopo la sua visita nel deserto del Negev, ma rappresenta comunque una buona base per un sistema efficiente di controllo e gestione dei confini, esportabile anche in Europa.
L’Ue soccomberà tra muri e filo spinato?
Una barriera alta 6 metri, in alcuni punti elevata a 10 metri d’altezza, che ha ridotto i costi degli uomini utilizzati per pattugliare. Inoltre telecamere a 360 gradi ne controllano singola porzione da terra, come pure droni e palloni presidiano dal cielo. Da rivedere per Doskozil anche le politiche d’incentivo al rimpatrio dei rifugiati: in Israele vengono dati 3.500 dollari a migrante, contro i 500 euro in Austria. Da snellire anche le procedure della deportazione, oggi di 250-200 giorni. Eppure c’è da chiedersi se una già tentennante e divisa Unione europea, non rischi seriamente di sgretolarsi proprio sotto il peso di barriere di filo spinato e cemento.
Europa come il Medio Oriente?
Ma davvero l’Europa può essere paragonata al Medio Oriente? Anche Doskozil ne conviene, i confini dell’Ue non sono esattamente come quelli mediorientali, ma quel modo di tenere sotto controllo può essere esportato e applicato per migliorare il presidio lungo la cosiddetta rotta balcanica e per rendere più sicuri tutti i confini più esterni dell’Ue. Non solo barriere sicure, o pattugliamenti, ma anche accordi con i Paesi confinanti, sul modello di quelli stipulati tra Egitto e Israele. “Al di là delle recinzioni -dichiara Doskozil- servono accordi per lavorare in partnership con gli Stati membri vicini”.
Le barriere fermeranno i migranti?
Ma siamo davvero certi che cooperando tra Paesi membri ed erigendo muri, si arresterà il flusso di migranti? Per ora Hans Peter Doskozil sembra interessato soprattutto a imparare tecniche di presidio e controllo, consolidando la propria linea dura, anche in vista del prossimo appuntamento con le presidenziali il 4 dicembre. Una mossa tutta ad uso e consumo interno, magari per prepararsi da subito a una lunga campagna elettorale, nel caso di elezioni anticipate qualora il governo Kern cadesse prima della naturale scadenza, prevista nel 2018?
Un accordo sulla cyber-security
Già siglato un accordo con Israele sulla cyber-security. Nei prossimi tre mesi Doskozil intende sviluppare concretamente una stretta cooperazione con il Ministro della Difesa israeliano Lieberman per proteggersi da minacce digitali. Per questo sono previsti training di personale austriaco con esperti israeliani. Le guerre del futuro si combatteranno proprio in ambito digitale. A subire attacchi non sono solo le istituzioni, ma anche l’industria e il settore militare.
Cyber-difesa: più uomini e risorse
Sono 300 gli incidenti registrati ogni anno. Migliaia gli attacchi giudicati pericolosi che mettono a rischio istituzioni e business. Ecco perché per il Ministro Doskozil va potenziato il settore della cyber-difesa, riducendo la vulnerabilità. Si prevedono 250-350 nuove assunzioni di personale con competenze ICT da dedicare a questo progetto. In totale il settore cyber-security dovrebbe arrivare a 1.350 unità, con training appropriati entro il 2020. Si prevede di investire oltre 46 milioni di euro in apparecchiature e ulteriori 13,5 milioni in infrastrutture.