Vienna si stringe a Bruxelles, mentre cresce il timore di altri attacchi

Vienna si stringe a Bruxelles. Candele accese, mazzi di fiori e un biglietto: “La nostra compassione. Noi non cederemo alla paura!” Vienna 2016 (“Unser Mitgefühl. Wir geben der Angst nicht nach!” Wien 2016). Così, appena poche ore dopo gli attentati, Vienna offre il suo tributo alle vittime degli attacchi di Bruxelles. Mostrando solidarietà, ma anche risoluta determinazione a non soccombere al terrore.

image

Immediatamente dopo gli attacchi in Belgio, a Vienna è stata subito rafforzata la sicurezza all’aeroporto internazionale di Schwechat, con la presenza di forze di polizia aggiuntive per effettuare ulteriori controlli ai check in e per presidiare meglio tutta l’area aeroportuale. Sicurezza rafforzata, quindi, ma è già da tempo che l’allarme è alto e i controlli intensificati. 

image

Attacchi multipli e la rete di relazioni che li rende possibili

L’attacco di ieri a Bruxelles riporta innanzitutto l’attenzione alle stesse tematiche emerse dopo gli attacchi di Parigi dello scorso 13 novembre: attacchi multipli che richiedono un coordinamento. Nella lotta al terrorismo è centrale la comprensione del sistema di relazioni tra i diversi attori che pianificano e portano a segno gli attacchi: la relazione è comunicazione, e per chi combatte il terrorismo è potenziale informazione, perché fa luce sull’organizzazione della struttura, ne mette a nudo il suo flusso vitale. “Il caso della cattura di Salah – mi spiega il Prof. Marco Lombardi docente dell’Università Cattolica di Milano e membro dell’Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies ITSTIME– porta l’attenzione sul mondo offline, ossia a quella rete che ha permesso il coordinamento degli attacchi di Parigi e che ha garantito a Salah di rimanere quasi indisturbato a Molenbeek per quattro mesi, protetto da una rete solidale, fondata su contiguità marginali piuttosto che ideologiche, su frequentazioni comuni e affetti ed emozioni condivise. La protezione di cui ha goduto Salah è molto simile ha quella che ha permesso decenni di latitanza a camorristi e mafiosi accolti nelle reti solidali delle cittadine italiane”.

image

Strutture terroristiche loose (sciolte) o rigide?

Gli attacchi di Bruxelles, come la strage di Parigi sono emblematici per l’analisi, della nuova struttura reticolare del terrorismo. Il Prof. Marco Lombardi dice: “L’azione del novembre scorso ha da subito posto il problema delle modalità di coordinamento degli zombie, uomini formati militarmente pronti ad agire, competenti, organizzati con reti loose (sciolte) in termini di comando e controllo. Infatti, tutti i componenti dei commando che hanno portato a termine gli attacchi ai bar e ristoranti, al Bataclan e allo Stade de France, erano stati formati nel teatro siriano, dove hanno rafforzato le proprie relazioni interpersonali, stringendo amicizia utile ad alimentare l’adesione alla causa, fusa nell’esperienza forte del reducismo”. Anche negli attacchi di ieri a Bruxelles la dimensione reticolare che ha permesso il coordinamento potrà contribuire a far luce sulle modalità operative e sui legami con la rete di Salah. La domanda chiave è quanto la struttura di comando e controllo sia loose (sciolta) e quanto invece sia rigida.

I luoghi colpiti, elementi chiave per prevenire

Il Prof. Lombardi chiarisce che “a Parigi il 13 novembre sono stati colpiti tre luoghi del tempo libero e del divertimento (stadio, caffè, teatro), a Bruxelles due luoghi della mobilità (aeroporto e metropolitana). Questo tipo di bersagli richiede costi organizzativi molto ingenti, ma anche sforzi logistici ed economici, e sono tutti time consuming se messi in sicurezza al massimo livello”.

C_4_articolo_2166320_upiImagepp

Le dichiarazioni di Salah, possibili messaggi in codice

Stabilire ora la relazione tra gli attacchi di ieri e la cattura di Salah Abdeslam non è semplice. Ciò che ha dell’incredibile è che alcune dichiarazioni di Salah siano state rese pubbliche, come ad esempio la sua volontà di collaborare con le autorità, e che siano addirittura apparse anche alcune sue citazioni virgolettate. “Tutto più che sufficiente a fornire o messaggi in codice, o orientamenti agli attentatori” spiega il Prof. Lombardi.

Salah, era davvero pentito?

