Prigioniera di Erdogan

Hiranur è una giovane donna turca, istruita, classe borghese, di estrazione laica. La sua è una drammatica testimonianza della infernale notte del golpe e delle attuali misure restrittive e repressive adottate dal Presidente Recep Tayyip Erdogan. Hiranur è una dipendente pubblica, ecco perché in questo momento è prigioniera in Turchia. Il governo ha imposto il divieto di espatrio e ha cancellato le ferie. Il suo rientro in Austria è rimandato, fino a nuovo ordine. Tutti i dipendenti pubblici sono nel mirino del governo: impiegati del Ministero dell’Interno, funzionari del Ministero della Pubblica Istruzione, rettori universitari, decani, accademici, insegnanti del settore privato e pubblico. Prima di loro è toccato ad esercito, polizia, magistrati e al mondo dell’informazione. Il sospetto che vi siano collegamenti con Feto, il movimento islamista che fa capo al predicatore Fethullah Gulen, ex alleato di Erdogan e ora suo principale nemico, ha scatenato arresti di massa. Le epurazioni si allargano a macchia d’olio con il passare delle ore. Migliaia tra arrestati, licenziati e sospesi. Al momento tutto è congelato e la legge sui dipendenti pubblici sarà cambiata. Questo significa che il loro rapporto di lavoro sarà regolamentato in modo diverso. Per ora nessuno può lasciare la Turchia.

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Hiranur è una donna intelligente e coraggiosa. Ha trascorso momenti terribili nell’inferno dei combattimenti che si sono svolti in strada nella notte del 15 luglio. La paura che ti toglie il fiato e il sonno. Seguire le fasi del golpe attraverso la tv. L’imperversare dei combattimenti in strada. L’angoscia che le bombe e gli spari giungano ancor più vicino a casa. L’incertezza del futuro per sé e i propri figli. 

La vita normale interrotta

Vive tra l’Austria e la Turchia, Hiranur. Si trovava a Istanbul da una decina di giorni. La sua partenza era prevista per il 17 luglio. Il suo volo sarebbe dovuto decollare appena due giorni dopo il tentato colpo di stato. Adesso è tenuta in ostaggio, prigioniera nella sua città, perché in possesso di un passaporto rilasciato solo ai dipendenti pubblici, di colore verde, con un visto di espatrio annuale che adesso però è annullato. Hiranur non può lasciare il suo Paese per ricongiungersi al marito e agli altri suoi due figli, almeno finché non arriveranno disposizioni diverse.

Quale destino per i dipendenti pubblici?

Sono ore di angoscia. Se il marito, in possesso dello stesso tipo di passaporto, la raggiungesse a Istanbul sarebbero entrambi trattenuti, per un tempo indefinito. Con lei ora c’è solo il più piccolo dei bambini, Kerem. Hiranur deve presentarsi al lavoro oggi, non può esimersi, così le è stato imposto. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale si riunisce sempre oggi per deliberare riguardo al destino di tanti impiegati pubblici tenuti in sospeso. Per Hiranur è un incubo, dal quale non riesce più a svegliarsi.

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Il golpe attraverso tv e social media

Hiranur ha seguito il golpe via tv e social media, che hanno sempre funzionato. Ha vissuto quelle ore nello sgomento. I militari erano ovunque per le strade di Istanbul. Lei è riuscita a uscire per procurarsi delle scorte di cibo e acqua. Nel frattempo la polizia ha chiuso una delle strade vicine alla sua abitazione. Tornata a casa tutto assume toni irreali. Gli elicotteri volano a bassa quota. Il rombo dei motori acuisce il senso di insicurezza e di impotenza. I ponti sono stati chiusi, il traffico interrotto. E mentre i soldati diffondono la notizia di avere preso possesso della città, le autorità diramano comunicati volti a tranquillizzare i cittadini: tutto è sotto controllo, dicono, la democrazia è al lavoro per proteggervi.

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Le sparatorie e le esplosioni

Si cominciano a sentire i primi spari. Un’amica riferisce a Hiranur che un missile è esploso nella sede della tv nazionale. Sembra però che si combatta solo a Istanbul e Ankara. Le notizie si rincorrono contrastanti. Erdogan incita il popolo a scendere in piazza per difendere il Paese.

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A migliaia si precipitano, sventolando bandiere del partito del Presidente, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, per sostenere Erdogan, del quale però nulla si sa. Lo hanno visto tutti in video su uno smartphone, ma di lui non si ha alcuna notizia concreta.

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Continuano a sparare, ma non si sa chi stia esplodendo colpi e contro chi stia sparando. Le vie attorno all’abitazione di Hiranur sono completamente vuote, sembra un paesaggio spettrale. Lei resta chiusa in casa, ha troppa paura.

L’ombra di Fethullah Gulen

Le autorità iniziano a diffondere notizie della connessione tra Fethullah Gulen, il predicatore inizialmente alleato di Erdogan e successivamente diventato uno dei suoi più acerrimi nemici. Sarebbero i sostenitori di Gulen ad aver organizzato il golpe.

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Forti le tensioni da almeno un paio d’anni. Ma il quadro sembra ancora molto confuso. Hiranur guarda tutti i canali televisivi. Adesso il capo del Parlamento sta parlando in tv. Dice che la situazione è sotto controllo, ma le sparatorie e i voli radenti degli elicotteri sembrano smentire quelle parole apparentemente rassicuranti. Fuori sembra che la guerra civile impazzi. Gli spari si sentono sempre più ravvicinati. Hiranur può sentirli chiaramente. Le autorità governative dicono che i ribelli sono solo una minoranza e che non c’è motivo di preoccuparsi. E non si sa se stiano dicendo solo vuote frasi di circostanza. Hiranur non sa a chi credere, ha solo una paura folle.

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Un notte senza sonno

Non chiude occhio per tutta la notte Hiranur. Gli aerei a bassa quota sorvolano Istanbul. Il sibilo dei motori è come un brivido gelido lungo la schiena. Il timore cresce sentendo volare i jet sopra la sua testa nel cuore della notte. Il suo cuore batte all’impazzata. Non si può dormire quando fuori c’è la guerra. Hiranur teme che una bomba possa esser sganciata anche su di loro, su lei e su suo figlio Kerem. Dopo la deflagrazione della bomba sul Parlamento ad Ankara tutto può accadere anche a Istanbul.

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Golpe arginato, ma inizia la stretta autoritaria

L’indomani la notizia è che il sedato colpo di stato sia stato organizzato da Fethullah Gulen, dal suo asilo statunitense. Hiranur non prova neppure a recarsi all’aeroporto Ataturk. Tutti i voli sono stati cancellati. Quelli ancora sul tabellone portano ore e ore di ritardo. No, non partirà Hiranur, non ci prova nemmeno. È troppo pericoloso. Continuano gli appelli governativi a scendere in strada. Hiranur è decisa a restare in casa, è terrorizzata. Ma l’orrore più grande è quello che arriva subito dopo: migliaia di arresti ed epurazioni senza precedenti. Alla violenza dei golpisti il governo risponde con altrettanta ferocia.

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Sembra quasi che tutto sia servito solo per imprimere una svolta autoritaria, che Erdogan punti a eliminare tutti i suoi oppositori, facendo piazza pulita di ogni dissenso. L’eventuale ripristino della pena capitale è un altro passo verso l’abisso.

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