La musica di Vivaldi, la sua celebre serie di concerti per violino nota come Le Quattro Stagioni, è stata riscritta in versione minimalista e proposta dal vivo in un concerto memorabile a Cracovia. Protagonista indiscusso Max Richter, il musicista e compositore nato in Germania, ma di nazionalità inglese.
Con lui sul palco: la violinista norvegese Mari Samuelsen e l’Orchestra Sinfonietta Cracovia. Vivaldi Recomposed, con le sue note ridotte all’essenzialità, spogliate di orpelli e elementi ridondanti, ha rappresentato il vertice più alto degli ICE Classic Series, concerti che spaziano dai Beatles a Bach, dalla musica classica a quella ambient, all’International Congress Centre di Cracovia, in Polonia. La versione riscritta da Max Richter de Le Quattro Stagioni si trasforma, cambia pelle, abbandona l’opulenza barocca per avvicinarsi all’estetica dell’uomo contemporaneo. E più Richter interviene ricomponendo e inserendo musica elettronica e sintetizzatori, più i toni raggiungono vette epiche, che arrivano dritte al cuore, che sanno parlare all’uomo di oggi, con un linguaggio potente, chiaro, inequivocabile.
La scenografia fatta di luci e immagini stilizzate, ora di foglie che cadono, ora di acque placide, ora di esplosioni di vita e trionfo di colori, fanno da contrappunto a una musica che è un capolavoro assoluto.
Riscrivere Vivaldi, un atto d’amore
Incontrare Max Richter è un’emozione senza pari. È un uomo gentile, affabile, generoso. Il suo sguardo azzurro, cristallino, emana vivacità estrema e guizzi di genio. La sua riscrittura di Vivaldi è un vero e proprio atto d’amore.
“Ho deciso di riscrivere Vivaldi perché ho sempre amato l’originale, fin da bambino, ma sono anche arrivato a odiarlo crescendo, perché l’ho sentito troppo nella pubblicità -mi racconta Max Richter- Così ho voluto provare a riscoprire la musica di Vivaldi, per me stesso. Un po’ come esplorare un paesaggio, fare un viaggio attraverso il paesaggio di Vivaldi”. Ed è proprio questo l’effetto della sua riscrittura, della sua orchestrazione classica frammista a sintetizzatori, delle note degli archi riproposte attraverso un uso sapiente delle nuove tecnologie. Questo rito tutto privato della riscoperta di Vivaldi acquista sapore universale nel momento in cui quelle note trasfigurano attraverso la sensibilità dell’uomo contemporaneo in un linguaggio altro, che ha ancora reminiscenze dell’originale, ma esaltandolo lo cambia arrivando a migliorarlo.
La musica come processo, che arriva a sfiorare le vette della perfezione solo denudandosi. I virtuosismi barocchi si sfrondano e virano nelle distorsioni e nella ripetitività sul solco di Steve Reich. È l’apoteosi della trasformazione, è il raggiungimento del barocco reso essenziale, reinterpretato in chiave espressionista-minimalista contemporanea. Nella musica di Richter si percepisce la forte impronta data da Luciano Berio, con il quale ha studiato a Firenze. E al tempo stesso si avverte l’influenza del punk, dell’elettronica e delle sperimentazioni di Brian Eno negli anni ’70.
Max Richter e il suo processo creativo
Il processo creativo di Richter è fortemente connesso con il sonno. “Sono convinto che tutti noi lavoriamo mentre dormiamo -mi spiega Max Richter- Le nostre menti non staccano la spina, non si spengono, non sono off, sono semplicemente differenti, ma non per questo meno creative”. È forse anche per questo che Richter ha sperimentato un nuovo concept del concerto tradizionale recentemente a Londra, suonando per otto ore consecutive e consentendo al pubblico di potersi anche addormentare nel corso della sua performance.
A Cracovia lo svolgimento è stato di tipo tradizionale, ma l’alchimia che si è creata con gli spettatori è stata unica. Ottima l’acustica, spettacolare la struttura del teatro, che ha contribuito a creare una sintesi perfetta tra forme architettoniche e architettura dei suoni.
La musica come arte sociale
La musica per Richter è anche arte sociale, con un valore per il pubblico che ne fruisce, per la società che ne è destinataria. Ecco perché nella seconda parte del concerto è stata proposta The Blue Notebooks, che per il compositore inglese ha un valore di denuncia.
È stata scritta pochi giorni dopo la prima marcia di protesta londinese contro la guerra in Iraq. Anche se le parole di Czeslaw Milosz descrivono la Seconda Guerra Mondiale, per Richter hanno una forza dirompente universale, che si adatta alla condanna di qualsiasi conflitto, di qualsiasi guerra in ogni tempo.
Perché Cracovia e non Vienna?
“È da parecchio tempo che cercavamo di venire a suonare all’ICE. Ci hanno chiesto moltissime volte di fare concerti qui a Cracovia -dice Richter- Alla fine siamo riusciti a far sì che accadesse e ne siamo felici. È semplicemente un bel posto dove suonare”.
Nessun torto ad altre città quindi, Cracovia è solo un posto meraviglioso, dove è bello suonare. Un modo per far arrivare le note straordinarie e magnetiche di Max Richter in una delle città più vivaci, giovani e creative di Centro ed Est Europa.