Austria: banane sicure?

L’Austria come la Repubblica delle Banane. Così alcuni quotidiani austriaci hanno tuonato all’ennesimo rinvio del ballottaggio per le presidenziali, causa colla non idonea sulle buste dei voti postali. Ma le banane che arrivano sulla tavola dei cittadini austriaci sono davvero sicure? E possiamo dirci garantiti dai meccanismi di controllo dell’Ue? La banana è un frutto che contiene antiossidanti, vitamina C, magnesio, che aiuta il rilassamento muscolare, ed è anche ricca di potassio, che contribuisce a tenere sotto controllo la pressione sanguigna, e di vitamina B6 che favorisce il sonno e il rinnovo cellulare. Un frutto ottimo da consumare nella prima colazione, un’abitudine molto cara agli austriaci. La verità, però, è che per produrre nel modo meno costoso possibile questi frutti, vengono impiegati moltissimi pesticidi. Inoltre i metodi utilizzati per irrorare le piantagioni con tali sostanze, non solo non tengono conto dell’impatto ambientale, ma neppure degli effetti nocivi che possono avere sui coltivatori e anche sul consumatore che poi acquisterà e mangerà quelle banane.

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Non solo quindi si hanno piantagioni i cui prodotti non sono realizzati in modo etico e rispettoso della salute dei coltivatori -spesso sottopagati e sprovvisti di adeguate protezioni come mascherine, guanti e simili- ma anche dell’ambiente e di ciò che poi finisce nel piatto di chi consuma quelle banane. 

Pesticidi spruzzati con velivoli

L’Ecuador è tra i maggiori produttori di banane al mondo. Si trova al quinto posto con 5.595.527 tonnellate annue, dopo l’India, principale produttore con 27.575.000 tonnellate; la Cina, in seconda posizione con 12.075.238 tonnellate; le Filippine, in terza posizione con 8.645.749 tonnellate; il Brasile, quarto produttore con 6.892.622 tonnellate all’anno. Proprio in Ecuador si adoperano squadre di piloti che con aeroplani spruzzano pesticidi sulle piantagioni di banane. Un metodo poco dispendioso e veloce, anche perché non viene adottato alcun tipo di precauzione. Nuvole immense di pesticidi vengono nebulizzate con conseguenze pericolose per l’ambiente e per l’uomo. Infatti molti piloti lamentano nausea, debolezza, disturbi del ritmo cardiaco, diarrea e irritazioni cutanee. Lo stesso avviene per molti dei coltivatori che su quei campi lavorano e per gli abitanti delle zone limitrofe.

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Condizioni di lavoro, standard etici e medici

“Le condizioni di lavoro nelle piantagioni di banane non sono tollerabili -mi spiega il Prof. Hans-Peter Hutter, esperto ambientale della Medizinische Universität Wien (Università di Medicina di Vienna), che ha visitato e compiuto studi in molte piantagioni di Centro e Sud America– né sotto il profilo medico, né sotto quello sociale ed etico”. Secondo un’analisi compiuta dal Prof. Hutter in piantagioni normali e in piantagioni biologiche, è emerso che innanzitutto non vi era alcuna consapevolezza dei rischi corsi dai coltivatori, che in molti casi non sanno neanche che tipo di sostanze utilizzino. Oltre l’80% dei cocktail di prodotti chimici impiegati, non viene maneggiato con cura, in genere non si adoperano né maschere, né guanti. Non va dimenticato, infatti, che molti pesticidi possono non solo agire direttamente per contatto sulla pelle, o con gli abiti contaminati, ma anche per via aerea, venendo inalati respirando. In Ecuador si utilizza ancora il paraquat, un diserbante bandito dall’Ue dal 2007. Impiegato anche l’erbicida glifosato, sospettato di avere possibili effetti cancerogeni. Secondo gli esperti, inoltre, non sembra essere sufficiente osservare una distanza di 200 metri dai centri abitati. Mentre si dovrebbe avere cura di spruzzare tali sostanze chimiche e diserbanti, solo dopo le 16:00, orario in cui i bambini non si trovano più a giocare nei cortili, o nelle aree ricreative all’aperto delle scuole.

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Quali rischi si corrono?

Togliere la buccia alle banane mette sufficientemente al riparo da eventuali tracce e residui di pesticidi. Riguardo ai rischi per il consumatore che compra e mangia banane, non vi è alcuna certezza afferma il Prof. Hutter: “Esistono limiti sul quantitativo di pesticidi che non vanno superati, ma gli effetti a lungo termine sul consumo di banane non biologiche non si conoscono ancora”.

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Protocolli e uso di pesticidi

“Anche se esistono protocolli severi e anche se dovrebbero essere adottati da tutti i produttori criteri e standard etici rispettosi della salute dei coltivatori e dell’ambiente, nella pratica si osserva esattamente l’opposto -lamenta il Prof. Hutter- Infatti esistono dilemmi etici e catastrofi proprio nei Paesi in via di sviluppo, dove l’inquinamento da pesticidi uccide più delle malattie infettive”. I consumatori in genere si preoccupano solo della propria salute, mentre occorrerebbe essere comunque consapevoli dei rischi che corrono i coltivatori, che maneggiano e sono esposti a queste sostanze tossiche. Non si può volere un alto livello di qualità, desiderare un minore uso di pesticidi e poi non preoccuparsi di chi produce le banane, che non ha alcuna tutela per la propria salute.