Ma Abdeslam stava davvero collaborando con le autorità? Oppure fingeva, esercitando quindi una diversa forma di martirio consapevole a garanzia di questi attacchi sferrati dalla sua stessa rete? Nel caso si azzardasse l’ipotesi che gli attacchi siano stati portati a segno da un’altra rete, diversa da quella di Salah Abdeslam “allora ci si può chiedere se erano già stati pianificati -rilancia il Prof. Lombardi- e forse solo accelerati dopo l’arresto di Salah, con l’obiettivo di dimostrare che se esiste davvero un pentito, il terrorismo è più forte e non viene colpito da queste defezioni. E magari, così facendo, screditare il pentito per poi recuperarlo bruciandolo presso le istituzioni, come martire collaterale”. Se si trattasse davvero di una rete diversa da quella di Salah, occorre anche capire se si basi anch’essa su un’organizzazione di tipo parentale, amicale e di vicinato, o se invece sia diretta da una catena di comando e di controllo che non sia locale.

Una seconda rete di relazioni, meno intime ma sempre efficaci

L’altro aspetto, ancor più rilevante soprattutto sui tempi lunghi che richiedono le azioni di contrasto, è la difficoltà che le forze di polizia belghe hanno incontrato nel tentativo di scovare il fuggiasco prima e di evitare gli attacchi di ieri. “Quanto alla latitanza di Salah, la difficoltà è stata in buona parte causata dalla diffusione e ampiezza di una seconda rete di relazioni, forse meno intime, -dice il Prof. Lombardi- ma che hanno efficacemente coperto Salah. Si tratta di una rete solidale che, seppur non direttamente legata a Daesh, ha però supportato la sua causa con il silenzio omertoso, fornendo un ambiente favorevole al rafforzamento di relazioni pericolose e che forse ha dato origini anche agli attentatori di Bruxelles”. E probabilmente proprio la cattura di Salah è stata potenzialmente l’innesco degli attacchi di ieri “che potrebbero rivelarsi l’esito di un passaggio dalla solidarietà passiva alla militanza attiva -racconta il Prof. Lombardi- Un altro segno negli scenari che dipingono il 2016 a rischio maggiore degli anni precedenti”.

Cosa ha innescato gli attacchi di Bruxelles?

Cruciale poi la questione della tempistica con cui il piano è stato attuato: si è trattato di un piano già in cantiere, e attivato dopo l’arresto di Salah Abdeslam? O è stata una reazione dell’ultimo minuto, realizzata però con materiali già pronti e a disposizione? Tanti ancora gli interrogativi ancora senza risposta.

image

Europa sotto attacco, controlli e frontiere

La rete dei foreign fighter è molto vasta e diffusa in tutta Europa. È difficilissimo per le autorità, soprattutto impegnate nella cattura di latitanti, poterli seguire tutti. Impossibile per la polizia riuscire ad avere un quadro preciso della situazione. Il Belgio si è sicuramente evidenziato come anello debole dell’Ue, mentre esiste ormai chiaramente a livello terroristico una sorta di legame saldo tra il Belgio e la Francia. Ma è tutta l’Europa ad essere sotto attacco. Come difendersi quando il nemico è già in casa e può circolare liberamente?

“La vera vulnerabilità dell’Europa è non essere più Europa -sottolinea il Prof. Lombardi- La chiusura delle vecchie frontiere è del tutto inutile”. Quindi dire addio a Schengen per proteggere le frontiere, non sarebbe affatto un mezzo efficace. “Le vecchie frontiere possono essere per comodità logistica un luogo dove possono essere posizionati dei controlli a campione, molto utili -evidenzia il Prof. Lombardi- ma ciò è molto diverso dal dire che si chiudono le frontiere o che si chiude Schengen”. Un conto è quindi identificare i luoghi nei quali effettuare maggiori controlli, affermazione tecnica e di buon senso “un conto è dire che si rimettono le frontiere e si dichiara la fine di Schengen, che è invece un’affermazione politica e anche priva di senso. L’Europa o sopravvive unita, o muore frammentata”.

La situazione in Italia e in Austria

Quelli di ieri sono attacchi al cuore dell’Europa. Nessuno può sentirsi sicuro. “Il rischio è diffuso ed elevato -rilancia il Prof. Marco Lombardi- Ma l’Italia è più sicura del Centro Europa e dispone di un’ottima intelligence, oltre ad essere meno esposta sul piano politico. L’Austria direi che non si trova in una situazione più grave dell’Italia”.

image