Le città invisibili, raccontate per immagini sul solco di Italo Calvino. Città che non si vedono, ma che esistono, come testimonianza di spazi mentali. Tra queste città spiccano Amatrice e Accumoli, colpite dal terremoto, città che lottano per non scomparire, per non diventare spettrali fantasmi, per non ridursi a mera realtà geografica, devastata dalla furiosa potenza distruttrice del sisma. Città simbolo della sofferenza, della drammatica lotta per l’esistenza, Amatrice e Accumuli, diventano pietra portante della mostra fotografica “Invisible Cities for a Visibile Exposition” che si è aperta qualche giorno fa a Vienna. Assieme alle due città rase al suolo dalla tremenda scossa tellurica che ha colpito l’Italia centrale lo scorso agosto, anche le immagini di Lhasa, città che prega per non sparire in un Tibet sofferente e Bam, città iraniana, quasi cancellata, distrutta anch’essa da un violentissimo terremoto nel 2003.
Esposti ci sono gli scatti, filtrati attraverso lo sguardo dell’anima, del fotografo Diego Rampoldi. La regia e l’orchestrazione della bellissima performance del vernissage è stata curata da Marco Rossanino. Accanto alla mostra un’iniziativa per raccogliere fondi a sostegno delle popolazioni terremotate di Marche e Umbria. Un contributo per la ricostruzione, perché il terremoto non le cancelli.
Un contributo per i terremotati
“A questa dedica iniziale ad Amatrice e Accumuli, abbiamo collegato la raccolta fondi per le popolazioni terremotate -mi racconta il fotografo Diego Rampoldi– Nel corso della serata e anche il giorno successivo abbiamo raccolto 400 euro, somma che intendiamo raddoppiare, versando il denaro a una Onlus sulla base di un programma di gift matching di Unicredit”. E questo potrebbe essere solo l’inizio. Gli scatti di Rampoldi stanno incontrando il favore del pubblico viennese che ne ha già acquistati alcuni.
Bianco e nero, le cifre dell’anima
Foto in bianco e nero, quelle di Diego Rampoldi, che si soffermano sui dettagli, sulle singole emozioni, sui risvolti segreti che non sfuggono all’uomo sensibile. Particolari ingranditi, che nell’ergersi a simboli, dischiudono sentimenti universali.
Va oltre il fotogiornalismo, supera lo stile documentaristico, per ricercare un approccio artistico che offra al visitatore una realtà vista attraverso la sensibilità dell’autore.
Le immagini ci regalano scorci catturati da prospettive inedite, intime, personali, che evidenziano quanto di artistico e prezioso vi abbia scoperto e rintracciato il fotografo. Un percorso artistico che si snoda attraverso quattro direttrici: ritagli di paesaggi cittadini, uno sguardo dentro alle finestre, le forme dell’acqua e il tragitto della vita umana.
La centralità della musica
Al vernissage anche una suggestiva performance teatrale con la collaborazione del Teatro dell’Ora Esatta di Torino. Un canovaccio di testi liberamente tratti da “Le città invisibili” di Italo Calvino, con la colonna sonora di Yann Tiersen, Michael Nyman, Ludovico Einaudi, Baka Beyond. Il regista Marco Rossanino ama la musica infinitamente: “perché essa guida, evoca, genera, emoziona, stupisce ed è un prezioso elemento della comunicazione globale”. E tanta parte assieme alle immagini e alle porzioni recitative ha avuto nell’happening di apertura. “La musica è il respiro dell’anima -sottolinea Rossanino- Spesso le scene nascono influenzate delle evocazioni che la musica genera”.
Una performance multiculturale
Un’orchestrazione corale, una serie di monologhi recitati in più lingue, dall’italiano, al tedesco, dal romeno, al polacco, dal russo all’inglese. Una performance che riflette un ambiente multiculturale, come tante sono le identità che compongono la nostra Europa. Al tempo stesso ogni attore ha portato elementi del suo mondo, del proprio vissuto, componendo un caleidoscopio dalle mille sfumature. Una performance internazionale che diventa una sorta di ponte unificatore di esperienze esistenziali. “Ho provocatoriamente utilizzato La musica muore di Franco Battiato come sottofondo che ha accompagnato il pre ed il post performance -dice Rossanino- La musica è vita, lunga vita alla musica”.
Calvino, inizio e fine di tutto
Ogni elemento del recital è stato studiato nello spazio e nel tempo, in armonia e talvolta in rapporto volutamente distonico con le foto. “Senza pietre non c’è arco, diceva Calvino, ciò per significare quanto sia fondamentale la collaborazione di tutti gli elementi -rilancia Rossanino- Abbiamo cercato, con un percorso parallelo, di entrare nell’intimo dell’individuo, farlo riflettere, renderlo parte del momento teatrale, farlo emozionare e sorridere”.
Città dell’uomo e ciclo della vita
“Il ciclo sul percorso della vita umana spazia, con scatti profondamente simbolici, dall’adolescenza alla sofferenza della vecchiaia -mi spiega Rampoldi– passando per diversi momenti del percorso esistenziale”. Nella serie dedicata agli scorci cittadini prevalgono le geometrie e le simmetrie, senza però trascurare l’aspetto umano o naturale. La serie “finestre” si ispira alle case di ringhiera milanesi. Si tratta di foto realizzate in studio che ritraggono situazioni quotidiane all’interno di una cornice, la finestra appunto. Rampoldi si serve di una tecnica di chiaroscuro che si ispira e rifà al Caravaggio.
L’acqua bene prezioso
Con le “forme dell’acqua” Rampoldi ha voluto rappresentare questo elemento di vita in una modalità grafica più simile al disegno che alla fotografia. Una risorsa sempre più esigua eppure così essenziale per la vita. “L’acqua potabile costituisce una risorsa scarsa e distribuita in modo iniquo -dice Diego Rampoldi– in un mondo dove la popolazione è in continua crescita e volevo porre l’accento su questa problematica, mostrando le molte forme in cui apprezziamo questo elemento”.
La mostra resterà aperta fino al 23 dicembre, presso Unicredit Center Am Kaiserwasser, Eiswerkstraße 20, 1220 Vienna.