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Coltivazioni normali, o biologiche?

“L’uso di pesticidi nelle coltivazioni, soprattutto quelle intensive, dimostra che restano tracce nei prodotti -rilancia il Prof. Hutter- E maggiori sono i residui più alto è il livello di assorbimento soprattutto nelle popolazioni che sono vicine a tali aziende agricole”. Nelle piantagioni osservate dal Prof. Hutter si sono riscontrati anche effetti a lungo termine quali infertilità, tumori, disturbi neurologici.

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Più sicure sono le banane biologiche, o Fairtrade, ma per quelle piantagioni che scelgono tale coltivazione, è molto difficile sopravvivere sul mercato. I costi da sostenere sono elevati e non è facile competere con banane prodotte in piantagioni normali, di tipo intensivo, che hanno prezzi sensibilmente inferiori. In più esistono funghi e parassiti che minacciano tutte le coltivazioni, anche quelle biologiche.

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I controlli funzionano davvero?

L’Austria è stata tra i Paesi pionieri nello stabilire linee guida nell’ambito dell’agricoltura biologica, nel 1983 con i primi decreti del Ministero della Salute e della Protezione ambientale, e poi nel 1989 con un vero e proprio Codice del Cibo. Esistono ispezioni periodiche e autorità terze che effettuano monitoraggio e controlli molto rigidi in Austria, come assicura il Ministero dell’Agricoltura. Lo stesso avviene in Europa.

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Sulla serietà dei controlli ci conforta anche il Prof. Hutter. Però l’azione maggiore viene esercitata su aziende austriache o dell’Ue. Ma possiamo davvero essere certi che la stessa attenzione e gli stessi controlli capillari vengano applicati su prodotti provenienti da altri continenti? Soprattutto visto l’alto tasso di pesticidi, fungicidi e diserbanti usati su ampia scala nelle coltivazioni intensive di banane? I controlli su frutta e verdura biologici prodotti fuori dall’Ue vengono effettuati periodicamente con ispezioni in loco, assicura l’IFOAM EU Group, che sovrintende al biologico nell’Unione europea. Inoltre gli enti che certificano il biologico sono basati in Europa, supervisionati dalla Commissione europea e mettono in atto rigorosi sistemi di verifica e controllo in tutti quei Paesi fuori dall’Ue. Ulteriori controlli sono effettuati dalla EFSA (European Food Safety Authority). “I controlli sui prodotti bio sono molto attenti e severi -dice Sandra Lumetsberger, redattrice del Kurier– Se le autorità austriache scoprono irregolarità, scorrettezze, illeciti, intervengono subito con punizioni pesanti”.

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Tante sostanze tossiche

“Esistono centinaia di ingredienti attivi, migliaia di formule e composizioni, approssimativamente 2,5 miliardi di Kg di pesticidi sono adoperati ogni anno nell’agricoltura non biologica” rilancia il Prof. Hutter. Molto usati sono insetticidi piretroidi sintetici e clorpirifos. L’erbicida glifosato secondo la IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) della WHO (Organizzazione Mondiale della Sanità) è stato classificato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” sottolinea il Prof. Hutter, “ma dobbiamo tenere a mente che, sebbene molti di questi pesticidi siano stati banditi da Stati Uniti ed Europa, vengono ancora adoperati in altre parti del mondo”. Ovviamente il consumatore può difendersi acquistando e mangiando in modo responsabile, ossia preferendo prodotti biologici a quelli normali, per limitare, o minimizzare il quantitativo di pesticidi ingeriti.

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Quante banane mangiamo in  Ue, Austria e Italia?

L’Ue è il più grande importatore di banane al mondo, seguito dagli Stati Uniti. Poco meno del 50% circa della produzioni mondiale finisce nell’Unione europea. La produzione di banane in Europa vede in testa le Isole Canarie (Spagna) con 24.000 tonnellate l’anno, Guadalupa e Martinica (Francia) con 9.000 tonnellate, e quantitativi minori prodotti a Cipro, in Grecia e Portogallo. Nel 2015 l’Austria ha consumato 17.190 tonnellate di banane, che significa in media, 12 chili di banane l’anno ad austriaco. In Italia, invece, si consumano 595.000 tonnellate l’anno, ovvero circa 9,8 Kg di banane pro capite. Nell’Unione europea il consumo è di 9 Kg pro capite.

Alcuni dati su banane e pesticidi

Sono 40 i chili di pesticidi usati per ettaro ogni anno nelle normali piantagioni di banane e una volta a settimana le coltivazioni vengono trattate con un cocktail di sostanze chimiche, come scrive Sandra Lumetsberger in un suo articolo sul Kurier. Inoltre fungicidi sono spruzzati sulle piantagioni almeno una sessantina di volte l’anno.

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